Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20877 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. II, 30/09/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 30/09/2020), n.20877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18949/2018 proposto da:

KLUB S.A.S., rappresentata e difesa dall’Avvocato LUIGI SEGHI, ed

elettivamente domiciliata a Roma, via Furio Camillo 99, presso lo

studio dell’Avvocato WALTER GUERRERA, per procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

GRUPPO B. S.P.A., rappresentata e difesa dall’Avvocato FRANCESCO

CASELLATI, e dall’Avvocato NICOLA DI PIERRO, presso il cui studio a

Roma, via Tagliamento 55, elettivamente domicilia per procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

COSTRUZIONI GENERALI B. CAV. A. S.P.A., rappresentata e difesa

dall’Avvocato MARCO GIORGIO, presso il cui studio a Venezia, San

Polo 3079, elettivamente domicilia per procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

Z.M. S.R.L. e Z.M. & C. S.N.C., rappresentate

e difese dall’Avvocato GIORGIO BRESSAN, e dall’Avvocato GIOVANNI

FARAGASSO, presso il cui studio a Roma, via Arrigo Davila 43/20,

elettivamente domiciliano per procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

V.G., rappresentato e difeso dall’Avvocato ALBERTO

VALENTINI ed elettivamente domiciliato a Roma, via Silvio Pellico

24, presso lo studio dell’Avvocato GIUSEPPE VALVO, per procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonchè

L.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1122/2018 della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE,

depositata il 21/5/2018;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

4/3/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO;

sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto

Procuratore Generale della Repubblica Dott. PEPE Alessandro, il

quale ha concluso per l’accoglimento del 1 e del 2 motivo del

ricorso principale e per l’assorbimento di tutti i restanti motivi

del ricorso principale e dei ricorsi incidentali;

sentito, per la ricorrente principale, l’Avvocato LUIGI SEGHI;

sentito, per la Gruppo B. s.p.a., l’Avvocato NICOLA DI PIERRO;

sentito, per V.G., l’Avvocato GIUSEPPE VALVO; sentito,

per Z.M. s.r.l. e Z.M. & C. s.n.c.,

l’Avvocato GIOVANI FARAGASSO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il tribunale di Prato, con sentenza del 12/8/2011, in accoglimento della domanda proposta dalla Klub s.r.l., in qualità di acquirente, con atto di citazione notificato l’11/2/2004, ha affermato la responsabilità contrattuale della convenuta Gruppo B. s.p.a., in qualità di venditrice, per i vizi riscontrati nei due appartamenti oggetto del contratto di compravendita stipulato tra le stesse in data 23/1/2002, rappresentati dai difetti di funzionamento degli impianti di riscaldamento e raffreddamento e dalla fuoriuscita di acque dai sanitari, e l’ha condannata al pagamento, in favore della società attrice, della somma di Euro 29.000,00, in corrispondenza ai costi necessari per eliminare i difetti accertati.

La sentenza, inoltre, ha riconosciuto la fondatezza della domanda che la società convenuta aveva, a sua volta, proposto, a mezzo di chiamata in causa, nei confronti della Costruzioni Generali B. s.p.a., che aveva realizzato gli immobili in questione, respingendo, invece, per tardività della chiamata in causa, la domanda di manleva che la stessa Gruppo B. s.p.a. aveva proposto nei confronti dell’arch. V. e dell’ing. L. nella loro rispettiva qualità di progettista dell’impianto e direttore dei relativi lavori e di direttore dei lavori per l’intero complesso edilizio.

Il tribunale, infine, ha ritenuto la fondatezza della domanda di rivalsa che la Costruzioni Generali B. s.p.a. aveva proposto nei confronti della Z.M. s.r.l. e della Z.M. & C. s.n.c., nella loro qualità di imprese che, in regime di subappalto, avevano realizzato le opere difettose.

La Z.M. s.r.l. e la Z.M. & C. s.n.c. hanno proposto appello avverso la sentenza del tribunale.

La Klub s.r.l., costituendosi in giudizio, ha chiesto la conferma della sentenza appellata nella parte in cui ha condannato la venditrice Gruppo B. s.p.a. al pagamento, in suo favore, della somma di Euro 29.000,00 evidenziando che, per ciò che riguarda il rapporto tra la Klub e la venditrice, aveva tempestivamente denunciato i vizi riscontrati sugli immobili acquistati ed accertati dalla consulenza tecnica d’ufficio esperita nel corso del giudizio.

La Gruppo B. s.p.a., a sua volta, ha proposto appello incidentale avverso la sentenza impugnata tanto nella parte in cui il tribunale l’ha condannata al pagamento, in favore dell’attrice, della somma corrispondente ai danni ad essa arrecati per i vizi predetti, quanto nella parte in cui il tribunale ha dichiarato l’inammissibilità dell’atto di chiamata in causa dell’ing. L. e dell’arch. V..

