Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20879 del 15/10/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 20879 Anno 2015
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 17669-2009 proposto da:
SCARSELLETTA

LUCIANA

(C.F.

SCRLCN67D42D819D),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO
36, presso l’avvocato ANTONIO TALLADIRA,
rappresentata e difesa dall’avvocato TIZIANA SODANI,

Data pubblicazione: 15/10/2015

giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

2015
1456

contro

FIUGGITERME S.R.L. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA
(c.f. 05277381009), in pexsona del Commissario
Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata

1

in ROMA, VIA FARAVELLI 22, presso l’avvocato ARTURO

MARESCA, che la rappresenta e difende, giusta procura
a margine del controricorso;

r

– controri corrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VELLETRI,
depositato il 23/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/09/2015 dal Consigliere Dott. ROSA
MARIA DI VIRGILIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

i
2

Svolgimento del processo
:
P

Con decreto del 10- 23 giugno 2009, comunicato il
26/6/2009,

il Tribunale di Velletri

ha respinto

l’opposizione proposta da Scarselletta Luciana, che si
doleva della mancata ammissione del credito di euro

160.651,14 in privilegio, di cui euro 11079,39 a titolo di
tfr, oltre rivalutazione ed interessi.
La ricorrente aveva prospettato la nullità del termine
apposto ai vari contratti a tempo determinato conclusi con
Fiuggi Terme s.r.l. nel corso degli anni sin dal 1998, da
cui l’unicità del contratto di lavoro, e la violazione del
diritto di priorità nell’assunzione, ed aveva pertanto
:
chiesto l’ammissione al passivo delle somme non percepite
durante i periodi trascorsi senza lavorare, tra la
cessazione e l’inizio dei contratti, e del trattamento di
fine rapporto.
Nel decreto, il Tribunale ha in primis richiamato
l’orientamento del S.c., secondo cui, nel caso

di

trasformazione in un unico rapporto di lavoro a tempo
indeterminato di più contratti a termine succedutisi tra le
parti per effetto dell’illegittimità dell’apposizione del
termine o dell’elusione delle disposizioni imperative della
1.230/1962, al dipendente che smetta di dare esecuzione
alla prestazione per l’attuazione di fatto del termine
nullo di un contratto a tempo determinato spetta

il

a

3

risarcimento dei danni commisurati agli stipendi via via
perduti, soltanto ove provveda ad offrire la prestazione ed
a mettere in mora il datore di lavoro ex art.1217 c.c., né
allo scopo è adeguata la semplice domanda di annullamento
del licenziamento illegittimo con richiesta di reintegra.

Nella specie, rileva il Tribunale, la ricorrente non aveva
provato né chiesto di provare di avere messo in mora il
datore di lavoro, di avere intimato formalmente a questi di
ricevere la prestazione o di compiere gli atti necessari a
renderla possibile ex art.1217 c.c., e di avere ricevuto
dal datore il rifiuto dopo l’offerta, né poteva ritenersi
che il ricorso al Tribunale di Frosinone del 2004 valesse a
costituire in mora il datore di lavoro, in mancanza di
un’espressa intimazione(né a tal fine, la ricorrente aveva
richiamato l’atto, ed inoltre, la stessa aveva dichiarato
che, all’inizio del giudizio del 2004, non lavorava per
Fiuggi Terme da almeno tre anni e non risultava che in
detto lasso temporale avesse offerto al datore le proprie
energie lavorative).
Quanto alla lamentata violazione della normativa in tema di
diritto di priorità, il Giudice del merito ha rilevato che
la parte non aveva dedotto di avere subito, successivamente
al 1992 (a riguardo, era intervenuta la sentenza del
Pretore di Alatri favorevole alla lavoratrice), il rigetto
delle proprie richieste né di avere chiesto l’applicazione

4

della normativa invocata, come prescritto dagli artt.8
1.79/83 e 23 1.56/1987, né nel 2002 né negli altri anni dal
e

