Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2090 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. I, 25/01/2022, (ud. 20/10/2021, dep. 25/01/2022), n.2090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15813/2016 promosso da:

Nuova Circe s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini 119, presso lo

studio dell’avv. Giulio Andrea Galvani, che la rappresenta e difende

unitamente all’avv. Dino Lucchetti, in virtù di procura speciale in

calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Comune di Terracina, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Giuseppe Pitre’ 11, presso lo

studio dell’avv. Massimo Trifilidis, rappresentata e difesa

dall’avv. Lina Vinci, dell’Avvocatura comunale, in virtù di procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3721/2015, depositata il 17/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/10/2021 dal Consigliere Dott. ELEONORA REGGIANI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza definitiva n. 3721/2015, depositata il 17/06/2015, la Corte d’appello di Roma – dopo aver pronunciato sentenza non definitiva n. 747/2012, depositata il 13/02/2012, con la quale ha revocato la sentenza non definitiva del Tribunale di Latina (che aveva ritenuto di dover liquidare l’indennità in applicazione del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, conv. con modif. in L. n. 359 del 1992) e ha condannato il Comune a pagare alcune somme pari al valore delle opere abusive e delle piante presenti sulle aree espropriate – ha statuito sull’appello principale e su quello incidentale, proposti contro la sentenza definitiva dello stesso Tribunale, determinando l’importo dovuto a seguito di cessione volontaria delle aree e condannando il Comune al pagamento dello stesso, previa detrazione delle somme già erogate, con compensazione di metà delle spese di lite.

In particolare, il Comune è stato condannato al pagamento della somma di Euro 26.803,96 oltre interessi legali dalla domanda, in favore della Nuova Circe s.r.l., previa detrazione dell’importo già corrisposto salvo conguaglio, pari ad attuali Euro 15.688,93, oltre interessi legali.

Avverso tale statuizione, la Nuova Circe s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Il Comune di Terracina si è difeso con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, commi 3 e 4, L. n. 10 del 1977, art. 2,L. n. 1150 del 1942, art. 28 (modificato dalla L. n. 765 del 1967, art. 8), nonché della L. n. 47 del 1985, art. 24, per avere la Corte d’appello escluso l’edificabilità delle aree oggetto di cessione volontaria, nonostante fossero comprese in un piano di zona.

Con il secondo motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia, l’omessa motivazione e la violazione e la falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in ragione della ritenuta impossibilità di comprendere il criterio utilizzato dalla Corte d’appello per l’individuazione del valore delle aree cedute al Comune, essendosi discostata da tutte e tre le consulenze tecniche espletate nei due gradi di giudizio, con una motivazione che non lascia trasparire il percorso logico argomentativo seguito.

In particolare, viene rilevato che la Corte di merito: 1) non ha utilizzato l’indice di fabbricabilità suggerito nella consulenza tecnica d’ufficio espletata in appello senza fornire adeguata motivazione; 2) ha individuato per le particelle (OMISSIS) la cubatura media realizzabile in 1.829,5 mc in modo incomprensibile, senza giustificare il rilievo attribuito all’altezza di tre metri per individuare i corrispondenti mq.; 3) ha individuato il valore delle aree tutte in Euro 6 al mq senza spiegare in virtù di quale criterio di riferimento, applicandola incomprensibilmente non alle intere aree espropriate area ma solo a quelle considerate potenzialmente edificabile.

Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, tenuto conto che il Comune, nell’impugnare al sentenza di primo grado, aveva chiesto che l’indennità fosse determinata considerando l’indice di edificabilità presente nel piano per l’edilizia economica e popolare, pari a 1,31 mc/mq (il Tribunale di Latina aveva applicato il diverso indice di 2,4 mc/mq), mentre la Corte d’appello, con una motivazione oscura, si era posta ben oltre le richieste della parte.

2. Il primo motivo di ricorso è fondato.

2.1. Parte ricorrente ha affermato che la Corte di merito è incorsa in errore quando, pur consapevole che le aree cedute fossero comprese in un piano di zona, ha comunque escluso l’edificabilità delle stesse, senza tenere conto che il piano di zona è uno strumento urbanistico idoneo a conferire edificabilità alle aree che nello stesso sono ricomprese.

