Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20887 del 15/10/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 20887 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: PELLECCHIA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 11686-2012 proposto da:
ISTITUTO

EUROPEO

MULTIDISCIPLINARE

IME

SRL

01446810424, in persona del legale rappresentante
p.t. dott. MAURIZIO CONTE, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA VALADIER 43, presso lo studio

4
2015

dell’avvocato GIOVANNI ROMANO, che la rappresenta e
difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

1646

contro

DEL PIERO ALESSANDRO, elettivamente domiciliato in
ROMA, V.PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato

1

2‘7

Data pubblicazione: 15/10/2015

GUIDO ROMANELLI, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati SIMONE ORENGO, ANDREA
LANCIANI giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 809/2011 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/07/2015 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA PELLECCHIA;
udito l’Avvocato GIOVANNI ROMANO;
udito l’Avvocato LORENZO ROMANELLI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

2

di ANCONA, depositata il 11/10/2011 R.G.N. 1182/2005;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
1. La presente controversia ha ad oggetto la domanda risarcitoria
avanzata da Alessandro Del Piero nei confronti dell’Istituto
Multidisciplinare Europeo con riferimento ad una campagna
pubblicitaria promossa, appunto, da detta società, apparsa nel giugno

corsi per la preparazione agli esami universitari, quello della CEPU, di
cui Del Piero era testimoniai, e quello dell’IME.
La pubblicità raffigurava due personaggi su un campo di calcio, di cui
uno identificabile in Del Piero. Il testo di apertura del messaggio
pubblicitario recitava: Alex O Luigi 8, Luigi è iscritto allo stesso anno di
Alex e nella stessa facoltà. Alex non ha dato nessun esame, Luigi nello
stesso anno ne ha superati otto. Luigi è uno studente IME, Alex no.
Del Piero pertanto convenne in giudizio l’IME per aver utilizzato la sua
immagine, il suo nome ed il suo pseudonimo senza il suo preventivo
consenso.
L’istituto si difese sostenendo la non indispensabilità del consenso
trattandosi di pubblicità comparativa. Spiegava, a sua volta, domanda
riconvenzionale con riferimento al danno prodotto da Del Piero che,
nella qualità di testimonial della CEPU, aveva fatto credere di essere
iscritto all’università, ingenerando confusione tra i consumatori e
sottraendo fette di mercato alla società concorrente.
Il Tribunale di Ancona con la sentenza numero 1297/2005 accolse la
domanda di Del Piero condannò la società a corrispondere a titolo di
risarcimento la somma di euro 258.228,45. Rigettò la riconvenzionale.
2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Ancona, con
sentenza n. 809 dell’il ottobre 2011.
3

del 2000 su due quotidiani di importanza nazionale, con riferimento ai

3. Avverso tale decisione, l’IME S.r.l. propone ricorso in Cassazione
sulla base di 3 motivi, illustrati da memoria.

3.1 Resiste con controricorso Del Piero.
MOTIVI DELLA DECISIONE

insufficiente ed apodittica circa un fatto controverso decisivo per il
giudizio (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) in merito al mancato consenso
prestato da del Piero per lo sfruttamento della sua immagine, in una
ipotesi di pubblicità comparativa”.
Lamenta la società che la sentenza dei giudici del merito è illogica ed
incongrua con riferimento all’utilizzazione di immagini, o meglio al
richiamo di immagini che fanno indiretto riferimento al testimoniai di
una società concorrente, senza il preventivo consenso, nell’ipotesi di
pubblicità comparativa ingannevole.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia la “violazione o falsa applicazione
dell’art. 2056 c.c. in relazione al disposto di cui all’art. 360, comma 1, n.
3, c.p.c. con riferimento alla liquidazione equitativa del danno in base al
c.d. prezzo del consenso”.
La ricorrente sostiene che la pubblicità ideata dalla società era di tipo
comparativo e quindi l’utilizzo e l’immagine di Del Piero sarebbe
avvenuta nel contesto lecito non ha prodotto alcun danno, nè
patrimoniale o non patrimoniale all’attore essendo del tutto illogica ed
apodittica l’affermazione secondo cui lo stesso avrebbe avuto diritto al
prezzo corrispondente al compenso che avrebbe presumibilmente
richiesto per dare il consenso alla pubblicità.
La società ricorrente propone anche la questione pregiudiziale e sensi
dell’articolo 267 TFUE (remissione della questione alla Corte di
4

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la “motivazione illogica,

Giustizia), se contrasta con la normativa dell’Unione (direttiva
97/55/CE, direttiva 2006/114) una legislazione, come quella italiana,
(artt. 96 e 97 L. 633/41), che non consente la pubblicazione di
un’immagine che fa riferimento al testimoniai di una società
concorrente, senza il suo preventivo consenso, in una ipotesi di

4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la “violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 2598 c.c. n. 3 in relazione al disposto di cui all’art.
360 co. 1 n. 3 c.p.c.”.
Si duole la ricorrente che i giudici dell’appello abbiano ritenuto non
provata la partecipazione di Del Piero ad un atto di concorrenza sleale
nonostante fosse ben precisa la circostanza che il Del Piero avesse
accettato di fare il testirnonial per una società di preparazione agli esami
universitari, dichiarando di affrontare l’università grazie all’ausilio della
CEPU, ben consapevole del fatto che non avesse il tempo materiale o
la volontà di iscriversi ad alcuna università. E quindi dimostrata una
seria e concreta relazione tra il comportamento di del Piero e quello
della CEPU tale da inquadrare la sua condotta nell’ambito del 2598 c.c..

5. Innanzitutto occorre esaminare la questione pregiudiziale sollevata.
Essa è del tutto irrilevante perché la Corte d’Appello ha affermato che
la pubblicità non aveva i requisiti per essere definita come comparativa.
La Corte territoriale non ha affermato che nel caso di pubblicità
comparativa ci vuole il consenso del testimoniai della società
comparativa ma ha semplicemente escluso che si trattasse di pubblicità
comparativa prevista dalla D.Lgs. 67/2000.

5.1. Il primo motivo è inammissibile.

5

pubblicità comparativa.

La Corte d’Appello, come già detto, ha ritenuto, al contrario di quanto
afferma il ricorrente, che la pubblicità promossa da Ime non integrasse i
presupposti di una legittima pubblicità comparativa ai sensi della
disciplina legale. ” La pubblicità comparativa, realizzata dall’IME
tramite il messaggio pubblicitario per cui è causa è stata giudicata tale da
esorbitare in modo chiaro dalle caratteristiche che la direttiva CEE n.

67 del 25 febbraio 2000 attribuisce per la validità della pubblicità
comparativa, caratteristiche sulle quali le condizioni, indicate nelle
lettere a) ad f) del predetto decreto […] devono contemporaneamente
sussistere, al fine di comportare la liceità della pubblicità comparativa
(pag 11-12 sentenza).
Tale ratio decidendi non è stata impugnata. E’ principio consolidato che il
ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite
il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata,
caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica
vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia
attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione
impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed
autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente
a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche
doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il
profilo del vizio di motivazione (Cass. S. U. n. 7931/2013).
Gli altri motivi sono assorbiti.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore deL
6

97/55/CE, recepita nell’ordinamento italiano con l’art. 4 del D.Lgs. n.

controricorrente che liquida in complessivi Euro 10.500,00 di cui 200
per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza

Civile della Corte suprema di Cassazione in data 8 luglio 2015

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