Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20900 del 05/08/2019

Cassazione civile sez. I, 05/08/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 05/08/2019), n.20900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 4064/2017 proposto da:

Banca Nazionale Del Lavoro S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Di Val Gardena 3, presso lo studio dell’avvocato De Angelis Lucio,

che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Unipolsai Assicurazioni Spa;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5096/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/04/2019 da Dott. SOLAINI LUCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato De Angelis per il ricorrente, che ha chiesto

l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL’PROCESSO

Milano Assicurazioni S.p.A. (oggi Unipol Sai Assicurazioni SpA) convenne in giudizio davanti al Tribunale di Roma, BNL spa chiedendone la condanna al risarcimento dei danni a seguito dell’erronea negoziazione di tre assegni non trasferibili emessi dall’attrice per un importo complessivo di Euro 60.383,08, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Tali assegni erano stati inviati a tre distinti soggetti con plichi postali semplici.

Nella resistenza della banca convenuta, il Tribunale di Roma rigettava la domanda dell’attrice in quanta escludeva la responsabilità (contrattuale) della banca, perchè non se ne potevano ravvisare gli estremi che presupponevano la mancanza di diligenza del professionista ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2 inoltre, secondo il Tribunale mancava la prova del concreto pregiudizio della società attrice la quale non aveva documentato gli ulteriori pagamenti in favore dei legittimi beneficiari.

Unipol Assicurazioni SpA proponeva gravame che la Corte di Appello di Roma accoglieva con sentenza n. 5096/16 pubblicata il giorno 25.8.2015; la ricorrente ribadiva le proprie richieste ai sensi del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43.

A supporto della propria decisione di accoglimento, la Corte d’Appello capitolina, ha ritenuto che l’art. 43, comma 2 Legge Assegni costituisce deroga alla disciplina generale sancita dall’art. 1189 c.c. e art. 1992 c.c., comma 2, poichè regola in modo autonomo il pagamento dell’assegno non trasferibile secondo il principio per cui la banca che esegue il pagamento del titolo cartolare in favore di soggetto non legittimato a riceverlo, non è liberata dall’obbligazione finchè non paghi al reale beneficiario e ciò a prescindere dalla sussistenza di una colpa professionale.

BNL SpA ricorre per Cassazione sulla base di sei motivi motivi, illustrati da memoria, mentre Unipol Sai Assicurazioni SpA non ha spiegato difese scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso. I motivi del ricorso possono essere così riassunti:

1) Violazione degli artt. 43 e 73 L. ass. nonchè dell’art. 81 c.p.c. e art. 1223 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte d’Appello non aveva rilevato la carenza di legittimazione della mandante (Milano assicurazioni SpA), la quale aveva soltanto conferito alla Banca Sai SpA l’incarico iniziale di emettere i tre assegni di traenza non trasferibili e d’inviarli con plichi postali semplici, ai reali beneficiari, che secondo l’assunto della banca ricorrente, erano gli unici legittimati a proporre l’azione relativa all’ulteriore pagamento dell’importo degli assegni, ai sensi dell’art. 43 L. ass.

Tale censura, ai fini della presente ordinanza può essere superata, sulla base del principio che legittimato ad agire, ex art. 43 e ss. L. ass. contro la banca negoziatrice è qualunque soggetto interessato al buon fine della sottostante operazione, che sia stato danneggiato dal fatto della banca (Cass. sez. un. 14712/07, 10534715).

2) Violazione del D.M. 9 aprile 2001, art. 6 emesso dal Ministero delle Comunicazioni, in esecuzione del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 22, comma 2 ed in attuazione della Direttiva comunitaria 97/67/CE – violazione dell’art. 1227 c.c., commi 1 e 2, nonchè dello stesso D.P.R. n. 156 del 1973, art. 28 (nel testo sancito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 303/88) – violazione della Delib. dell’Autorità di garanzia per le comunicazioni 20 giugno 2013, nonchè degli artt. 1228 e 2049 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, riferito all’obbligo di assicurazione esteso – dalla nuova normativa postale in rubrica – a tutti i plichi postali, che contengano qualsiasi carta di valore anche se munita di clausola di non trasferibilità, cosicchè la fattispecie in esame riferita a titoli di credito non trasferibili è soggetta a tale nuova normativa, con violazione delle norme in rubrica, da parte della Corte distrettuale, norme che andavano riferite anche alla banca trattaria che agiva come mandataria della società emittente, anch’essa responsabile.