La Costruzioni Generali B. s.p.a. ha resistito all’appello principale proposto dalla Z.M. s.r.l. e dalla Z.M. & C. s.n.c., ed, a sua volta, ha proposto appello incidentale avverso la sentenza censurandola sia nella parte in cui il tribunale ha ritenuto la tempestività della denuncia dei vizi da parte della Klub, sia nella parte in cui il tribunale ha escluso la responsabilità dei progettisti, facendo proprie, sul punto, le difese della venditrice Gruppo B..

Si sono costituiti in giudizio anche L.M. e V.G., chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha accolto gli appelli incidentali proposti dalla Gruppo B. s.p.a. e dalla Costruzioni Generali B. s.p.a. e, dichiarato conseguentemente assorbito l’appello principale proposto dalla Z.M. s.r.l. e dalla Z.M. & C. s.n.c., ha, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigettato la domanda proposta dalla Klub s.r.l. nei confronti della Gruppo B. s.p.a. ed ha, di conseguenza, dichiarato inammissibili, per difetto d’interesse, le domande di manleva proposte nei confronti della Z.M. s.r.l. e della Z.M. & C. s.n.c. nonchè della Costruzioni Generali B. s.p.a.; la corte, poi, ha condannato la Klub s.r.l. a rifondere alla Gruppo B. s.p.a., alla Costruzioni Generali B. s.p.a., alla Z.M. s.r.l. ed alla Z.M. & C. s.n.c. le spese di lite sostenute in primo ed in secondo grado, compensando, invece, le spese tra la Gruppo B. s.p.a. e V.G. e L.M.. La corte, infine, ha condannato i percettori delle somme pagate per compulsum alla restituzione delle stesse nelle mani dei rispettivi solventi, incrementate degli interessi al tasso legale via via vigente a decorrere dal giorno del pagamento.

La corte, in particolare, ha ritenuto la fondatezza dell’appello incidentale proposto dalla venditrice Gruppo B. s.p.a. e dalla Costruzioni Generali B. s.p.a. in ordine alla prescrizione dell’azione di garanzia proposta dalla società acquirente, con il conseguente assorbimento tanto degli ulteriori motivi d’appello incidentale proposto dalla Gruppo B. s.p.a., quanto dell’appello principale proposto dalle subappaltatrici Z.M. s.r.l. e M.Z. Z.M. & C. s.n.c..

Secondo la corte, infatti, il tribunale ha erroneamente applicato al rapporto contrattuale intercorso tra la Klub s.r.l. e la Gruppo B. s.p.a. la disciplina prevista dall’art. 1667 c.c., in materia d’appalto, laddove, al contrario, “è del tutto evidente dalla lettura degli atti prodotti in giudizio che tra le parti non era intercorso un contratto di appalto, bensì un contrato di vendita di due unità immobiliari, concluso in data 23.1.2002, in adempimento di un contratto preliminare di vendita di immobile da realizzare su pianta, e quindi di vendita di cosa futura, concluso a sua volta il 15.6.2000”.

La disciplina da applicare in punto di garanzia per il caso di vizi della cosa compravenduta, ha aggiunto la corte – anche nel caso in cui l’acquirente agisca solo per il risarcimento del danno, com’è accaduto nel caso in esame – è, pertanto, quella prevista dall’art. 1495 c.c., a norma del quale, nell’ipotesi in cui si riscontrino vizi o difetti, il compratore deve denunziare i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta e deve esercitare la relativa azione entro un anno dalla consegna, e non, come invece ha fatto il tribunale, la norma prevista dall’art. 1667 c.c., non essendo intercorso tra le parti un rapporto d’appalto.

Del resto, ha osservato la corte, l’acquirente Klub s.r.l., sul presupposto che la Gruppo B. s.p.a. avesse realizzato gli immobili compravenduti ed avesse quindi assunto la doppia veste di venditore-appaltatore, avrebbe dovuto esercitare la specifica azione di responsabilità extracontrattuale prevista in materia d’appalto dall’art. 1669 c.c., invocandone la disciplina sia quanto alla denunzia dei vizi che al termine per esercitare la relativa azione. Sennonchè, ha aggiunto la corte, dalla lettura dell’atto di citazione nulla si evince in tal senso, emergendo, al contrario, che l’attrice aveva convenuto in giudizio la Gruppo B. nella sua qualità di venditrice degli immobili affetti dai denunciati vizi all’impianto di climatizzazione e all’impianto idro-sanitario, e ne aveva chiesto la condanna al risarcimento del danno sulla base del rapporto contrattuale di vendita immobiliare intercorso tra loro.

Stando così le cose, ha proseguito la corte, deve affermarsi che, sulla base dei documenti prodotti in giudizio, seppur i vizi sono stati tempestivamente denunciati alla venditrice immediatamente dopo la scoperta, benchè formalmente denunciati solo con le missive del 10/1/2003, del 18/2/2003 e del 7/3/2003, l’azione per far valere la relativa garanzia è stata esercitata con atto di citazione notificato alla Gruppo B. s.p.a. solo in data 16/2/2004, a distanza, quindi, di circa due anni dalla consegna, avvenuta contestualmente al rogito d’acquisto, e cioè in data 23/1/2002, in un momento nel quale, in definitiva, l’azione si era già prescritta.

