Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20872 del 11/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20872 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

Cdc 02.07.2013

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18468 del R.G. anno 2012
proposto da:
CATALANO Filippo – CATALANO Grazia – CATALANO Elvira
MESSINA Domenica

(eredi di Catalano Alfio) –

BARILLARO

Mariannina – GARAFFO Caterina – GARAFFO Giuseppe (eredi di
Garaffo Giovanni) –

GARAFFO Teresa – CATALANO Santo –

CATALANO Giovanni (in proprio e quali aventi causa da Patanè Rosaria
e Catalano Filippo)

dom.ti in Roma via Ugo Ojetti 114 presso l’avv.

Francesco A.Caputo con l’avv. Gregorio Barba del Foro di Cosenza che li
rappresenta e difende per procura speciale a margine

ricorrenti-

contro
Comune di GRANITI in persona del Sindaco in carica domiciliato in
ROMA, via Sardegna 50 presso l’avv. Alessandro Ricci con l’avv.
Antonio Catalioto del Foro di Messina che lo rappresenta e difende per
controricorrente –

procura a margine del controricorso

Avverso la sentenza n. 286 in data 15.06.2011 della Corte di
Appello di Messina ; udita la relazione della causa svolta nella c.d.c del
02.07.2013 dal Cons.dott. Luigi MACIOCE; udito l’avv. G.Barba;
presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott.Sergio Del Core che ha concluso come da relazione
RILEVA
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380

5’96C4

1

C,

0,

CT,

Data pubblicazione: 11/09/2013

bis c.p.c. ha ricostruito la vicenda nel senso di cui appresso.
Catalano Filippo ed altri nove comproprietari (jure proprio o jure successionis) di aree site nel Comune di Graniti, e che in parte erano state fatte segno a procedura espropriativa deliberata con decreto assessoriale
22.10.1981 n. 1407, con citazione del 5.10.1989 convennero il Comune
innanzi al Tribunale di Messina affermando che gran parte delle aree era
stata occupata e trasformata senza che sopravvenisse alcun decreto di
esproprio e che altra parte di dette aree era stata semplicemente occu-

26.01.2002 ha riconosciuto agli attori per risarcimento danni da ablazione e da pregiudizio al relitto nonché per indennità di occupazione, la
somma di lire 42.219.948. La sentenza è stata appellata dagli espropriati e si è costituito il Comune: la Corte di Messina in parziale riforma
della prima statuizione ha riconosciuto la somma di C 21.804 per indennità da occupazione usurpativa e per danni alle parti residue nonché gli
interessi legali su C 12.866 da 9.3.1982 a 22.10.1984 quale indennità di
occupazione legittima. In motivazione la Corte di Messina ha premesso
che la vicenda dovevasi ritenere di occupazione usurpativa sia perché la
occupazione e trasformazione erano avvenute al di fuori dei termini assegnati con la dichiarazione di p.u. sia perché per una parte dell’area
l’occupazione era avvenuta al di fuori di qualsiasi previsione nella detta
dichiarazione e quindi in evidente difetto di potere ed ha quindi affermato che, come esattamente fatto dal primo giudice, la valutazione del risarcimento era da effettuare alla stregua dei valori agricoli medi,

che

andava poi riconosciuta agli stessi attori, contrariamente a quanto fatto
dal Tribunale, l’indennità di occupazione legittima per gli anni tra
9.3.1982 e 22.10.1984 di sua durata, che andava di contro confermata
la statuizione relativamente ai danni alle parti residue del fondo.
Per la cassazione di tale sentenza i predetti appellanti hanno proposto
ricorso il 27.7.2012 con atto articolante tre motivi, ai quali ha opposto
difese il Comune con controricorso del 16.10.2012.
Il relatore ha affermato di dover proporre l’accoglimento del ricorso con
rinvio, sotto il profilo assorbente della evidente fondatezza del primo e
per diverse ragioni del secondo motivo.
OSSERVA
Il Collegio, che prende atto della assenza di alcun rilievo critico del controricorrente alla relazione, la condivide pienamente.
Con il primo articolato motivo gli espropriati denunziano la falsa applicazione dell’art. 5 bis DL 333/92 convertito dalla legge 359/92 e degli artt.
15 e 16 legge 865/1971, nonché la ignoranza della sopravvenuta sen-