2.2. Nella sentenza impugnata si legge che oggetto della cessione volontaria sono state le particelle (OMISSIS), che formano un unico lotto quasi rettangolare, e la particella (OMISSIS), discosta da queste ultime, con la precisazione che, nel piano regolatore generale (di seguito, PRG), approvato nel 1972 e vigente alla data della cessione volontaria, le particelle (OMISSIS) rientravano nella zona destinata a verde pubblico con possibilità di realizzare attrezzature per lo sport, mentre la particella (OMISSIS) era destinata a parcheggio e strada (p. 8 della sentenza impugnata).

La stessa sentenza ha evidenziato che le prime due particelle avevano la stessa destinazione anche nel PRG previgente, adottato nel 1966, e che l’altra particella non era mai stata edificabile, con la precisazione che, anche nel 1969, prima che venisse approvato il piano regolatore generale vigente al tempo della cessione volontaria, era stato adottato un piano di zona per l’edilizia economica e popolare, denominato piano “Arene”, ove le particelle (OMISSIS), inserite in una zona in cui l’indice territoriale di fabbricabilità era pari a 1,31, erano destinate a verde attrezzato e la particella (OMISSIS) era adibita a parcheggio e strada di penetrazione (pp. 8 e 9 della sentenza impugnata).

In sintesi, durante la vigenza del PRG del 1966 (ove le particelle (OMISSIS) rientravano nella zona destinata a verde pubblico e la particella (OMISSIS) non era edificabile), è stato adottato il piano di zona per l’edilizia economica e popolare e, successivamente è stato approvato il nuovo PRG (ove le particelle (OMISSIS) sono state inserite nella zona destinata a verde pubblico con possibilità di realizzare attrezzature per lo sport e la particella (OMISSIS) è stata destinata a parcheggio e strada).

2.3. La giurisprudenza di questa Corte è oramai consolidata nel ritenere che l’inserimento di un fondo all’interno di un piano di zona per l’edilizia economica popolare (come pure all’interno di un piano per gli insediamenti produttivi) connoti in termini di edificabilità tale fondo, a prescindere alla specifica destinazione attribuita all’interno del piano anche in variante rispetto al piano regolatore generale.

Come evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte (v. Cass., Sez. U., n. 125 del 21/2001 e già Cass., Sez. U., Sentenza n. 11433 del 18/11/1997), il piano per l’edilizia economica e popolare rientra fra i piani di zona e, quindi, fra gli strumenti urbanistici attuativi o di terzo livello, equivalenti ai piani particolareggiati o di lottizzazione, come espressamente previsto dalla L. n. 167 del 1962, art. 9, ma ha anche natura di variante del piano regolatore vigente, se da esso se ne discosti, con la conseguenza che deve essere considerato ai fini della valutazione dell’edificabilità dei terreni in esso compresi.

Detto riconoscimento trova testuale sostegno normativo nella L. n. 167 del 1962, art. 3, comma 4, ove è previsto che il piano per l’edilizia può apportare varianti al piano regolatore.

In effetti, l’inserimento, con il piano in questione, di fabbricati ad uso abitativo e delle connesse infrastrutture in un comprensorio classificato come agricolo dal piano regolatore costituisce un univoco e indiscutibile segno di un sopraggiunto mutamento della programmazione urbanistica generale, perché amplia la parte edificabile del territorio, introduce (o comunque sottende) una nuova

visione del complessivo assetto cittadino in ordine all’identificazione delle zone residenziali. Il cambiamento di destinazione non è (o meglio non è soltanto) componente del progetto espropriativo e delle prescrizioni ad esso finalizzate, perché riposa su basi logiche autonome, sopravvive all’evenienza di un successivo abbandono del progetto stesso per elementi oggettivi, per scadenza di termini, o per preferenza accordata all’edificazione privata e, quindi, di per sé costituisce variante del piano regolatore (così ancora Cass., Sez. U., n. 125 del 21/2001).