La corte, poi, dopo aver espressamente escluso ogni effetto anticipatorio all’accertamento tecnico preventivo in quanto proposto in corso di causa con ricorso depositato il 26/11/2004, ha ritenuto che neppure poteva ritenersi che la società venditrice avesse riconosciuto espressamente i vizi denunciati in modo da determinare la novazione dell’obbligazione al ripristino dei difetti ovvero al risarcimento dei danni e la conseguente applicazione del diverso termine decennale per l’esercizio della relazione azione: non è, infatti, emerso dalle prove raccolte in giudizio che la Gruppo B. abbia mai riconosciuto i vizi ed i difetti contestati da Klub.

Nè, ha aggiunto la corte, può valere come riconoscimento dei vizi lamentati l’invio, presso gli immobili venduti, di personale delle “imprese Z.”, che avevano realizzato sotto il profilo esecutivo gli impianti in questione, per verificare i difetti: al riguardo, l’istruttoria svolta in giudizio consente solo di affermare che vi erano state verifiche sull’impianto di riscaldamento ma senza esiti risolutivi del lamentato funzionamento: e tale circostanza, ha osservato la corte, può rilevare nei rapporti contrattuali tra la venditrice e l’appaltatrice e tra l’appaltatrice e la subappaltatrice ai fini della tempestività della denuncia dei vizi lamentati, ma non assume certo valenza di riconoscimento dei vizi da parte della venditrice nei confronti della compratrice Klub s.r.l., con la conseguenza che il termine per la relativa azione di garanzia restava, per quest’ultima, pur sempre quello di un anno previsto dall’art. 1495 c.c.. Del resto, ha concluso la corte, la stessa attrice ha escluso in citazione che la venditrice abbia mai operato il riconoscimento dei vizi lamentati.

L’accoglimento dell’appello incidentale, ha proseguito la corte, comporta l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., delle domande di manleva accolte dal tribunale, con il conseguente assorbimento dell’appello principale e dell’appello incidentale della Costruzioni Generali B. s.p.a..

La corte ha provveduto, quindi, a regolare le spese di lite ed ha, sul punto, ritenuto che l’attrice, in quanto soccombente, doveva essere condannata a rifondere alla convenuta Gruppo B. ed alle terze chiamate in causa Costruzioni Generali B. s.p.a., Z.M. s.r.l. e Z.M. & C. s.n.c. le spese di lite per entrambi i gradi di giudizio.

La corte, inoltre, ha ritenuto fosse “conforme a giustizia” l’integrale compensazione delle spese di lite tra L.M. e V.G. e la Gruppo B. s.p.a., che li aveva evocati in giudizio.

La corte, infine, ha accolto la domanda “proposta dalle parti soccombenti in primo grado, di condanna nei confronti dei percettori delle somme pagate per compulsum alla restituzione delle stesse nelle mani dei rispettivi solventi, incrementate degli interessi al tasso legale via via vigente a decorrere dal giorno del pagamento”.

La Klub s.a.s., con ricorso notificato il 20/6/2018, ha chiesto, per sei motivi, la cassazione della sentenza resa dalla corte d’appello, dichiaratamente non notificata.

Ha resistito V.G., con controricorso notificato il 9/7/2018, proponendo ricorso incidentale per cinque motivi.

Hanno resistito, con controricorso notificato in data 27/7/2018, la Z.M. s.r.l. e la Z.M. & C. s.n.c., le quali hanno proposto, per quattro motivi, ricorso incidentale condizionato.

Ha resistito, con controricorso notificato in data 2/8/2018, la Gruppo B., la quale ha proposto, per un motivo, ricorso incidentale.

Ha resistito, con controricorso notificato il 2/8/2018, la Costruzioni Generali B. Cav. A. s.p.a..

L.M. è rimasto intimato.

La Klub s.a.s., con controricorso notificato il 28/8/2018, ha resistito ai ricorsi incidentali proposti dalla Gruppo B. s.p.a., dalla Z.M. s.r.l., dalla M.Z. Z.M. & C. s.n.c. nonchè dalla Costruzioni Generali B. Cav. A. s.p.a..

La Gruppo B. s.p.a., infine, con controricorso notificato il 9/8/2018, ha resistito al ricorso incidentale del V..

La Klub s.a.s., la Gruppo B. s.p.a., la Z.M. s.r.l. e la M.Z. Z.M. & C. e V.G. hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte, in via preliminare, prende atto che la Klub s.a.s., incontestatamente titolare del n. di partita IVA (OMISSIS) (v. il ricorso), corrisponde, sia pur in una differente forma societaria, alla Klub s.r.l. (v. la citazione introduttiva e la sentenza del tribunale di Prato), e cioè alla società attrice ed appellata.

