Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20889 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. II, 30/09/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 30/09/2020), n.20889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21016-2019 proposto da:

E.K., elettivamente domiciliato in VIA FONTANA N. 3 –

MILANO, – presso l’avv. GIUSEPPINA MARCIANO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE CASSAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1607/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

E.K. – cittadino della (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avverso la decisione della Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano che aveva rigettato la sua istanza di ottenimento della protezione poichè non ricorrenti i presupposti per il riconoscimento della protezione ed internazionale ed umanitaria.

L’adito Tribunale di Milano ebbe a rigettare il ricorso ed il ricorrete propose gravame avanti al Corte d’Appello di Milano, che, resistendo il Ministero degli Interni, ebbe a rigettare l’impugnazione.

Osservava il Collegio ambrosiano come il richiedente asilo ebbe a chiedere protezione – sostanzialmente – in ragione della situazione di violenza diffusa esistente nel suo Paese; situazione che invece non risultava esistente in relazione alla zona della (OMISSIS) di sua provenienza, siccome desumibile dai rapporti redatti dagli Organismi Internazionali preposti al monitoraggio di detta situazione sociale.

Inoltre i Giudici milanesi ebbero a mettere in risalto come il racconto del richiedente asilo – asseriva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese nel 2014 poichè sorpreso due anni prima a consumare un rapporto omosessuale con compagno a scuola ed esser stato scacciato dalla famiglia – non assumeva rilievo ai fini della protezione richiesta, poichè lo stesso nemmeno aveva asserito d’esser stato fatto oggetto di persecuzione per tale ragione nei due anni durante i quali ebbe a vivere in (OMISSIS) al di fuori della sua famiglia e come non era stato introdotto in causa dato fattuale alcuno atto a sostenere l’accoglimento della richiesta protezione umanitaria.

Avverso detta sentenza il E. ha proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi.

Il Ministero degli Interni resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da E.K. s’appalesa siccome inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – sulla scorta della ricostruzione della norma ex Cass. SU n. 7155/17 -.

Con il primo motivo di ricorso l’impugnante deduce violazione della norma ex art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione al D.Lgs. n. 257 del 2007, art. 14, lett. c) per generico esame di fatto decisivo ed illogicità manifesta della motivazione in merito alla questione dell’omosessualità ed all’attuale situazione socio-politica esistente in (OMISSIS).

La svolta censura s’appalesa siccome inammissibile posto che si deduce vizio di legittimità che nell’attuale formulazione normativa non si correla con l’essenza del ragionamento critico svolto in ricorso, ovvero la denunzia di vizi motivazionali.

Difatti la norma ex art. 360 c.p.c., n. 5 disciplina il vizio di legittimità per omesso esame di un fatto storico e, non già, come precisato dal ricorrente, per “generico esame” di un fatto ovvero l’illogica motivazione circa delle situazioni fattuali dedotte dal ricorrente, posto che la stessa argomentazione critica esposta postula che la Corte ambrosiana abbia, bensì, esaminato i fatti dedotti, ma semplicemente in modo non soddisfacente per il ricorrente.

Inoltre l’argomento critico svolto in ricorso appare astratto e non attagliato all’argomento illustrato in sentenza, poichè si compendia nel richiamo di insegnamento di legittimità circa i principi generali dell’istituto della protezione sussidiaria e nella apodittica contestazione della motivazione al riguardo esposta dal Collegio ambrosiano.

Viceversa la Corte territoriale ha puntualmente dato atto di quanto riferito dal richiedente asilo circa la sua omosessualità, ma ha puntualmente posto in evidenza – e tale accertamento non è stato fatto oggetto di specifica contestazione – come lo stesso non abbia mai fondato la sua richiesta di protezione su persecuzione sofferta in dipendenza di tale sua condizione; anzi per ben due anni, da quando la famiglia ebbe a rompere i rapporti con lui, egli ebbe a vivere in (OMISSIS) senza riferire di persecuzioni o discriminazioni poste in esser nei suoi riguardi per la sua asserita preferenza sessuale.

Quanto poi alla situazione socio-politica della zona della (OMISSIS) in cui il E. viveva, il Collegio ambrosiano, sulla scorta di indicati rapporti redatti da Enti internazionali all’uopo deputati e redatti in epoca prossima alla decisione, pur dando atto che concorre una situazione venata da violenza criminale diffusa in (OMISSIS), ha però motivatamente escluso che anche sussista una situazione qualificabile siccome di violenza diffusa sì, da esporre a rischio l’incolumità della generalità dei cittadini.

A fronte di detta puntuale motivazione, il ricorrente, come dianzi cennato, si limita a contestazioni apodittiche senza alcun richiamo a rapporti redatti da Enti internazionali relativi alla situazione socio-politica della (OMISSIS) non esaminati dal Collegio ambrosiano – Cass. sez. 1 n. 26728719 -.

Con la seconda doglianza il ricorrente deduce sempre violazione della norma ex art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 ed D.P.R. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 per omesso esame di fatto decisivo e motivazione contraddittoria sui presupposti per il godimento della richiesta protezione umanitaria.

La svolta censura s’appalesa siccome inammissibile in ragione della proposizione sostanziale di vizi motivazionali, non più predicabili in ragione dell’attuale formulazione della norma processuale invocata siccome portante il vizio di legittimità dedotto.

Similmente alla precedente doglianza, anche nella specie il ricorrente non già deduce che il Collegio ambrosiano non abbia esaminato dei fatti decisivi, bensì si lamenta dei risultati cui è approdato detto esame, che quindi risulta – per stessa conferma del ricorrente – esser stato effettuato anche se con soluzione non apprezzata dalla parte.

Nuovamente il ricorrente deduce inadeguato apprezzamento, ai fini della protezione umanitaria, della sua preferenza sessuale e della situazione sociopolitica della (OMISSIS) – questioni fondanti già la prima censura disattesa -;

lamenta che non sia stata tenuta in considerazione la documentazione afferente l’attività lavorativa svolta e non sia stato attivato l’istituto della cooperazione istruttoria in relazione alle informazioni circa l’attuale situazione socio politica della (OMISSIS).

Come già visto, in effetti, il Collegio ambrosiano ha valutato la condizione sociopolitica della zona della (OMISSIS), in cui viveva il ricorrente, sulla scorta di aggiornati rapporti redatti da Organismi Internazionali e parte ricorrente nemmeno in questa censura cita elementi fattuali concreti non valutati.

Quanto poi alla documentazione afferente ai lavori effettuati in Italia, di cui si lamenta l’omessa valutazione, la censura appare generica posto che, a fronte della precisa statuizione della Corte territoriale che il ricorrente non aveva addotto elementi fattuali utili all’uopo, non dettaglia quali documenti, da lui prodotti, non furono apprezzati dal Collegio d’appello e la loro rilevanza in relazione alla sua domanda relativa alla protezione umanitaria.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusone delle spese di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione resistente, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione resistente le spese di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza della camera di consiglio, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

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