Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20902 del 12/09/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 20902 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso 2598-2010 proposto da:
SICILCASSA

S.P.A.

IN

LIQUIDAZIONE

COATTA

AMMINISTRATIVA 03989900828, in persona dei Commissari
Liquidatori e legali rappresentanti pro tempore dott.
SALVATORE FURNARI e prof. avv. MARIO LIBERTINI,
elettivamente domiciliata in ROMA, V.DELL’ALPINISMO
10, presso lo studio dell’avvocato GUACCERO ANDREA,
che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO BENI SBEGLIA SALVATORE ,

Data pubblicazione: 12/09/2013

BANCA SELLA SUD ARDITI GALATI S.P.A.;
– intimati non chè contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE

80415740580,

AGENZIA

DEMANIO, in persona del ministro p.t., elettivamente

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
e difende per legge;
– resistenti con procura-

avverso la sentenza n. 275/2009 del TRIBUNALE di
PALERMO, depositata il 21/01/2009 R.G.N. 10629/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/07/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI;
udito l’Avvocato ANDREA GUACCERO;
udito l’Avvocato MAURIZIO DI CARLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso per ius superveniens
(S.U. 10534/13).

2

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Leone De Cataldo, nella qualità di amministratore giudiziario dei
beni sequestrati a Salvatore Sbeglia, e successivamente confiscati
con decreto del 25.5.1996, divenuto definitivo, propose
opposizione all’esecuzione immobiliare n. 280/94 promossa dalla

Giovanna Blandi.
A tale esecuzione fu, successivamente, riunita quella n. 942/1998
promossa nei soli confronti di Francesco Sbeglia.
Sostenne l’improcedibilità della procedura espropriativa

fino

all’accertamento della buona fede dei creditori titolari di
diritti reali di garanzia, alla quale sarebbe conseguita
l’opponibilità del credito rispetto alla pretesa ablatoria dello
Stato.
Affermò che l’accertamento dei diritti dei terzi estranei al
procedimento disposto ai sensi della L. n. 576 del 1965 doveva
essere svolta davanti al giudice dell’esecuzione penale ex art.
676 c.p.p..
I creditori opposti non si costituirono.
Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 21.1.2009, accolse
l’opposizione.
Ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi
illustrati da due memorie Sicilcassa spa in liquidazione coatta
amministrativa.
Si sono costituiti il Ministero dell’Economia e delle Finanza e
l’Agenzia del Demanio.
3

Banca Agricola Etnea nei confronti di Francesco Paolo Sbeglia e

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza pubblicata
una volta entrato in vigore il D. Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40,
recante modifiche al codice di procedura civile in materia di

disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo I.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto
i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di
inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei
casi previsti dall’art. 360, n. l), 2), 3) e 4, l’illustrazione di
ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un
quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, primo
coma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la
chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni
per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende
inidonea a giustificare la decisione.
Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 c.p.c., l’
illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare
la decisione; e la relativa censura deve contenere un momento di
sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva
4

ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle

puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in
sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass. 18.7.2007 n. 16002).
Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda
con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che

vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto,
in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie
concreta v. S.U. 11.3.2008 n. 6420 che ha statuito
l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis c.p.c. – del motivo
di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in
un’enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di
qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua
riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire
alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal
ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del
motivo od integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale
abrogazione del suddetto articolo).
La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella di
far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo
quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione,
l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e
quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da
applicare (da ultimo Cass.7.4.2009 n. 8463; v, anche S.U. ord.
27.3.2009 n. 7433).
Inoltre, l’art. 366

bis

c.p.c., nel prescrivere le modalità di
5

risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato, sia per il

formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta – ai
fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso una diversa valutazione, da parte del giudice di legittimità, a
seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dai numeri l,
2, 3 e 4 dell’art. 360, primo comma, c.p.c., ovvero del motivo

Nel primo caso ciascuna censura

come già detto – deve,

all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di
diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va
funzionalizzata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., all’enunciazione
del principio di diritto, ovvero a

dicta

giurisprudenziali su

questioni di diritto di particolare importanza.
Nell’ipotesi, invece, in cui venga in rilievo il motivo di cui al
n. 5 dell’art. 360 c. p.c.c. (il cui oggetto riguarda il solo

iter

argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una
illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve
concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto
controverso ( cd. momento di sintesi) – in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle
ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la
motivazione a giustificare la decisione (v. da ultimo Cass.
25.2.2009 n. 4556; v. anche Cass. 18.11.2011 n. 24255).
I motivi rispettano i requisiti richiesti dall’art. 366

bis

c.p.c., applicabile ratione temporis nella specie.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 615 e 619 c.p.c. in rapporto agli artt.
6

previsto dal numero 5 della stessa disposizione.