2.1. Con il primo motivo, la ricorrente principale, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione di legge, la violazione delle norme di cui agli artt. 1495,1667 e 1669 c.c., nonchè la violazione dell’art. 132 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che il venditore risponde ai sensi degli artt. 1667 e/o 1669 c.c., solo nel caso in cui lo stesso abbia direttamente realizzato l’opera o parti della stessa, ed ha, quindi, escluso, in forza di tale convinzione, che la società convenuta (che pure aveva riferito di aver affidato l’esecuzione delle opere alla Costruzioni Generali B. s.p.a.) sia responsabile, benchè costruttrice, dei vizi degli appartamenti ai sensi dell’art. 1669 c.c., sul rilievo che tra la stessa convenuta e la società acquirente non era intercorso alcun rapporto d’appalto, in tal modo, peraltro, violando la norma dell’art. 132 c.p.c., per aver corroborato la sua decisione con una motivazione contraddittoria e solo apparente.

2.2. La corte d’appello, infatti, ha osservato la ricorrente, così facendo, non ha considerato che, in forza della corretta interpretazione delle norme previste dagli artt. 1495,1667 e 1669 c.c., il venditore che sia stato anche costruttore (ben poco importando che abbia direttamente eseguito le opere o le abbia appaltato ad altri) risponde verso l’acquirente sulla base non solo dell’art. 1495 c.c., ma anche degli artt. 1667 e 1669 c.c., vale a dire delle norme che l’attrice ha invocato sin dal ricorso proposto (peraltro ante causam) ai sensi dell’art. 696 c.p.c., convenendo in giudizio la società venditrice anche nella qualità di costruttrice.

2.3. In effetti, ha proseguito la ricorrente, la responsabilità di chi abbia non solo venduto l’immobile ma si sia anche occupato della sua costruzione e/o ristrutturazione, è regolata dalle norme previste dagli artt. 1496,1667 e 1669 c.c., a prescindere da un espresso riferimento – che, nella specie, non manca – alla sua qualifica di costruttore, a meno che non provi di non aver avuto la possibilità di sindacare le relative scelte tecniche: cosa che, nella specie, non è dato ravvisare se si considera che la Gruppo B. s.p.a. aveva affidato l’esecuzione delle opere ad una società del suo gruppo ed aveva nominato propri direttori dei lavori.

3.1. Con il secondo motivo, la ricorrente principale, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione di legge, la violazione dell’art. 112 c.p.c. e artt. 1362 c.c. e segg., nonchè la violazione delle norme previste dagli artt. 1367 e 1369 c.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che la domanda proposta dall’attrice abbia fatto riferimento alla responsabilità della Gruppo B. s.p.a. soltanto ai sensi dell’art. 1495 c.c. e non anche degli artt. 1667 e 1669 c.c..

3.2. In realtà, ha osservato la ricorrente, la società attrice, tanto nel primo atto introduttivo del procedimento ex art. 696 c.p.c., quanto nell’atto di citazione, aveva espressamente dedotto di aver acquistato, con atto in data 23/1/2002, due immobili dalla società costruttrice Gruppo B. s.p.a..

3.3. La corte d’appello, quindi, ha proseguito la ricorrente, lì dove ha ritenuto che tra le parti non era stato stipulato alcun contratto d’appalto ma solo di compravendita, non si è pronunciata, in violazione dell’art. 112 c.p.c., su tutta la domanda che l’attrice aveva proposto, la quale, contenendo l’espresso riferimento alla qualifica di costruttrice della venditrice, involgeva la sua responsabilità tanto ai sensi dell’art. 1495 c.c., quanto ai sensi dell’art. 1669 c.c..

3.4. La corte d’appello, inoltre, ha aggiunto la ricorrente, ha violato le norme ermeneutiche previste dagli artt. 1362 c.c. e segg., applicabili anche laddove si tratta di valutare la portata delle domande e delle eccezioni delle parti. Nel caso in esame, infatti, la Klub, tanto nel ricorso ex art. 696 c.c., quanto nell’atto di citazione, ha dichiarato di agire contro il venditore-costruttore, senza fare riferimento ad alcuna norma, ma nel prosieguo del giudizio ha trattato sia la norma prevista dall’art. 1495 c.c., sia quelle previste dagli artt. 1667 e 1669 c.c..

3.5. La corte d’appello, quindi, ha concluso la ricorrente, ha erroneamente escluso che la società attrice non avesse invocato, nei confronti della venditrice costruttrice, anche la garanzia prevista dall’art. 1669 c.c., laddove, al contrario, avrebbe dovuto ritenere che la domanda, per come era stata proposta e coltivata, includesse la responsabilità della Gruppo B. s.p.a. non solo ai sensi dell’art. 1495 c.c., ma anche a norma degli artt. 1667 e 1669 c.c..

