Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20895 del 17/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 17/10/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 17/10/2016), n.20895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2036/2012 proposto da:

I.F., (OMISSIS), in proprio e nella qualità di

Presidente pro tempore dell’Associazione TENNIS CLUS PARCO COMOLA

MERGELLINA, elettivamente domiciliato in ROMA, CIRC.NE OSTIENSE 114,

presso lo studio dell’avvocato MAURA VANGHETTI, rappresentato e

difeso dagli avvocati GIUSEPPE VIPARELLI, PASQUALE CARLINO giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimato –

nonchè da:

CONDOMINIO (OMISSIS) (OMISSIS), in persona dell’Avv. O.A.

Amministratore, legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TIGRE’ 37, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO CAFFARELLI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ANDREA OLIVARES, difensore di sè medesimo, giusta

procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

I.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1075/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Condominio (OMISSIS) (in prosieguo: “Condominio”), premesso di aver concluso in (OMISSIS) un contratto di locazione con l’associazione Tennis Club Parco Comola Mergellina (in prosieguo: “Tennis Club”) con il quale veniva concesso a quest’ultimo l’uso del campo da tennis condominiale con annessi spogliatoi, verso il pagamento di un canone simbolico e con obbligo di ristrutturare integralmente lo spogliatoio femminile, in condizioni di completo degrado, e che il Tennis Club non aveva ottemperato al contratto, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli il Tennis Club e l’ing. I.F. chiedendo dichiararsi la risoluzione del contratto e la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.

Costituitosi in giudizio, il Tennis Club, nel contestare la domanda, chiedeva in via riconvenzionale la condanna del Condominio al rimborso delle spese sostenute per il rifacimento del campo da tennis. I.F. aderiva alla domanda riconvenzionale formulata dal Tennis Club.

Il Tribunale, in accoglimento per quanto di ragione della domanda attorea, condannava i convenuti in solido al pagamento della somma di Euro 14.000,00 a titolo di risarcimento dei danni, oltre alla rifusione delle spese processuali.

Impugnata la sentenza in via principale da I.F., in proprio e nella qualità di presidente del Tennis Club, ed in via incidentale dal Condominio, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 7 aprile 2011, in parziale riforma della decisione impugnata, dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del Tennis Club, rideterminando in Euro 13.280,82, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, il risarcimento del danno spettante al Condominio. Compensava integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Contro la decisione I.F., in proprio e nella qualità di presidente del Tennis Club, propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.

Il Condominio resiste con controricorso e propone ricorso incidentale con due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, principale e incidentale, proposti avverso la medesima sentenza.

1. Con il primo motivo del ricorso principale Ferdinando Iacotucci, in proprio e nella qualità di presidente del Tennis Club, denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione agli artt. 112 e 345 c.p.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Censura la sentenza impugnata per avere accolto l’appello incidentale formulato dal Condominio sul presupposto della esistenza di una originaria domanda di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore dell’obbligazione di ristrutturare lo spogliatoio femminile e fondata sulla clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 9 del contratto, nonostante il condominio locatore avesse chiesto la risoluzione solo per scadenza del contratto nonchè per violazione della normativa in materia di sicurezza idraulica ed elettrica, limitandosi invece a chiedere solo il risarcimento dei danni per la mancata esecuzione delle opere di ristrutturazione dello spogliatoio e per gli ulteriori inadempimenti.

Il motivo è infondato.

Pur essendo la domanda risarcitoria autonoma rispetto alla domanda di risoluzione, osserva la Corte come, nella fattispecie, al di là del mero tenore letterale delle domande formulate dal Condominio, per alcune soltanto delle quali vi è espressa richiesta di declaratoria di risoluzione, il contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte in giudizio, induca a ritenere che anche le domande risarcitorie per la mancata esecuzione delle opere di ristrutturazione dello spogliatoio e per gli ulteriori inadempimenti presupponessero quella di risoluzione del contratto, pur se non espressamente formulata.

Consegue che il giudice di appello non è incorso nel denunciato vizio di ultrapetizione allorquando, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta in primo grado, ha dichiarato la risoluzione del contratto intercorso tra le parti, e ciò a prescindere – con correzione della motivazione sul punto – dalla operatività della clausola risolutiva espressa.

