Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20866 del 15/10/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 20866 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso 19645-2009 proposto da:
I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I
DIPENDENTI DELLA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA C.F.
97095380586, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA n. 29 presso L’AVVOCATURA CENTRALE
2015
3378

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dall’Avvocato
DARIO MARINUZZI, giusta delega in atti;

– ricorrente contro

h

– SCAFIDI ANTONIO C.F. SCFNTN40S11F1528, MARALDO

Data pubblicazione: 15/10/2015

MARISA,

DE ROSSI PIETRO, SABATO VINCENZO C.F.

SBTVCN44R0051725, tutti elettivamente domiciliati in
ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio
dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ADALBERTO PERULLI,

– COMUNE DI VENEZIA P.I. 00339370272, in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio
dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati NICOLETTA ONGARO,
MARIA MADDALENA MORINO, MAURIZIO BALLARIN, GIULIO
GIDONI, GIUSEPPE VENEZIAN, ANTONIO IANNOTTA, giusta
delega in atti;
controricorrenti
nonchè contro

TESCAROLI NEREO C.F. TSCNRE37L30E349Q, ZAMBELLI PAOLO
C.F. ZMBPLA38E07L736L, PENZO PAOLO C.F.
PNZPLA41E11L736U;
– intimati –

Nonché da:
TESCAROLI NEREO C.F. TSCNRE37L30E349Q, ZAMBELLI PAOLO
C.F. ZMBPLA38E07L736L, PENZO PAOLO C.F.
PNZPLA41E11L736U, tutti già elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA EMILIO ALBERTARIO 21, presso lo studio
dell’avvocato VINCENZO DAVOLI, che li rappresenta e

giusta delega in atti;

difende unitamente all’avvocato STEFANIA TESCAROLI,
giusta delega in atti e da ultimo domiciliati presso
LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali contro

DIPENDENTI DELLA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA C.F.
97095380586, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA n. 29 presso L’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dall’Avvocato
DARIO MARINUZZI, giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale nonchè contro
SCAFIDI

ANTONIO

C.F.

SCFNTN40S11F1528,

MARALDO

MARISA, COMUNE VENEZIA C.F. 00339370272, SABATO
VINCENZO C.F. SBTVCN44R0051725, DEI ROSSI PIETRO;
– intimati avverso la sentenza n. 179/2008 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 05/09/2008 R.G.N. 984/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/07/2015 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;
udito l’Avvocato PAOLETTI NATALIA per delega PAOLETTI
NICOL0′;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delegFIORILLO

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I

LUIGI;
udito l’Avvocato DAMIANI MICHELE per delega verbale
TESCAROLI STEFANIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per

inammissibilità del ricorso incidentale.

l’accoglimento del ricorso principale,

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza del 5 settembre 2008 la Corte di Appello di Venezia ha
premesso che, con ricorso al locale Tribunale, Nereo Tescaroli, Paolo Zambelli,
Paolo Penzo, Antonio Scafidi, Vincenzo Sabato, Annibale Tagliapietra (al quale era
succeduto Marisa Maraldo), Piero Dei Rossi, quali dipendenti del Comune di