3) Violazione dell’art. 1175 c.c. e art. 1176 c.c., commi 1 e 2 e dell’art. 43 c.p., comma 1, ultima previsione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte d’Appello di Roma non aveva sanzionato l’imprudenza della società emittente il titolo, per avere omesso l’elementare cautela di inviare gli assegni quantomeno con plichi raccomandati, per i quali era garantito un integrale indennizzo, in riferimento alla sentenza n. 303/1988 della Corte Costituzionale.

4) Violazione dell’art. 41 c.p., commi 1 e 2, nonchè dei principi sulla causalità civile sanciti dalla giurisprudenza, in combinato disposto con l’art. 1227 c.c., commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte d’appello aveva affermato che la negligenza della banca negoziatrice degli assegni era stata l’unica causa del danno determinato dall’illegittimo pagamento del titolo a chi non era beneficiario, con esclusione di ogni colpa dell’emittente che aveva utilizzato, da parte sua, il mezzo postale ordinario per l’invio dell’assegno al reale beneficiario.

5) Violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per non aver la Corte d’Appello preso in considerazione le specifiche deduzioni della Bnl sull’imprudente omissione da parte della società che aveva emesso gli assegni, di utilizzare il bonifico, la consegna diretta degli assegni o altra cautela informatica per ridurre il rischio di contraffazione degli stessi.

6) Vizio di omessa motivazione su fatti decisivi e controversi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riguardanti le innumerevoli e precedenti sottrazioni di assegni spediti con plico postale semplice.

2. – La questine. I motivi sopra esposti pongono, sotto vari profili, la questione relativa al fatto se l’invio per posta ordinaria dell’assegno non trasferibile, che venga sottratto e pagato a soggetto non legittimato, possa costituire condotta idonea, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, ad integrare il concorso di colpa del mittente con riguardo al pagamento dell’assegno a soggetto diverso dal beneficiario.

Resta, invece, estraneo al thema decidendum il punto se la responsabilità della banca negoziatrice sia di natura oggettiva oppure soggettiva almeno colposa (come ritenuto dalle Sezioni unite con la sentenza del 21 maggio 2018, n. 12477).

2. – La sentenza impugnata. Come si è ricordato, la corte territoriale ha ritenuto che l’invio del titolo per posta ordinaria, invece che mediante raccomandata con avviso di ricevimento, non ebbe rilievo causale concorrente nella produzione del danno lamentato, determinatosi, invece, per il successivo pagamento, da parte della banca negoziatrice, a soggetto non legittimato, quale fatto sopravvenuto avente efficacia eziologica autonoma e ciò a differenza di altro orientamento, che ritiene l’inserimento dell’assegno in plico ordinario invece che in posta assicurata, una condotta imprudente concausa del danno, riscontrabile in virtù del criterio della cd. causalità adeguata e secondo la legge di regolarità statistica, e stabilendo, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, il concorso di colpa nella misura del 50% a carico della compagnia di assicurazione.

4. – I precedenti. Precedenti decisioni di questa Corte hanno affrontato sia, in generale, la questione del riconoscimento di una concorrente responsabilità da parte del soggetto che abbia spedito un assegno a mezzo posta, sia, in particolare, il profilo peculiare del rilievo del regolamento postale al riguardo.

4.1. – Modalità della spedizione del titolo. Le modalità di spedizione dell’assegno – posta ordinaria, posta raccomandata con ricevuta di ritorno, posta assicurata – sono state considerate da alcuni precedenti di questa Corte, con conclusioni non uniformi.

a) Lettera raccomandata a/r.

