Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20874 del 06/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/09/2017, (ud. 06/07/2017, dep.06/09/2017),  n. 20874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19985/2016 proposto da:

PREILLE DI BELLI & C. SAS, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 48, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO CORVASCE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato DANIELE PARINI;

– ricorrente –

contro

UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SANT’AGATONE PAPA 50, presso lo studio

dell’avvocato CATERINA MELE, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIULIO EUGENIO MARIA FERRUTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 183/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata l’08/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Torino, in parziale accoglimento dell’appello proposto da Preille di Belli & C. sas ed in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Aosta emessa in data 4 aprile 2014, ha dichiarato tenuta e condannato l’appellante al pagamento in favore di UnipolSai Assicurazioni spa (già Milano Assicurazioni spa) – surrogatasi, ai sensi dell’art. 1916 c.c., nei diritti della propria assicurata M.T., in forza di polizza comprensiva del rischio incendio – della somma di Euro 32.832,04, oltre interessi legali dal pagamento al saldo, nonchè al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio;

la Corte d’appello, dopo aver nuovamente esaminato le risultanze istruttorie, ha ritenuto che agli atti vi fosse la prova che la canna fumaria – dalla quale si era sviluppato un incendio nell’abitazione della M. – fosse stata installata dalla P. e che l’incendio fosse stato originato proprio dal montaggio della stessa non eseguito a regola d’arte; inoltre, che il danno fosse stato provato dalla compagnia d’assicurazioni, ma per un ammontare minore di quello ritenuto dal primo giudice, in modo che, per il corrispondente motivo, l’appello è stato accolto parzialmente;

contro questa sentenza P. di Belli & C. sas propone ricorso con due motivi;

UnipolSai Assicurazioni S.p.A. si difende con controricorso; ricorrendo uno dei casi previsti dall’art. 375, comma 1, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

il decreto è stato notificato come per legge;

parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

va disattesa l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale, in quanto questa si trova in calce al ricorso medesimo e pertanto va applicato il principio di diritto per il quale “ai fini dell’ammissibilità del ricorso (o del ricorso incidentale) per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale in capo al difensore iscritto nell’apposito albo, è essenziale, da un lato che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso (o del controricorso contenente il ricorso incidentale) e dall’altro che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione e sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione. In ipotesi di procura rilasciata a margine del ricorso (o del controricorso) tali requisiti debbono reputarsi rispettivamente dimostrati, quanto al primo, dall’essere stata la procura trascritta nella copia notificata del ricorso (o del controricorso) e, quanto agli altri due, dalla menzione che, nell’atto a margine del quale la procura figura apposta, si fa della sentenza gravata. La ricorrenza dei suddetti requisiti rende irrilevante, sia che tale procura sia stata conferita o meno in data anteriore a quella della redazione del ricorso, sia che in calce al conferimento di essa a margine dell’atto su cui figura apposta non sia stata indicata la data del suo rilascio, che da nessuna disposizione di legge è prevista a pena di nullità” (Cass. n. 19560/06 e di recente Cass. n. 7014/17);

col primo motivo si deduce il vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, perchè il giudice: 1) non avrebbe “apprezzato nel suo corretto valore la contabilità dei lavori eseguiti dalla P. allegata alla CTU”; 2) avrebbe erroneamente ritenuto superfluo il contenuto della CTU “nella parte che ha individuato la causa dell’incendio nell’installazione del caminetto a focolare chiuso”; 3) avrebbe ritenuto rilevante l’affermazione del CTP dell’assicurazione circa il fatto che il menzionato caminetto sarebbe stato installato dalla P.;

il motivo è inammissibile poichè non è deducibile in sede di legittimità il vizio della contraddittorietà e dell’insufficienza della motivazione, nè l’omesso esame, in tutto o in parte, di risultanze istruttorie o l’asserita pretesa loro erronea interpretazione da parte del giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 4053/14 e numerose altre);

d’altronde, col ricorso non si fa che insistere sulle risultanze della CTU, laddove il giudice di merito ha preferito quelle delle consulenze tecniche di parte, valutate unitamente ad altri elementi di causa; in proposito, va ribadito che “le valutazioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice e, tuttavia, egli può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica, che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo il giudice indicare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u.” (così Cass. n. 5148/11; ma cfr. anche Cass. n. 17757/14);

nel caso di specie, la motivazione dà conto delle ragioni per le quali il giudice non ha condiviso le conclusioni del CTU e comunque non è nè apparente nè contraddittoria, quindi attualmente incensurabile sia per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (norma, peraltro, non evocata dal ricorrente) sia, come già detto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

tenuto conto delle argomentazioni svolte in memoria, giova precisare che il fatto controverso e decisivo non è tanto quello dell’individuazione del soggetto che ha montato il camino a focolare chiuso (su cui appunto si insiste in memoria), quanto quello dell’individuazione della causa dell’incendio;

sul punto la sentenza è chiara nell’affermare che “vi sono plurimi indizi volti a dimostrare che la causa dell’incendio era imputabile a difetti della canna fumaria” (pag. 5) e nel concludere che la “causa dell’incendio era dovuta alla scarsa coibentazione della canna fumaria” (pag. 6);

la motivazione è fondata sull’esame delle corrispondenti risultanze processuali (rapporti dei vigili del fuoco e perizie di parte, non solo della compagnia di assicurazione, ma anche della danneggiata M.) e, per quanto sopra detto, non è errata nell’avere attribuito a questi elementi prevalenza sui giudizi del CTU; comunque, ha proprio esaminato il “fatto decisivo per il giudizio” che rileva ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

detto ciò, è palese come il ricorso tenda ad una rivisitazione del giudizio circa la causa dell’incendio (in quanto la ricorrente assume che sarebbe stato determinato dalle “maggiori temperature causate dall’uso del caminetto a focolare chiuso”, mentre la Corte ha accertato essere quella di cui sopra), con la conseguenza che poichè attiene ad un accertamento di fatto la censura in sede di legittimità incontra i limiti già detti;

il primo motivo è perciò inammissibile;

col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione delle norme in materia di onere probatorio “per aver dichiarato provata la consistenza e la congruità dei danni senza l’esistenza di alcun elemento probatorio a relativo suffragio”;

il motivo è inammissibile già per come formulato, dal momento che la violazione dell’art. 2697 c.c., si riscontra esclusivamente nel caso in cui il giudice addossi l’onere probatorio ad una parte cui esso non incombe o esoneri una parte che ne sia gravata; nel caso di specie, non si è avuta questa situazione processuale, nè essa è denunciata dalla ricorrente;

piuttosto, quest’ultima contesta la valutazione, fatta dal giudice, della relazione dei vigili del fuoco e della perizia della compagnia di assicurazioni, nonchè del comportamento delle parti, a proposito dell’individuazione e dell’ammontare delle singole voci di danno risarcibile;

la relativa generica censura è inammissibile perchè, involgendo accertamenti di fatto, avrebbe potuto essere veicolata, tutt’al più, per il tramite dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e nei limiti da questa norma previsti;

in mancanza, si conclude per l’inammissibilità anche del secondo motivo;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2017

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