integrale computabilità dell’EDR, che aveva sostituito dal 1.12.1996 le
compartecipazioni agli introiti della Casa di Gioco, ai fini del calcolo della pensione
e del trattamento di fine servizio”; ha rammentato che il primo giudice, affermata
la propria potestà giurisdizionale, aveva dichiarato il diritto dei ricorrenti “alla
computabilità dell’EDR ai fini della determinazione del trattamento pensionistico
in quota A ed ai fini della quantificazione del trattamento di fine servizio”.
Interposto gravame dall’INPDAP, la Corte, riformando la pronuncia del
Tribunale, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario “in ordine
alle domande degli appellati aventi ad oggetto la computabilità dell’EDR nella
pensione”; ha altresì dichiarato la cessazione della materia del contendere in
ordine alle altre domande proposte dai lavoratori nel giudizio di primo grado
concernenti “la computabilità dell’EDR ai fini del trattamento di fine rapporto”.
Con ricorso del 5 settembre 2009 l’INPDAP ha domandato la cassazione della
sentenza per due motivi. Hanno resistito con controricorso Nereo Tescaroli, Paolo
Zambelli e Paolo Penzo, formulando ricorso incidentale con due motivi. Con
distinto controricorso hanno resistito Antonio Scafidi, Vincenzo Sabato, Piero Dei
Rossi, Marisa Maraldo nonché il Comune di Venezia. L’INPDAP ha depositato
controricorso avverso il ricorso incidentale proposto dai dipendenti.
I controricorrenti Scafidi, Sabato, Dei Rossi e Maraldo hanno altresì depositato
memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

2.— I motivi del ricorso principale dell’INPDAP possono essere come di
seguito sintetizzati:
con il primo si denuncia violazione e falsa applicazione dei principi generali in
tema di cessazione della materia del contendere, dichiarata dalla Corte veneziana
su semplice richiesta del Comune, che risultava appellato nel giudizio di secondo
grado, così come appellati erano i lavoratori che avevano aderito alla richiesta; si
sottolinea che l’INPDAP appellante aveva tutto l’interesse ad ottenere una

R.G. n. 19645/2009
Udienza 20 luglio 2015
Presidente MAcioce Relatore Amandola

Venezia, lo avevano convenuto unitamente all’INPDAP affinché fosse accertata “la

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Sezione Lavoro
pronuncia di merito favorevole che escludesse il computo dell’EDR nella indennità
premio di servizio che avrebbe dovuto erogare; si evidenzia che l’Istituto non
aveva aderito alla richiesta di cessazione della materia del contendere degli
appellati, né aveva formulato alcuna istanza specifica in tal senso; si interroga la
Corte sul se il giudice di merito possa emettere legittimamente una tale
pronuncia “sul presupposto di apposita istanza formulata in tal senso dalla sola
parte appellata, senza che la parte appellante, che vanta un interesse alla

con il secondo mezzo di gravame si lamenta omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa la mancata adesione
dell’INPDAP alla richiesta di cessazione della materia del contendere formulata
dalla sola parte appellata.

3.— Con il ricorso incidentale, invece, Tescaroli, Zambelli e Penzo chiedono
“annullare l’impugnata sentenza della Corte di Appello di Venezia nella parte in
cui ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell’AGO”.
Con il primo motivo, testualmente rubricato “cessazione della materia del
contendere in ordine alla giurisdizione”, si chiede se la Corte territoriale “abbia
indebitamente omesso la dichiarazione di cessazione della materia del
contendere, proposta dal Comune di Venezia, anche per la questione attinente
alla giurisdizione”.
Con il secondo mezzo di impugnazione si formulano i seguenti quesiti di diritto
chiedendo alla Corte se “sulla questione del rapporto di lavoro dedotto in giudizio
concernente la maggiorazione dell’indennità di posizione dell’importo pari all’EDR,
la giurisdizione appartenga al giudice ordinario” e se “il riconoscimento e la
liquidazione del trattamento pensionistico, quando si affermino diritti ed obblighi
inerenti alla contribuzione previdenziale obbligatoria, esorbiti o meno, con
riguardo a tale statuizione, dai limiti esterni delle attribuzioni giurisdizionali della
Corte dei Conti, invadendo la giurisdizione del giudice ordinario”.
Con provvedimento del 31 maggio 2010 il Primo Presidente della Suprema
Corte ha rimesso il ricorso, contenente la questione di giurisdizione, a questa
sezione semplice a mente dell’art. 374, co. 1, ult. parte, c.p.c..

