Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20867 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. II, 02/08/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 02/08/2019), n.20867

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5704/2015 R.G. proposto da:

L.R., L.G., L.M., R.P. e

L.S., rappresentati e difesi dall’avv. Francesco Ambrosino e

Paolo Pecora, con domicilio eletto in Roma alla Piazza S. Salvatore

in Lauro n. 13 c/o avv. ANDREA MORETTI;

– ricorrenti –

contro

Società Cooperativa Edilizia Sanremo, in persone del legale

rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Maiello,

con domicilio eletto in Roma alla Via Francesco Pacelli n. 14,

presso lo studio dell’avv. Gian Maria Frattini;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 2207/2014,

depositata in data 20.5.2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 2.4.2019 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Celeste Alberto, che ha concluso, chiedendo il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata in data 16 dicembre 2005, la Società Cooperativa S. Remo ha adito il Tribunale di Napoli, esponendo che con atto del 1.7.1999 aveva acquistato da C.B. un terreno in località (OMISSIS), in catasto al fl. (OMISSIS), per il prezzo di Lire 370.000.000; che sul bene gravava il diritto di prelazione in favore del Ministero dei beni culturali, prelazione esercitata in data 19.11.1999; che, pur essendo venuto meno l’acquisto, la venditrice aveva trattenuto indebitamente il corrispettivo ricevuto in adempimento della vendita.

Ha chiesto la condanna di L.G., L.A. e L.R., eredi testamentari della C., al rimborso delle somme corrisposte, con gli accessori e le spese processuali.

Si è costituito in giudizio L.R., contestando la domanda. Il tribunale, respinte le eccezioni di nullità della notifica indirizzata ad L.A. ed effettuata mediante la consegna dell’atto al portiere dello stabile, ed escluso che la quietanza attestante il pagamento del prezzo contenuta nell’atto di vendita del 1999 fosse simulata, ha condannato gli eredi alla restituzione del prezzo, ciascuno per la quota di competenza, con gli accessori e le spese processuali.

Su impugnazione di R. e L.G., la sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Napoli.

Il giudice distrettuale ha ritenuto che la notifica della citazione ad L.A. si fosse perfezionata già con la consegna dell’atto al portiere dello stabile e che la successiva raccomandata informativa, giunta al destinatario dopo che questi era già deceduto, costituisse un mero requisito di regolarità della notifica stessa, della quale gli appellanti non avevano eccepito la nullità; che il decesso del convenuto fosse intervenuto a lite già pendente e che il processo fosse stato validamente coltivato mediante la citazione notificata agli eredi ai sensi dell’art. 303 c.p.c., comma 2.

Ha escluso che C.M.R. fosse stata istituita erede e ha respinto l’eccezione di prescrizione del credito azionato in giudizio, poichè interrotta con una missiva del marzo del 2003.

Ha ritenuto indimostrato il carattere simulato della quietanza di pagamento contenuta nel rogito dell’1.7.1999 sostenendo che nè l’atto del 26.7.1993, con cui l’immobile era stato alienato a terzi, nè la successiva missiva del giugno 2007 costituissero dichiarazioni confessorie contrarie al contenuto della quietanza.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso in 6 motivi L.R., L.G., R.P., L.M. e L.S., queste ultime quali eredi di L.A..

La Cooperativa S. Remo ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione 112, 139 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contestando alla Corte distrettuale di aver ritenuto che gli appellanti non avessero eccepito la nullità della notifica della citazione nei confronti di L.A., mentre detta questione era sollevata alle pagg. 12-14 dell’atto di appello.

Si assume inoltre che la notifica doveva dichiararsi nulla o comunque irregolare poichè L.A. era deceduto in data (OMISSIS), pochi giorni dopo la consegna della citazione al portiere dello stabile, mentre la raccomandata ex art. 139 c.p.c., comma 4, era stata spedita dopo l’udienza del 3.3.2006 e dopo il decesso del destinatario, sicchè, non essendosi validamente costituito il rapporto processuale con il L., non era consentito notificare l’atto di riassunzione agli eredi, collettivamente ed impersonalmente presso l’ultimo domicilio del defunto.

Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 299,300,302,303 e 163 bis c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che la morte di L.A., intervenuta tra la notifica della citazione e la prima udienza aveva determinato l’interruzione automatica del processo già il 31.3.2006 (data in cui i resistenti aveva avuto conoscenza dell’evento interruttivo) e che la causa poteva proseguire solo su autorizzazione del tribunale e con la fissazione di una nuova udienza; che, per contro, i ricorrenti erano stati invalidamente citati in prevenzione per l’udienza del 20.7.2006, in violazione dei termini di cui all’art. 163 bis c.p.c. per cui, come eccepito all’udienza del 15.11.2006, il processo si era estinto.

