Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20873 del 10/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 10/10/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 10/10/2011), n.20873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17060/2009 proposto da:

GIOIA SRL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO D’ITALIA 19, presso

lo studio dell’avvocato CUPPONE FABRIZIO, rappresentata e difesa

dall’avvocato LEBOTTI Raffaele giusta mandato speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE

(OMISSIS), in persona dei rispettivi legali rappresentanti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 16/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di POTENZA del 7/11/08, depositata il 07/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Corte Suprema di Cassazione, Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili Sezione Tributaria;

relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., sulla causa n. 17060/2009;

Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati;

Osserva:

La CTR di Potenza ha accolto parzialmente l’appello dell’Agenzia delle Entrate nei confronti della “Gioia srl” -appello proposto contro la sentenza n. 139/03/2006 della CTP di Potenza che aveva accolto il ricorso del contribuente, e così ha confermato (salvo che per le sanzioni) l’atto di recupero del credito d’imposta indebitamente utilizzato dalla società contribuente ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8.

La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo (per quanto qui ancora interessa) che il comportamento omissivo del contribuente (di mancata comunicazione dei dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti ed altro, come disposto dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, donde la decadenza del contributo di cui al menzionato art. 8) era da collocarsi nel quadro di un sistema di monitoraggio degli investimenti effettuati nell’anno pregresso e non soltanto di quelli il cui credito risultava ancora da utilizzare. D’altronde la citata norma (implicante la decadenza del contributo per l’ipotesi di omissione) non avrebbe potuto essere disapplicata per l’asserito contrasto con l’art. 3 dello Statuto del contribuente nella parte afferente la dilazione tra l’emanazione delle norme ed il tempo di effettuazione degli adempimenti posti a carico dei contribuenti.

La Gioia srl ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’agenzia si è costituita con controricorso contenente ricorso incidentale.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

a) Infatti, con il primo motivo di impugnazione (rubricato come:”NullI’tà del procedimento. Violazione dell’art. 112 c.p.c. Art. 360 c.p.c., n. 4″) la ricorrente si duole in sostanza del difetto di impugnazione da parte dell’appellante Agenzia di un capo della decisione di primo grado ciò che (quand’anche il passaggio della motivazione riportato nel ricorso introduttivo del presente grado costituisse un capo di decisione passibile di autonoma impugnazione ovvero una autonoma “ratio decidendi” posta a fondamento della decisione) trova manifesta smentita nel passaggio dell’appello dell’Agenzia (pure riportato nel ricorso introduttivo di questo grado) dal quale si evince che l’appellante ha censurato esplicitamente l’argomento del giudice di prime cure secondo cui l’art. 3, comma 1 dello Statuto del contribuente avrebbe effetto preminente sulla norma dell’art. 62 menzionato sopra.

b) Quanto al motivo secondo (rubricato come: “Violazione della L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2, ed erronea e/o illegittima applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 62”), basti evidenziare qui che il motivo (ed il conseguente quesito di diritto) è retto dalla erronea affermazione che la norma dell’art. 62 dianzi menzionato sia entrata in vigore in un momento successivo e diverso (che il ricorrente neppure determina esattamente) rispetto a quello effettivo (e cioè il 1.1.2003), così come è previsto dalla L. n. 289 del 2003, art. 95. Da qui poi l’insussistenza della premessa (contraddizione con il precetto dell’art. 3 dello statuto del contribuente) su cui il motivo di impugnazione (perciò manifestamente infondato) si regge.

c) Quanto al terzo motivo (rubricato come: “Contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio in questione”) esso si fonda su una contraddizione nella motivazione della sentenza di secondo grado che è solo apparente, poichè detta contraddizione di risolve se si sana il difetto di redazione del provvedimento, nel quale (per evidente lapsus calami) è rimasta non scritta la negazione “non” tra le parole “de qua” e “può”.

La sanatoria di detto evidente errore materiale di redazione della sentenza rende perciò manifestamente infondato il motivo di impugnazione ora in esame.

d) Quanto infine all’impugnazione incidentale dell’Agenzia (che si fonda su un unico motivo privo di rubrica e che si regge sull’assunto di una “omissione di motivazione della sentenza nella parte che stabilisce la disapplicazione delle sanzioni. I giudici del gravame avrebbero dovuto motivare più chiaramente su quali elementi e disposizioni normative – o se in via equitativa – si basa il loro convincimento”), esso è palesemente inammissibile alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui:” “La nozione di punto decisivo della controversia, di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sotto un primo aspetto si correla olfatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso ed implica che il vizio deve avere inciso sulla ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice all’individuazione della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi, di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto” (tra le tante Cass. 22979/2004).

Ma nel capo della decisione afferente l’aspetto sanzionatorio del provvedimento non risulta che siano presi in considerazione “fatti”, sicchè consegue la palese inammissibilità del motivo qui in esame.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza-inammissibilità.

Roma, 8 febbraio 2011 che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata aMi avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, i ricorsi (principale ed incidentale) vanno rigettati, che le spese di lite vanno regolate secondo il criterio della integrale compensazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2011

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