La prima decisione, che prende compiuta posizione al riguardo, è Cass. 30 marzo 2010, n. 7618, la quale ha enunciato il principio di diritto, secondo cui l’eventuale condotta colposa di chi spedisca un assegno in una corrispondenza ordinaria non ha alcun rilievo causale con riferimento all’evento produttivo del danno reclamato: questo, infatti, si determina soltanto quale conseguenza di un comportamento colposo posto in essere dall’istituto di credito che paghi, quale “fatto sopravvenuto” all’inserimento del titolo nella corrispondenza, che vale ad interrompere l’eventuale nesso di causalità tra la condotta di chi spedisce l’assegno e l’evento verificatosi in suo danno, vale a dire il pagamento a soggetto estraneo al rapporto cartolare. Ne ha dedotto la non ipotizzabilità di un concorso di colpa, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, “non rivestendo, in ogni caso, l’eventuale fatto colposo del danneggiato efficacia causale concorrente nella determinazione del danno”.

Detta sentenza era stata preceduta solo da un breve spunto, contenuto in una precedente decisione, secondo cui “il titolo e la configurazione giuridica della responsabilità della banca per il pagamento dell’assegno non trasferibile a soggetto non legittimato assorbono totalmente (pur in presenza di altri mezzi bancari utilizzabili per il trasferimento di valuta) le modalità di trasmissione delle quali il richiedente si sia avvalso per l’invio dell’assegno al prenditore beneficiario” (così, in motivazione, Cass. 16 maggio 2003, n. 7653, sul punto non massimata).

Si tratta di precedenti che in sostanza predicano l’interruzione del nesso causale tra la spedizione dell’assegno e la perdita del relativo importo, in quanto il titolo venga pagato a soggetto non legittimato.

Assai più di recente, si legge un obiter in una ordinanza, in vicenda in cui non vi era nessuna prova, ma solo l’ipotesi che il titolo fosse stato spedito a mezzo posta, nè, tanto meno, era noto se la compagnia di assicurazioni mittente “si fosse avvalsa del servizio postale ordinario anzichè del servizio assicurato”. Pur tuttavia, l’ordinanza aggiunge che la spedizione dell’assegno non trasferibile a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno non assume alcun rilievo causale in riferimento all’evento produttivo del danno lamentato dallo stesso traente (Cass., ord. 22 agosto 2018, n. 20911, non massimata). Trattandosi di questione estranea al thema decidendum la decisione non può peraltro essere annoverata tra quelle aventi efficacia di precedente.

b) Posta ordinaria.

Con riguardo all’assegno spedito per posta ordinaria, una recente decisione, nell’escludere la responsabilità di colui che abbia spedito il titolo per posta ordinaria, ha ragionato nel senso che l’accertata responsabilità per aver operato il pagamento in favore del soggetto non legittimato e non convenientemente identificato “si pone come fatto sopravvenuto all’inserimento del titolo nel plico inoltrato per posta ed è tale da escludere il nesso di causalità”: in altri termini, “l’evento dannoso prodottosi non dipende dall’inoltro dell’assegno a mezzo del plico postale – evenienza, questa, da cui può solo derivare la conseguenza dell’appropriazione del titolo da parte del non legittimato – ma dalla condotta dell’ente giratario per l’incasso, siccome responsabile del pagamento in favore di un soggetto diverso dal beneficiario” (Cass. 1 febbraio 2018, n. 2520, non massimata); aderisce a tale orientamento anche una recente ordinanza, secondo cui va esclusa ogni valenza eziologica al riguardo (Cass., ord. 17 gennaio 2019, n. 1049).

In epoca anteriore, una decisione affermava lo stesso principio, ma senza specifica motivazione della ragione per la quale neppure l’uso di tale metodo di spedizione possa avere un’efficienza causale nel danno patito per l’evento dannoso a titolo di concorso del fatto colposo ex art. 1227 c.c. (Cass. 4 novembre 2014, n. 23460).

Una seconda ed una terza, pur richiamando la massima del 2010, non affrontano la questione quale oggetto del thema decidendum, avendo reputato il punto privo dei requisiti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., ord. 21 febbraio 2017, n. 4381) o il motivo aspecifico (Cass., ord. 21 dicembre 2017, n. 30665).