2-ter, 2-quater, 2-sexies, 2-septies e 2-novies l.

31 maggio 1965,

n. 575, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, l °
comma, nn. 3 e 5, e 4 0 comma, c.p.c.).
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione

agli artt. 2- ter,
maggio

n.

1965,

2-quater, 2-sexies, 2-septies e 2-novies 1. 31
575,

nonché

omessa,

insufficiente

e

contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per
0
il giudizio (art. 360, l ° comma, nn. 3 e 5, e 4 comma, c.p.c.).
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché 2697 cod.civ. ed omessa,
insufficiente

e

contraddittoria

motivazione

su

un

fatto

controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, l ° comma, nn. 3
e 5, e 4 0 comma, c.p.c.).
I motivi, per l’intima connessione delle censure proposte, sono
esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati nei termini e per le ragioni indicate.
La ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per avere accolto
l’opposizione all’esecuzione immobiliare (n. 280/1994) proposta
dall’amministratore giudiziario dei beni sequestrati a Salvatore
Sbeglia, e successivamente confiscati con decreto del 25.5.1996,
divenuto definitivo.
A tale esecuzione, era stata successivamente riunita quella n.
942/1998 promossa nei soli confronti di Francesco Sbeglia.
La soluzione dei temi posti dal presente ricorso ed oggetto della
7

degli artt. 2808 cod. civ., 2878 cod. civ. e 24 Cost. in rapporto

sentenza impugnata vanno risolti alla luce dei principi enunciati
dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza del
7 maggio 2013 n. 10532, intervenuta nella pendenza del giudizio in
corso.
La decisione – sulla base della legge 24 dicembre 2012, n. 228

introdotto importanti novità in materia di sequestro, confisca,
gestione ed alienazione dei beni nella disponibilità di
appartenenti ad organizzazioni mafiose – ha risolto i temi
relativi alla sorte dei diritti vantati dal creditore garantito da
ipoteca su un bene colpito da una misura di prevenzione c.d.
“antimafia”, ed ai rapporti fra tra lo Stato confiscante di beni
nella disponibilità della criminalità organizzata, da un lato, ed
i creditori garantiti da ipoteca iscritta sui suddetti beni, i
creditori pignoranti ed i creditori intervenuti nel giudizio di
esecuzione forzata, dall’altra.
Così è stato sottolineato che l. n. 228 del 2012 ha dettato una
disciplina tendenzialmente organica vòlta a regolare i rapporti
tra creditori ipotecari e pignoranti e Stato, con riferimento alle
procedure di confisca non soggette alla disciplina del “codice
delle misure di prevenzione”- d. lgs. 159/11, entrato in vigore
il 13 ottobre 2011.
La nuova disciplina si applica, quindi, alle misure di prevenzione
disposte prima di tale data.
Con riferimento alle procedure di confisca soggette alla l.
575/65, la nuova legge distingue, in primo luogo, due ipotesi: a
8

(legge di stabilità 2013) che, all’art. 1, commi da 189 e 205, ha

seconda che il provvedimento di confisca sia stato emesso o no
alla data del 1.1.2013.
Per le procedure nelle quali, alla data del 1.1.2013, sia già
avvenuta la confisca, le legge distingue, poi, ulteriormente,
casi in cui il bene confiscato sia stato assoggettato a procedura

quelli in cui sia avvenuto, invece, il trasferimento o
l’aggiudicazione, anche in via provvisoria.
Se alla data del 1.1.2013 i beni oggetto della procedura di
prevenzione sono già stati confiscati, ma non ancora aggiudicati,
la nuova legge stabilisce che:
1)nessuna azione esecutiva potrà essere iniziata o proseguita
sui beni suddetti;
2) i pesi e gli oneri

iscritti o trascritti prima della confisca

si estinguono;
3) i

creditori

pignoranti

ipotecari,

od

intervenuti

nell’esecuzione potranno far valere le proprie ragioni nei
confronti dell’Agenzia, ma solo a determinate condizioni, e
cioè:
a) l’iscrizione dell’ipoteca, la trascrizione del pignoramento o
l’intervento nel processo esecutivo devono essere avvenuti
prima della trascrizione del sequestro di prevenzione;
b) per ottenere il pagamento dei propri crediti tali creditori
debbono presentare una istanza entro il termine di decadenza
del 30 giugno 2013;

