Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20870 del 15/10/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 20870 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

PU

SENTENZA

sul ricorso 1810-2009 proposto da:
MONTANA NUOVA A R.L. (P.I. 01758790586), in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA BROFFERIO 6, presso

Data pubblicazione: 15/10/2015

l’avvocato ADRIANO ROSSI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati FRANCESCO CAMERINI,
2015
1400

VINCENZO CAMERINI, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

COMUNE DI TAGLIACOZZO – AQ, (P.I. 00189250665), in

1

persona del Sindaco pro tempore, AMMINISTRAZIONE
SEPARATA DELLA MONTAGNA CURIO (P.I. 016265206601), in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BORSIERI 3,
presso l’avvocato GIUSEPPE CORAPI, rappresentati e

margine del controricorso;
GIOVAGNORIO

FRANCESCO

GVGFNC32S01L025W),

(c.f.

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BORSIERI 3,
presso l’avvocato GIUSEPPE CORAPI, rappresentato e
difeso dall’avvocato SIMONE RENATO, giusta procura a
margine del controricorso;
– controrícorrenti contro

DI ROCCO MAURIZIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 450/2008 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 08/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

difesi dall’avvocato SIMONE RENATO, giusta procura a

udienza del 10/09/2015 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato ROSSI che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per i controricorrenti, l’Avvocato SIMONE che
si riporta ai controricorsi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

2

Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine accoglimento per

quanto di ragione del ricorso.

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.Con rogito del 29 ottobre 1961 (per notar Napolitano,
rep. n. 48826), la società

Marsia e l’Amministrazione

separata Montagna di Curio in Roccacerro di Tagliacozzo,

stipulavano una compravendita di terreni (per circa H.
104,00), con riserva di acquisto di ulteriori fondi, sui
quali sarebbe stato sviluppato un centro, con costruzioni,
impianti ed attrezzature, così come sarebbero state
richieste dal privato.
1.1.L’Amministrazione

separata

concedeva

altresì

il

diritto di collegare alcune aree demaniali con sciovie,
seggiovie o funivie, unitamente all’adattamento del
terreno a piste sciistiche.
1.2. A causa dell’insorgere di contrasti, e di un giudizio

instaurato avanti al Commissario per la liquidazione degli
usi civici, nonché di altra vertenza avanti il Consiglio
di Stato, le parti stipulavano un atto transattivo, che
veniva sottoscritto, su espressa richiesta del Ministero
delle Finanze, anche dal Sindaco del Comune di
Tagliacozzo.
1.3.

Con atto del 30 dicembre 1989, la società Marsia

cedeva alla società

Montana Nuova srl

tutti i diritti

nascenti dagli atti sopra menzionati.

4

1.4.

L’Amministrazione contestava l’opponibilità della

cessione che, perciò, formava oggetto di apposito giudizio
arbitrale.
1.5.

La cessionaria, avvalendosi della cessione dei

diritti già concessi a Marsia, chiedeva il rilascio di
varie concessioni ed autorizzazioni, in ordine alle quali
l’Amministrazione separata opponeva vari dinieghi.
2.

Pertanto, la soc. Montana adiva il Tribunale di

Avezzano chiedendo la condanna degli enti pubblici al
rilascio dei provvedimenti richiesti e, nell’eventuale
accertata solidarietà con le persone fisiche citate, anche
al risarcimento dei danni subiti e subendi, in conseguenza
dell’illegittimo comportamento degli enti pubblici.
3.

Il Tribunale,

con sentenza non definitiva, ha

dichiarato inammissibili le domande volte ad ottenere il
rilascio dei provvedimenti amministrativi richiesti, per
difetto di giurisdizione del G.O., e con pronuncia
definitiva, ha respinto la domanda risarcitoria, reputando
nullo l’accordo in quanto l’Amministrazione avrebbe ceduto
«la propria potestà d’imperio e l’esercizio di qualsiasi
discrezionalità in ordine alla scelta del momento e degli
atti da adottare», nonché « la propria potestà di adozione
di atti amministrativi concessori ed autorizzativi» .

