Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20889 del 12/09/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 20889 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 17799-2007 proposto da:
CASSA DI RISPARMIO DELLA SPEZIA S.P.A. 00057340119 in
persona dell’avvocato ANDREA CORRADINO, elettivamente
domiciliata in ROMA, LARGO TONIOLO 6, presso lo studio
dell’avvocato MORERA UMBERTO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ALINGHIERI ETTORE giusta procura in
atti;

– ricorrente –

U-5
1(85

contro
DE FERRARI GIORGIO, DE FERRARI ROBERTO
DFRRRT5OR24E463S, domiciliati ex lege in ROMA, presso la

Data pubblicazione: 12/09/2013

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati
e difesi dagli avvocati BACCIGALUPI PATRIZIA, MARG ARA
ROBERTO giusta procura in atti;

– controrícorrentí –

RAFFAELLI ULDERICO, DE FERRARI MANUELA, GRANDO
GIULIANA;

– intimati avverso la sentenza n. 1284/2006 della COME D’APPELLO di
GENOVA, depositata il 28/12/2006, R.G.N. 679/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
29/05/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito l’Avvocato UMBERTO MORERA;
udito l’Avvocato PATRIZIA BACCIGALUPI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato nel 1991 De Ferrari Giorgio e De Ferrati Roberto
convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale della Spezia, la Cassa di
Risparmio della Spezia, De Ferrari Manuela, Raffaelli Ulderico e
Grand° Giuliana chiedendo accertarsi la loro qualità di eredi legittimi
del padre De Ferrari Giuseppe e la nullità delle donazioni effettuate dai.
loro dante causa in favore di De Ferrari Manuela e di Grando Giuliana;
chiedevano, altresì, gli attori che queste ultime fossero condannate a
restituire loro tutte le somme percepite a titolo gratuito da De Ferrari
Giuseppe, oltre accessori/ e che De Ferrari Manuela e il marito della
stessa, Raffaelli Ulderico, nonché Grand° Giuliana fossero condannati
alla restituzione della porzione di patrimonio relitto del de cuills, della
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nonchè contro

quale si erano appropriati, oltre interessi. Gli attori chiedevano, infine,
che la Cassa di Risparmio della Spezia fosse dichiarata responsabile, in
solido con De Ferrari Manuela, Raffaelli Ulderico e Grando
per gli atti di illegittima disposizione dei capitali del de cuius già

che tutte le parti fossero condannate al risarcimento del danno
procurato agli attori nella misura da accertarsi in causa.
Rappresentavano gli attori che il 10 luglio 1986 era deceduto ab intestato
il loro genitore e che alcuni giorni dopo De Ferrari Manuela — affiliata
da De Ferrari Giuseppe, giusta autorizzazione del GT della Spezia del
9 marzo 1965 — li aveva informati del decesso, comunicando che l’asse
paterno comprendeva solo beni di modico valore.
Essi avevano accettato l’eredità con beneficio di inventario chiedendo
alla Cassa di Risparmio della Spézia la verifica della posizione del dante
causa; il 9 settembre 1986 l’istituto aveva riferito sui rapporti relativi al
De Ferrari aperti al momento del decesso, omettendo di riferire sui
rapporti antecedenti e sulle posizioni cointestate con gli altri soggetti
poi evocati in giudizio
Certi che il genitore, già facoltoso imprenditore, fosse stato titolare di
depositi consistenti, in epoca antecedente a quella indicata dall’istituto
come momento iniziale del rapporto, gli attori avevano presentato
presso la Procura della Repubblica della Spezia un esposto contro i
funzionari della predetta agenzia per le irregolarità e gli illeciti compiuti
in danno del dante causa. All’esito di tale iniziativa il PM aveva
nominato un perito che, in adempimento dell’incarico, aveva riferito
del compimento di movimenti di capitale che, ad avviso degli attori,
integravano donazioni nulle per difetto di forma effettuate in favore di
De Ferrari Manuela e Grand° Giuliana.

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depositati presso l’agenzia C di Migliarina del detto istituto di credito e

La Cassa di Risparmio della Spezia si costituiva e contestava le
domande proposte nei suoi confronti, chiedendone il rigetto.
All’esito di una complessa e travagliata istruttoria il Tribunale di La
Spezia, con sentenza del 27 agosto 2003, accertata la qualità di eredi

