Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20884 del 15/10/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 20884 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 13681-2014 proposto da:
SIENI GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA MARCELLO PRESTINARI 15, presso lo studio
dell’avvocato OBERDAN TOMMASO SCOZZAFAVA, che lo
rappresenta e difende giusta comparsa di
costituzione;
– ricorrente –

2015
1633

contro

CUSTODIA COMPENDIO IMMOBILIARE, in persona del
custode nominato Avv. ANDREA BELLETTI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA A. BAFILE 5, presso lo

Data pubblicazione: 15/10/2015

studio

dell’avvocato

FIORMONTE,

LUCA

la

che

rappresenta e difende giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 7501/2014 del TRIBUNALE di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

08/07/2015

dal

Consigliere

Dott.

ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato PATRIZIA MARINO per delega;
udito l’Avvocato LUCA FIORMONTE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per
l’accoglimento dei motivi l e 2, inammissibilità del
ricorso di opposizione.

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ROMA, depositata il 31/03/2014 R.G.N. 449/2009;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza emessa ai sensi dell’art. 281

sexies

cod.

proc. civ. il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione indicata nell’epigrafe della medesima sentenza come
«opposizione ex art.

617 c.p.c.» — proposta da Giuseppe Sieni

intimati dalla Custodia della procedura esecutiva n.R.G.
449/2009 pendente innanzi al medesimo Tribunale relativamente
a due immobili pignorati nell’ambito della suddetta procedura,
siti in via della Mendola, Roma, per i quali il G.E., con
ordinanza in data 27.02.2012 aveva disposto che la custodia
richiedesse un’indennità di occupazione e, in caso di rifiuto,
procedesse all’esecuzione.
Il Tribunale ha ritenuto che il contratto di comodato fatto
valere dagli opponenti relativamente agli immobili in
questione fosse inopponibile alla procedura per mancanza di
data certa.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Giuseppe “Minimo” Sieni, anche quale procuratore speciale di
Ambra Sieni, svolgendo quattro motivi.
Ha resistito la Custodia del compendio immobiliare
pignorato, depositando controricorso.
E’ stata depositata memoria da parte dei ricorrenti.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale – premesso che oggetto dell’opposizione
erano due precetti di rilascio intimati sulla base
dell’ordinanza del G.E. in data 27.02.2012 con cui la Custodia
veniva invitata a chiedere

«il pagamento dell’indennità di

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e Ambra Sieni avverso due atti di precetto di rilascio ad essi

occupazione e, in caso di rifiuto, a procedere esecutivamente»
e precisato, altresì, che a fondamento dell’opposizione, gli
attori avevano eccepito l’illegittimità di siffatta ordinanza,
sul presupposto dell’opponibilità alla procedura di due
distinti contratti di comodato che, sebbene non registrati,

innanzitutto, rilevato che la domanda con la quale gli
opponenti chiedevano dichiararsi l’efficacia e l’opponibilità
a terzi dei suddetti contratti di comodato, nonché la data
certa degli stessi era stata rigettata con sentenza del
Tribunale di Roma n.25142 in data 12.12.2013; ha, quindi,
precisato che la relativa produzione documentale all’udienza
del 27.01.2014 era sottratta alle preclusioni istruttorie e i
suoi contenuti confermavano le ragioni espresse dal G.E. con
l’ordinanza a fondamento degli opposti precetti; ha, infine,
puntualizzato che, in ogni caso, non ricorrevano i presupposti
di cui all’art. 2704 cod. civ., all’uopo non essendo
sufficiente l’attestazione notarile in data 24.06.2008 della
conformità della copia all’originale.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia omessa
pronuncia su un punto decisivo e nullità della sentenza per
violazione dell’art.112 cod. proc. civ.. Al riguardo parte
ricorrente – premesso che nell’atto di citazione in
opposizione aveva dedotto di non avere «mal avuto conoscenza
del titolo esecutivo» ed eccepito la «mancata comunicazione e
notifica» dell’ordinanza, riformulando l’eccezione all’udienza
del 01.10.2012 e nelle note conclusive del 14.01.2013 lamenta che il Tribunale di Roma non si sia pronunciato

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avevano tuttavia data certa anteriore al pignoramento – ha,

sull’eccezione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in
subordine, ai sensi dell’art. 360 n.3 cod. proc. civ.
violazione o falsa applicazione degli artt. 475, 479 e 480
co.2 cod. proc. civ.. Al riguardo parte ricorrente deduce che