1998 in poi, né aveva provato di essere rimasta senza
lavoro a causa dell’illegittimo rifiuto del datore.
Ricorre avverso detta pronuncia la Scarselletta, sulla base

di quattro motivi.
Si difende con controricorso Fiuggiterme s.r.l. in
amministrazione straordinaria.
Motivi della decisione
1.1.- Col primo motivo, la ricorrente si duole del vizio di
motivazione; deduce che le circostanze dell’espletamento di
attività, dei periodi in cui è rimasta disoccupata e
dell’esercizio del diritto di priorità non sono mai state
..

contestate

dalla

controparte,

come

risulta

dalla

documentazione allegata e dai verbali del giudizio avanti
al Tribunale di Frosinone; che gli atti di causa provano la
mancanza delle esigenze straordinarie dell’assunzione,
mentre il Tribunale tace sulla nullità dei contratti a
termine reiterati e sulle proroghe, in particolare sulle
esigenze legittimanti la proroga del contratto del 1998 e
le mansioni di addetta all’imbottigliamento, sconfessate
dall’istruttoria; che la Curatela si è costituita
tardivamente

in

udienza,

senza provare

le

cause

legittimanti la proroga.
9

2.1- Il motivo è inammissibile.

L

5

Il motivo è rubricato come vizio di motivazione,
prospettando invero la parte il vizio di

omessa

pronuncia”, per come indicato a pag. 11 del ricorso, e
quindi il vizio processuale, ex art.360 n.4 c.p.c.
In ogni caso, è di immediata evidenza la mancanza e della

sintesi e del quesito di diritto.
Il ricorso è infatti soggetto al disposto di cui
all’art.366 bis c.p.c., introdotto

dal

d.lgs. 40/2006,

art.6, abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009, dalla 1.
69/2009, art. 47, ed applicabile ai ricorsi proposti
avverso sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 ed il 4
luglio 2009 (art. 58,5 ° coma, 1.69/2009) e quindi anche
nella specie, atteso che il decreto impugnato è stato
depositato il 23 giugno 2009.
E, come affermato nella pronuncia 1747/2011, questa Corte
regolatrice alla stregua della stessa letterale
formulazione dell’art. 366 bis c.p.c. – e’ fermissima nel
ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso
previsto dall’art. 360 c.p.c. n. 5 allorche’, cioe’, il
ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un
vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo
deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara
indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della

6

motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione:
cio’ importa in particolare che la relativa censura deve
contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di
diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in

formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilital (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., l
ottobre 2007, n. 20603).
Al riguardo,

ancora,

e’

incontroverso che non e’

sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo
o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso
che e’ indispensabile che sia indicato in una parte, del
motivo stesso, che si presenti a cio’ specificamente e
riassuntivamente destinata, e che consenta al giudice di
valutare immediatamente l’ammissibilita’ del ricorso (in
termini, tra le tante, le pronunce 8897/2008, 8555/2010,
5794/2010 e, tra le ultime, 2219/2013 e 14355/2013).
Quanto al quesito di diritto, lo stesso, per costante
giurisprudenza, deve comprendere sia l’indicazione della
“regula juris” adottata nel provvedimento impugnato, sia
del diverso principio che il ricorrente assume corretto e
che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo
in relazione alla fattispecie (così, tra le ultime, la
pronuncia delle Sezioni unite 21672/2013, e le pronunce

maniera da non ingenerare incertezze in sede di

rese a sezione semplice, 3675/2013, 4146/2011, 80/2011,
8463/2009).
1.2.- Col secondo motivo, la ricorrente si duole della
violazione degli artt. 112, 115, 116, 166 c.p.c., 99 1.f.,
24 e 111 Cost., nonché dell’errata qualificazione dell’atto

di messa in mora, ex art.1217 c.c. e della violazione
dell’art.410 c.p.c.
Sostiene che il Tribunale ha negato l’esistenza di una
valida costituzione in mora del datore di lavoro senza
valutare la richiesta del tentativo obbligatorio di
conciliazione presso la Direzione provinciale di Frosinone
e negando ogni valore al ricorso giudiziale; si duole della
violazione del diritto di difesa, per non essere stata
posta in condizione di integrare la prova o di provare
l’uso aziendale della chiamata senza obbligo di richiesta.
In esito al motivo, la ricorrente formula i seguenti
quesiti: “Dica la Corte se costituisce violazione di legge
l’aver esaminato ed escluso valore probatorio a documenti e
fatti prodotti ed allegati dalla parte e non contestati
dall’altra contro cui vengono prodotti” e se costituisce
valido atto di messa in mora ed interruttivo della
prescrizione la richiesta di tentativo obbligatorio di
conciliazione e il ricorso ex art.414 c.p.c. in atti
depositato.”
2.2.- Il motivo è inammissibile.

8

Va rilevata in primis la formulazione del tutto generica
del primo quesito, privo di ogni riferimento specifico agli
4E.

atti

“prodotti ed allegati e non contestati…” e

dell’indicazione della o delle norme violate ( e le norme
indicate nella rubrica sono del tutto eterogenee).

Anche il secondo quesito è inammissibile: ed infatti, la
parte ha richiamato l’interruzione della prescrizione, che
non rileva in alcun modo nella controversia e,
ulteriormente sintomatico di quello che appare un vero e
proprio travisamento del decreto impugnato, nel corpo del
motivo,

riferendosi

al

tentativo

obbligatorio

conciliazione, ha addebitato al Tribunale di
ritenuto

detto

documento

“inidoneo

a

dar

di
avere
prova

dell’esercizio del diritto di assunzione…”.
Infine, il quesito è ridotto alla pura e semplice domanda
alla Corte, e per l’inammissibilità del motivo, ove il
principio di diritto sia stato articolato come generica
domanda alla Corte se sia stata violata norma di diritto,
si è specificamente espressa l’ordinanza di questa Corte,
n.4044 del 2009.
1.3.- Col terzo mezzo, la ricorrente si duole della
violazione degli art.112,115,116 c.p.c. e 99 1.f. in
relazione alla violazione del diritto di priorità nelle
assunzioni; sostiene che la Curatela non ha contestato
quanto affermato dalla parte in ricorso in relazione ai

9

punti 6 e 7 e formula i seguenti quesiti: “Dica la Corte se
costituisce violazione di diritto non considerare come
ammesse circostanze non contestate dalla controparte” e
l’aver rigettato richieste istruttorie facendone poi
conseguire il rigetto della domanda.”

2.3.- Il motivo è inammissibile, per la palese genericità
dei quesiti.
1.4.- Col quarto mezzo, la ricorrente denuncia il vizio di
motivazione nel riferimento alla sentenza resa nel 1992 dal
Pretore di Alatri, richiamata, secondo la parte, per
provare la prassi aziendale di richiamare in servizio
lavoratori che avevano lavorato nell’anno precedente.
2.4.- Il motivo è inammissibile.
La parte, nel motivo, si riferisce indistintamente sia al
vizio di motivazione che alla violazione del giudicato,
che, secondo l’insegnamento delle Sezioni unite, di cui
alla

pronuncia 24664/2007,

può essere fatta valere solo

sotto il profilo della violazione di legge, in quanto il
giudicato va assimilato agli “elementi normativi”; in ogni
caso, il motivo è privo sia della sintesi che del quesito
di diritto.
3.1.- Conclusivamente,

va dichiarata l’inammissibilità del

ricorso.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.

10

P.Q.M.
e

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna

2

la ricorrente alle spese, liquidate in euro 3000,00, oltre
euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed

Così deciso in Roma, in data 17 settembre 2015
Il P

accessori di legge.

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