Dall’altro lato, da diverse decisioni è stata confermata la sentenza di merito, la quale aveva ravvisato il concorso di colpa nella misura del 50% in capo al soggetto che aveva spedito il titolo per posta ordinaria, ma avendo reputato “inammissibili le censure intese a sindacare l’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito in ordine all’esistenza di tale concorso” (Cass. 2 dicembre 2016, n. 24659 e Cass. 22 febbraio 2016, n. 3406); simile il percorso logico della ordinanza più recente (Cass., ord. 11 marzo 2019, n. 6979).

4.2. – Le regole di utilizzo del servizio postale. La questione ne tocca un’altra, ovvero quella della valenza, nella fattispecie del concorso colposo, del regolamento postale, laddove prescrive taluni comportamenti da parte dell’utente del servizio.

Il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, prevede all’art. 83: “Divieto di includere valori nelle corrispondenze ordinarie e raccomandate. E’ vietato d’includere nelle corrispondenze ordinarie, in quelle raccomandate e nei pacchi ordinari denaro, oggetti preziosi e carte di valore esigibili al portatore. Le corrispondenze ed i pacchi, riconosciuti, per segni esterni, in contravvenzione a tale divieto, sono sottoposti d’ufficio, a carico del destinatario, al doppio della tassa di raccomandazione e di quella minima di assicurazione, se trattasi di corrispondenze ordinarie, od al doppio della tassa minima di assicurazione se trattasi di corrispondenze raccomandate e di pacchi. I destinatari saranno esonerati dal pagamento di tali tasse se, prima di ritirare le corrispondenze o i pacchi, faranno constatare l’inesistenza di valori. (…)”.

L’art. 84 prevede: “Assicurazione obbligatoria. Le lettere ed i pacchi contenenti denaro, oggetti preziosi o carte di valore esigibili al portatore debbono essere assicurati. La dichiarazione di valore non può essere superiore al valore reale del contenuto, ma è consentito di dichiarare un valore inferiore. E’ ammessa l’assicurazione anche per i casi di forza maggiore. E’ ammessa, altresì, l’assicurazione convenzionale per la spedizione di documenti, carte ed oggetti di speciale importanza e di valori non esigibili al portatore. Per ciascuna di tali forme di assicurazione il mittente, salvo il disposto dell’art. 54, è tenuto a pagare anticipatamente la relativa tassa”.

Sul rilievo delle citate disposizioni, ai fini della configurabilità del concorso colposo dell’avente diritto, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, questa Corte ha già svolto alcune osservazioni.

In primo luogo, si è detto che gli artt. 83 e 84 citt. pongono un divieto che attiene esclusivamente ai rapporti fra l’ente postale e gli utenti, al fine di prevenire condotte e comportamenti fonte di responsabilità per le parti del rapporto stesso, onde ne risulterebbe l’irrilevanza al di fuori di quel rapporto (Cass. 30 marzo 2010, n. 7618; cui si richiama, in obiter, Cass., ord. 22 agosto 2018, n. 20911).

In secondo luogo, si è affermato che l’assegno non trasferibile “non è equiparabile nè agli oggetti preziosi, nè al denaro, nè alle carte di valore esigibili al portatore”, onde comunque la vicenda non si inquadra nella fattispecie del D.P.R. n. 29 marzo 1973, n. 156, art. 83 (Cass. 30 marzo 2010, n. 7618).

5. – Necessità di un approfondimento. L’insoddisfazione per la tesi che si è andata affermando – come si è visto, nella sostanza sulla base di un unico precedente in senso tecnico, richiamato nel 2018 – induce alla rimessione della questione alle Sezioni unite, in considerazione della circostanza che essa tocca materie devolute a diverse Sezioni semplici e del fatto che quasi tutti i precedenti menzionati muovono da un concetto di responsabilità oggettiva della banca ex art. 43 L. ass. non più attuale, atteso il “diritto vivente” sancito da Cass., sez. un., 21 maggio 2018, nn. 12477 e 12478.

Occorre chiedersi, infatti, se la scelta di spedire un assegno a mezzo posta, in particolare utilizzando un’opzione che non permetta di seguire il plico e la sua consegna, sia davvero causalmente neutra, al fine di affermare la responsabilità esclusiva del banchiere che quell’assegno, trafugato e poi messo all’incasso dal non legittimato, abbia pagato.

