Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20899 del 07/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 07/09/2017, (ud. 23/06/2017, dep.07/09/2017),  n. 20899

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6963/2015 proposto da:

Consorzio FU.G.I.S.T. fra Maltauro S.p.a. – Impresa S.p.a. – ICG 2

S.p.a. e TM.E. S.p.a. Termomeccanica Ecologica, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

Roma, Via degli Scipioni n. 288, presso lo studio dell’avvocato

Strano Luigi, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta Regionale

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Poli n.29,

presso l’Ufficio Rappresentanza Regione Campania, rappresentata e

difesa dagli avvocati Grande Corrado, Tuccillo Bernardino, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

Consorzio FU.G.I.S.T. fra Maltauro S.p.a. – Impresa S.p.a. – ICG

S.p.a. e TM.E. S.p.a. Termomeccanica Ecologica, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

Roma, Via degli Scipioni n.288, presso lo studio dell’avvocato

Strano Luigi, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine

del ricorso principale;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5065/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2017 dal cons. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO

ALBERTO, che ha concluso per l’accoglimento del sesto motivo di

ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Luigi Strano che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso e rigetto del controricorso della

Regione;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato Alba Di Lascio, con delega

orale, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma ha accolto l’impugnazione proposta dalla Regione Campania ed ha dichiarato la nullità del lodo arbitrale pronunciato per dirimere la controversia insorta tra la stessa Regione ed il Consorzio FU.G.I.S.T. (costituito tra le imprese Maltauro SpA, Intrapresa SpA, ICG2 SpA e TME SpA), per l'”incompetenza del collegio arbitrale dovuta alla mancanza di clausola compromissoria”, secondo l’eccezione tempestivamente formulata dalla Regione nel corso del procedimento arbitrale, ai sensi dell’art. 817 c.p.c. (nella formulazione (anteriore all’entrata in vigore della novella del 2006) ratione temporis applicabile), ma ingiustamente respinta dagli arbitri.

2. La Corte territoriale ha premesso che il rapporto contrattuale originario inter partes (nato sulla base del contratto del 21 luglio 1982, rep. n. 6219) era stato modificato, su richiesta del Consorzio, con la Delib. GR 12 febbraio 1998, n. 394 ed era stato finalizzato non solo alla realizzazione dell’impianto di depurazione ((OMISSIS)) e dei relativi collettori, ma anche alla sua gestione, svolta in via sperimentale, per un anno, a partire dalla ultimazione delle opere e sino al 30 settembre 1999.

2.1. Secondo il giudice distrettuale, avrebbero errato gli arbitri (sulla base della considerazione che il contratto avrebbe avuto, ab initio, natura mista, comprensiva sia della costruzione dell’opera pubblica che dell’attività di gestione dell’impianto) a considerare come “prorogata” la gestione dell’opera svolta dal costruttore dal 1 ottobre 1999, mentre lo stesso Consorzio, accedendo all’arbitrato, avrebbe – nella sua domanda – richiesto una determinazione ex novo delle proprie spettanze, sottolineando gli elementi di discontinuità esistenti tra le prestazione gestionali rese nel primo anno (attività assimilata ad una sorta di collaudo funzionale) rispetto a quelle successive (qualificate come del tutto indipendenti dal rapporto contrattuale originario e individuabile in una gestione “attribuita ex novo”).

2.2. Perciò, non potendosi far ricorso al contratto originario ed alla clausola arbitrale ivi prevista, nè essendo ipotizzabile una convalida di quest’ultima, in ragione della previsione dell’art. 807 c.p.c., comma 1, che esige la forma scritta, doveva concludersi per la nullità del lodo per il difetto di una apposita clausola compromissoria.

3. Avverso tale sentenza il Consorzio ha proposto ricorso per cassazione, con cinque mezzi, illustrati anche con memoria.

6. La Regione resiste con controricorso con il quale rappresenta che, in caso di accoglimento del ricorso, dovrebbero essere esaminati tutti gli altri motivi d’impugnazione di nullità rimasti assorbiti dall’accoglimento del primo mezzo da parte della Corte territoriale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso (Violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in ordine all’asserita autonomia della attività di gestione post 30 settembre 1999 e, quindi, sull’asserita mancanza di una clausola compromissoria) il ricorrente si duole del preteso errore macroscopico commesso dalla Corte d’appello, la quale anzichè desumere l’esistenza della clausola compromissoria dall’esame del contratto e dalle deliberazioni della Regione, avrebbe considerato esclusivamente le deduzioni svolte dal Consorzio nella sua domanda di arbitrato, estrapolando da essa alcune affermazioni il cui significato sarebbe stato totalmente travisato.

