Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20878 del 02/10/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 20878 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: BOGNANNI SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso 14956-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
COMUNE DI LONGARE e COMUNE DI BRENDOLA in
persona dei rispettivi Sindaci pro-tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA SANTAMAURA 49, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE SALACCHI, rappresentati e difesi dall’avvocato

Data pubblicazione: 02/10/2014

1

ALESSANDRO TUROLLA, giuste Deliberazioni Giuntali n. 76 del
16.7.2012 (per il Comune di Longare) e n. 104 del 9.8.2012 (per il
Comune di Brendola) e giusti mandati a margine della prima e della
terza pagina del controricorso;

avverso la sentenza n. 22/8/2012 della Commissione Tributaria
Regionale di VENEZIA-MESTRE del 13.2.2012, depositata il
27/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE
BOGNANNI;
udito per la ricorrente l’Avvocato Pietro Garofoli che si riporta ai
motivi del ricorso;
udito per i controricorrenti l’Avvocato Amerigo Penta (per delega avv.
Alessandro Turolla) che si riporta agli scritti.

Ric. 2012 n. 14956 sez. MT – ud. 09-07-2014
-2-

– controricorrenti –

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Sesta (Tributaria)
R.G. ric. n. 14956/12

Ricorrente: agenzia entrate
Controricorrenti: Comuni Brendola +l

sione governativa,
Ordinanza
Svolgimento del processo

1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale del Veneto n. 22/08/12, pubblicata il 27 febbraio
2012, con la quale essa accoglieva l’appello dei Comuni di Marostica ed Enego, nonchè dell’Unione dei Comuni di Brendola e di
Longare contro la decisione di quella provinciale, sicché
l’opposizione, proposta con atto impugnatorio cumulativo, inerente
al silenzio-rifiuto di rimborso, concernente la tassa di concessione governativa, riguardante l’utilizzo di apparecchiature radio
ricetrasmittenti per i telefoni cellulari, per gli anni 20e.-08

■ A

veniva ritenuta fondata. In particolare il secondo giudi

osi(

vava che l’abrogazione dell’art. 318 Dpr. n. 156/73, ad opera
dell’art. 218 D.lgs. n. 259/03, aveva fatto venire meno l’obbligo
del tributo, essendo venuto meno il presupposto della previa licenza, sostituita dalla autorizzazione generale per le società di
gestione del servizio, e quindi da contratto di carattere privato,
seguito poi da quello di abbonamento con i singoli utenti della
telefonia mobile terrestre, sicché anche l’art. 21 della Tariffa
allegata al Dpr. n. 641/72, che faceva riferimento all’art. 318
Dpr. n. 156/73, ormai soppresso ex art. 218 D.lgs. n. 259/03, non
comprenderebbe più la tassa in argomento tra le proprie voci. Entrambi tali Comuni resistono con controricorso, ed hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

Oggetto: impugnazione silenzio-rifiuto rimborso tassa conces-

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2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 25 e 160 D.lgs. n. 259/03, l Dpr. n.
641/72, e 21 Tariffa allegata ad esso, come sostituita dal DM.
28/12/1995, D.M. 13.2.1990, n. 33, l, comma 203 L. n. 244/07, 3
DL. n. 151/91, convert. da L. n. 202/91 e 28 D.M. n. 484/88, in

e fornitura di apparecchiature elettroniche per le comunicazioni
terrestri, pur essendo libere a seguito dell’emanazione del codice
specifico di esse col D.lgs. 259/03, che ha espressamente abrogato
la previgente disciplina di cui al Dpr. n. 156/73, tuttavia costituiscono pur sempre una promanazione del potere generale dello
Stato in tema di utilizzazione di canali e strumenti per le telecomunicazioni, per le quali del resto la fruizione va comunque
sottoposta a vigilanza pubblica, senza che alcun ente, al di fuori
dello Stato stesso o altre categorie espressamente previste, ossa
sottrarsi al pagamento della tassa in argomento.
Il motivo è fondato. Invero in tema di radiofonia m , l’abrogazione dell’art. 318 del d.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera dell’art. 218 del d.lgs. l agosto 2003, n. 259, non ha fatto
venire meno l’assoggettabilità dell’uso del “telefono cellulare”
alla tassa governativa di cui all’art. 21 della tariffa allegata
al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in quanto la relativa previsione è riprodotta nell’art. 160 del d.lgs. n. 259 cit. Infatti va
esclusa – come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con l’art. 2, comma 4, del d.l. 24 gennaio 2014, n. 4, conv.
con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione
di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione – una differenziazione di regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio-trasmittenti”, risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs.
259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE,
cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269
(attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carat2