9

esecutiva, ma non sia stato ancora aggiudicato o trasferito, e

c) l’istanza va proposta al

“giudice dell’esecuzione presso il

tribunale che ha disposto la confisca”,

il quale provvede su

di essa con provvedimento impugnabile ai sensi dell’art. 666
c.p.p.;
d) l’Agenzia forma quindi il “piano di pagamento” dei creditori
e

procede

ai

pagamenti,

che

non potranno

complessivamente eccedere la minor somma tra il ricavato della
vendita ed il 70% del valore del bene;
e) contro il piano di riparto dell’Agenzia è ammessa opposizione
al giudice civile, nelle forme di cui all’art. 737 c.p.c.;
f) Il tribunale provvede in composizione monocratica con decreto
non reclamabile.
Nella seconda ipotesi, invece, vale a dire se alla data del
1.1.2013 è già avvenuto il trasferimento o l’aggiudicazione
nell’ambito di una esecuzione forzata, ovvero se il bene da
confiscare consiste in una quota di proprietà indivisa già
pignorata, restano fermi gli effetti dell’esecuzione o
dell’aggiudicazione.
Nel caso, infine, in cui alla data del 1 0 gennaio 2013, i beni
ipotecati o sottoposti ad esecuzione forzata non siano ancora
stati confiscati, si applicheranno le stesse misure previste per
quelli che
che alla data del 1.1.2013 siano già stati confiscati, ma non
ancora aggiudicati, con l’unica differenza che il termine di
decadenza di 180 giorni, entro il quale i creditori debbono

10

ammessi

h

presentare la domanda di ammissione del credito, decorrerà dal
passaggio in giudicato del provvedimento che dispone la confisca.
I principi enunciati dalle Sezioni Unite, all’esito dell’esame
della nuova normativa, sono quindi, i seguenti.
L’inibitoria delle azioni esecutive, ai sensi dell’art. l, comma

che i pignoramenti sul patrimonio sequestrato non possono essere
sospesi e proseguono sino all’eventuale misura ablatoria
definitiva.
La nuova disciplina, che si

applica – come già detto – ai

procedimenti di prevenzione ancòra disciplinati dalla 1. n. 575
del 1965, pone come spartiacque la data dell’ 1.1.2013, a seconda
che il provvedimento di confisca sia stato emesso prima o dopo
tale data.
Per i beni confiscati prima di tale data, la normativa compie una
selezione ulteriore, a seconda che a tale data il bene confiscato
sia stato assoggettato a procedura esecutiva, ma non sia stato
ancora aggiudicato o trasferito, ovvero sia avvenuto, invece, il
trasferimento o l’aggiudicazione, anche in via provvisoria.
E’ con riferimento a questo dato temporale – che consente il
permanere o meno degli effetti dell’esecuzione forzata (o
dell’aggiudicazione) – che assume rilevanza determinante la nuova
disciplina andando a comporre i temi che la giurisprudenza aveva
diversamente risolto, e che il giudice dell’esecuzione sarà tenuto
ad esaminare.
Infatti, sui beni oggetto della procedura di prevenzione che alla
11

194 riguarda esclusivamente i beni confiscati; con la conseguenza

data del 1.1.2013 siano già stati confiscati, ma non ancora
aggiudicati,

“non possono essere iniziate o proseguite, a pena di

nullità, azioni esecutive”

(comma 194 l. n. 228 del 2012) e “gli

oneri e pesi iscritti o trascritti (sui beni di cui al comma 194)
anteriormente alla confisca sono estinti di diritto”

(comma 197 1.

La misura di prevenzione patrimoniale, quindi, nei rapporti
ipoteca-confisca, prevale indipendentemente dal dato temporale,
con conseguente estinzione di diritto degli oneri e pesi iscritti
o trascritti.
Lo Stato, a seguito dell’estinzione

di diritto dei pesi e degli

oneri iscritti o trascritti prima della misura di prevenzione
della confisca acquista un bene non più a titolo derivativo, ma
libero dai pesi e dagli oneri, pur iscritti o trascritti
anteriormente alla misura di prevenzione.
Il terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di godimento
o di garanzia, è ammesso ad una tutela di tipo risarcitorio, con
la richiesta attraverso l’apposito procedimento – del
riconoscimento del suo credito.
Quanto ai

presupposti per il riconoscimento del credito,

sono

quelli previsti dall’art. 52 d.lgs. n. 159/1141, con ciò trovando
applicazione i principii della buona fede, ovvero della non
strumentalità del credito all’attività illecita.
I limiti del riconoscimento del diritto

sono fissati nel minor

importo tra il 70 % del valore del bene ed il ricavato
dall’eventuale liquidazione dello stesso bene (commi 203 e 206),
12

n. 228 del 2012).