2. Con il secondo motivo di deduce “violazione e falsa applicazione di norme (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione agli artt. 115 e 345 c.p.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione”.

Lamenta il ricorrente che illegittimamente la corte territoriale aveva respinto l’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’amministratore del Condominio sul presupposto che la stessa fosse stata formulata solo in grado di appello in violazione dell’art. 345 c.p.c.. Contesta, inoltre, l’applicabilità, nella fattispecie, dei principi espressi da Cass. n. 13013/2000, richiamata nella sentenza impugnata.

Il motivo è infondato.

Va anzitutto osservato che l’intervenuta preclusione ex art. 345 c.p.c., non è stata rilevata dalla corte di merito con riguardo all’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’amministratore del condominio, bensì in riferimento all’eccepito “vizio di mancanza di quorum deliberativo nella Delib. 22 febbraio 2005”. Quanto alla contestata applicabilità dei principi espressi da Cass. n. 13013/2000 in tema di annullabilità delle delibere condominiali, è da rilevare come la censura non colga la ratio decidendi della sentenza impugnata, fondata sul rilievo che la Delib. 5 dicembre 2001, già esprimeva in maniera chiara la volontà dei condomini di porre termine al contratto di locazione e che, in ogni caso, l’eventuale vizio sarebbe stato sanato dalla successiva Delib. 22 febbraio 2005.

3. Con il terzo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione agli artt. 112 e 345 c.p.c. nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione”.

Censura il ricorrente la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che “gli appellanti non hanno alcun titolo a dolersi della mancata pronuncia da parte del Tribunale su capi di domanda avanzati dalla controparte, il Condominio (OMISSIS), non essendo certamente ad essi consentito di sostituirsi all’appellato nella valutazione dei propri interessi processuali. E’ solo il Condominio, in altri termini, legittimato a lamentare, in sede di gravame, l’eventuale omissione di pronuncia su capi della sua domanda ed è solo esso abilitato a valutare se riproporre le relative istanze in secondo grado oppure abbandonarle”. La decisione contrasterebbe, secondo il ricorrente, con il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, dal quale deriverebbe l’interesse di tutte le parti alla decisione su tutti i capi della domanda. Lamenta inoltre che il giudice di appello non aveva autorizzato la produzione del certificato di conformità dell’impianto elettrico rilasciato nell’anno (OMISSIS), pur trattandosi di documento indispensabile ai fini della decisione, avendo peraltro gli appellanti chiesto di provare che la mancata produzione in primo grado era dipesa da fatto non imputabile alla parte.

Il motivo è infondato.

In base al principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, spetta alla parte che propone la domanda il potere di determinare l’ambito dell’oggetto del processo, in modo vincolante per il giudice. La controparte, invece, non ha alcun interesse alla pronuncia del giudice sulla domanda proposta dall’altra parte, restando nella esclusiva facoltà di quest’ultima far valere l’omessa pronuncia.

Quanto alla mancata ammissione in appello della produzione documentale, va rilevato che il requisito della indispensabilità del documento non può essere sganciato dalla valutazione in ordine alla imputabilità alla parte della omessa produzione in primo grado, posto che, diversamente opinando, sarebbe consentito alla parte medesima di sanare preclusioni o decadenze in cui è colpevolmente incorsa nel giudizio di prime cure. In questa prospettiva, devono considerarsi documenti indispensabili soltanto quelli che attengono a fatti che acquistano rilevanza ai fini della decisione per la prima volta nel giudizio di appello, cioè quei documenti che non hanno trovato ingresso in primo grado non per negligenza della parte, ma perchè originariamente irrilevanti. Nella specie, il ricorrente asserisce di aver chiesto di provare di non aver potuto produrre il documento per causa ad esso non imputabile, senza tuttavia, in violazione del principio di autosufficienza, riportare in ricorso le circostanze oggetto di prova. 4. Con il quarto motivo si deduce “violazione ed errata applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè erronea e contraddittoria motivazione”.