In sintesi, il fatto stesso che un terreno sia compreso nel piano per l’edilizia economica e popolare, che del PRG costituisce attuazione e, all’occorrenza, variante, è di per sé elemento giustificativo del legale carattere edificatorio del terreno medesimo, sia pure nei limiti consentiti dal menzionato piano.

Da quanto premesso consegue che, nella valutazione della natura edificabile del terreno secondo diritto, ai fini espropriativi o ai fini risarcitori in una fattispecie di accessione acquisitiva, non è sufficiente fare riferimento al PRG nella sua originaria formulazione (nel quale il terreno in questione sia eventualmente collocato in zona agricola), ma occorre anche tenere presente la destinazione che quel terreno abbia successivamente assunto nel piano di zona e, in base ad esso riconoscerne la natura edificatoria e valutarne le caratteristiche (v. già Cass. Sez. U., n. 11433 del 18/11/1997 e poi, tra le tante, Cass., Sez. 1, n. 3948 del 18/04/1998; Cass., Sez. 1, n. 4558 del 06/05/1998; Cass., Sez. 1, n. 11621 del 17/09/2001; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 15514 del 07/12/2001; Cass., Sez. 1, n. 16024 del 19/12/2001; Cass., Sez. 1, n. 12771 del 31/05/2007).

Ovviamente, il carattere edificatorio dei terreni compresi nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare non comporta che debbano avere tutti eguale valore di mercato, poiché l’effettiva potenzialità edificatoria va da un minimo (tendente a zero) ad un massimo, con una gamma di situazioni intermedie su cui incide in misura determinante l’edificabilità effettiva, quale attitudine del suolo ad essere sfruttato e concretamente destinato a fini edificatori (in base a vari fattori: centralità, ubicazione, consistenza, vicinanza a strutture pubbliche, volumetria, ecc.), e restando comunque escluso che detto valore possa essere stabilito in base alle localizzazioni interne al programma espropriativo eseguite dall’Amministrazione, cioè in funzione delle disposizioni del piano per l’edilizia attinenti alla collocazione sui singoli fondi di specifiche edificazioni ovvero di servizi ed infrastrutture (così Cass., Sez. 1, n. 23584 del 22/11/2010 e Cass., Sez. 1, Sentenza n. 7248 del 27/03/2014).

2.4. La peculiarità della fattispecie è data dal fatto che, al piano per l’edilizia economica e popolare, che – in base a quanto appena esposto – ha attribuito carattere di edificabilità a tutti i fondi in esso compresi, a prescindere dalla specifica destinazione loro impressa, è sopravvenuto un nuovo PRG, che ha mantenuto le particelle (OMISSIS) nella zona destinata a verde pubblico con possibilità di realizzare attrezzature per lo sport e hai inserito la particella (OMISSIS) in un’area destinata a parcheggio e strada, proprio come, in precedenza, era stato previsto nel piano per l’edilizia economica e popolare.

Si deve, tuttavia, tenere presente che, ai sensi della L. n. 167 del 1962, art. 9, il piano in questione, una volta approvato, ha una lunga efficacia (dieci anni, poi aumentati a diciotto).

Ciò significa che il piano per l’edilizia economica e popolare era ancora in vigore quando è stato adottato il nuovo PRG, che non risulta avere revocato tale piano, ed anche quando è stata operata la cessione volontaria delle aree.

2.5. In sintesi, deve ritenersi esistente la natura edificatoria delle aree in questione, in quanto comprese nel menzionato piano di edilizia economica e popolare, vigente al momento della loro cessione volontaria.

3. L’accoglimento del primo motivo rende superfluo l’esame del secondo e del terzo, che devono ritenersi assorbiti.

4. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, assorbiti il secondo e il terzo, la sentenza deve essere cassata nei limiti sopra indicati, con rinvio della causa, anche per quanto riguarda le spese del presente grado di giudizio, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte

accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e, assorbito il secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata nei limiti sopra indicati, con conseguente rinvio della causa, anche per quanto riguarda le spese del presente grado di giudizio, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, mediante collegamento “da remoto”, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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