Il terzo motivo denuncia, testualmente, la violazione del principio di acquisizione processuale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 lamentando che la Corte di merito abbia ritenuto necessaria la prova della simulazione della quietanza, trascurando che la Cooperativa convenuta aveva ammesso che le somme chieste in restituzione erano state versate dai terzi acquirenti dell’immobile in base al precedente rogito del 26.7.1993. Non era quindi necessaria alcuna ulteriore prova documentale della simulazione, dovendosi solo stabilire se la Cooperativa avesse titolo ad ottenere il rimborso pur non avendo effettuato il pagamento.

Il quarto motivo censura la violazione degli artt. 2722,2726 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza omesso di valutare unitariamente il contratto del 26.7.1993 e la dichiarazione oggetto di una missiva del 2007, proveniente dalla Cooperativa, che conteneva l’espressa ammissione che gli importi chiesti in restituzione non erano stati corrisposti dalla resistente.

A parere dei ricorrenti, la quietanza era stata rilasciata per consentire alla Cooperativa Sanremo di incassare il corrispettivo dovuto dal Ministero per i beni culturali, sussisteva un evidente collegamento tra la vendita del 26.7.1993 e quella dell’1.7.1999 (come provava il fatto che la società resistente aveva sostenuto di aver pagato il prezzo in esecuzione del primo contratto) e i due rogiti, al pari della la comparsa del 4.3.2009 e di quella del 5.5.2009, contenevano dichiarazioni confessorie, che dimostravano che le uniche somme percepite dalla C. erano state versate in adempimento della vendita del 26.7.1993

Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 2722,2726 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per aver la Corte di merito, travisando il contenuto delle tesi difensive dei ricorrenti (che non avevano negato che la C. avesse incassato il prezzo della vendita della particella n. (OMISSIS)), omesso di valutare gli elementi che, in via presuntiva, dimostravano il carattere simulato della quietanza di cui al rogito dell’1.7.1999, non tenendo conto del contenuto dei due atti di vendita, delle difese articolate in giudizio dalla società resistente, del tempo trascorso tra l’esercizio della prelazione e la richiesta di rimborso formulata dalla Cooperativa, dell’assenza di prova del versamento di somme sui conti della venditrice.

Il sesto motivo censura la violazione degli artt. 2709 e 2710 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 53, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la sentenza ritenuto che la mancata annotazione del credito azionato in giudizio nei bilanci e nella documentazione contabile della società resistente non fosse idonea a provare la simulazione della quietanza oggetto di lite, pur trattandosi di elementi di prova sfavorevoli alla resistente che, nello specifico, potevano valorizzarsi anche come confessione opposta al contenuto della quietanza.

2. Sono infondate le censure di inammissibilità del ricorso.

La procura contempla espressamente il conferimento dello ius postulandi con riferimento al giudizio di legittimità e la sua apposizione a margine dell’atto di impugnazione ne rende indiscutibile la riferibilità al presente giudizio di cassazione, comprovando l’avvenuto rilascio del mandato in data successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata, essendo invece irrilevante che il ricorso sia stato sottoscritto da uno soltanto dei difensori.

Per il resto, l’impugnazione espone in maniera chiara ed esauriente le vicende di causa, le contestazioni sollevate e le questioni in diritto sottoposte all’esame di questa Corte, dovendo escludersi, per quanto si dirà, che la sentenza impugnata abbia deciso la causa in conformità agli orientamenti di legittimità, sì da rendere inammissibile l’impugnazione ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

3. Il primo motivo è fondato.

La Cooperativa S. Remo ha convenuto in giudizio gli eredi di C.B., citandoli per l’udienza del 3.3.2006.

L’atto introduttivo indirizzato ad L.A. è state consegnato al portiere dello stabile in data 15.12.2005, senza che fosse spedita la raccomandata informativa ex art. 139 c.p.c., spedizione avvenuta dopo la prima udienza, allorquando il destinatario era già deceduto (in data (OMISSIS)).

La Cooperativa Sanremo, avuto conoscenza della morte del convenuto, ha chiamato in causa gli eredi mediante la notifica di una citazione in prevenzione, effettuata collettivamente ed impersonalmente presso l’ultimo domicilio del defunto.

La Corte di appello ha ritenuto che la notifica si fosse perfezionata già con la consegna dell’atto al portiere e che, comunque, gli appellanti non ne avessero formalmente eccepito la nullità.

Ha perciò concluso che la morte della parte fosse avvenuta a processo già pendente e che il processo fosse validamente correttamente proseguito nei confronti degli eredi mediante la successiva notifica della citazione in prevenzione ai sensi dell’art. 303 c.c., comma 2.