5

4. L’appello della società Montana è stato respinto dalla
Corte dell’Aquila, con la sentenza in questa sede gravata

Secondo la Corte territoriale, in linea generale, la

PA non potrebbe obbligarsi,
conformare

l’esercizio

futuro

contrattualmente,
dei

propri

per

4.1.

poteri

discrezionali. Ove la ricorrente intendesse ottenere,
perciò, le autorizzazioni e le concessioni in forza del
rapporto negoziale, avrebbe avuto ragione il Tribunale a
considerare tale base pattizia come del tutto nulla. Ove,
invece, il negozio non fosse vincolante per
l’Amministrazione, non potrebbe essere esclusa la sua
validità. Ma le due ipotesi formulate dall’appellante
sarebbero tra di loro contraddittorie.
4.2.

Inoltre, la tesi dell’appellante sarebbe contrastata

dal principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi
e dalla mancanza, nel contratto invocato, di una
valutazione e di una ponderazione degli opposti interessi
(pubblici e privati) e della conseguente decisione
dell’Amministrazione (sulle varie richieste formulate dal
privato) che non si riduca ad un impegno generico a
favorire il rilascio di atti.
4.3.Peraltro,

l’Amministrazione,

almeno

fino

alla

ela

definizione del relativo giudizio avanti il Commissario
6

liquidatore, non avrebbe avuto l’obbligo di trasferire la
proprietà dei terreni e, quindi, a concedere, in relazione
ad essi, i provvedimenti richiesti dal privato (pena la
successiva revoca, in caso di esito enunciativo della

5.

demanialità di quelle aree).
Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per

cassazione la società soccombente, articolato in tre
mezzi, illustrati anche con memoria.
7. L’Amministrazione separata, il Comune ed il signor
Giovagnorio,

resistono con controricorso e memoria

illustrativa.
8. Il restante intimato non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Con il primo mezzo (Violazione dei principi generali in
tema di attività di diritto privato della PA nonché
dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990 e 11 c.c., in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.) viene posto il
seguente quesito di diritto: « Si

chiede alla Corte di

valutare se l’affermazione della Corte del merito, secondo
cui la PA non può contrattualmente obbligarsi a conformare
il futuro esercizio dei propri specifici poteri, anche (e
non solo) discrezionali, a precisi obblighi contrattuali
costituisca violazione del principi generali, oggi
espressamente contenuti nell’art. 11 L. n. 241/90 ma già
7

esistenti in precedenza nel nostro ordinamento e
conseguentemente riconosca la validità degli impegni
assunti

in

virtù

del

rogito

Napolitano

dalla

Amministrazione di Tagliacozzo e dalla Amministrazione
separata della Montagna di Curio verso la società Montana

Nuova».

Sostiene la ricorrente che le PP.AA. possono

1.1.

avvalersi, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241 del
1990, di accordi al fine di

«determinare il contenuto

discrezionale del provvedimento finale ovvero in

Tale principio, sebbene

sostituzione di questo».

apparentemente posteriore al caso in esame, sarebbe stato,
fin d’allora, immanente nell’ordinamento amministrativo,
trovando il suo fondamento nell’art. 11 c.c..
1.2.

Nella specie, vi sarebbe stato un preciso impegno,

perciò

vincolante

per

l’Amministrazione,

volto

a

consentire la realizzazione di una trasformazione
turistica dell’intera zona, corrispondente all’area dei
terreni acquistati (per oltre 100 H). Tale impegno,
peraltro, sarebbe sempre revocabile, salva la
corresponsione di un congruo indennizzo in favore del
privato, come oggi previsto dall’art. 11 della menzionata
legge n. 241.

**
8

2.Con il secondo motivo (Difetto di motivazione su un
punto decisivo della controversia, ex art. 360 n. 5
c.p.c.) la ricorrente pone il seguente quesito: «

Si

chiede alla Corte di riconoscere che la sentenza impugnata
ha omesso di esaminare le specifiche circostanze sopra

dedotte ed in particolare l’art. 2 del contratto per notar
Napolitano, escludendo che la realizzazione delle piste
sciistiche e la sostituzione o integrazione di quelle già
esistenti, specificamente indicate anche nelle conclusioni
di primo e secondo grado, costituisca un preciso impegno
assunto dalla PA e incorrendo pertanto nel vizio di omesso
esame di un punto decisivo della controversia».
2.1.

Premette la ricorrente che, nel contratto rogitato

dal notaio Napolitano, vi sarebbe un’apposita clausola
(l’art. 5) che conterrebbe impegni specifici e individui i
provvedimenti tipici da adottare a cura
dell’Amministrazione.