4.— I motivi del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente,
per reciproca connessione, in quanto essi censurano la sentenza d’appello nella
parte in cui ha dichiarato la cessazione della materia del contendere “per quanto
concerne … le domande dirette ad accertare la computabilità dell’EDR ai fini del
trattamento di fine rapporto”.

R.G. n. 19645/2009
Udienza 20 luglio 2015
Presidente MAcioce Relatore Amendola

decisione di merito, abbia aderito a tale richiesta”;

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Sezione Lavoro
4.1.— Pregiudizialmente i controricorrenti eccepiscono l’inammissibilità di tale
impugnazione in quanto l’INPDAP avrebbe dato applicazione alla determina n.
3201 del 2005 del Comune di Venezia con cui, a decorrere dall’1.1.2005, era
stata conglobata nella retribuzione di posizione l’EDR corrisposto a Scafidi, Dei
Rossi, Sabato e Tagliapietra.
Deducono che lo Scafidi è stato collocato in pensione nel dicembre del 2007,
con l’EDR compresa nella maggiorazione dell’indennità di posizione in godimento

l’INPDAP, con lettera dell’8 gennaio 2009, aveva chiesto all’ufficio Pensioni del
Comune di Venezia di “precisare se, dall’anno 2005 in poi, l’indennità di posizione
sia da considerarsi comprensiva dell’importo di euro 11.837,93 precedentemente
liquidato come EDR in sostituzione della compartecipazione ai proventi del
Casinò. In caso affermativo, si prega, inoltre di far pervenire copia dei
provvedimenti di trasformazione dell’emolumento in questione in indennità di
posizione”.
Ciò manifesterebbe acquiescenza da parte dell’INPDAP ai sensi dell’art. 329
c.p.c..
L’eccezione non può essere accolta.
Per consolidato principio giurisprudenziale l’acquiescenza alla sentenza,
preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c. (e configurabile solo
anteriormente alla proposizione del gravame, giacché successivamente allo
stesso è possibile solo una rinunzia espressa all’impugnazione da compiersi nella
forma prescritta dalla legge), consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia
nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, la
quale può avvenire sia in forma espressa che tacita: in quest’ultimo caso,
l’acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto
in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il
proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè gli atti
stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi
dell’impugnazione (tra le innumerevoli: Cass. n. 13293 del 2014; Cass. n. 4120
del 2013; Cass. n. 26156 del 2006; Cass. n. 4650 del 2006; Cass. n. 16460 del
2004; Cass. SS.UU., n. 8453 del 1998).
Inoltre l’acquiescenza costituisce atto dispositivo del diritto di impugnazione
e, quindi, indirettamente, del diritto fatto valere in giudizio, sicché la relativa
manifestazione di volontà, oltre ad essere inequivoca, deve necessariamente
provenire dal soggetto che di detto diritto possa disporre o dal procuratore
munito di mandato speciale (Cass. n. 1764 del 2014; Cass. n. 1610 del 2000).

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Presidente MAcioce Relatore Amendola

incidente sia sulla liquidazione della pensione sia sull’I.P.S.. Aggiungono che

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Sezione Lavoro
Nella specie, dunque, gli atti che siano assolutamente incompatibili con la
volontà di avvalersi dell’impugnazione da parte dell’INPDAP non possono essere
certo desunti dalle determinazioni di un soggetto terzo, quale è il Comune di
Venezia; né tanto meno dalla richiesta di informazioni contenuta nella nota dell’8
gennaio 2009 oppure dal collocamento in quiescenza dello Scafidi, in
considerazione della loro valenza intrinsecamente polisenso, inidonea a
manifestare una inequivoca volontà di accettare la sentenza poi impugnata.