in stretto parallelismo con il disposto dell’art. 57 d.lgs. n.
159/2011 che prevede un analogo limite.
I termini per agire sono fissati a pena di decadenza.
La competenza è

attribuita – dal comma 199 – al ”

giudice

dell’esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca”,

prevenzione.
Quanto al procedimento di ammissione del credito – di natura
tipicamente concorsuale , il richiamo alle norme del D.Lgs n.
159 del 2011 (artt. 52 e 58) conferma l’intento legislativo di
risolvere – almeno tendenzialmente – in modo complessivamente
unitario le multiformi vicende normative relative alle misure di
prevenzione patrimoniali.
L’ammissione è subordinata, unitamente all’accertamento della
sussistenza e dell’ammontare del credito, alla ricorrenza della
condizione di cui all’art. 52, comma l, lett. b) d.lgs. n. 159 del
2011, vale a dire che il credito non sia strumentale all’attività
illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a
meno che 11 creditore dimostri di avere ignorato in buona fede 11
nesso di strumentalità.
Ed, ai sensi del terzo comma del medesimo articolo,

nella

valutazione della buona fede, il tribunale tiene conto delle
condizioni delle parti, del rapporti personali e patrimoniali tra
le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con
riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari

13

intendendosi, quale giudice competente, il tribunale – misure di

obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonchè, in caso
di enti, alle dimensioni degli stessi.
Spetta al terzo creditore provare la sua buona fede e
l’affidamento incolpevole; vale a dire la prova positiva delle
condizioni per l’ammissione al passivo del suo credito.
ex art. 666

c.p.p..
Si applicano le disposizioni di tale norma, ad eccezione del comma
7, che attribuisce al giudice la possibilità di sospendere
l’esecuzione dell’ordinanza (v. comma 200).
E,

sotto

questo

l’impugnazione,

profilo,

pur

menzionando

genericamente

il richiamo all’art. 666, comma 6 c.p.p. individua

nel solo ricorso per cassazione il mezzo per reagire alla mancata
ammissione.
Competente a conoscere delle opposizioni – proposte dai creditori
concorrenti – al piano di riparto (pagamento) predisposto
dall’Agenzia sarà, invece, il giudice civile del luogo dove ha
sede il tribunale che ha disposto la confisca.
E ciò per il richiamo che il comma 203 fa agli articoli 737 e
seguenti del codice di procedura civile in quanto compatibili.
Il tribunale provvede in composizione monocratica.
Contro il decreto del tribunale non è ammesso reclamo.
E’ questa la normativa applicabile nel caso in esame, sulla base
del principio

tempus regit actum,

trattandosi di misura di

prevenzione disposta prima del 13 ottobre 2012 (confisca disposta

14

Il diniego di ammissione del credito è impugnabile

con decreto del tribunale del 13.7.1995, depositato il 25.5.1996,
divenuto definitivo), soggetta, quindi, alla 1. n. 575 del 1965.
La sentenza impugnata con il ricorso per cassazione ha accolto
l’opposizione di terzo all’esecuzione promossa, sostanzialmente
dichiarando

una

sorta

di

improseguibilità

temporanea

dei creditori titolari dei diritti reali di garanzia.
In questo senso, infatti, deve intendersi il riferimento alla
“sospensione” dell’esecuzione, e non in senso tecnico con
riferimento all’art. 624 c.p.c., come denunciato dall’odierna
ricorrente.
Ma i principi, cui la sentenza si è ispirata, sono superati dalle
norme sopravvenute, applicabili nella specie, alla luce delle
quali la causa dovrà ora essere esaminata .
Da ultimo, anche il profilo denunciato con il terzo motivo secondo cui il giudice del merito, nell’accogliere l’opposizione
all’esecuzione formulata dall’Amministratore Giudiziario, non ha
tenuto conto dell’assenza di prova, da parte dello stesso, in
ordine allo status del bene confiscato

ex l. n. 575/1965 di uno

dei due beni ipotecati in favore di Sicilcassa e da questa
sottoposti a pignoramento – dovrà, in assenza di una qualsiasi
motivazione sul punto, essere oggetto di nuovo esame da parte del
giudice del rinvio, alla luce delle risultanze documentali
prodotte ed in base alla normativa applicabile.
Il ricorso va, quindi, accolto, e la causa di opposizione di terzo
dovrà essere rinviata al giudice del merito il quale, sulla base
15

j

dell’esecuzione immobiliare fino all’accertamento della buona fede

degli art. l commi 194 e segg. 1. 24.12.2012, dovrà esaminare la
fattispecie, con gli opportuni accertamenti sullo stato della
relativa procedura esecutiva, anche al fine di valutare
l’eventuale permanere dell’interesse del terzo a coltivare
l’opposizione proposta.

causa è rinviata al tribunale di Palermo in persona di diverso
magistrato.
Le spese sono rimesse al giudice del rinvio.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa e rinvia, anche per le spese,
al tribunale di Palermo in persona di diverso magistrato.
Così deciso il 9 luglio 2013 in Roma, nella camera di consiglio
della terza sezione civile della Corte di cassazione.

Conclusivamente, accolto il ricorso, la sentenza è cassata, e la

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA