Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20891 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. II, 30/09/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 30/09/2020), n.20891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21264-2019 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in VIA CARLO CATTANEO N.

42/H – LECCO, – presso l’avv. MARIA DANIELA SACCHI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TREMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 170/2019 rdella CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. GORJAN SERGIO.

udito l’Avvocato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.S. – cittadino della (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Milano avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver dovuto lasciare il suo Paese poichè, essendo di fede (OMISSIS), non aveva voluto aderire a culto tradizionale, del quale la madre era adepta in posizione di rilievo, poichè i consociati usi a sacrifici umani.

Per evitare persecuzioni da parte degli adepti in dipendenza del suo rifiuto, alla morte della madre, era dovuto fuggire in Libia con la sorella.

Il Tribunale lombardo ebbe a rigettare il ricorso ritenendo che la vicenda personale, siccome narrata dal ricorrente, non fosse credibile; che non esisteva nello (OMISSIS) (OMISSIS) una situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa; che non concorrevano ragioni attuali di vulnerabilità od elementi lumeggianti integrazione nella società italiana ai fini della protezione umanitaria. Lo S. ebbe a proporre gravame avanti la Corte d’Appello di Milano, la quale, opponendosi il Ministero degli Interni, rigettò l’impugnazione ritenendo corrette la statuizione di non credibilità della versione resa dal richiedente asilo e le altre statuizioni adottate al primo Giudice.

Lo S. ha interposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte ambrosiana articolato su cinque motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto dallo S. risulta inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome ricostruita la norma ex Cass. SU n. 7155/17 -.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione della norma D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5 poichè i Giudici d’appello hanno omesso d’applicare i principi, vigenti in materia, dell’attenuazione dell’onere della prova nonostante la sua pronta richiesta di protezione internazionale non appena arrivato in Italia e la chiarezza e completezza del racconto fatto circa le ragioni del suo espatrio.

La censura articolata s’appalesa generica posto che si compendia nella mera proposizione di tesi alternativa rispetto alla statuizione adottata dalla Corte territoriale fondata su un apprezzamento di sola parte dei dati fattuali acquisiti in causa e nella denunzia apodittica di scarso approfondimento della vicenda da parte dei Giudici lombardi.

In effetti il Collegio ambrosiano ha puntualmente messo in evidenza le ragioni della sua conclusione circa la ritenuta scarsa credibilità del ricorrente in ordine al nucleo essenziale del suo racconto, ossia l’accanimento degli adepti del culto tradizionale nei suoi confronti, che determinò anche l’omicidio della madre, particolare questo significativamente variato rispetto al racconto iniziale nel corso di successive interviste al fine di caratterizzarlo drammaticamente.

Quanto poi al lamentato malo utilizzo dei canoni di legge, va rilevato come il dato normativo – art. 3, comma 5 – riguarda non tanto la valutazione della credibilità, bensì disciplina l’ipotesi d’assenza di dati probatori a supporto della domanda; carenza superabile se il Giudice ritiene – comunque – credibile il racconto reso dal richiedente asilo, nella specie, invece, ritenuto motivatamente non affidabile.

Con la seconda ragione di doglianza lo S. rileva violazione del disposto D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 8, lett. b) in quanto la Corte ambrosiana non ha ritenuto rilevante la persecuzione nei suoi confronti in quanto (OMISSIS).

La censura appare del tutto scorrelata rispetto alla motivazione espressa dalla Corte territoriale eppertanto inammissibile.

Difatti i Giudici milanesi mai hanno affermato – come pare lumeggiato in ricorso – di ritenere che non fosse rilevante la persecuzione nei confronti dei (OMISSIS), bensì più semplicemente che il racconto dello S. – d’essere perseguitato dagli adepti del culto tradizionale, cui aderiva la madre – non era credibile.

Dunque la Corte ha escluso che il ricorrente fosse un perseguitato a causa della sua religione, non già, escluso l’esistenza in (OMISSIS) di persecuzione nei confronti dei (OMISSIS).