che in essi non era indicata la data di notificazione del
titolo esecutivo.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, in
ulteriore subordine, ai sensi dell’art. 360 n.4 cod. proc.
civ. violazione delle norme del giusto processo e del
contraddittorio ex art. 111 cod. proc. civ.; e ciò per non
avere il Tribunale pronunciato su un’eccezione tempestivamente
formulata dagli opponenti ed essere pervenuto a una “sentenza
a sorpresa”, utilizzando un documento – la sentenza n. 25147
del 12.12.2013 Tribunale Roma – prodotta tardivamente dalla
Custodia solo all’udienza di discussione.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia, in via
gradata, ai sensi dell’art. 360 n.3 cod. proc. civ. violazione
o falsa applicazione degli artt. 2704 e 2915 cod. civ.. Al
riguardo parte ricorrente lamenta che sia stata affermata
l’inopponibilità alla procedura del contratto di comodato,
nonostante la produzione di copia contenente l’attestazione di
conformità all’originale rilasciata da notaio in data
28.06.2008, antecedente al pignoramento.
2. Prima di ogni altra considerazione la Corte rileva che come correttamente evidenziato dal P.G. presente all’udienza
collegiale – nel presente giudizio di opposizione concorrono

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i due precetti incorrevano in un ulteriore vizio, dal momento

sia un’opposizione all’esecuzione che un’opposizione agli atti
esecutivi e che, in ragione di ciò, andrà verificata
l’ammissibilità o meno del proposto ricorso per cassazione.
Si rammenta che l’identificazione del mezzo di impugnazione
esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere

riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione proposta
effettuata dal giudice a quo,

sia essa corretta o meno, e a

prescindere dalla qualificazione che ne abbiano dato le parti;
tuttavia, occorre altresì verificare se il giudice

a quo abbia

inteso effettivamente qualificare l’azione proposta, o se
abbia compiuto, con riferimento ad essa, un’affermazione
meramente generica. In tal caso, ove si ritenga che il potere
di qualificazione non sia stato esercitato dal giudice a quo,
esso può essere legittimamente esercitato dal giudice

ad quem,

e ciò non solo ai fini del merito, ma anche dell’ammissibilità
stessa dell’impugnazione (Cass. 21 dicembre 2009, n. 26919;
tra le tante conformi, cfr. più di recente: Cass. ord. 02
marzo 2012, n. 3338).
Va in particolare rilevato che non costituisce vera e
propria qualificazione con effetti vincolanti per il giudice
ad quem

la pura e semplice indicazione, contenuta

nell’epigrafe della sentenza, dell’oggetto della controversia
(cfr. Cass. 20 febbraio 2004, n. 3404), come quella di
«opposizione ex art. 617 c.p.c.» riportata nella sentenza qui
impugnata, dovendo, piuttosto, evidenziarsi come a siffatto
dato formale si contrapponga, nella motivazione della
decisione impugnata, l’individuazione del

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thema decidendum

fatta in base al principio dell’apparenza, e cioè con

nella contestazione dell’illegittimità dell’ordinanza fatta
valere come titolo esecutivo, sul presupposto
dell’opponibilità alla procedura dei contratti di comodato
anteriori al pignoramento, senza che, peraltro, risulti alcuna
consapevole qualificazione dell’azione proposta.

giudice

a quo,

va, dunque, esercitato da questa Corte, non

solo ai fini del merito, ma altresì dell’ammissibilità
dell’impugnazione (cfr. Cass. 8 marzo 2001, n. 3400, in
motivazione), tenendo presente che l’opposizione
all’esecuzione investe il diritto della parte istante di agire
in executivis,

mentre l’opposizione agli atti esecutivi

consiste nella contestazione della regolarità formale dei
singoli atti del procedimento esecutivo.
E poiché nella fattispecie con l’opposizione a precetto è
stata dedotta non solo l’illegittimità dell’ordinanza del G.E.
(non già come atto dell’espropriazione immobiliare cui gli
opponenti risultano estranei, bensì come titolo idoneo a
legittimare l’azione di rilascio minacciata con gli opposti
precetti) e nel contempo – per quanto si andrà a chiarire di
seguito e come specificamente dedotto con il primo motivo di
ricorso – è stata fatta valere anche una ragione formale,
lamentandosi l’omessa notificazione del titolo esecutivo, deve
concludersi che l’atto di opposizione, per la parte in cui si
deduce l’esistenza dei contratti di comodato e la loro
opponibilità alla procedura (quella, in sostanza,
effettivamente presa in esame dalla sentenza impugnata), va
qualificata come opposizione ex art. 615 co.1 cod. proc. civ.,

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Il potere di qualificazione, che non è stato esercitato dal

negandosi in radice il diritto della Custodia di agire per il
rilascio intimato con gli opposti precetti, mentre per la
parte in cui si lamenta l’irregolarità formale dei medesimi
atti di precetto, per la mancata notificazione del titolo ex
art. 479 cod. proc. civ., va qualificata come opposizione agli

Risulta, dunque, applicabile il principio, secondo cui
qualora vengano proposte contestualmente, con il medesimo
atto, un’opposizione all’esecuzione e un’opposizione agli atti
esecutivi, l’impugnazione della conseguente sentenza deve
seguire il diverso regime applicabile per i distinti tipi di
opposizione e, pertanto, è soggetta alle forme e termini
dell’appello con riguardo all’opposizione

ex

art. 615 cod.