4.1. Con il terzo motivo, la ricorrente principale, lamentando la violazione dell’art. 132 c.p.c. e la motivazione apparente e contraddittoria, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che, nella fattispecie, il rapporto intercorso tra le parti non è configurabile come un contratto di vendita di due unità immobiliari da parte della costruttrice ma piuttosto come una vendita di cosa futura, risalente al 15/6/2000, ai sensi dell’art. 1472 c.c..

4.2. Così facendo, però, ha osservato la ricorrente, la corte d’appello, con una motivazione apparente e contraddittoria, non ha considerato che, pur a voler ipotizzare che tra le parti sarebbe stata stipulata una vendita di cosa futura, venuta poi ad esistenza grazie all’opera della stessa venditrice, il costruttore ancor di più risponderebbe verso l’acquirente sulla base delle norme dettate in materia d’appalto dall’art. 1669 c.c..

5.1. Con il quarto motivo, la ricorrente principale, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione di legge, la violazione dell’art. 132 c.p.c. e la motivazione apparente, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’accertamento tecnico preventivo era stato proposto in corso di causa laddove, al contrario, com’è agevole rilevare dalla lettura degli atti, il mezzo istruttorio previsto dall’art. 696 c.p.c., è stato proposto, con ricorso depositato in data 27/5/2003, prima del giudizio di merito, introdotto con citazione notificata tra il 6/2/2004 ed il 15/2/2004.

5.2. La corte d’appello, peraltro, ha proseguito la ricorrente, sulla base di tale erroneo convincimento e, quindi, con una motivazione apparente e contraddittoria che viola l’art. 132 c.p.c., ha ritenuto che l’accertamento tecnico preventivo non potesse avere effetti anticipatori, laddove, in realtà, solo con il deposito della relazione ad opera del tecnico designato in data 31/12/2003, la società istante ha acquisito la piena consapevolezza dei vizi.

5.3. La corte d’appello, infine, ha aggiunto la ricorrente, ha ritenuto che l’invio, presso gli immobili venduti, di personale delle imprese subappaltatrici non potesse valere come riconoscimento dei vizi e dei difetti denunciati dalla società attrice, ingiustamente negando anche sulla base di tale rilievo ogni protezione alla Klub.

6.1. Con il quinto motivo, la ricorrente principale, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione di legge e la violazione delle norme previste dagli artt. 2934,2935 e 2943 c.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’azione proposta dalla società attrice si era prescritta, laddove, al contrario, una volta che la convenuta deve rispondere quale venditrice ed anche costruttrice, i termini di decadenza e di prescrizione previsti dall’art. 1669 c.c., non sono quelli di cui all’art. 1495 c.c..

6.2. Peraltro, ha aggiunto la ricorrente, l’attrice, sia nel ricorso per l’accertamento tecnico preventivo, sia nella citazione introduttiva del giudizio di merito, aveva dedotto che solo al momento dell’occupazione dei locali si era accorta che qualcosa non andava nei vari impianti, senza, tuttavia, maturare alcuna piena consapevolezza circa la sussistenza, l’entità, la riferibilità e la responsabilità per i vizi, se non dopo il deposito dell’accertamento tecnico preventivo e, per certi aspetti, solo dopo il deposito della perizia svoltasi nel giudizio di merito. Ed è noto, ha osservato la ricorrente, che i termini per far valere la garanzia nei confronti del venditore costruttore decorrono dalla piena consapevolezza della sussistenza di veri e propri vizi, delle relative cause e del responsabile degli stessi.

6.3. La Klub, peraltro, ha proseguito la ricorrente, in data 18/2/2003, ha trasmesso una lettera di contestazione alla Gruppo B. s.p.a. la quale, del resto, nei mesi di ottobre e novembre del 2002, aveva inviato in loco personale, a dimostrazione delle lamentele, peraltro generiche, che l’attrice, non sufficientemente edotta delle problematiche, aveva fatto presenti alla venditrice costruttrice.

7.1. Con il sesto motivo, la ricorrente principale, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione di legge e la violazione degli artt. 91 c.p.c. e segg., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha condannato i percettori delle somme pagate per compulsum alla restituzione delle stesse nelle mani dei rispettivi solventi, incrementate degli interessi al tasso legale via via vigente a decorrere dal giorno del pagamento.

7.2. Così facendo, però, ha osservato la ricorrente, la corte ha dato luogo ad un comando totalmente generico sia nel quantum che nei soggetti e, come tale, radicalmente nullo.

7.3. La sentenza impugnata, infine, ha concluso la ricorrente, dev’essere cassata anche per tutti gli aspetti che regolano le spese e, segnatamente, per la parte in cui ha obbligato la Klub a pagare le spese di lite a ciascuna parte, tanto per il primo grado, quanto per il secondo grado.

8.1. Il primo ed il secondo motivo, sono fondati, al pari del quinto, nei limiti che seguono, con assorbimento degli altri.