1.1. In particolare, non pronunciandosi sulla propria eccezione circa la “natura unitaria del rapporto”, la Corte territoriale avrebbe, da un lato, omesso di considerare, dopo l’atto di sottomissione del 1998, le quattro deliberazioni della Regione Campania che confermavano “i termini economici del contratto” originario, e da un altro, travisato il contenuto dell’atto di accesso agli arbitri, laddove l’affermazione dell’autonomia della prestazione era riferita chiaramente al corrispettivo dell’attività gestionale, passata da una determinazione a corpo ad una allo specifico corrispettivo, e non ad altro.

2. Con il secondo motivo di ricorso (Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 e 1363 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in ordine alla natura autonoma della gestione post 30 settembre 1999) il ricorrente, ove la Corte ritenesse compiuta quell’attività interpretativa – che si assume in primis essere mancata – circa gli atti richiamati con il primo motivo, si duole della violazione delle norme di ermeneutica contrattuale, con particolare riferimento ai parametri del “senso letterale delle parole” e della “comune intenzione delle parti” nonchè del “comportamento complessivo” da esse tenuto. Infatti, la Regione non avrebbe contestato la competenza arbitrale nè nel giudizio a quo (come risulterebbe dalla lettura dei decreti dirigenziali di adesione all’arbitrato e dell’atto di conferma di esso, nel 2006) nè in altri procedimenti arbitrali, che avrebbero portato a lodi definitivi (2004 e 2012).

3. Con il terzo motivo di ricorso (violazione e/o falsa applicazione degli artt. 807 e 157 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 in ordine alla convalida della clausola compromissoria) il ricorrente, premessa l’esistenza di atti dell’Amministrazione di adesione alla domanda arbitrale (decreti dirigenziali nn. 651/05 e 51/06) e di conferma del deferimento della controversia in arbitri (del 10 aprile 2006), lamenta una non corretta applicazione dell’art. 807 c.p.c. in quanto, attraverso il richiamo ai detti atti, non si sarebbe inteso dar luogo alla stipula di una nuova clausola compromissoria ma al riconoscimento della sua esistenza, preclusivo di qualunque contestazione della competenza arbitrale, ai sensi dell’art. 157, comma 3, cod. rito, sulla base del quale la Regione non poteva eccepire la nullità del lodo, avendovi dato causa o rinunciato a farla valere con atti espressi.

4. Con il quarto motivo di ricorso (violazione e/o falsa applicazione dell’art. 807 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 in ordine alla tempestività della eccezione di mancanza della clausola compromissoria), il ricorrente lamenta la mancata considerazione della tardività dell’eccezione di insussistenza della clausola compromissoria, sollevata – davanti al Collegio arbitrale solo all’udienza del 26 giugno 2006 (ossia dopo la sua adesione all’arbitrato, la nomina del proprio arbitro, l’approvazione del presidente del Collegio, la sua costituzione in giudizio e dopo la prima memoria di replica), e l’erroneità dell’affermazione contenuta nella decisione impugnata secondo la quale l’eccezione sarebbe stata ritualmente formulata, ai sensi dell’art. 817 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis: infatti tale disposizione non atterrebbe affatto al caso della dedotta inesistenza della clausola ma solo all’esorbitanza dai suoi limiti.

5. Con il quinto motivo di ricorso (violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 2909 c.c. (esistenza di giudicati) e all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 3 in relazione agli altri lodi inter partes), il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sull’eccezione sollevata circa l’esistenza di alcuni lodi definitivi che confermerebbero la presenza della clausola compromissoria, anche per l’attività di gestione successiva al 30 settembre 1999.

6. Con il sesto motivo di ricorso (violazione e/o falsa applicazione dell’art. 830 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 in ordine alla nullità totale del lodo; omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 830 c.p.c., comma 1 in quanto, pronunciando la nullità totale del lodo (anzichè parziale, con la salvaguardia della questione nascente dalla domanda relativa al primo periodo della gestione dell’impianto), avrebbe travolto anche la statuizione relativa al quesito n. 8, che atteneva al danno subito dal Consorzio per il periodo fino al 30 settembre 1999, in ordine al quale non vi era contestazione dell’esistenza della clausola compromissoria.