Sostiene il ricorrente che erroneamente la corte territoriale aveva rigettato la domanda riconvenzionale, sulla quale il primo giudice aveva omesso di pronunciarsi, di condanna del Condominio al, pagamento della somma di Euro 9.812,68, a titolo di rimborso delle spese sostenute per il rifacimento del campo di gioco. La decisione sarebbe fondata, secondo il ricorrente, sull’apodittica presunzione della natura e consistenza dei lavori effettuati dai conduttori e senza dare ingresso alla prova dagli stessi al riguardo richiesta.

Il motivo è inammissibile, in quanto del tutto generico nonchè privo di autosufficienza, stante la omessa specifica indicazione delle circostanze che formavano oggetto della prova richiesta.

5. Con il quinto motivo si denuncia “violazione ed errata applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè erronea e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Deduce il ricorrente che il giudice di appello, in riferimento al risarcimento del danno riconosciuto in favore del Condominio, aveva erroneamente affermato, senza alcun riscontro nella relazione della consulenza tecnica espletata, che il c.t.u. aveva “accertato, per converso, le condizioni di estremo degrado in cui sono stati lasciati gli ambienti su cui il Tennis Club sarebbe dovuto intervenire” nonchè che nella somma indicata dal c.t.u. andava “quantificato il danno direttamente ed eziologicamente connesso all’attività omissiva del Tennis Club”.

Il motivo è infondato.

La corte di appello ha rilevato che il c.t.u. aveva accertato le condizioni di estremo degrado dello spogliatoio femminile, quantificando in Euro 13,280,82 l’importo per i lavori interni ed esterni, per la revisione dell’impianto elettrico ed il rilascio del certificato di conformità, per le spese per D.L. ed acquisizione del certificato di agibilità/abitabilità.

Tali conclusioni appaiono conformi alle risultanze della relazione peritale, da cui è emerso che l’impianto elettrico dello spogliatoio femminile non era conforme alla normativa vigente e che la facciata esterna era “completamente da rifare”, nonchè alla stima dei danni operata dal c.t.u..

6. Con il sesto motivo si deduce “violazione ed errata applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione all’art. 112 c.p.c., nonchè insufficiente o inesistente motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5). Sostiene il ricorrente che erroneamente la corte territoriale aveva attribuito al Condominio anche la rivalutazione delle somme riconosciute a titolo di risarcimento dei danni, nonostante il danneggiato non avesse formulato specifica domanda, facendo peraltro decorrere la rivalutazione dal (OMISSIS) e non dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado.

Il motivo è infondato.

Si osserva, al riguardo, che il danno da inadempimento contrattuale integra un debito di valore, soggetto ad automatica rivalutazione. Inoltre, correttamente la corte di merito ha fatto decorrere la rivalutazione dal (OMISSIS), epoca della stima dei lavori da parte del c.t.u..

7. Conclusivamente, il ricorso principale deve essere rigettato.

8. Con il primo motivo del ricorso incidentale il Condominio deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 112-115 in relazione al motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Lamenta che la corte territoriale, sebbene investita della domanda di risarcimento del danni per mancata consegna dell’impianto alla scadenza del contratto, aveva omesso di provvedere al riguardo.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Il Condominio pone a fondamento della doglianza l’omessa considerazione del danno correlato alla mancata consegna dell’immobile, accertato nel primo grado di giudizio, senza tuttavia riprodurre i passaggi della consulenza tecnica e della pronuncia del Tribunale che riguardano tale questione, non consentendo in tal modo a questa Corte di avere un quadro completo degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e il motivo di doglianza prospettato.

9. Con il secondo motivo del ricorso incidentale – rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 88 e 96 c.p.c., in relazione al motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” – si lamenta che la decisione di compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio non teneva conto del fatto che, tra le contrapposte domande, erano state accolte in maggior misura quelle formulate dal Condominio.

Il motivo è infondato, posto che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. civ., sez. 2, 31-01-2014, n. 2149).

10. In conclusione, anche il ricorso incidentale deve essere rigettato.

11. Stante la reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio sono compensate tra le parti.

Poichè i ricorsi sono stati notificati antecedentemente al 30.1.2013, non ricorrono i presupposti per il versamento, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2016

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