**
3.Con il terzo mezzo (Violazione degli artt. 1218, 1223 e
ss., 1362 e ss. e 2043 c.c., in relazione all’art. 360 n.
3 c.p.c.; Difetto di motivazione in relazione all’art. 360
n. 5 c.p.c.) la ricorrente pone il seguente quesito: « Si
chiede alla Corte di riconoscere che, sussistendo un
preciso obbligo contrattuale assunto dalle Amministrazioni
9

convenute, le stesse per sfuggire all’obbligo risarcitorio
connesso all’omesso rilascio delle autorizzazioni
richieste, avrebbero dovuto dimostrare di essere esenti da
colpa (oltre che da dolo). Né l’inizio del giudizio
commissariale, intervenuto peraltro molto tempo dopo le

istanze presentate dalla ricorrente esentava dall’obbligo
di provvedere essendo evidente l’infondatezza della
pretesa demanialità dei suoli a fronte degli atti di
disposizione intervenuti come già chiaramente precisato
nell’ordinanza n. 31 del 1990 della Corte costituzionale».
3.1.Secondo la ricorrente, da un lato, i provvedimenti
richiesti non riguardavano i terreni oggetto di promessa
di trasferimento (onde la non pregiudizialità del
trasferimento ai fini del rilascio delle invocate
concessioni/autorizzazioni) e, da un altro, anche quel
trasferimento era stato stabilito come vincolante per
l’ente pubblico.
3.2. Senza dire che quei rilasci, per quanto non bloccati

dal giudizio commissariale, tali non sarebbero stati più
dopo la conclusione del detto giudizio.
3.3.

L’eventuale

carenza

di

dolo

o

di

colpa

dell’Amministrazione, trattandosi di attività omissiva,
dovrebbe essere dimostrata dall’ente pubblico e non dal
soggetto che ne chiede l’adempimento.
10

**
4.

Anzitutto devono essere esaminate le eccezioni

preliminari sollevate dai controricorrenti: quelle di
carenza di legittimazione attiva della ricorrente e quella

di difetto di legittimazione passiva del Comune di
Tagliacozzo.
4.1.

La prima eccezione, in base alla quale la società

Montana Nuova srl non sarebbe legittimata a far valere le

posizioni di vantaggio nascenti dal contratto del 1961, a
rogito del notaio Napolitano, per quanto non sollevata
durante la fase di merito del processo, può esserlo per la
prima volta anche in Cassazione, ma alle condizioni già
chiarite da questa Corte, la quale (Sez. 6 – 3, Sentenza
n. 30246 del 2011) ha affermato che «Qualora l’appello sia
stato proposto in nome proprio da un soggetto diverso da
quello legittimato, la Corte di cassazione, a condizione
che non si sia formato giudicato interno sul punto per
essere stata la questione sollevata e decisa in appello,
può, con il solo limite che non siano necessari
accertamenti di fatto, rilevare, trattandosi di uquaestio
iuris” rilevabile d’ufficio, la violazione della regola di
legittimazione all’appello, che è riconducibile all’art.
81 cod. p roc. civ.. Ne consegue che, sempre con i detti
due /imiti,

la stessa questione può essere sollevata dal

11

ricorrente in cassazione, ancorché egli in appello non
l’abbia sollevata.».
4.1.1.

Orbene, non essendo stata trattata nella fase di

merito, la questione comporta la necessità di compiere gli

accertamenti in fatto implicitamente sollecitati dagli
stessi controricorrenti, con il richiamo a documenti,
sentenze e vicende che avrebbero interessato le posizioni
dei due privati contraenti con L’Amministrazione separata,
ossia l’originaria società Marsia e la sua avente causa
Montana Nuova srl.
4.1.2.

E poiché non è questa la sede per l’esame dei

documenti richiamati quando, come nella specie, essi non
abbiano formato oggetto di acquisizione e valutazione da
parte dei giudici della fase di merito e di
controdeduzioni da parte dell’avversario, la questione va,
pertanto, dichiarata inammissibile.
4.2.