confronti dell’istituto di credito, ritenendo che non erano emersi
elementi che potessero far ipotizzare un occultamento di
documentazione ad opera dei funzionari della Cassa di Risparmio della
Spezia e accoglieva in parte le ulteriori domande di condanna proposte
dagli attori. A tale ultimo riguardo il Tribunale ricostruiva in f
86.511.452 il patrimonio del defunto e condannava, quindi, la Grando
e De Ferrar° Manuela a rifondere rispettivamente la somma di
30.000.000 e di L; 16.061.452, rigettava la domanda di maggior danno e
le ulteriori domande risarcitorie proposte.
Tale decisione veniva appellata dagli originari attori, in via principale, e
da Grando Giuliana, in via incidentale.
La Corte di appello di Genova, con sentenza del 28 dicembre 2008,
separava le domande proposte nei confronti della Cassa di Risparmio
della Spezia e, decidendo sulle stesse in via non definitiva, dichiarava il
predetto istituto di credito responsabile del pregiudizio subito dagli
attori per l’impossibilità di determinare l’asse del de cuius Ferrari
Giuseppe e lo condannava al risarcimento dei danni e disponeva, con
separata ordinanza, lo svolgimento di attività volte ad acquisire
elementi per determinare equitativamente il danno; inoltre, definendo il
procedimento nei confronti degli altri soggetti convenuti in primo
grado, li condannava al pagamento, in favore degli originari attori, delle
somme indicate in dispositivo e regolava le spese.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di merito la Cassa di Risparmio
della Spezia ha proposto ricorso ‘per cassazione sulla base di tre motivi.
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legittimi degli attori, rigettava la domanda risarcitoria formulata nei

De Ferrari Giorgio e De Ferrari Roberto hanno resistito con
contro ricorso.
De Ferrari Manuela, Raffaelli Ulderico e Grando Giuliana non hanno
svolto attività difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40,
applicabile, ai sensi del comma 2 dell’art. 27 del medesimo decreto
legislativo, ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli
altri provvedimenti pubblicati dalla data di entrata in vigore dello
stesso (2 marzo 2006) e successivamente abrogata dall’art. 47, comma
1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n. 69 a decorrere dal 4 luglio 2009
– in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (28 dicembre 2006).
2. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione
dell’art. 345 c.p.c., la ricorrente rappresenta che la domanda formulata
nei suoi confronti dagli attori nell’originario atto di citazione era di
declaratoria di responsabilità per fatto illecito, imputandosi ad essa di
aver illegittimamente disposto dei capitali di De Ferrari Giuseppe a
favore degli (e in complicità con gli) altri convenuti, e che in sede di
precisazione delle conclusioni in primo grado e nell’atto di citazione in
appello gli attori, in ragione della “confusionaria e negligente gestione
dei rapporti intrattenuti con il de cuius De Ferrari Giuseppe”, avevano
chiesto di accertare e dichiarare la responsabilità della Cassa di
Risparmio nell’impossibilità di determinare l’esatto ammontare del
patrimonio del loro genitore e di condannarla al risarcimento dei
danni.

5

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Ad avviso della ricorrente la domanda da ultimo proposta sarebbe
nuova e, pertanto, inammissibile, essendo relativa a responsabilità
contrattuale, sicché non si configurerebbe nella specie una mera
emendati° libelli, come ritenuto dalla Corte di merito, ma una mutatio

Ed invero, alla luce delle richieste formulate nell’atto introduttivo e
riportate pure nel controricorso dagli originati attori (volte alla
declaratoria della responsabilità dell’istituto di credito, in solido con gli
altri convenuti, per aver “illegittimamente disposto dei capitali di De
Ferrari Giuseppe depositati presso la locale agenzia “C” di Miglìarina”
della Cassa di Risparmio della Spezia”) t risulta evidente che in sede di
precisazione delle conclusioni e nell’atto di appello l’originaria
domanda proposta nel 1991 nei confronti della banca con cui il de cuills
intratteneva rapporti contrattuali non è stata mutata ma si è proceduto
ad una mera emendati° della stessa, provvedendosi a meglio precisarla e
specificarla.
3. Con il secondo motivo la parte ricorrente lamenta violazione e falsa
applicazione dell’art. 1325, n. 4, c.c..
Assume la Banca che é incontestato tre le parti che il rapporto tra essa
e De Ferrati Giuseppe si è interrotto nel 1986, alcuni anni prima,
quindi, dell’entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 154, che
ha inserito l’obbligo di forma scritta ad pro bationem per i contratti
bancari, e del digs. n. 385 del 1993, che ha prescritto la forma scritta
ad substantiam per i detti contraiti. Lamenta, pertanto, la ricorrente che
la Corte di appello, nella sentenza impugnata, abbia affermato che
“appartiene addirittura al notorio che il contratto di conto corrente
bancario vada regolato per iscritto” e che “deve ritenersi che la legge
del 1992 abbia regolato in modo più puntuale la attività degli istituti di
6

2.1. Il motivo é infondato.

credito ma, quanto alla necessità della forma scritta dei contratti ad essi
inerente, non abbia che ribadito un obbligo che già si ricavava dalle
disposizioni di legge”. Ad avviso della banca, tale affermazione della
Corte di merito finirebbe per inficiare la sentenza impugnata, in quanto
dal disposto dell’art. 1325, n. 4, c.c. si evince che la forma scritta é

tale forma sotto pena di nullità, sicché, mancando all’epoca tale
previsione, la banca avrebbe correttamente operato.
3.1. In relazione al secondo motivo la ricorrente formula il seguente
quesito: ‘Dica Pecc.ma Corte se, prima dell’entrata in rigore dell’art. 3 legge n.
154 del 1992, i contratti bancari e fìnaniari fossero assoggettati al requisito della
.