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pata e sottratta. Il Tribunale adìto, costituitosi il Comune, con sentenza

tenza della Corte Costituzionale, per avere la Corte di merito condiviso
la valutazione del primo giudice per la quale il risarcimento del danno
cagionato dalla occupazione usurpativa delle aree doveva essere stimato
secondo i VAM. Ed infatti coglie nel segno tale censura avendo la Corte
di merito applicato non già il dovuto valore reale dei suoli ma il criterio
del VAM alla incompatibile fattispecie di risarcimento di un danno da fattispecie illecita (nella quale la ablazione si registra per il noto effetto di
“abbandono” a parte actoris)

dific facendo ricorso al parametro di cui

Tale valore, si rammenta, doveva essere, ed oggi andrà determinato,
alla stregua del valore venale pieno di cui all’art. 39 della legge 2359
del 1865, come più volte ribadito, assai di recente, da questa Corte
(Cass. 25718, 21386, 19938 del 2011, 20758 e 11276 del 2012),
alla stregua del seguente principio, dettato per la determinazione
dell’indennità ma comunque fonte di criteri idonei ad individuare il
ristoro pieno:
Al fine di determinare la giusta indennità per i terreni non edificabili deve
essere applicata la regola che, applicata al caso di specie, impone di tener conto delle obbiettive ed intrinseche caratteristiche ed attitudini
dell’area in relazione alle utilizzazioni autorizzate dagli strumenti di pianificazione del territorio, pertanto consentendo al proprietario interessato dalla espropriazione sostanziale, di dimostrare, se del caso attraverso indagini tecniche, che il valore agricolo correlato alla presenza del
PRG sia mutato e/o aumentato in conseguenza di una diversa destinazione del bene egualmente compatibile con la sua ormai accertata non
dificatori età, e, quindi,che il suo fondo, suscettibile di sfruttamento
ulteriore e diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere i livelli
dell’edificatorietà,abbia un’effettiva e documentata valutazione di mercato che rispecchia queste possibilità di utilizzazioni intermedie tra
l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.), utilizzazioni beninteso assentite dalla normativa vigente anche con il conseguimento delle opportune
autorizzazioni amministrative”.
Pare appena il caso di rilevare che, contrariamente alla opinione dei ricorrenti espressa nel motivo (p.1.4 pag. 19) non si scorge come possa
prospettarsi una pronunzia ex art. 384 c.p.c. in un quadro nel quale alla
Corte di legittimità sarebbe fatto onere far capo alla CTU 22.11.1991 od
alla sentenza di primo grado 16.2.2008 e quindi ad una lettura di atti
propedeutica al confronto con le osservazioni (peritali od in appello) della controparte Comune. Di converso non si scorge come possa chiedersi
alla Corte, come fa intendere il Comune in controricorso (al fine di ottenere pronunzia di carenza di interesse del ricorso) , di ritenere ex se la
corrispondenza tra VAM applicato e valore reale applicabile.
Il secondo motivo contesta la sommarietà con la quale la Corte avrebbe
aderito alla CTU dissentendo dalle osservazioni critiche di CTP (compiu-

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all’art. 16 legge 865/1971 dichiarato incostituzionale da C.C. 181/2011.

tamente riprodotte): il motivo, che mira alla ridiscussione della ubicazione delle aree ablate e residue anche con riguardo alle loro caratteristiche morfologiche, è fondato stante la sommarietà della motivazione e
va comunque ritenuto compreso nella riapertura della valutazione correlata all’effetto rescindente di cui all’accoglimento del primo motivo
Il terzo motivo, afferente il governo delle spese, resta certamente assorbito.
Su tali basi pertanto si accoglie il ricorso e si rinvia – anche per le spese

P.Q.M.
Accoglie primo e secondo motivo del ricorso e ne dichiara assorbito il
terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla
Corte di Appello di Messina in diversa compos zione.
Così deciso nella c.d.c. del 2.07.2013.

– alla stessa Corte.

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