Quanto all’eccepito difetto di legittimazione del

Comune di Tagliacozzo, per avere la ricorrente basato la
sua impugnazione sulla base del titolo contrattuale
originario (il cd. contratto Napolitano del 1961),
intercorso tra l’Amministrazione separata e la società
Marsia, e non già anche con la partecipazione del Comune
di Tagliacozzo, la questione può ritenersi assorbita
nell’esame delle questioni di merito poste con i tre mezzi
12

di cassazione e, se rilevante, potrà essere trattata in
occasione del loro esame, in quanto – pur essendo fondata
la considerazione secondo cui tali obblighi son sarebbero
stati assunti dal Comune ma dall’ente proprietario delle
terre civiche – non può escludersi – trattandosi di un

giudizio risarcitorio – che anche il Comune possa essere
astrattamente evocato in giudizio per far valere nei suoi
confronti una forma di corresponsabilità nell’illecito
postulato.

**
5. Passando, al merito del ricorso, va detto che il primo

motivo di ricorso è inammissibile.
5.1.

Infatti, la ratio decidencll contenuta nella sentenza

di appello non è stata affatto quella di negare,

sic et

simpliciter, la validità della base negoziale del rapporto
tra la PA e il privato ma di considerare questa come una
conseguenza di una delle due prospettazioni svolte dalla
parte appellante, la quale avrebbe tenuto una linea
contraddittoria, da un lato negando il carattere
vincolante

dell’accordo,

e

dall’altro

ritenendolo

stringente e decisivo.
5.2.

Pur avendo la Corte territoriale concluso per

l’infondatezza del mezzo

(e non già per la sua

inammissibilità, come avrebbe, più coerentemente dovuto
13

concludere), essa ha disatteso il mezzo di gravame in
quanto basato sulla doppia prospettazione, che sarebbe
stata del tutto inefficace, per una duplice e diversa
ragione.
Il ricorso non contesta la duplice prospettazione,

5.3.

così come ricostruita nella sentenza del giudice
distrettuale, ma si limita a criticare la giustezza ed il
fondamento di una sola delle due argomentazioni giudiziali
(quella che confuta il carattere vincolante del patto
originario, concluso avanti al notaio Napolitano) senza
contestare la seconda (quella che rileva l’inefficacia del
patto originario, per il suo carattere non vincolante).
Esso sembra dare per scontato che la prospettazione sia
sempre stata una e solo una, mentre il fondamento della
decisone reiettiva è proprio costituita dalla
contraddittorietà delle due linee, una infondata e l’altra
inefficace, che l’odierno ricorso non unifica nell’unico
modo corretto in cui tale coerenziazione è possibile,
ossia affermando l’errore del giudice distrettuale ovvero
la sua arbitraria interpretazione.
5.4.

La mancanza di tale corretta unificazione della

propria tesi originaria rende inammissibile il ricorso,
parte qua,

in

per la surrettizia elezione di una delle due

vie rilevate (e confutate) in sede di gravame. In tal
senso, è fondata l’eccezione di novità degli argomenti
14

spesi

dalla

ricorrente

società

sollevata

dalle

controricorrenti.

6. Il secondo mezzo, pure volto alla ricerca di quella
vincolante

dell’accordo

intercorso

tra

struttura

l’Amministrazione ed il privato chiede a questa Corte
l’esame di una clausola contrattuale lamentando il difetto
di motivazione del giudice distrettuale, senza che di tale
clausola si precisi il se, come, dove e quando quella sia
stata posta al centro del dibattito processuale e quali
siano state le conclusioni che il giudice di appello da
essa avrebbe dovuto trarre.
6.1. Se ne desume l’ulteriore inammissibilità.
**

7.

Il

restante motivo

è

evidentemente

assorbito

dall’inammissibilità dei primi due, supponendo quello
l’affermazione
l’Amministrazione

di

un
onde

vincolo

legittimo
discutere,

poi,

della

per
sua

disattenzione per dolo o colpa di essa.
8. In conclusione, il ricorso dev’essere respinto e la
ricorrente condannata al pagamento, in solido ed in favore
delle sole parti costituitesi nella presente fase di

15

legittimità, delle spese processuali, liquidate come da
dispositivo.
PQM

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento

costituite in questa fase, in solido tra loro, in
complessivi C 9.300,00, di cui E 300,00 per esborsi, oltre
spese generali forfettarie ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della l
sezione civile della Corte di cassazione, il 10 settembre

delle spese processuali che liquida, in favore della parti

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