seguono.
La cessazione della materia del contendere si verifica per effetto della
sopravvenuta carenza d’interesse della parte alla definizione del giudizio e,
quindi, ad una pronuncia sul merito. Essa postula, cioè, che siano accaduti nel
corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto
tra le parti e, con ciò, dell’interesse all’azione (per tutte v. Cass. n. 10553 del
2009).
Tradizionalmente, sotto il profilo sistematico, la cessazione della materia del
contendere viene considerata come l’antitesi dell’interesse ad agire: una volta
che sia venuto meno in corso di causa il fondamento stesso della lite – che
costituendo una condizione dell’azione deve sussistere fino al momento della
decisione – vengono a mancare sia l’interesse ad agire che a contraddire e, con
essi, la necessità di una pronuncia del giudice (cfr. Cass. n. 3075 del 1997; Cass.
n. 5333 del 1996; Cass. n. 9781 del 1995; Cass. n. 9401 del 1993; Cass. n. 2267
del 1990).
Proprio la ricostruzione della cessazione della materia del contendere in
termini di carenza di interesse è stata utilizzata dalle Sezioni Unite di questa
Corte nella sentenza n. 1048 del 2000 per comporre il contrasto venutosi a
creare sulla natura della pronuncia dichiarativa nel senso che tale pronuncia non
è idonea ad acquistare efficacia di giudicato sulla pretesa fatta valere, ma solo sul
venire meno dell’interesse (v. anche Cass. n. 4714 del 2006).
Si è così ritenuto che la materia del contendere può ritenersi cessata soltanto
quando nel corso del processo sopraggiungano determinate circostanze riferibili a
fatti obiettivi, ammessi da entrambi le parti, che avendo incidenza sulla
situazione sostanziale prospettata facciano venire meno la necessità della
pronuncia del giudice in precedenza richiesta (v. Cass. n. 13217 del 2013),
potendo al più residuare un contrasto sulle spese di lite, che il giudice con la
pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale
(ex multis Cass. n. 14775 del 2004).

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4.2.— Ciò posto le doglianze dell’INPDAP sono fondate per le ragioni che

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Non sorge problema quando i contendenti, nel darsi atto reciprocamente
dell’intervenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio,
sottopongano al giudice conclusioni conformi in tal senso (Cass. n. 2063 del
2014; Cass. n. 16150 del 2010; Cass. n. 16017 del 2008; Cass. n. 27460 del
2006; Cass. n. 11931 del 2006).
Ciò non deve necessariamente essere inteso nel senso che debba sussistere
un espresso accordo delle parti anche sulla fondatezza (o infondatezza) delle

incontestato l’effettivo venir meno dell’interesse sottostante alla richiesta
pronuncia di merito (ancora Cass. n. 10553/2009 cit.).
Quando però manchino tali conformi conclusioni, l’allegazione di un fatto
sopravvenuto, assunto come idoneo a determinare la cessazione della materia del
contendere da una sola parte, deve essere valutata dal giudice.
Ad esempio, nel giudizio instaurato nei confronti di più debitori solidali, la
sopravvenuta transazione della lite tra il creditore ed uno dei debitori, comporta
che il giudice del merito, in sede di dichiarazione della cessazione della materia
del contendere, debba valutare se la situazione sopravvenuta sia idonea ad
eliminare ogni contrasto sull’intero oggetto della lite, anche in riferimento al
condebitore solidale rimasto estraneo alla transazione e, quindi, se sia intenzione
di questi profittarne ex art. 1304 c.c. (v. Cass. n. 26909 del 2008).
Negli altri casi la sopravvenienza del fatto, sempre che esso sia dimostrato,
ove dedotta da una sola parte come idonea ad eliminare la materia della contesa
e l’altra non aderisca a tale prospettiva, non può determinare una acritica
pronuncia del giudice di cessazione della materia del contendere sulla scorta del
mero apprezzamento soggettivo del deducente che vi ha interesse.
Allorquando tale fatto sopravvenuto – secondo il sindacato del giudice – abbia
determinato il soddisfacimento del diritto azionato con la domanda dall’attore, in
una valutazione alla luce del criterio cui l’ordinamento radica la possibilità di adire
la tutela giurisdizionale, cioè alla stregua dell’interesse ad agire, il suo rilievo
potrà dare luogo ad una pronuncia dichiarativa dell’esistenza del diritto azionato
(e, quindi, per tale aspetto di accoglimento della domanda) e di sopravvenuto
difetto di interesse ad agire dell’attore in ordine ai profili non soddisfatti da tale
dichiarazione, in ragione dell’avvenuto soddisfacimento della sua pretesa per i
profili ulteriori rispetto alla tutela dichiarativa. Ove, invece, il fatto sopravvenuto
si sia sostanziato nel riconoscimento da parte dell’attore dell’infondatezza del
diritto da lui azionato, il giudice che l’accerta pronuncerà sul merito della
domanda, nel senso della declaratoria della sua infondatezza (in termini v. Cass.
n. 16150 del 2010; conforme, più di recente, Cass. n. 5188 del 2015)

