Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20901 del 15/10/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 20901 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

sentenza con motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

MACRI’ Marina (MCR MRN 62A48 H558Q), rappresentata e
difesa, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Antonino Pellicansà, presso lo studio del
quale in Roma, Piazzale delle Belle Arti n. 8, è
elettivamente domiciliata;
ricorrente –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA,
tempore,

in persona del Ministro

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale

dello Stato, presso cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– controricorrente

Data pubblicazione: 15/10/2015

avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro,
depositato in data 16 novembre 2013 (R.G.V.G. n. 1212/12).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24 settembre 2015 dal Presidente relatore

sentito,

per la ricorrente, l’Avvocato Antonino

Pellicanà.
Ritenuto che, con ricorso depositato presso la Corte
d’appello di Catanzaro in data 25 luglio 2012,

MACRI’

Marina chiedeva la condanna del Ministero della giustizia
al pagamento del danno non patrimoniale derivante dalla
irragionevole durata di un giudizio civile iniziato
dinnanzi al Pretore di Palmi, giudice del lavoro, con
ricorso depositato in data 5 marzo 1997, deciso in primo
grado con sentenza depositata il 4 marzo 2004, proseguito
in appello con ricorso del 2 marzo 2005 e deciso dalla
Corte d’appello di Reggio Calabria con sentenza depositata
in data 8 marzo 2011;
che l’adita Corte d’appello, rilevata la violazione
della durata ragionevole di otto anni, detratti dalla
durata complessiva i segmenti di durata ragionevole del
primo e del secondo grado di giudizio nonché il periodo di
stasi processuale, liquidava, in favore della ricorrente
un indennizzo di 1.000,00 euro, tenuto conto della
oggettiva modestia del valore della controversia e

2

Dott. Stefano Petitti;

compensava per metà le spese del giudizio, in
considerazione del comportamento non oppositivo
dell’amministrazione resistente;
che per la cassazione di questo decreto MACRI’ Marina

da successiva memoria;
che

l’intimato

Ministero

ha

resistito

con

controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione

di una motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo di ricorso la ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della
legge n. 89 del 2001 in combinato disposto con gli artt.

6, par. 1, 13 e 41 della CEDU; violazione e falsa
applicazione degli artt. 1226 e 2056 cod. civ. nonché
omessa e/o insufficiente, illogica e contraddittoria
motivazione, censurando il provvedimento impugnato con
riferimento alla determinazione dell’indennizzo,
effettuata in contrasto con le indicazioni della
giurisprudenza della Corte EDU e di questa Corte di
legittimità in ordine ai criteri ordinari di liquidazione;
che con il secondo motivo la ricorrente deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 92, secondo
comma, cod. proc. civ., nonché carenza assoluta di

ha proposto ricorso sulla base di due motivi, illustrati

motivazione, dolendosi della disposta compensazione
parziale delle spese per la non opposizione del Ministero;
che il primo motivo di ricorso è fondato;
che, invero, nella giurisprudenza di questa Corte si è

nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi ai
criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei
diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di
garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno
e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del
danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non
inferiore ad euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in
relazione ai primi tre anni eccedenti la durata
ragionevole, e non inferiore a euro 1.000,00 per quelli
successivi), permane tuttavia, in capo allo stesso
giudice, il potere di discostarsene, in misura
ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità
della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di
positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar
conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass. 17922
del 2010);
che in successive pronunce di questa Corte si è poi
affermato che tema di equa riparazione, ai sensi della
legge 24 marzo 2001, n.89, per violazione del diritto alla
ragionevole durata del processo, il giudice, nel

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affermato il principio per cui, se è vero che il giudice

determinare la quantificazione del danno non patrimoniale
subito per ogni anno di ritardo, può scendere al di sotto
del livello di “soglia minima” là dove, in considerazione
del carattere bagatellare o irrisorio della pretesa

parametrata anche sulla condizione sociale e personale del
richiedente, raccoglimento della pretesa azionata
renderebbe il risarcimento del danno non patrimoniale del
tutto sproporzionato rispetto alla reale entità del
pregiudizio sofferto» (Cass. n. 12937 del 2012); e si è
pervenuti a ritenere che, già prima delle modificazioni
introdotte dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito
dalla legge n. 134 del 2012, il criterio di 500,00 euro
per anno di ritardo costituisse un adeguato ristoro del
pregiudizio sofferto nei giudizi amministrativi (Cass. n.
20617 del 2014) e nei procedimenti fallimentari (Cass. n.
16311 del 2014);
che, nella specie, la Corte d’appello ha applicato un
criterio di liquidazione che si discosta grandemente dal
criterio minimo ritenuto ragionevole dalla giurisprudenza
di questa Corte, sicché il decreto Impugnato va cassato;
che raccoglimento del primo motivo comporta
l’assorbimento del secondo, dovendosi procedere a nuova
determinazione in ordine alle spese per effetto della
nuova determinazione dell’indennizzo dovuto;

-5-

patrimoniale azionata nel processo presupposto,

che il decreto impugnato va dunque cassato;
che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc.

che, invero, dovendosi ritenere incontestata la durata
irragionevole del giudizio presupposto di otto anni, alla
ricorrente va riconosciuto un indennizzo di euro 4.000,00,
adottando il criterio di 500,00 euro per anno di ritardo;
che, dunque, il Ministero della giustizia deve essere
condannato al pagamento, in favore della ricorrente, della
somma di euro 4.000,00, oltre agli interessi legali dalla
domanda al soddisfo;
che il Ministero della giustizia deve essere altresì
condannato al pagamento delle spese dell’intero giudizio,
nella misura liquidata in dispositivo;
che le spese vanno distratte in favore del difensore
dichiaratosi antistatario.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte
assorbito
decidendo

accoglie

il secondo;

il primo motivo di ricorso,
cassa

la causa nel merito,

il decreto impugnato e
condanna il Ministero della

giustizia al pagamento, in favore della ricorrente, della
somma di euro 4.000,00, oltre agli interessi legali dalla
data della domanda al soddisfo;

-6-

condanna

inoltre il

civ.;

Ministero della giustizia al pagamento delle spese
dell’intero giudizio che liquida, quanto al giudizio di
merito, in euro 564,00 per compensi, oltre accessori di
legge e, per il giudizio di cassazione, in euro 700,00 per

forfetarie;

dispone la distrazione delle spese in favore

del difensore dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione,

compensi, oltre agli accessori di legge e alle spese

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