Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 209 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 209 Anno 2014
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

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ricorrente

contro
3 C CAVA CALCAREA CAUDINA s.r.1., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via
Germanico n. 12, presso l’avv. Rebecca Mammetti, rappresentata e difesa
dall’avv. Carmine Lombardi, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania
n. 51/29/07, depositata il 22 marzo 2007.

Data pubblicazione: 09/01/2014

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 ottobre
2013 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale dott. Umberto Apice, il
quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania indicata in

il diritto della 3C Cava Calcarea Caudina s.r.l. alla definizione agevolata, ai
sensi dell’art. 16 della legge n. 289 del 2002, della controversia concernente
la cartella di pagamento notificata alla contribuente ex art. 36 bis del d.P.R.
n. 600 del 1973.
Il giudice a quo ha ritenuto che “l’Ufficio ha provveduto a recuperare il
tributo contestato dal contribuente. Perciò tale iscrizione a ruolo, non
preceduta da accertamento, svolge funzione impositiva”.
2. La 3C resiste con controricorso.
Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo proposto, la ricorrente denuncia violazione
dell’art. 16, comma 3, lett. a), della legge n. 289 del 2002, per avere il
giudice di merito ritenuto applicabile il condono ivi previsto “ad una lite
avente ad oggetto una cartella esattoriale di liquidazione di imposte
dichiarate e non versate”.
Il motivo è infondato.
E’, infatti, ormai consolidato il principio — che si inserisce nella tendenza
sempre più accentuata della giurisprudenza di questa Corte, anche a sezioni
unite, nel senso del favor per l’applicabilità delle normative di condono secondo il quale ciò che rileva ai fini della qualificazione dell’atto come
impositivo e della conseguente inclusione della relativa controversia
nell’ambito applicativo dell’art. 16 della legge n. 289 del 2002, è la sua
effettiva funzione, a prescindere dalla qualificazione formale dell’atto stesso.
Pertanto, la natura impositiva dell’atto, ai fini anzidetti, va riconosciuta
quando esso sia destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del
contribuente, una pretesa fiscale, essendo sufficiente che la contestazione da
parte di quest’ultimo sia idonea ad integrare una controversia effettiva, e
non apparente, sulla legittimità, sotto qualsiasi profilo (tranne che su aspetti
2

epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stato riconosciuto

ESENTE DA REGISTRAZIONE
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– N. 5
L.
N. 131
MA2.4RIA à RUM., l’ARIA

relativi a meri errori di calcolo), della pretesa medesima (cfr. Cass. nn. 6186
del 2006, 4129, 5938 e 15548 del 2009, 16075 e 20731 del 2010, 5879 e
22158 del 2013).
E’ pertanto di per sé irrilevante la circostanza che la cartella contenga la
liquidazione di imposte dichiarate e non versate, una volta che, da un lato, si
tratta del primo atto con cui l’amministrazione fa valere la propria pretesa
nei confronti del contribuente, e, dall’altro, quest’ultimo ha instaurato una
esame, in base a quanto risulta dalla sentenza impugnata, in cui si afferma
che il tributo era stato “contestato”, e dal controricorso, in cui si espone
(senza che l’Agenzia abbia opposto nulla in contrario) che il contribuente
aveva sin dal ricorso introduttivo eccepito la decadenza
dell’amministrazione per tardività della notifica della cartella.
2. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida
in €. 1500,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi ed agli accessori
di legge.
Così deciso in Roma il 16 ottobre 2013.

controversia effettiva, come deve ritenersi avvenuto nella fattispecie in

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