proc. civ., mentre è solo ricorribile per cassazione, ai sensi
dell’art. 111, comma settimo, Cost., con riferimento alla
parte della pronuncia relativa all’opposizione agli atti
esecutivi (ex multis, Cass. 31 maggio 2010, n. 13203).
3. Prima di passare a verificare l’ammissibilità dei
singoli motivi sulla base dell’esposta premessa di principio,
merita precisare che la graduazione tra gli stessi – quale
formalmente posta da parte ricorrente, allorchè ha enunciato
le censure in termini via via subordinati – deve intendersi
finalizzata alla mera indicazione di un ordine di priorità
delle questioni, senza, tuttavia, che il relativo esame
risulti esplicitamente o implicitamente condizionato
dall’accoglimento o mancato accoglimento della precedente.
3.1. E’ ammissibile, giacché attinente alla contestazione
della regolarità formale del precetto, nonché fondato, il

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atti esecutivi ex art. 617 co.1 cod. proc. civ.

primo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione del
principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato
per omessa pronuncia da parte del Giudice

a quo

sul punto

dell’opposizione con cui si contestava la “mancata conoscenza”
e, in specie, l’omessa notificazione o comunicazione

Va detto che è verificabile in atti che effettivamente con
la citazione introduttiva era stata formulata (anche) una
contestazione di tal fatta; e tanto è espressamente confermato
dalla stessa parte resistente (cfr. pagg. 1 e 5 del
controricorso), ancorchè essa tenti di negare la dedotta
inadempienza, sul presupposto che il Giudice

a quo

si sia

pronunciato sulla questione, laddove a pag. l della sentenza
impugnata ha dato atto dell’avvenuta notifica degli atti di
precetto.
Senonchè il passo della decisione impugnata, cui fa
riferimento la resistente Custodia che è quello in cui si
menziona la citazione introduttiva con la quale Giuseppe e
Ambra Sieni avevano proposto

«opposizione avverso i due

distinti atti di precetto rispettivamente notificati ad essi
attori»

non contiene alcuna pronuncia neppure implicita sul

punto, né, in particolare, lascia intendere che la verifica
dell’avvenuta notifica dei due atti di precetto abbia
comportato una preventiva (positiva) verifica della avvenuta,
regolare notifica del titolo posto a fondamento dei precetti
opposti.
In definitiva è fondata la censura di omessa pronuncia, per
cui il motivo va accolto.

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dell’ordinanza posta a fondamento dei precetti opposti.

3.2. E’ inammissibile, ancorchè costituisca

astrattamente

materia di opposizione agli atti esecutivi, il secondo motivo
di ricorso, con cui si lamenta l’omessa indicazione negli atti
di precetto della data di notificazione dell’ordinanza fatta
valere come titolo esecutivo. Ciò per l’assoluta novità della

impugnata e che non risulta (e non è neppure allegato) che il
vizio fosse stato dedotto con l’originaria opposizione.
Invero, ove anche si volesse ritenere che la censura era
implicitamente contenuta nel motivo di opposizione con cui si
contestava la mancata notifica del titolo posto a fondamento
del precetto, costituendone un corollario logico-giuridico, il
motivo all’esame si risolverebbe in una censura di omessa di
pronuncia; ed anche sotto tale profilo il motivo, cosi come
proposto, è inammissibile. Infatti una siffatta censura
avrebbe integrato una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
e quindi una violazione della corrispondenza tra il chiesto e
il pronunciato, che deve essere fatta valere a norma dell’art.
360 n. 4 cod. proc. civ. (nullità della sentenza e del
procedimento) o comunque con univoco riferimento alla nullità
della decisione derivante dalla relativa omissione (cfr. Cass.
Sez. Un. 24 luglio 2013, n. 17931) e non già come violazione o
falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360
n. 3 cod. proc. civ..
3.3. Gli altri due motivi di ricorso si riferiscono alla
decisione sul motivo di opposizione che, per quanto
evidenziato

sub

2., va inquadrato nell’ambito del comma 1

dell’art. 615 cod. proc. civ., con la conseguenza che –

10

okQl

questione, posto che di essa non vi è traccia nella decisione

trattandosi di opposizione decisa (oltre che proposta)
successivamente all’entrata in vigore dell’art. 49, co.2 della
L. n. 69 del 2009, che ha soppresso l’ultimo periodo dell’art.
616 cod. proc. civ., rendendo nuovamente appellabili le
sentenze emesse nei giudizi di opposizione all’esecuzione – la
in parte qua,

ricorribile per cassazione,

bensì appellabile.
In definitiva il primo motivo va accolto; mentre vanno
dichiarati inammissibili gli altri; ciò comporta la cassazione
della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e il
rinvio ad altro Giudice del Tribunale di Roma, che provvederà
anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara
inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata in
relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di
cassazione al Tribunale di Roma, in persona di altro giudice.

decisione non era,

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