5.1. – L’art. 1227 c.c. In generale, la norma prevede il concorso causale della condotta dello stesso danneggiato, ora nella produzione del danno (comma 1), ora nell’aggravamento delle conseguenze dannose dell’altrui comportamento (comma 2), che rileva solo allorchè sia possibile rimproverare alcunchè in termini di colpa al danneggiato medesimo.

E’ il comma 1 che qui viene in rilievo.

Si tratta di un fattore causale concorrente che, come può provenire da un terzo, così potrebbe essere posto in essere dallo stesso danneggiato, alla stregua delle leggi di causalità e della regola generale, secondo cui tutte le condotte che concorrono a produrre l’evento devono essere considerate nella propria efficienza eziologica (cfr. art. 2055 c.c.). In tal modo, anche il fatto del danneggiato può venire in rilievo, potendo porsi come fattore concorrente nella produzione del danno o, se preponderante, come fattore addirittura idoneo ad elidere il nesso eziologico con l’altrui condotta, in base ad un giudizio improntato al principio di regolarità causale.

Invero, il fatto colposo del danneggiato, idoneo a diminuire l’entità del risarcimento secondo la previsione dell’art. 1227 c.c., comma 1, comprende qualsiasi condotta negligente od imprudente che costituisca causa concorrente dell’evento, e, quindi, non soltanto un comportamento coevo o successivo al fatto illecito, ma anche un comportamento antecedente, purchè legato da nesso eziologico con l’evento medesimo.

E, quando il fatto colposo del danneggiante è antecedente all’altrui illecito – ossia, all’inadempimento ed alle sue conseguenze dannose nella responsabilità contrattuale, o alla condotta integrante il fatto ingiusto di cui all’art. 2043 c.c.ed alle sue conseguenze – la sua efficacia di concausa del danno, oltre che con riferimento al danno-conseguenza, potrebbe estrinsecarsi anche direttamente rispetto alla condotta costituente l’illecito, quale concausa della condotta di inadempimento stesso o di quella determinativa del fatto ingiusto (Cass. 15 marzo 2006, n. 5677).

Tutto ciò, in completa coerenza con le teorie causali, che questa Corte da tempo accoglie in ambito civilistico. La causalità, come categoria scientifica relativa al mondo dei fatti, è recepita dall’ordinamento giuridico mediante la cd. giuridicizzazione del nesso eziologico.

Gli artt. 40 e 41 c.p. – regole generali disciplinanti il nesso causale tra la condotta e l’evento – pongono il rapporto di causalità materiale che muove dalla cd. teoria della condicio sine qua non, nel cui ambito operano al contempo i principi dell’equivalenza delle cause e della causalità efficiente. Ivi, infatti, rileva anzitutto la nozione naturalistica di causalità.

Il passaggio dalla legge scientifica alla legge giuridica si traduce, sul piano della responsabilità civile, nella trasformazione della causalità in criterio d’imputazione del danno e nella rilevanza, quindi, della “concausa umana colposa” (cfr. Cass., ord. 19 aprile 2018, n. 9649, non mass.; Cass., ord. 28 luglio 2017, n. 18909, non mass.; Cass., ord. 11 luglio 2017, n. 17084; Cass. 17 febbraio 2017, n. 4208; in precedenza, fra le altre, Cass. 4 novembre 2014, n. 23426, Cass. 23 ottobre 2014, n. 22514, Cass. 10 febbraio 2005, n. 2704 e Cass. 3 dicembre 2002, n. 17152).

Si giunge così, in ambito civilistico, alla cd. teoria della causalità adeguata o a quella similare della cd. regolarità causale, per cui occorre dare rilievo solo alle serie causali che ex ante non appaiano del tutto inverosimili, in quanto si pongano, invece, all’interno di un range di prevedibilità.

In particolare, alla stregua della cd. teoria della regolarità causale, la conseguenza normale imputabile sarà quella che secondo l’id quod plerumque accidit e, quindi, in base alla regolarità statistica o ad una probabilità apprezzabile ex ante integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento originario, che ne costituisce l’antecedente necessario.

Sicchè il principio della regolarità causale, rapportato ad una valutazione ex ante e di carattere oggettivo, diviene la misura della relazione probabilistica in astratto tra il criterio di imputazione del danno ed evento dannoso (nesso causale) da ricostruirsi anche sulla base dello scopo della norma violata (Cass., ord. 1 febbraio 2018, n. 2483).

