Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20897 del 07/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 07/09/2017, (ud. 14/06/2017, dep.07/09/2017),  n. 20897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9351/2014 R.G., proposto da:

Consorzio Agrario Interprovinciale di Catania e Messina, in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso

dall’Avv. Giovanbattista Spampinato, giusta mandato steso a margine

del ricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del

difensore, al viale XX Settembre n. 50 in Catania;

– ricorrente –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena Spa, in quanto successore della Banca

Antonveneta Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo Luconi, ed elettivamente

domiciliata presso il suo studio, alla via Boezio n. 6 in Roma;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1428, pronunciata dal Giudice monocratico del

Tribunale di Catania e depositata il 15.2012, in relazione

all’ordinanza n. 1587 del 2013, con la quale la Corte d’Appello di

Catania ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnativa ai sensi

degli artt. 348 bis e ter c.p.c..

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 giugno

2017 dal Consigliere Dott. Paolo Di Marzio.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Banca creditrice conseguiva il Decreto Ingiuntivo n. 1724 del 2007, nei confronti del Consorzio Agrario Interprovinciale di Catania e Messina, in conseguenza del saldo negativo del conto corrente n. 13833. Il Consorzio proponeva opposizione innanzi al Tribunale di Catania contestando, tra l’altro, l’esistenza di un rapporto di continuità tra più conti correnti e l’applicazione da parte della Banca di commissioni e spese non dovute. Espletata c.t.u., il Tribunale accoglieva le contestazioni relative all’applicazione di commissioni e spese non dovute, revocava il decreto ingiuntivo e condannava il Consorzio al pagamento di quanto comunque ritenuto dovuto, quantificato nella misura di Euro 219.601,69, oltre interessi.

Il Consorzio ricorreva in appello. La Corte etnea dichiarava inammissibile l’impugnazione, “in quanto non avente una ragionevole possibilità di essere accolta”, pronunciando ai sensi degli artt. 348 bis e ter c.p.c..

Avverso la decisione di primo grado ha proposto ricorso per Cassazione il Consorzio, affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena Spa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., il ricorrente contesta che il giudice di primo grado ha errato nel considerare tardiva la domanda dell’esponente di espunzione, dai conteggi di quanto effettivamente dovuto, di tutte le “voci che sono state addebitate nel conto, pur non essendo state convenute nel contratto”.

1.2. – Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1418,1375 e 1461 c.c., il ricorrente Consorzio critica la decisione impugnata per aver omesso di pronunciare la “nullità del conto corrente per inadempimento grave della Banca”, la quale aveva conteggiato a proprio credito operazioni illegittime, dipendenti da giroconti non autorizzati.

1.3. – Con il terzo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente contesta la nullità del procedimento, in conseguenza del mancato accertamento -di tutti i rapporti esistenti tra la Banca ed il Consorzio”, perchè soltanto a seguito di una valutazione complessiva sarebbe risultato possibile pervenire all’accertamento del saldo dei rapporti debitori e creditori intercorrenti tra le parti.

Non sussistono le condizioni perchè possa procedersi all’esame dei motivi di ricorso, in presenza di una questione preliminare idonea a comportare la definizione del giudizio.

L’odierno ricorrente ha ricevuto dalla cancelleria, per sua stessa ammissione, la comunicazione della pubblicazione della contestata ordinanza della Corte d’Appello di Catania in data 23.8.2013, mentre ha proposto il presente ricorso per cassazione in data 7.3.2014. Ha affermato l’Istituto di credito controricorrente l’inammissibilità dell’impugnativa perchè proposta dopo la scadenza del termine di sei mesi di cui all’art. 327 c.p.c.. Invero, tenuto conto dell’epoca in cui il decreto ingiuntivo era stato domandato, nell’anno 2007, in base alla disposizione di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 58, il termine c.d. lungo di impugnazione risultava ancora fissato in un anno (cfr. Cass. n. 16005/11, 4987/16). In ogni caso l’affermazione dell’Istituto di credito risulterebbe infondata perchè, tenuto conto del periodo di sospensione feriale all’epoca vigente (cfr. Cass. sez. 6-2, 11.5.2017, n. 11758), il termine semestrale non era ancora scaduto neanch’esso.

Vi è però un errore nel presupposto. Infatti, come questa Corte ha già avuto occasione di chiarire, – la parte che intenda esercitare il diritto di ricorrere in cassazione ex art. 348 ter c.p.c., comma 3, deve rispettare il termine di sessanta giorni, di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, che decorre dalla comunicazione dell’ordinanza, ovvero dalla sua notificazione, nel caso in cui la controparte vi abbia provveduto prima della detta comunicazione o se questa sia stata del tutto omessa dalla cancelleria, mentre il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., opera esclusivamente quando risulti non solo omessa la comunicazione, ma anche la notificazione. Ne consegue che il ricorrente, per dimostrare la tempestività del ricorso ex art. 348 ter c.p.c., proposto oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, ha l’onere di allegare sia l’assenza di comunicazione (potendo quest’ultima avvenire sin dallo stesso giorno della pubblicazione), sia la mancata notificazione, affermando, pertanto, di fruire del cd. termine lungo”, Cass. sez. 6-3, 9.2.2016, n. 2594. Nel caso di specie il Consorzio ricorrente non ha neppure prospettato la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione del termine di impugnazione semestrale, ed in relazione al termine di sessanta giorni, effettivamente operante, il ricorso è stato proposto con ampio ritardo. Completezza suggerisce poi di ricordare che la Suprema Corte, pronunciando a Sezioni Unite, oltre a ribadire che “ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., è idonea la comunicazione dell’ordinanza” da parte della cancelleria, ha avuto cura di specificare che “la Corte di Cassazione, qualora verifichi che il termine stesso è scaduto in rapporto all’avvenuta comunicazione, dichiara inammissibile il ricorso, senza necessità di prospettare il tema alle parti, trattandosi di questione di diritto di natura esclusivamente processuale”, Cass. SU, sent. 15.12.2015, n. 25208.

Il ricorso per cassazione in esame, proposto dal Consorzio Agrario Interprovinciale di Catania e Messina, è pertanto insanabilmente inammissibile, per essere stato introdotto dopo la scadenza del termine di legge.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo. Riscontrato che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Consorzio Agrario Interprovinciale di Catania e Messina.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della costituita resistente, e le liquida in complessivi Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2017

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