Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20864 del 10/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 10/10/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 10/10/2011), n.20864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10095-2010 proposto da:

SICIL DIAGNOSTICA SRL (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 11,

presso lo studio dell’avvocato CUSIMANO FRANCESCO, rappresentata e

difesa dall’avvocato ROMEO FRANCO, giusta mandato speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSESSORATO DELLA SALUTE DELLA REGIONE SICILIANA (OMISSIS) in

persona dell’Assessore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1664/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

9.10.09, depositata il 26/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE SALVAGO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI.

La Corte:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1^. – E’ stata depositata in cancelleria il 17 gennaio 2011 la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

1. E’ impugnata la sentenza della Corte di appello di Palermo del 26 ottobre 2009.

Il caso deciso presenta questi tratti.

La s.r.l. Sicil Diagnostica aveva ottenuto dal Presidente del Tribunale di Palermo decreto ingiuntivo per l’importo di L. 220.947.935 per forniture alla USL (OMISSIS) di Palermo, tuttavia revocato a seguito di opposizione dell’Azienda sanitaria dallo stesso Tribunale che con sentenza del 12 settembre 2006 condannava l’Assessorato regionale della Sanità a corrispondere la medesima somma a titolo di arricchimento indebito, decurtandola del 10%, oltre agli accessori.

In riforma della decisione la Corte di appello di Palermo ha respinto la domanda della società rilevando che l’azione di indebito arricchimento era del tutto nuova rispetto a quella contrattuale posta dalla creditrice a fondamento del decreto ingiuntivo e come tale inammissibile: anche perchè l’Assessorato non aveva mai dichiarato di accettare il contraddittorio e si era limitato a mantenere il silenzio su tale richiesta.

2. Il ricorso della Sicil Diagnostica è affidato a due motivi per extrapetizione avendo la sentenza sostituito l’eccezione di improponibilità della domanda formulata dalla P.A. con quella di inammissibilità in rito senza darne giustificazione; e per avere ritenuto nuova la domanda di indebito arricchimento invece fondata sullo stesso petitum di quella contrattuale, nonchè sui medesimi fatti e sul medesimo credito già allegati nel ricorso monitorio.

Oltre a non aver considerato che la controparte in alcuna difesa o udienza del giudizio di primo grado non aveva mai eccepito di non voler accettare su di essa il contraddittorio.

3. