Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20878 del 21/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/07/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 21/07/2021), n.20878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1011-2020 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA MENDOLA

39, presso lo studio dell’avvocato FOTI CARLO SEBASTIANO,

rappresentata e difesa dall’avvocato SCHETTINO ANIELLO;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI PARMA, in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39,

presso lo studio dell’avvocato GIUFFRE’ FRANCESCA, rappresentata e

difesa dall’avvocato MONEGATTI EUGENIA;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 14691/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 29/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

M.G. ha proposto ricorso ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. avverso l’ordinanza n. 14691 del 2019, con la quale la Corte di cassazione ha respinto il ricorso ordinario proposto dalla medesima ricorrente nei confronti dell’Azienda Unità Sanitaria Locale di Parma;

dinanzi alla Corte di legittimità, era stata impugnata la decisione della Corte di appello di Bologna che aveva respinto la domanda della lavoratrice di riconoscimento dell’indennità di coordinamento di cui all’art. 10 CCNL comparto sanità, 2 biennio economico 2000-2001;

la Corte di cassazione ha osservato, da un lato, come la ricorrente non avesse adeguatamente censurato la ratio decidenti della pronuncia impugnata, fondata sul “carattere esterno, rispetto all’attività di Istituto, del coordinamento svolto presso l’Università”, e, dall’altro, (v. incipit p. 5 dell’ordinanza n. 14691 oggetto di revocazione) come non risultasse assolto il duplice onere imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (di produzione o localizzazione e trascrizione) con riferimento ai documenti “nota 11

bis e note 29 maggio 2007 e 22 maggio 2007 n. 278”; in particolare, per la Corte, non era stato riportato lo specifico contenuto della prima (nota) mentre in relazione alle altre (note), la ricorrente si era limitata a richiamarne la citazione fattane in atti difensivi e nella sentenza di primo grado;

al giudizio di revocazione, articolato in un unico ed articolato motivo, resiste, con controricorso, l’Azienda Unità Sanitaria Locale di Parma che ha, altresì, depositato memoria;

la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

parte ricorrente assume, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4 l’errore di fatto risultante dagli atti di causa; nello specifico, individua l’errore revocatorio nell’avere il provvedimento impugnato omesso di considerare che “il primo documento” era stato chiaramente “riassunto” nel ricorso ordinario e che “il secondo, di fatto, (era) ricompreso nella sentenza di primo grado”;

il ricorso è inammissibile;

per pacifica giurisprudenza di questa Corte, l’errore di fatto revocatorio consiste in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, che abbia condotto ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che, dagli stessi atti e documenti, risulti positivamente accertato, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato (tra le tante, Cass. n. 442 del 2018, Cass. n. 6405 del 2018; Cass. n. 4456 del 2015; in motiv., Cass., sez. un., n. 5906 del 2020);

l’errore revocatorio deve, dunque, avere l’caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve, inoltre, essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione da lui emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronuncia sarebbe stata “con certezza di segno opposto” (nei termini, Cass. n. 5197 del 2002; successivamente, ex plurimis, Cass. n. 24334 del 2014; Cass. n. 25871 del 2017);

l’errore di fatto, invece, non è mai ravvisabile nell’ipotesi di errore costituente il frutto di un qualsiasi apprezzamento degli atti processuali ed e’, quindi, esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (tra le molte, Cass. n. 6405 del 2018 cit.; Cass. n. 22171 del 2010; in motiv., Cass., sez.un., n. 8984 del 2018);

in questa prospettiva, è stata esclusa la ricorrenza di un errore revocatorio, nel preteso errore sul contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti (Cass. n. 11657 del 2006), nel preteso errore in punto di individuazione delle questioni oggetto dei motivi del ricorso (Cass. n. 5086 del 2008), nel preteso errore nell’interpretazione dei motivi (Cass. n. 9533 del 2006) o nella lettura del ricorso (Cass. n. 5076 del 2008), così come, infine, nel preteso errore sull’esistenza, o meno, di una censura (Cass. n. 24369 del 2009);

con specifico riferimento al giudizio di ammissibilità dei motivi di ricorso, espresso in relazione agli oneri di specificazione desumibili dal combinato disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 6, l’impossibilità di configurare “errore revocatorio (…) sulla violazione del “principio di autosufficienza” in ordine a uno dei motivi di ricorso” (Cass. n. 14608 del 2007; conf. Cass. n. 9835 del 2012; Cass. n. 20635 del 2017) è stata sostenuta osservando che “eventuali errori o incompletezze della menzionata attività di disamina (…) attengono (sempre) (…) alla valutazione ed al giudizio in ordine al contenuto del ricorso (…) non (…) oggetto del rimedio straordinario della revocazione concesso solo per errori di fatto propriamente detti” (in motivazione, Cass. n. 14608 cit);

alla stregua di tali riassuntive indicazioni, consegue agevolmente la declaratoria di inammissibilità dell’odierno ricorso, giacché i rilievi mossi all’ordinanza n. 14691 del 2019 investono il giudizio di completezza espresso dalla Corte, in ordine al ricorso ordinario, insuscettibile, come si è detto, di rimedio revocatorio;

sotto diverso profilo, giudica il Collegio come neppure sia ravvisabile il carattere decisivo del supposto errore;

la decisività dell’errore non sussiste perché la Corte di legittimità ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso ordinario anche sulla base della autonoma argomentazione secondo cui il ricorrente non aveva adeguatamente censurato passaggi essenziali della motivazione di merito (v. pag. 10, p. 4 dell’ordinanza n. 14691 del 2019); se, dunque, la sentenza revocanda si regge su due autonome rationes decidendi, una sola delle quali revocabile perché viziata da errore percettivo, la permanenza della seconda comporta il venir meno del requisito indispensabile della decisività dell’errore revocatorio, ossia dell’idoneità a travolgere la ragione giuridica sulla quale si fonda la decisione impugnata (in argomento, Cass. n. 25871 del 2017, cit.; tra le tante, v. anche, in motivazione, Cass. n. 5480 del 2019);

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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