8.2. In effetti, la circostanza che il venditore sia anche il costruttore del bene compravenduto non vale ad attribuirgli le veste di appaltatore nei confronti dell’acquirente con la conseguenza che quest’ultimo non acquista la qualità di committente nei confronti del primo. L’acquirente, pertanto, non può esercitare l’azione per ottenere l’adempimento del contratto d’appalto e l’eliminazione dei difetti dell’opera a norma degli artt. 1667 e 1668 c.c., spettando tale azione, di natura contrattuale, esclusivamente al committente nel contratto d’appalto (Cass. n. 26574 del 2017; conf. Cass. n. 11540 del 1992).

8.3. Tale conclusione, tuttavia, non vale per l’azione prevista dall’art. 1669 c.c., di natura extracontrattuale, che opera non solo a carico dell’appaltatore ed a favore del committente, ma anche a carico del costruttore ed a favore dell’acquirente (Cass. n. 26574 del 2017; Cass. n. 2238 del 2012; Cass. n. 7634 del 2006; Cass. n. 11450 del 1992). La norma di cui all’art. 1669 c.c., invero, prevedendo un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale sancita per ragioni e finalità di interesse generale, deve ritenersi applicabile, nonostante la sedes materiae, non soltanto ai rapporti tra committente e appaltatore ma anche a quelli tra l’acquirente ed il costruttore-venditore, pur in mancanza, tra essi, di un formale contratto d’appalto, con la conseguenza che il predetto costruttore non può ritenersi sollevato dalla responsabilità verso l’acquirente qualora l’opera sia stata eseguita (in tutto o in parte), su suo incarico, da un terzo (Cass. n. 8109 del 1997). Il venditore di unità immobiliari che ne curi direttamente la costruzione, ancorchè i lavori siano stati appaltati ad un terzo, risponde, quindi, nei confronti degli acquirenti, dei gravi difetti, a norma dell’art. 1669 c.c. e cioè a titolo di responsabilità extracontrattuale, indipendentemente dall’identificazione del contratto con essi intercorso (Cass. n. 3146 del 1998; Cass. n. 1374 del 1999; Cass. n. 4622 del 2002; Cass. n. 2238 del 2012).

8.4. Deve, peraltro, trattarsi di gravi difetti, ravvisabili in qualsiasi alterazione dell’opera, conseguente alla sua inadeguata realizzazione, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa e non determinandone pertanto la rovina od il pericolo di rovina, si traducano, tuttavia, in vizi funzionali di quegli elementi accessori o secondari che dell’opera stessa consentono l’impiego duraturo cui è destinata e tali, quindi, da incidere negativamente ed in considerevole misura sul godimento della stessa (Cass. n. 10893 del 2013). I gravi difetti dell’edificio idonei a configurare una responsabilità del costruttore nei confronti del committente o dell’acquirente, ai sensi dell’art. 1669 c.c., sono, in effetti, configurabili, al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, anche nei vizi che, senza influire sulla stabilità dell’opera, pregiudichino e menomino in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l’abitabilità della medesima: tra i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c., sono, quindi, compresi non solo le deficienze costruttive vere e proprie, quelle cioè che si risolvono nella realizzazione dell’opera con materiali inidonei e/o non a regola d’arte, ma anche i vizi che riguardano elementi secondari ed accessori che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata (come l’impermeabilizzazione, i rivestimenti, gli infissi, la pavimentazione, gli impianti, le condutture di adduzione idrica, ecc.) purchè tali da compromettere la funzionalità dell’opera stessa e che, senza richiedere lavori di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi di manutenzione ordinaria e cioè con opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici oppure con opere che integrano o mantengono in efficienza gli impianti tecnologici installati (Cass. n. 8140 del 2004;, Cass. n. 456 del 1999; Cass. n. 8811 del 2003; Cass. n. 1748 del 2005; più di recente, Cass. n. 2238 del 2012).

8.5. Si tratta, a questo punto, di stabilire se la società ricorrente, con l’atto di citazione che ha introdotto il presente giudizio, abbia proposto, nei confronti della convenuta, solo l’azione prevista dall’art. 1495 c.c., come ha ritenuto la corte d’appello, ovvero se abbia agito (anche) a norma dell’art. 1669 c.c., come la stessa pretende lì dove, in particolare, ha denunciato l’omessa pronuncia su quest’ultima domanda, in violazione dell’art. 112 c.p.c., ed, in ogni caso, l’erronea interpretazione della domanda proposta, in violazione degli artt. 1362 c.c. e segg.