R.G. n. 19645/2009
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rispettive posizioni originarie nel giudizio, essendo invece sufficiente che sia

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Laddove poi la sopravvenienza riguardi atti posti in essere dalla volontà di una
o di entrambe le parti (atti dismissivi o abdicativi, transazioni, conciliazioni) e
comunque permangano contrasti sull’effetto di cessazione della materia del
contendere sul processo in corso, competerà sempre al giudice verificare se da
tali atti possa ricavarsi che sia venuto meno l’interesse ad agire e contraddire, nel
suo senso giuridicamente rilevante.
Quindi, anche se vi è controversia tra le parti in merito alla rilevanza giuridica

per cui non può esservi cessazione della materia del contendere che prescinda da
un intervento decisorio del giudice compositivo di un contrasto di posizioni (Cass.
n. 3598 del 2015).
Ciò posto è ipotizzabile anche che il giudice possa dare atto d’ufficio del
cessar della contesa nel corso del giudizio, ma sempre che se ne riscontrino i
presupposti, e cioè che risulti ritualmente acquisita o concordemente ammessa
una situazione dalla quale emerga che è venuta meno ogni ragione di contrasto
tra le parti.
La pronuncia di cessazione della materia del contendere, proprio perché
implica una valutazione dei suoi presupposti, deve essere adottata ovviamente
con la forma della sentenza e con una idonea motivazione che la sorregga,
perché solo la sentenza è in grado di permettere alle parti di contestare la
declaratoria nei limiti imposti dalla disciplina delle impugnazioni.
4.3.— Orbene nella fattispecie processuale sottoposta al vaglio della Corte
dette conformi conclusioni delle parti in appello in ordine alla cessazione della
materia del contendere mancavano.
Dalle conclusioni riportate nell’epigrafe della sentenza impugnata, infatti,
risulta che “il procuratore dell’appellante (INPDAP) ha concluso” nel senso che
venisse riformata la sentenza di primo grado “laddove la stessa ha dichiarato la
computabilità dell’EDR percepito successivamente all’1.12.96 ai fini della

liquidazione dell’indennità Premio di Servizio, rigettandosi la relativa domanda in
quanto infondata in fatto ed in diritto, per tutti i motivi già esposti in narrativa”.
Nello svolgimento del processo si aggiunge in sentenza che “all’udienza del
1.4.2008 il procuratore degli appellati costituiti in giudizio dichiarava di aderire
alla richiesta di cessazione del la materia del contendere formulata dal Comune di
Venezia nella memoria di costituzione”, mentre non si dice che ad essa abbia
aderito anche il procuratore dell’INPDAP, evidenziandosi, anzi, che “i procuratori
delle parti per il resto concludevano come in epigrafe”.
CP

Gli stessi controricorrenti argomentano su di una sorta di adesione implicita
da parte dell’INPDAP, che non si sarebbe opposta formalmente, ma era

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ed al contenuto di una transazione, si rende necessario dirimere questa contesa

