Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20890 del 07/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 07/09/2017, (ud. 13/06/2017, dep.07/09/2017),  n. 20890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17698/2011 proposto da:

MPS Gestione Crediti Banca S.p.a., non in proprio ma in nome e per

conto di Monte dei Paschi di Siena Leasing & Factoring – Banca

per i Servizi finanziari alle imprese s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Severino Boezio n. 6, presso lo studio dell’avvocato Massimo Luconi,

rappresentata e difesa dall’avvocato Cerioni Alberto, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MACERATA, depositato il

03/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/06/2017 dal cons. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Macerata ha respinto l’opposizione proposta dalla MPS Gestione Crediti Banca SpA (d’ora in avanti, semplicemente MPS), riguardo alla mancata ammissione del proprio credito allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) Sas (già (OMISSIS) sas) (OMISSIS) per canoni scaduti ed insoluti, spese e accessori, in forza di un contratto di locazione finanziaria che avrebbe dovuto essere qualificato come leasing di godimento, atteso che il macchinario che ne costituiva l’oggetto materiale era privo di una residua capacità d’impiego e di utilità economica, essendo previsto l’azzeramento del valore commerciale in coincidenza con il pagamento dell’ultimo canone pattuito (inapplicabilità dell’art. 1526 c.c., anzichè dell’art. 1458 c.c., in collegamento con la L. Fall., l’art. 72-quater).

2. Secondo la Corte territoriale, infatti, le doglianze proposte da MPS non avevano fondamento in quanto mancava la prova del credito di cui si chiedeva l’ammissione, ed in particolare dell’entità di quelli scaduti e rimasti insoluti alla data di cessazione del rapporto – che si assume avvenuta anteriormente al fallimento – e, ancor prima, delle “condizioni di sussistenza della clausola risolutiva” invocata, ai sensi dell’art. 16 delle condizioni generali di contratto, non essendosi versato in atti neppure la copia della comunicazione richiesta da quella clausola.

3. Avverso tale decisione la MPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi di censura.

4. La curatela non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso (Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 1526 e 1458 c.c., L. Fall., art. 2-quater; Contraddittoria o insufficiente motivazione su un punto essenziale ai fini della decisione; omessa puntuale valutazione di una presupposta statuizione del GD resa in sede di esecutorietà dello stato passivo) la ricorrente, sulla premessa dell’errore da parte del giudice circondariale in ordine alla non avvenuta risoluzione del contratto di leasing, ancor prima della dichiarazione di fallimento (essendo emerso, al contrario, in sede di ammissione allo stato passivo, la circostanza che il contratto era stato risolto anteriormente alla dichiarazione di fallimento della conduttrice del bene), censura la sentenza del Tribunale di Macerata in quanto, sulla base del principio della natura impugnatoria della fase di opposizione allo stato passivo fallimentare, non potendosi disattendere la detta acquisizione, si profilerebbe una grave contraddittorietà nella motivazione che, da un lato, ammette e, da un altro, considera non provata l’avvenuta risoluzione del contratto di leasing. E del resto, in base al principio impugnatorio, l’avvenuta risoluzione contrattuale, antecedentemente alla dichiarazione di fallimento, essendo stata riconosciuta dal GD, non poteva più formare oggetto contestazione nel giudizio di opposizione.

1.1. Inoltre, la L. Fall., art. 72-quater, troverebbe comunque applicazione nel caso esaminato, avendo il legislatore dettato una disciplina che non distinguerebbe più tra il leasing di godimento e quello traslativo.

1.2. Senza dire che, pur facendo applicazione del risalente indirizzo interpretativo, il Tribunale avrebbe dovuto avvedersi dell’insussistenza di un residuo valore del bene oggetto del contratto, perciò rendendosi inapplicabile lo schema del leasing traslativo, con la conseguente risoluzione contrattuale, senza effetti retroattivi, di cui all’art. 1458 c.c., comma 1, e la salvezza delle prestazioni già eseguite (non restituibili).

2. Con il secondo mezzo (Contraddittoria o insufficiente motivazione su un punto essenziale ai fini della decisione; omessa considerazione della qualificazione resa dal GD in sede di esecutorietà dello stato passivo, in ordine al contratto di leasing, sia in ordine all’ammontare dei canoni pattuiti sia dei canoni scaduti e pagati dalla fallita) la ricorrente, sulla premessa dell’errore da parte dello stesso giudice in ordine alla non avvenuta risoluzione e del difetto di prova, contesta che nella fase sommaria il GD avesse tenuto conto dei conteggi operati, avendo pronunciato i suoi provvedimenti (oggetto di opposizione) proprio sulla base dei calcoli che il Tribunale non ha poi considerato come certi e incontestati.

3. Con il terzo la ricorrente lamenta il rilievo di ufficio delle eccezioni e dei fatti che, anche restando contumace, neppure la Curatela aveva avanzato al riguardo.

4. Il ricorso, da esaminarsi nel complesso dei suoi tre mezzi, per la stretta connessione tra le questioni che essi prospettano, si rivela fondato secondo quanto si dirà di seguito.