Si evince – tuttavia – dall’esame diretto degli atti processuali, che è consentito dalla natura del vizio denunciato, che i ricorrenti avevano chiaramente dedotto che il mancato invio della raccomandata ex art. 139 c.p.c. aveva impedito il perfezionamento della notifica e che il rapporto processuale non era stato correttamente instaurato nei confronti di L.A., poichè l’avviso era stato spedito dopo la sua morte e dopo lo svolgimento della prima udienza (cfr. atto di appello, pag. 12).

Si legge inoltre nell’atto di impugnazione che “allorquando (31.3.2006) si è regolarizzata la notifica, il convenuto era già deceduto così che, in definitiva, la riassunzione andava comunque proposta nei confronti degli eredi individualmente considerati, giacchè il convenuto non era stata regolarmente citato prima dell’evento interruttivo (cfr. atto di appello, pag. 13).

I primi due motivi di appello vertevano – in definitiva – proprio sull’invalidità del rapporto processuale e sull’irregolare evocazione in causa degli eredi, sia in quanto erroneamente citati nelle forme di cui all’art. 303 c.c., comma 2, sia per il fatto che la citazione in prosecuzione era stata notificata senza la concessione dei termini a comparire.

Tali esplicite deduzioni – al di là delle formule impiegate dagli appellanti – erano idonee ad investire la Corte di merito del compito di verificare la validità della notifica alla parte deceduta per poter stabilire se la Cooperativa Sanremo potesse notificare la citazione in prosecuzione nei confronti degli eredi, avvalendosi delle forme di cui all’art. 303 c.p.c., comma 2.

3.1. A norma dell’art. 139 c.p.c., comma 4, in mancanza delle persone indicate dai commi precedenti, la notifica può essere eseguita mediante consegna al portiere dello stabile.

In tal caso l’ufficiale giudiziario dà notizia della consegna mediante invio al destinatario di una raccomandata informativa.

L’avviso svolge una peculiare funzione nell’ambito di un’attività notificatoria, attesa la natura dei legami intercorrenti tra il destinatario ed il consegnatario (portiere dello stabile), che offrono una minor garanzia di effettiva conoscibilità dell’atto da parte del soggetto evocato in giudizio rispetto alle ipotesi ricadenti nella previsione dell’art. 139 c.p.c., comma 2.

Sebbene, in tal caso, la notifica non possa considerarsi perfezionata al momento della spedizione della raccomandata informativa (come accade nei casi regolati dall’art. 140 c.p.c.), è però da ribadire che, secondo il prevalente orientamento di questa Corte, cui si ritiene di dover dare continuità, detto adempimento è requisito di validità della notifica, la cui mancanza ne determina la nullità e non la mera irregolarità (Cass. s.u. 18992/2017; Cass. 19366/2013; Cass. 16366/2010; Cass. 7667/2009; Cass. 17915/2008).

La successiva spedizione dell’avviso, effettuata in data 31.3.2006, non poteva, quindi, regolarizzare il processo, poichè l’invio era avvenuto non solo dopo la morte di L.A., ma anche dopo lo svolgimento della prima udienza allorquando non era più ammissibile completare il procedimento notificatorio, dato inoltre che detta spedizione non ha avuto alcun esito a causa del decesso del destinatario.

Era – di conseguenza – escluso che la resistente potesse notificare la citazione in prosecuzione nelle forme dell’art. 303 c.p.c., comma 2.

La notifica, quando non è disposto altrimenti, deve essere fatta personalmente e individualmente alla parte, con le regole e nei modi previsti dall’art. 137 c.p.c. e ss., mentre la notificazione collettiva e impersonale agli eredi è del tutto eccezionale, cui può farsi ricorso soltanto nei casi esplicitamente previsti dalla legge e a condizione che il processo sia stato validamente instaurato nei confronti della parte originaria, successivamente deceduta (Cass. 427/1967).

Se, invece, il rapporto processuale è invalido sin dall’origine (come nel caso in esame), un successivo atto di impulso, notificato con le descritte modalità, non vale nè a ripristinare il contraddittorio nè ad instaurare un nuovo processo e pertanto gli eredi rimasti contumaci possono appellare la sentenza e il giudice di secondo grado, o, in sua vece, la Corte di Cassazione è tenuto a dichiarare la nullità del giudizio e a rimettere gli atti al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 1 (cfr. testualmente, Cass. 162/1966).

E’ quindi accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento delle altre censure.

La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa ad altro giudice del Tribunale di Napoli, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarata assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altro giudice del Tribunale di Napoli, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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