Con la terza ragione di doglianza la ricorrente deduce violazione di plurime norme ex D.Lgs. n. 251 del 2007 e D.Lgs. n. 25 del 2008 in relazione alla statuizione di diniego della protezione sussidiaria, specie con relazione all’attuale situazione sociopolitica della (OMISSIS) qualificata in ricorso siccome pervasa da violenza diffusa. Con il quarto mezzo d’impugnazione lo S. lamenta violazione della regola posta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in quanto la Corte territoriale non ha azionato il suo potere officioso al fine d’acquisire informazioni aggiornate circa la situazione socio-politica esistente in (OMISSIS).

Le due censure possono esser esaminate unitariamente poichè attingono, da profili diversi, la medesima statuizione collegata alla domanda afferente il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria.

La terza censura si compendia in argomentazione critica priva di un effettivo confronto con l’argomentazione illustrata dal Collegio ambrosiano riguardo alla situazione socio-politica esistente, al momento della decisione, nella zona della (OMISSIS) in cui viveva il ricorrente e, comunque, fondata sull’elaborazione di tesi meramente alternativa rispetto alla statuizione adottata dalla Corte distrettuale. Mentre la quarta doglianza si sostanzia nella proposizione, mediante richiamo ad arresti di legittimità, ovviamente lumeggianti i principi generali dell’istituto, e ritrascrizione di passo del rapporto Amnesty 2017/2018, di tesi alternativa rispetto alla valutazione elaborata dal Collegio ambrosiano sul punto.

Difatti la Corte lombarda, sulla scorta di indicate fonti di conoscenza tratte da rapporti estesi da Organismi internazionali all’uopo preposti e resi in epoca prossima alla decisione, ha evidenziato come nella zona della (OMISSIS) d’interesse, se anche risultavano accaduti episodi di violenza criminale e corruzione, tuttavia non si configurava una situazione connotata da violenza diffusa.

A fronte di detta puntuale motivazione il ricorrente si limita a riproporre il pericolo d’esser oggetto della persecuzione da parte degli adepti del culto cui aderiva la madre – argomento già escluso in dipendenza della non credibilità del racconto fatto -; a riportare arresti delle Corti di Trieste e Firenze relativi ad altre specifiche posizioni di richiedenti asilo (OMISSIS) – elemento irrilevante in considerazione dell’indicazione legislativa circa la doverosa specifica valutazione del singolo caso -; a richiamare passo di rapporto Amnesty circa le zone della (OMISSIS) in cui opera gruppo terroristico, senza un confronto effettivo con la situazione esistente nella zona del (OMISSIS), zona cui opera riferimento la Corte milanese in sentenza, e senza l’indicazione di COI più aggiornate non esaminate – Cass. sez. 1 n. 26728/19 -.

Con il quinto mezzo d’impugnazione lo S. lamenta violazione delle norme D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e art. 19 poichè la Corte d’Appello in relazione all’istanza di godimento della protezione umanitaria non ha valutato il suo radicamento nella società italiana, la sua condizione di vulnerabilità per l’attuale situazione socio-politica della (OMISSIS), nonchè la persecuzione da parte degli affiliati al culto, già ricordata.

La critica avanzata s’appalesa assolutamente generica in quanto non si confronta con l’argomentazione sul punto elaborata dalla Corte ambrosiana, bensì si fonda su fatti non provati ovvero ripropone questioni già esaminate in relazione alle precedenti ragioni d’impugnazione e già disattese.

Difatti il Collegio lombardo ha puntualmente messo in risalto come lo S., nei gradi di merito non abbia depositata documentazione alcuna circa l’attività svolta nel quadriennio di sua presenza in Italia se non asserire, all’ultima udienza del procedimento d’appello, di lavorare presso un ristorante; come il ricorrente non abbia palesata alcuna condizione specifica di vulnerabilità e continui ad essere in contatto con i fratelli soggiornanti in (OMISSIS), sicchè in caso di rimpatrio ha famigliari presso i quali trovare assistenza.

A fronte di tale precisa motivazione, il ricorrente nulla di concreto contrappone se non depositare – irritualmente – in questa sede di legittimità una dichiarazione di domiciliazione che alcuna luce getta sul modo, in cui si procura da vivere al di fuori del circuito dell’accoglienza.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione dell’Interno liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono in capo alla ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione verso l’Amministrazione resistente delle spese di lite del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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