Donde la considerazione che la ratio fondante il concorso contemplato dall’art. 1227 c.c., comma 1, sta proprio nell’applicazione del principio della causalità: e la “colpa”, alla quale la norma fa riferimento, è misura della rilevanza causale predetta, non mero criterio di imputazione soggettiva del fatto (nel senso che soggetto che danneggia se stesso non compie un atto illecito di cui all’art. 2043 c.c.): dunque, è requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato ai fini della riduzione della altrui responsabilità.

L’espressione “fatto colposo”, che compare nel citato art. 1227 c.c., attiene così ad un comportamento che si ponga in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive o dettata dalla comune prudenza (Cass., ord. 1 febbraio 2018, n. 2483; Cass. 17 febbraio 2017, n. 4208; Cass. 3 dicembre 2002, n. 17152).

In altri termini, la norma intende imporre un dovere di cautela anche in capo allo stesso danneggiato, limitandone il diritto al risarcimento, in ragione di un concorso del proprio fatto colposo, che si ponga in un nesso di ragionevole probabilità e, quindi, di causalità adeguata con il pregiudizio patito.

Essa richiede che la condotta concausa dell’evento sia colposa, in quanto possa essere mosso al danneggiato un rimprovero di negligenza, imprudenza o imperizia. Com’è noto, la colpa civile consiste nella deviazione da una regola di condotta, sia essa imposta da una norma, prevista in un patto contrattuale o dettata dalla comune prudenza: “(è) in colpa dunque chi viola la legge, chi non adempie un patto contrattuale, e chi tiene una condotta difforme da quella che, al suo posto, avrebbe tenuto una persona di media diligenza (concetto che si riassume nel brocardo dell’homo eiusdem generis et condicionis)” (così Cass. 27 marzo 2018, n. 7515).

Onde il concorso della vittima nella causazione nell’aggravamento del danno, ai sensi dell’art. 1227 c.c., sussiste solo quando la condotta del danneggiato sia stata colposa, vale a dire irrispettosa di precetti legali, di patti contrattuali o di regole di comune prudenza.

5.2. – L’invio a mezzo posta come possibile concausa del danno. Si domanda dunque se – in astratto, quale giudizio di diritto relativo alla sussunzione di una data condotta nell’ambito di applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1, – l’invio di un assegno a mezzo posta (anche con riguardo al mezzo usato, se posta ordinaria, raccomandata o assicurata) integri violazione di una regola di legge o di contratto o, in ogni caso, di regole di comune prudenza, le quali impongano particolare cautele a tutela della posizione altrui: vale a dire, la posizione del danneggiante, assurta anch’essa ad oggetto di tutela del legislatore, in virtù della norma in discorso.

Invero, sembra che nell’ordinamento dei privati, tanto più dove improntato, come nella specie, alla parità delle posizioni delle parti, sia necessario contemperare adeguatamente l’esigenza di tutelare la regolare trasmissione dei titoli di credito secondo la legge di circolazione loro propria – cosicchè il pagamento di un titolo a legittimazione invariabile avvenga solo in favore di soggetto a ciò legittimato – e l’esigenza, altrettanto evidente nella sua elementare ragionevolezza, di non accollare immotivatamente al prossimo le conseguenze economiche dannose che derivino da condotte qualificabili come di esposizione consapevole ed agevolmente evitabile (cioè senza apprezzabile sacrificio) al rischio di subire quel pregiudizio da parte della vittima potenziale e, quindi, (almeno) concausa del danno da questa patito.

Occorre pertanto considerare se integri precetto di comune prudenza esigibile – al di là dell’ipotesi particolare in cui la negoziatrice coincida con Poste Italiane s.p.a., che dunque potrebbe ancor più dolersi del mancato rispetto del regolamento da parte del proprio utente – quello di tenere conto dei rischi di spedizione di titoli di credito per posta ordinaria, in presenza di molteplici mezzi diversi di pagamento.