7. I primi due mezzi di cassazione vanno trattati congiuntamente, in quanto tra di loro connessi.

7.1. Va premesso che, i due motivi, pongono al centro della discussione il problema del rilievo e dell’accertamento della clausola compromissoria, in ordine al quale questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 21215 del 2014), in piena rispondenza con il principio generale della natura giudiziale dell’attività svolta dagli arbitri, ha affermato il principio di diritto, a cui va data piena continuità in questa sede, secondo cui “qualora il lodo abbia pronunciato su una controversia in nessun modo riconducibile al compromesso o all’oggetto della clausola compromissoria viene meno la stessa investitura degli arbitri, sicchè è configurabile il vizio di cui all’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 1, (nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alle modificazioni introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), secondo cui il lodo è nullo non solo nell’ipotesi di sua inesistenza o di specifici vizi genetici del negozio compromissorio, ma anche nel caso in cui si riveli insussistente la potestà decisoria arbitrale, e tale vizio è rilevabile anche d’ufficio dal giudice dell’impugnazione, a cui compete il potere di accertare la volontà delle parti di deferire ad arbitri la risoluzione di talune controversie attraverso l’interpretazione delle espressioni in cui si coagula il consenso negoziale.”.

7.2. Orbene, nel caso di specie, com’è agevole verificare sulla base degli stessi elementi offerti dalla parte ricorrente (la quale ha puntualmente trascritto gli atti rilevanti nel suo ricorso per cassazione), a seguito dell’atto di sottomissione del Consorzio e in base alla proroga del servizio di gestione dell’impianto allo stesso demandato dalla Regione, le cd. proroghe (quattro deliberazioni della Regione Campania) attengono esclusivamente alla conferma soltanto de “i termini economici del contratto”.

7.3. In questi ultimi, pertanto, non può farsi rientrare il potere di devoluzione della materia controversa agli arbitri, vigendo la regola ermeneutica secondo cui, “poichè il deferimento di una controversia al giudizio degli arbitri comporta una deroga alla giurisdizione ordinaria, in caso di dubbio in ordine alla interpretazione della portata della clausola compromissoria, deve preferirsi un’interpretazione restrittiva di essa e affermativa della giurisdizione statuale, riconoscendosi non rientrare la domanda in contestazione nell’ambito della materia rimessa agli arbitri.” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22841 del 2007).

7.4. Del resto, la materia della giurisdizione devoluta ai terzi esterni, rispetto agli organi della giurisdizione dello Stato, pur ammissibile e consentita, non può ascriversi ai termini economici del contratto, ma semmai alla parte cd. normativa, che – nella specie – non è stata affatto richiamata. E, ciò, quindi, proprio in base al criterio letterale richiamato dal Consorzio nel suo ricorso.

7.5. Quanto al comportamento delle parti, come ulteriore conferma dell’interpretazione esclusa dalla Corte territoriale, esso non costituisce criterio utile all’interprete nella materia de qua, secondo quanto questa Corte ha già puntualizzato con la sentenza (pur risalente, ma pienamente condivisa in rapporto ai principi regolatori di ogni arbitrato rituale) di questa stessa Corte (Sez. 1, n. 12175 del 2000) secondo cui: “in ipotesi di clausola compromissoria inesistente (nella specie, per estinzione, a seguito di novazione del contratto che la prevedeva) il successivo comportamento delle parti (che, come nella specie, abbiano avviato e concluso il procedimento portante all’insediamento degli arbitri) non vale a sanare il vizio di carenza di potere degli arbitri, senza che, in contrario, possa essere invocato il disposto dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 817 c.p.c., atteso che tale disposizione si riferisce al superamento, da parte degli arbitri, dei limiti loro imposti dal compromesso e non alla diversa ipotesi di originaria e totale carenza di potere e atteso inoltre che, in subiecta materia, deve escludersi ogni possibilità di interpretazione analogica, ponendosi la competenza arbitrale come derogatoria alla competenza del giudice naturale.”.

8. Posto che il comportamento delle parti e le loro dichiarazioni unilaterali non possono sanare il radicale difetto di potestas iudicandi, attenendo la materia all’esistenza della competenza -giurisdizione dei giudici dello Stato, deve – in adesione all’appena richiamato principi di diritto – considerarsi infondato anche il terzo motivo di ricorso.