fòrma, ad probationem o ad substantiam”.
3.2. Il motivo va disatteso, pur a voler prescindere dalla non del tutto
adeguata formulazione del quesito proposto, essendo lo stesso
connotato comunque da genericità ed astrattezza, laddove, invece,
secondo i canoni indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, il
quesito di diritto deve essere calato nella fattispecie concreta, per
mettere la Corte in grado di poter comprendere, dalla sua sola lettura,
l’errore asseritamente compiuto dal giudice e deve, pertanto,
compendiare la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto
sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di
diritto applicata da quel giudice e la diversa regola di diritto che, ad
avviso della parte ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di
specie (Cass., ord., 17 luglio 2008, n. 19769; Cass. 13 marzo 2013, n.
6286, in motivazione) e non può risolversi, sostanzialmente, nel mero
interpello della Corte in ordine alla fondatezza o meno delle
propugnate petizioni di principio (Cass. 7 marzo 2012, n. 3530).
Ed invero, pur essendo fondato il rilievo in relazione alla non
necessità, all’epoca dei fatti di cui si discute, della forma scritta per la
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requisito essenziale del contratto solo nel caso in cui la legge prescrive

stipula dei contratti bancari in questione (v. Cass. 24 giugno 2008, n.
17090), tuttavia, il motivo non coglie nel segno, atteso che la Corte di
merito, analizzando il comportamento dell’attuale ricorrente e dei suoi
funzionari, ne ha evidenziato la contrarietà ai doveri loro incombenti,

dedotto in causa si evinca agevolmente e confessoriamente dalle difese
stesse dell’istituto”, ed ha altresì sottolineato che la cassa “ha
ammesso di non avere contabilizzato le operazioni eseguite dal De
Ferrari, e di avere svolto nella documentazione adempimenti parziali
ed incompleti, che hanno reso impossibile la ricostruzione della
effettiva posizione del cliente” ed ha conclusivamente al riguardo
ritenuto che la “confusiva caoticità della gestione dei rapporti in
questione ha prodotto agli attori un danno, che va individuato nella
impossibilità di ricostruire in modo piano e regolare una situazione che
avrebbe dovuto essere agevolmente conoscibile, ove l’istituto sì fosse
dotato di sistemi di inquiry anagrafico effettivo e funzionante, in virtù
del quale tutte le operazioni riconducibili al medesimo cliente vengono
individuate col medesimo codice numerico”.
4. Con il terzo motivo la parte ricorrente lamenta contraddittorietà
della motivazione circa il punto decisivo della controversia individuato
nell’impossibilità di ricostruzione dell’asse ereditario.
In particolare la Cassa assume essere contraddittoria la sentenza
impugnata laddove in motivazione ritiene da un lato che le risultanze
istruttorie di cui alla ctu costituiscano elemento probante per la
ricostruzione dell’asse ereditario e per l’emanazione di una sentenza di
condanna restitutoria in capo a Manuela De Ferrari, Uldetico Ra ffaelli
e Grando Giuliana e contestualmente, dall’altro lato, ritiene sussistente
un comportamento contrattualmente inadempiente della Cassa tale da
rendere impossibile la ricostruzione del medesimo asse ereditario.
8

ponendo in rilievo come “la prova della irregolare tenuta del rapporto

4.1. Il motivo é inammissibile, tendendo ad una rivalutazione del
merito preclusa in questa sede.
Come più volte affermato da questa Corte – e il principio va ribadito in
questa sede – il disposto dell’art. 360, n. 5, c.p.c. non conferisce alla
Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare autonomamente

logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione
compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei
fatti. Conseguentemente, alla cassazione della sentenza per vizi di
motivazione si può giungere solo quando tale vizio emerga dall’esame
del ragionamento svolto dal giudice, quale risulta dalla sentenza, che si
riveli incompleto, incoerente e illogico, non già quando il giudice abbia
semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un
significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte.
A quanto appena evidenziato deve aggiungersi che il vizio di
contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di
argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la
ratio decidendi che sorregge il decisurn adottato, per cui non sussiste
motivazione contraddittoria allorché – come nel caso all’esame – dalla
lettura della sentenza non sussistano incertezze di sorta su quella che è
stata la volontà del giudice (Cass., sez. un., 22 dicembre 2010, n.
25984).
5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
6. Le spese del presente giudizio di cassazione vanno integralmente
compensate tra le parti costituite, tenuto conto della particolarità delle
questioni trattate; non vi è, invece, luogo a provvedere per le dette
spese nei confronti degli intimati, non avendo gli stessi svolto attività
difensiva in questa sede.
P.Q.M.
9

il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo

La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti costituite le
spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza

Il Consig

tensore

ggio 2013
Presid ntc

Civile della Corte S rema di Cassazione, il 29

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