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
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fa+to
sufficiente, per negare tale adesione, ilKiportarsi alle conclusioni di riforma della
sentenza impugnata, conclamando così l’interesse alla pronuncia, antitetico
rispetto alla declaratoria di cessazione della materia del contendere.
Una volta escluse le conformi conclusioni delle parti sul punto, la Corte di
Appello non poteva limitarsi a motivare registrando che “il procuratore degli
appellati costituiti in giudizio ha dichiarato di aderire alla richiesta formulata in tal
senso nella memoria difensiva del Comune di Venezia”.

dei principi giurisprudenziali innanzi espressi – constatata l’allegazione di un fatto
sopravvenuto assunto come idoneo a determinare la cessazione della materia del
contendere dalle altre parti – lo avrebbe dovuto espressamente valutare,
motivando perché tale fatto determinasse il soddisfacimento del diritto azionato
ed il venir meno dell’interesse dell’Istituto alla pronuncia sul quarto motivo di
appello concernente la base di computo della indennità premio di servizio.
Pertanto la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi
accolti dell’impugnazione principale, con rinvio al giudice indicato in dispositivo
che si uniformerà a quanto statuito dalla Corte.

5.— In merito al ricorso incidentale di Tescaroli, Zambelli e Penzo, sostenuto
dai due mezzi di gravame riportati al punto 3.-, con esso si chiede l’annullamento
della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato il difetto di giurisdizione
del giudice ordinario “in ordine alle domande degli appellati aventi per oggetto la
computabilità dell’EDR nella pensione”.
Le censure sono prive di fondamento in quanto la Corte veneziana ha
correttamente applicato il principio per il quale appartiene alla giurisdizione della
Corte dei conti, quale giudice della pensione, e non alla giurisdizione del giudice
del rapporto di impiego (giudice amministrativo o, per le vicende successive al 30
giugno 1998, giudice ordinario), la controversia sulla domanda del dipendente di
ente pubblico locale diretta a ottenere il computo nella base pensionistica di
emolumenti a suo tempo percepiti sulla retribuzione, ai fini della quantificazione
del trattamento di pensione, influendo la relativa cognizione unicamente
sull’entità di questo trattamento e non sul pregresso rapporto di pubblico impiego
(v. specificamente Cass. SS.UU. n. 10131 del 2012 che si è pronunciata proprio
“sul riconoscimento degli importi percepiti nel corso del rapporto di lavoro per il
controllo e la vigilanza sul servizio ispettivo della casa da gioco, costituiti dalla
compartecipazione agli introiti lordi della stessa e trasformati dal 1996
nell’E.D.R., elemento distinto della retribuzione”).

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Ma, riscontrata la mancata adesione dell’appellante INPDAP, in applicazione

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
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Ovviamente sull’esercizio della potestà giurisdizionale non è certo ipotizzabile
una pronuncia di cessazione della materia del contendere, così come auspicato
nel primo motivo del ricorso incidentale; circa “la maggiorazione dell’indennità di
posizione dell’importo pari all’EDR” di cui al secondo motivo è appena il caso di
rilevare che la sentenza impugnata non si è espressa su tale questione ed i
ricorrenti incidentali, per consentire un eventuale sindacato di questa Corte,

avrebbero dovuto denunciare il vizio di omessa pronuncia nelle forme proprie

quesito, e non limitarsi a porre la questione di giurisdizione su di una domanda
non giudicata.

6.— Conclusivamente il ricorso principale deve essere accolto e la sentenza
impugnata cassata con rinvio alla Corte di Appello di Venezia in diversa
composizione, anche per la regolazione delle spese.
Il ricorso incidentale va, invece, respinto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in
relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa
composizione, anche per la regolazione delle spese; rigetta il ricorso incidentale.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 20 luglio 2015

Il rela re est.

Il Preside e

dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., ai sensi dell’art. 112 c.p.c., sorretto da adeguato

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