4.1. Sono inammissibili, anzitutto, le doglianze esposte – soprattutto nel primo motivo – con riguardo alla ricostruzione della vicenda fattuale ed alla sua qualificazione giuridica, secondo la prospettazione della ricorrente, che chiede di riconoscere, in quello oggetto di causa, un leasing di godimento e non di tipo traslativo, in considerazione della tipologia del bene oggetto di contratto e del postulato esaurimento della sua funzione economico-strumentale.

4.2. In realtà, il giudice a quo, al riguardo, non ha operato alcuna qualificazione del rapporto, essendosi limitato a contestare la mancata prova dell’avvenuta risoluzione contrattuale e dell’ammontare del credito richiesto.

4.3. Tuttavia, il detto giudice non ha correttamente operato, poichè con riferimento alla natura impugnatoria delle opposizioni allo stato passivo – questa Corte, con overruling processuale, ha – sia pure solo di recente – stabilito i seguenti due principi di diritto:

a) Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente, a pena di decadenza L. Fall., ex art. 99, comma 2, n. 4), deve soltanto indicare specificatamente i documenti, di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, sicchè, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo d’ufficio della procedura fallimentare ove esso è custodito. (Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 12549 del 2017);

b) In tema di verifica dello stato passivo, i documenti trasmessi dal creditore al curatore tramite posta elettronica certificata e da questo inviati telematicamente alla cancelleria del giudice delegato entrano a fare parte del fascicolo d’ufficio informatico della procedura, ai sensi del D.M. n. 44 del 2011, art. 9, comma 1, sicchè, proposta opposizione allo stato passivo, il tribunale deve disporre l’acquisizione dei documenti specificatamente indicati nel ricorso dall’opponente, L. Fall., ex art. 99, comma 2, n. 4), che siano custoditi nel detto fascicolo informatico. (Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 12548 del 2017).

4.4. In base ai detti enunciati, costituenti il nuovo orientamento della Corte in materia di allegazioni e prove nel giudizio di opposizione allo stato passivo, ha, pertanto, ragione la ricorrente a lamentare una mancata verifica ufficiosa, da parte del giudice dell’opposizione al passivo, dei fatti (allegati e risultanti da documenti della procedura) e delle prove già formatesi ed esistenti nel fascicolo processuale, delle allegazioni e dei documenti versati della parte, nella fase sommaria (cd. di verificazione dello stato passivo), poichè in quella sede, non solo, non vi era stata alcuna contestazione circa la avvenuta risoluzione del rapporto contrattuale (primo mezzo di ricorso), ma, il GD aveva recepito tale conclusione ed aveva accettato i conteggi elaborati dalla ricorrente, sia pure non accogliendo per intero le sue domande, in base all’applicazione della L. Fall., art. 72-quater, riconoscendo la debenza di un equo indennizzo (ossia di un elemento a titolo di corrispettivo, giustificabile e giustificato, proprio in base all’avvenuta risoluzione contrattuale anteriore al fallimento, che dunque aveva ottenuto pieno riconoscimento, se non altro in via implicita, nella fase sommaria e che, pertanto, adesso veniva contraddetto dalla perplessa motivazione sopra riassunta).

4.5. In particolare, la ricorrente richiama la mancata acquisizione-lettura del verbale relativo alla fase sommaria e del decreto (ivi contenuto) di liquidazione di una somma a titolo di equo indennizzo, fatte salve le somme già incassate dalla fallita (il cui contratto era stato “risolto prima della dichiarazione di fallimento”: cfr. nota della procedura comunicata alla ricorrente in data 11 novembre 2010), nonchè del fatto che, nella fase sommaria, il GD aveva già tenuto conto dei conteggi operati (“le somme già versate dalla fallita (Euro 145.000,00), superano quella odiernamente liquidata”) avendo pronunciato i suoi provvedimenti (oggetto di opposizione) proprio sulla base dei calcoli che il Tribunale, giudice dell’opposizione, non ha poi compiutamente considerato ma che sarebbero stati certi e incontestati.

4.6. Ovviamente, sulla base del riscontro di una tale avvenuta risoluzione, la natura della prova, relativa alle voci di credito avanzate, muta proprio in rapporto alla qualificazione del rapporto di leasing (ossia: se si sia trattato di un leasing di natura traslativa ovvero – come assume la ricorrente – di natura finanziaria), proprio perchè se una risoluzione contrattuale, nella fase anteriore al fallimento vi è stata, ciò non comporta- diversamente da quanto opina la ricorrente – una identità di trattamento, avendo questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 2538 del 2016) enunciato il principio di diritto che si riporta e che vincola anche il giudice di merito:

la L. Fall., art. 72 quater trova applicazione solo nel caso in cui il contratto di leasing sia pendente al momento del fallimento dell’utilizzatore, mentre, ove si sia già anteriormente risolto, occorre distinguere a seconda che si tratti di leasing finanziario o traslativo, solo per quest’ultimo potendosi utilizzare, in via analogica, l’art. 1526 c.c., con l’ulteriore conseguenza che, in tal caso, il concedente ha l’onere, se intenda insinuarsi al passivo del fallimento, di proporre la corrispondente domanda completa in tutte le sue richieste nascenti dall’applicazione della norma da ultimo citata.

5.In conclusione, il ricorso va accolto, il decreto cassato con rinvio, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Macerata per nuovo giudizio svolto alla luce dei principi richiamati.

PQM

 

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Macerata in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Corte di cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 13 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2017

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