Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20875 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. II, 30/09/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 30/09/2020), n.20875

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7735/2016 proposto da:

S.M., A.G.M., rappresentate e difese dagli

avvocati GIOVANNI SANGALLI, GIROLAMO DE RADA;

– ricorrenti –

contro

M.M., M.G., M.A.,

B.T., M.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.

NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ALLOCCA, che li

rappresentata e difende unitamente all’avvocato PAOLO ZAMBIANCHI;

– controricorrenti –

e contro

R.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 249/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/02/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Voghera, con la sentenza n. 428 del 30 novembre 2012, accolse l’actio negatoria servitutis proposta da M.L., con adesione dei terzi chiamati M.M., M.G., M.A. e B.T., dichiarando che non esisteva servitù di passaggio sui fondi di proprietà M. ed a favore delle unità immobiliari di proprietà di S.M., A.G.M. e R.A., rigettò le domande riconvenzionali dei convenuti ai quali ordinò di non utilizzare più le aree cortilizie M. per accedere ai fondi di loro proprietà.

2. La Corte d’Appello di Milano – adita con separati atti di appello da R.A. e dalle sigg.re S. e A. – con sentenza pubblicata il 25 gennaio 2016 e notificata il 3 febbraio 2016, ha confermato la decisione.

2.1. Esclusi i presupposti per l’operatività dell’art. 1051 c.c., in ragione sia della natura del fondo preteso servente sia dell’assenza di interclusione, la Corte territoriale ha rigettato la domanda di accertamento dell’avvenuto acquisto della servitù per usucapione, per mancanza dell’apparenza.

3. Per la cassazione della sentenza ricorrono S.M. e A.G.M. sulla base di tre motivi, ai quali resistono, con controricorso, M.L., M.M., M.A., M.G. e B.T.. Non ha svolto difese in questa sede R.A..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo (omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello avrebbe omesso di motivare il rigetto della istanza di rinnovazione-integrazione della CTU.

2. La doglianza è inammissibile.

2.1. In disparte il rilievo che il motivo fa riferimento ora alla integrazione ora alla rinnovazione della CTU, come se si trattasse di operazioni equipollenti, occorre in primo luogo ribadire che la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti ed affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, che è chiamato a valutare con ampio margine di discrezionalità se disporre o non la nomina dell’ausiliario giudiziario, se accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente tecnico d’ufficio (per chiarimenti o per un supplemento di consulenza) ovvero di rinnovazione della consulenza.

La discrezionalità è bilanciata dall’onere motivazionale, che a sua volta è modulato sulla specificità delle richieste delle parti e deve ritenersi comunque assolto quando, dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, risulti l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta (ex plurimis, Cass. 13/01/2020, n. 326; Cass. 05/07/2007, n. 15219; Cass. 06/05/2002, n. 6479).

2.2. Occorre ulteriormente richiamare i limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione, come enucleati dalla giurisprudenza costante di questa Corte, ormai assurta a “diritto vivente” (tra le molte, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 805; Cass. 29/09/2016, n. 19312).

In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e comportano la nullità della sentenza – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che abbia carattere “decisivo”, vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, la parte ricorrente è tenuta, a pena di inammissibilità della censura, ad indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” ed il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività.

2.3. Diversamente da quanto prescritto, nel caso di specie l’illustrazione del motivo non indica il “fatto storico” in assunto pretermesso dalla Corte d’appello, limitandosi a richiamare il contenuto stesso dell’istanza di rinnovazione-integrazione della CTU, e pertanto la doglianza risulta in radice inammissibile.

3. Con il secondo motivo (violazione o falsa applicazione dell’art. 1051 c.p.c.) i ricorrenti contestano che, nel rigettare la domanda riconvenzionale di costituzione di servitù coattiva di passaggio, la Corte di merito non avrebbe tenuto conto dell’evoluzione giurisprudenziale riguardo alla portata della norma contenuta dell’art. 1051 c.c., comma 4, che non prevede un’esenzione assoluta delle aree ivi indicate bensì solo un criterio di scelta, ove possibile, nei casi in cui le esigenze poste a base della richiesta di servitù siano realizzabili mediante percorsi alternativi.