Con riguardo al regolamento postale, occorre peraltro osservare che alle su menzionate disposizioni ne sono seguite altre dopo la privatizzazione delle Poste: sin dal D.M. Poste e Telecomunicazioni 9 aprile 2001, recante “Approvazione delle condizioni generali del servizio postale”, il quale prevede all’art. 6 che “per spedire denaro contante e altri valori in genere il mittente è tenuto ad utilizzare gli invii assicurati di cui all’art. 15, dichiarando il relativo valore”; e la Carta della qualità del servizio pubblico postale, approvata con il successivo decreto ministeriale 26 febbraio 2004, prevede che “l’invio di denaro, preziosi e titoli può avvenire solo con Posta Assicurata, dichiarando il relativo valore”.

Quindi, l’art. 12 dell’allegato A alla Delib. 20 giugno 2013, n. 385/13/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni-Agcom, sulle Condizioni generali di servizio per l’espletamento del servizio universale postale di Poste Italiane, prevede: “Ai fini della spedizione di denaro contante, e altri valori, il mittente è tenuto ad utilizzare gli invii assicurati dichiarando il relativo valore e nel rispetto, ove previsto, delle norme di sicurezza vigenti in materia”.

Occorre anche tenere conto del fatto che sussiste oggi la possibilità tecnica di “tracciabilità” della corrispondenza, caratteristica delle raccomandate e assicurate. La prevede l’art. 2, comma 2, lett. c) e d), che si occupano della “posta raccomandata” e della “posta assicurata”: per la prima, il servizio “fornisce al mittente la ricevuta come prova dell’avvenuta spedizione e consente di verificare lo stato di lavorazione e la percorrenza, anche in corso, dell’invio”; per la seconda, “MI servizio di posta assicurata consente di verificare al mittente e al destinatario lo.stato di lavorazione e la percorrenza, anche in corso, dell’invio”. Per entrambi, l’art. 5 regola il servizio accessorio dell’avviso di ricevimento.

E’, dunque, possibile seguire il percorso di tali spedizioni online, venendo informati se il plico si trova presso un ufficio postale e quale, se si trova in transito e se è stato o no consegnato al destinatario, anche dunque consentendo al mittente di predisporre cautele atte ad evitare il pagamento a soggetto non legittimato.

Tutto ciò, si noti, non per la diretta rilevanza giuridica vincolante dei precetti sull’uso del servizio postale in capo agli utenti, ma per la considerazione che le citate disposizioni possano costituire un parametro di valutazione della condotta tenuta, indipendentemente dalla applicabilità diretta nel rapporto negoziale inter partes: il riferimento alle menzionate disposizioni viene operato non al fine di invocarne l’efficacia normativa vincolante, ma quale mera indicazione di particolari accorgimenti e cautele, che il soggetto dovrebbe adottare.

Ancora più radicalmente, potrebbe osservarsi come l’ampia diffusione dei conti correnti bancari potrebbe indurre addirittura a preferire modalità di pagamento più sicure rispetto alla spedizione degli assegni (quale il bonifico bancario), senza apprezzabile sacrificio per il mittente.

Ed, infine, questa Corte – nell’ambito di diritti della persona, dunque in un contesto di ancor maggiore rilevanza degli interessi della vittima – ha statuito il seguente principio di diritto, che non pare quindi improprio richiamare, tanto più, nella presente vicenda: “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere oggettivamente prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze (secondo uno standard di comportamento correlato, dunque, al caso concreto), tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del suo comportamento imprudente (in quanto oggettivamente deviato rispetto alla regola di condotta doverosa cui conformarsi) nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso” (Cass. 1 febbraio 2018, n. 2483).

6. – Rimessione alle S.U. Va, in conclusione, rimessa la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, sulla seguente questione di diritto di particolare importanza, anche tenuto conto della considerevole incidenza pratica della stessa:

“Se possa ravvisarsi un concorso del danneggiato, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, nella spedizione di un assegno a mezzo posta – sia essa ordinaria, raccomandata o assicurata con riguardo al pregiudizio patito dal debitore che non sia liberato dal pagamento, in quanto il titolo venga trafugato e pagato a soggetto non legittimato in base alla legge cartolare di circolazione”.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, sulla questione di massima di particolare importanza indicata in motivazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2019

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