8.6. Occorre, invero, distinguere tra l’ipotesi in cui viene lamentato l’omesso esame da parte del giudice di merito di una domanda che si assume proposta e l’ipotesi in cui, al contrario, si censura l’interpretazione che il giudice di merito abbia dato alla domanda così come proposta. In quest’ultimo caso, invero, poichè l’interpretazione della domanda e l’individuazione della sua ampiezza e del suo contenuto effettivo integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, la Corte di cassazione deve solo controllare che, sul punto, la decisione impugnata non sia viziata dall’omesso esame di un fatto decisivo o dalla violazione delle norme sull’interpretazione degli atti processuali così come stabilite dagli artt. 1362 c.c. e segg. (Cass. n. 16057 del 2016; Cass. n. 4205 del 2014). Nel primo caso, invece, si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale per la soluzione del quale la Corte di cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiestale. E’, in effetti, pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio, come l’omesso esame della domanda, riconducibile nell’ambito dell’error in procedendo: in tale ipotesi, invero, la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto ed ha, quindi, il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali ed, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (Cass. n. 8140 del 2004; Cass. n. 5442 del 2006).

8.7. In questa attività interpretativa, peraltro, il giudice non è condizionato dalle formali parole utilizzate dalla parte ma deve tener conto della situazione dedotta in causa e della volontà effettiva – deducibile anche per implicito dalle eventuali precisazioni fornite nel corso del giudizio – nonchè delle finalità che la parte intende perseguire (Cass. n. 6226 del 2014; Cass. n. 21087 del 2015; Cass. n. 19002 del 2017), avendo, peraltro, riguardo, come impongono l’art. 1362 c.c., comma 2 e art. 1363 c.c., all’atto che la contiene in ogni sua parte e poi nel suo complesso nonchè al comportamento della parte (Cass. n. 8140 del 2004; Cass. n. 10314 del 2003; Cass. n. 9652 del 2003).

8.8. La domanda giudiziale, quindi, per esser correttamente interpretata, dev’esser considerata non solo nella sua formulazione letterale ma anche e soprattutto nel suo contenuto sostanziale, avendo riguardo alle finalità perseguite dalla parte, onde è che un’istanza non esplicitamente e formalmente proposta può ritenersi implicitamente introdotta e virtualmente contenuta nella domanda espressamente proposta ove risulti in rapporto di connessione necessaria con il petitum e la causa petendi di questa (Cass. n. 7322 del 2019). Il giudice del merito, non essendo tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute ma dovendo per converso avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere qual è desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante (Cass. n. 19331 del 2007), incorre, pertanto, nel vizio di omesso esame ove, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale (Cass. n. 23794 del 2011; Cass. n. 26159 del 2014; Cass. n. 118 del 2016; Cass. n. 27693 del 2019).

8.9. Nel caso in esame, l’atto di citazione che ha introdotto il giudizio dimostra che la Klub s.r.l. ha convenuto in giudizio la Gruppo B. s.p.a. nella dichiarata qualità di “ditta costruttrice” e di società venditrice dei due immobili dalla stessa acquistati con atto in data 23/1/2002 e, dopo aver dedotto di aver ripetutamente constatato il cattivo funzionamento dei relativi impianti di riscaldamento e di raffreddamento nonchè il percolamento di acque dalla rete fognante e la loro fuoriuscita dai sanitari dei propri bagni, e di aver più volte ma inutilmente denunciato alla società convenuta “la presenza di problemi sull’impianto termico/riscaldamento”, ha espressamente chiesto la condanna della stessa al risarcimento dei danni provocati agli immobili, così come sarebbero stati accertati in corso di causa, oltre al maggior danno derivato dalla diminuzione del valore dell’immobile a causa della presenza di difetti che ne riducono il godimento e ne aumentano i costi di gestione.

8.10. Se questa è la domanda proposta dalla Klub s.r.l. risulta, allora, evidente l’errore commesso dal giudice di merito lì dove ha ritenuto che l’attrice avesse convenuto in giudizio la Gruppo B. s.p.a. solo nella sua qualità di venditrice degli immobili affetti dai denunciati vizi, e quindi a norma dell’art. 1495 c.c. e non anche quale costruttrice degli stessi, a norma dell’art. 1669 c.c.. Il giudice di secondo grado, in effetti, non ha considerato i seguenti elementi, ricavabili dall’esame dell’atto introduttivo del giudizio, che avrebbero dovuto indurlo a pervenire a soluzione diversa, vale a dire: a) i fatti dedotti a fondamento della domanda, che sono perfettamente compatibili con l’azione di cui all’art. 1669 c.c.: i vizi denunciati e descritti nell’atto di citazione, invero, secondo i principi al riguardo elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, così come in precedenza ricordati, rientrano senz’altro, almeno in termini di prospettazione, tra quelli riconducibili ai difetti previsti dall’art. 1669 c.c., in quanto dichiaratamente tali da comportare una diminuzione del valore dell’immobile e la riduzione del relativo godimento; b) il petitum, ossia la richiesta di condanna della società costruttrice (e venditrice) al pagamento delle somme corrispondenti ai danni che i vizi lamentati hanno arrecato agli immobili: e si è visto come la domanda di risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 c.c., può essere proposta non solo dal committente nei confronti dell’appaltatore ma anche dall’acquirente nei confronti del venditore che sia stato anche costruttore dell’immobile viziato. Ad onta di quanto affermato sul punto dalla corte di appello, deve, pertanto, ritenersi che la domanda giudiziale ex art. 1669 c.c., sia stata proposta in giudizio dalla società attrice sin dall’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado.