4. Il motivo è infondato.

4.1. La Corte d’appello ha giustificato il rigetto della domanda riconvenzionale di costituzione di servitù di passaggio carraio sui fondi pretesi serventi con il duplice rilievo che trattasi di aree cortilizie e che i fondi pretesi dominanti non risultano interclusi.

4.2. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte in materia di servitù di passaggio coattivo, l’esenzione prevista dall’art. 1051 c.c., comma 4 – in favore di case, cortili, giardini ed aie ad esse attinenti – opera nel solo caso in cui il proprietario del fondo intercluso abbia la possibilità di scegliere tra più fondi, attraverso i quali attuare il passaggio, di cui almeno uno non sia costituito da case o pertinenze delle stesse. La norma indicata non trova invece applicazione allorchè il rispetto dell’esenzione comporterebbe l’interclusione assoluta del fondo, e quindi un pregiudizio maggiore del disagio costituito dal transito attraverso cortili, aie, giardini e simili (ex plurimis, Cass. 25/05/2016, n. 10857; Cass. 03/08/2012, n. 14102; Cass. 15/05/2008, n. 12340; Cass. 26/05/2003, n. 8303).

4.3. Nella fattispecie in esame, la Corte d’appello ha accertato, sulla scorta delle risultanze peritali, la possibilità di accesso alternativo alla via pubblica dai fondi pretesi dominanti, e correttamente ha escluso la sussistenza dei presupposti per la costituzione di servitù di passaggio coattiva.

5. Con il terzo motivo è denunciata nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, assumendosi che la motivazione con cui la Corte d’appello ha rigettato la domanda di accertamento dell’usucapione della servitù di passaggio sarebbe apparente ed intrinsecamente illogica.

I ricorrenti contestano specificamente l’affermazione contenuta a pag. 11 della sentenza, secondo cui la presenza di ghiaia nel cortile pertinenza del mappale (OMISSIS) avrebbe potuto trovare spiegazioni diverse dal transito dei mezzi provenienti dal (o diretti al) fondo preteso dominante, così confermando la mancanza di opere visibili e permanenti destinate al passaggio. In questo modo, la Corte d’appello avrebbe introdotto un elemento meramente ipotetico anzichè valutare la presenza della ghiaia come elemento rivelatore di un possibile tracciato di collegamento tra la via pubblica e le proprietà degli appellanti, il cui utilizzo anche con mezzi meccanici aveva trovato conferma nelle risultanze testimoniali.

6. Il motivo è infondato.

6.1. La motivazione può dirsi “apparente” allorquando, pur essendo materialmente esistente, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, risolvendosi in argomentazioni obiettivamente inidonee a far comprendere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, nè alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (ex plurimis, Cass. 14/02/2020, n. 3819; Cass. 23/05/2019, n. 13977; Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232).

6.2. La sentenza impugnata non risulta viziata nel senso indicato giacchè chiarisce, riferendo nel dettaglio sullo stato dei luoghi, l’assenza di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio della servitù di passaggio, per poi concludere correttamente che stante la mancanza del requisito dell’apparenza non poteva configurarsi l’acquisto della servitù per usucapione.

In particolare, la Corte d’appello ha evidenziato che nè dalla CTU nè dai rilievi fotografici era emersa la presenza di un tracciato: non vi erano solchi prodotti dal preteso passaggio con mezzi meccanici e il CTU non aveva rilevato tracce di pneumatici o segni di compattamento del terreno, mentre la presenza della ghiaia nel cortile di cui al mappale (OMISSIS) era elemento obiettivamente non univoco ai fini richiesti – di opera destinata all’esercizio della servitù di passaggio -, potendo svolgere funzioni diverse, coerenti con i luoghi (ad es. drenare l’acqua piovana o, come dedotto dai proprietari, evitare la crescita di erba, la formazione di fango).

6.3 La motivazione resa dalla Corte d’appello neppure presenta contraddizioni insanabili, giacchè l’assenza di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio della servitù non è incompatibile con l’esito della prova testimoniale, dalla quale era emerso che il cortile pertinenza del mappale (OMISSIS) fosse stato utilizzato anche dai danti causa degli appellanti (odierni ricorrenti) per il transito con mezzi meccanici.

Ai fini dell’acquisto del diritto di servitù per usucapione occorrono entrambi i requisiti: le opere stabili e permanenti destinate all’esercizio della servitù e l’esercizio di questa per il tempo sufficiente all’usucapione.

7. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

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