9. Quanto alla tardività dell’eccezione (del difetto della potestas iudicandi da parte degli arbitri) sollevata dalla Regione, la doglianza (quarto mezzo di cassazione) non appare fondata sulla base del già affermato principio di diritto, ancora una volta rinvenibile nella ricordata Sentenza n. 12175 del 2000, secondo cui una tale doglianza va respinta in base “all’art. 817 c.p.c., (..) che (…) si riferisce al superamento, da parte degli arbitri, dei limiti loro imposti dal compromesso e non alla diversa ipotesi di originaria e totale carenza di potere e atteso inoltre che, in subiecta materia, deve escludersi ogni possibilità di interpretazione analogica, ponendosi la competenza arbitrale come derogatoria alla competenza del giudice naturale.”.

10. Nè miglior sorte può avere la quinta lamentela, con la quale si chiede di tener conto dell’esistenza di alcuni lodi definitivi (inter partes) che confermerebbero la presenza della clausola compromissoria, anche per l’attività di gestione successiva al 30 settembre 1999.

10.1. Infatti, in tema di giudicato esterno da lodi arbitrali, questa Corte (Sez. 1) ha affermato (nella risalente ma autorevole Sentenza n. 2550 del 1983), il condiviso e sempre attuale principio di diritto secondo cui “la forza del giudicato sostanziale assiste soltanto le pronunzie giurisdizionali a contenuto decisorio di merito, vale a dire quelle che statuiscono in ordine all’esistenza delle posizioni soggettive tutelate e dedotte in giudizio, e non anche le statuizioni di carattere processuale, attinenti cioè alla costituzione del giudice o alla determinazione dei suoi poteri ovvero allo svolgimento del processo, che producono effetti limitati al rapporto processuale nel quale sono emanate. Pertanto, la decisione circa la natura ed i limiti, se di stretto diritto ovvero secondo equità, della potestas iudicandi attribuita agli arbitri, appartenendo alla seconda categoria, non spiega alcuna efficacia esterna con riguardo ad un successivo processo, anche vertente tra le stesse parti e concernente il medesimo rapporto sostanziale. “.

11. Fin qui il ricorso non appare accoglibile, ma – diversamente che per tali mezzi – il sesto motivo di cassazione con il quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 830 c.p.c., comma 1, (in quanto, pronunciando la nullità totale del lodo (anzichè parziale, con la salvaguardia della questione nascente dalla domanda relativa al primo periodo della gestione dell’impianto), avrebbe travolto anche la statuizione relativa al quesito n. 8, che atteneva al danno subito dal Consorzio per il primo periodo, quello durato fino al 30 settembre 1999, in ordine al quale non vi era contestazione dell’esistenza della clausola compromissoria), si presenta come fondato.

11.1. Infatti, la stessa sentenza in questa sede impugnata, a p. 4 della sua motivazione (due ultimi righi), precisa che, “pertanto sino al 30.9.1999, ed in relazione al quale non è contestata tra le parti la sussistenza della clausola”, ossia che ogni questione insorta fino al termine appena indicato è chiaramente demandato alla risolutiva competenza arbitrale.

11.2. Ne discende l’errore commesso dal giudice a quo con la contraddittoria decisione di affermazione della nullità totale (anzichè parziale) del lodo arbitrale che ha deciso assieme le questioni controverse riguardanti il periodo successivo allo scadere di quel termine (e rispetto al quale – come si è detto – difettava la potestas iudicandi degli arbitri) e quelle insorte precedentemente allo spirare di esso (rettamente rimesse alla sua decisione).

12. Assorbite le deduzioni del controricorso, che non costituiscono mezzi di ricorso incidentale ma solo la riproposizione delle questione ritenute come assorbite dal giudice di merito (il quale aveva accolto solo il primo motivo di appello della Regione), la sentenza deve essere cassata in relazione al sesto mezzo, come sopra accolto, e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma (in diversa composizione) che riesaminerà la vertenza, anche per le spese di questa fase del giudizio, in relazione al motivo accolto ed alle questioni assorbite, tenendo in conto la motivazione sopra riportata.

PQM

 

Accoglie il sesto motivo del ricorso, respinge i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 23 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2017

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