quanto il giudice di appello non considerava che ormai la gestione

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tere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’art. 160 della nuova normativa,
tanto più che, ai sensi dell’art. 219 del medesimo d.lgs., dalla
liberalizzazione del sistema delle comunicazioni non possono derivare “nuovi o maggiori oneri per lo Stato”, e, dunque, neppure una

so, l’applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la
disciplina comunitaria, attesa l’esplicita esclusione di ogni incompatibilità affermata dalla Corte di giustizia (CGCE, 12 dicembre 2013 in C-335/2013) (Cfr. anche Cass. Sez. U, Sentenza n. 9560
del 02/05/2014; Sent. n. 23052 del 2012).
Dunque la sentenza impugnata non risulta motivata in giuridicamente corretto su tale punto.
3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o
falsa applicazione degli artt. l e 13 bis Dpr. n. 641/72, nonché
21 Tariffa allegata ad esso, oltre che 114 Costituzione, giacchè
la CTR non considerava che, ancorché la Repubblica è costituita
dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato giusta il dettato costituzionale, tuttavia
l’esenzione dal tributo è prevista solamente per lo Stato, oltre
che dalle entità espressamente previste dall’art. 13 bis, commi 1
e 1 bis Dpr. n. 641/72, e cioè le “Onlus” e gli atti costitutivi,
o relativi a statuti per movimenti, partiti politici, ovvero soggetti portatori di specifici handicap, senza possibilità di interpretazione analogica, con la conseguenza che tale disciplina agevolativa non può applicarsi anche agli enti territoriali, sebbene
essi costituiscano parte articolata integrante della P.A. in senso
lato.
La censura ha pregio. Infatti in tale materia anche gli enti
locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dall’art. 13 bis, primo comma, del d.P.R. 26
ottobre 1972, n. 641, a favore dell’Amministrazione dello Stato,
trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpre3

riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in ogni ca-

4

4

‘ tazione, e attesa, ai sensi dell’art. l, comma 2, d.lgs. 30 marzo
2001, n. 165, l’inesistenza di una generalizzata assimilazione tra
amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una
specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa (V. pure
Cass. Sez. U, Sentenza n. 9560 del 02/05/2014; Sent. n. 8825 del

n. 109 /E del 4 agosto 2004 è abbastanza indicativa nel senso su
delineato. Pertanto il Comune non poteva invocare l’esenzione
spettante allo Stato, dal momento che questa non è espressamente
prevista per “.. ..l’Amministrazione Pubblica Allargata”. Né è
possibile aderire ad una soluzione ermeneutica volta ad ampliare
la sfera operativa delle agevolazioni in genere, atteso che le
previsioni relative ad esenzioni o benefici di qualunque natura
non sono passibili di interpretazione analogica in materia fiscale
e, quindi, questi non possono essere riconosciuti nelle ipotesi in
cui non siano espressamente previsti (Cfr. anche Cass. Sen nze n.
10807 del 28/06/2012, n. 22279 del 26/10/2011).
Perciò la decisione impugnata non risulta mo in modo
giuridicamente corretto pure su tali punti.
4. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione di tale pronuncia, senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384, comma 2 cpc., e rigetto di quello
in opposizione dei contribuenti avverso il silenzio-rifiuto di
rimborso.
5. Quanto alle spese dell’intero giudizio, sussistono giusti
motivi per compensarle, avuto riguardo alla natura della controversia; alla particolare questione giuridica trattata; all’alterna
vicenda, in parte favorevole ai contribuenti, nei gradi di merito,
ed alla incerta giurisprudenza precedente, tanto che si è reso necessario il recente intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.
P.Q.M.
La Corte

4

2012). Del resto la Risoluzione dell’Agenzia delle entrate (RIS)

5

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo
nel merito, rigetta quello introdu tivo, e compensa le spese
dell’intero giudizio tra le parti.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2014.

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