8.11. La corte di appello, quindi, lì dove ha ritenuto che la domanda avanzata dall’attrice nei confronti della venditrice costruttrice degli immobili dalla stessa acquistati sia stata solo quella prevista e disciplinata dall’art. 1495 c.c., proponibile nei confronti del solo venditore entro un anno dalla consegna, e non (anche) l’azione di responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 1669 c.c., ha finito per esaminare solo la prima e non anche la seconda: così incorrendo nel vizio, denunciato dalla ricorrente, di omessa pronuncia su tale domanda.

8.12. Deve, al riguardo, ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo il quale, in tema di garanzia per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’art. 1669 c.c., il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finchè il danneggiato non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo (cfr. Cass. n. 1463 del 2008). L’inizio della decorrenza del termine di decadenza può essere però legittimamente spostato in avanti nel tempo solo quando gli accertamenti tecnici si rendano effettivamente necessari per comprendere appieno la gravità dei difetti e stabilire il corretto collegamento causale, allo scopo di indirizzare verso la giusta parte una eventuale azione del danneggiato: non anche quando si tratti di problema di immediata percezione sia nella sua reale entità che nelle sue possibili cause fin dal suo primo manifestarsi (Cass. n. 27693 del 2019).

9. La sentenza impugnata è, comunque, errata anche nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto prescritta l’azione proposta ai sensi dell’art. 1495 c.c. (con atto di citazione notificato alla Gruppo B. s.p.a. il 16/2/2004) senza aver, tuttavia, preliminarmente valutato (come la ricorrente ha denunciato con il quinto motivo) se il relativo termine (annuale) di prescrizione (decorrente dalla consegna degli immobili il 23/1/2002) è stato efficacemente interrotto dalle missive (in data 10/1/2003, 18/2/2003 e 7/3/2003) – di cui la stessa corte ha dato espressamente atto – con le quali la società attrice aveva denunciato alla venditrice i vizi riscontrati negli impianti degli appartamenti acquistati: ed è, invece, noto che, nel contratto di compravendita, costituiscono, ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 4, idonei atti interruttivi della prescrizione dell’azione di garanzia per vizi, prevista dall’art. 1495 c.c., comma 3, le manifestazioni extragiudiziali di volontà del compratore compiute nelle forme di cui all’art. 1219 c.c., comma 1, con l’effetto di determinare l’inizio di un nuovo periodo di prescrizione, ai sensi dell’art. 2945 c.c., comma 1 (Cass. SU n. 18672 del 2019; Cass. n. 22903 del 2015).

10.1. I ricorsi incidentali restano assorbiti.

10.2. La Gruppo B. s.p.a., infatti, con un unico motivo di ricorso incidentale, lamentando la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento agli artt. 91 e 106 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha posto a carico della società attrice le spese processuali maturate con riguardo all’atto di chiamata in causa dei professionisti V.G. e L.M..

10.3. La Z.M. s.r.l. e la M.Z. Z.M. s.n.c., dal canto loro, hanno proposto ricorso incidentale articolando quattro motivi con i quali, tuttavia, lungi dal censurare la sentenza impugnata, hanno, in realtà, riproposto eccezioni (di decadenza e/o di prescrizione dell’azione di garanzia proposta nei loro confronti dalla Costruzioni Generali B. Cav. A. s.p.a.; d’inopponibilità nei confronti delle stesse delle consulenze tecniche d’ufficio e di assenza di prova in ordine alla presunta responsabilità in capo ad esse per i vizi lamentati dall’attrice; di estraneità delle stesse rispetto ai vizi riscontrati dalla consulenza tecnica d’ufficio; di erroneità della loro condanna alle spese nei confronti di tutte le parti in causa) che, in caso di cassazione della stessa, devono considerarsi riproposte nel conseguente giudizio di rinvio.

10.4. V.G., infine, ha proposto ricorso incidentale articolando cinque motivi con i quali ha censurato la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni con le quali, a fronte del rigetto della domanda proposta dall’attrice e della conseguente declaratoria d’inammissibilità delle domande di manleva accolte dal tribunale, la corte d’appello, per un verso, ha condannato i percettori delle somme pagate per compulsum alla restituzione delle stesse nelle mani dei rispettivi solventi e, per altro verso, ha statuito sulle spese di giudizio: presupponendone, quindi, tanto nell’uno, quanto nell’altro caso, la conferma nella parte in cui ha rigettato la domanda proposta dalla società attrice.

11. La sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, dev’essere, pertanto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Firenze che, in differente composizione, provvederà anche a disciplinare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte così provvede: accoglie il primo, il secondo ed il quinto motivo di ricorso, assorbiti gli altri ed i ricorsi incidentali; cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Firenze che, in differente composizione, provvederà anche a disciplinare le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

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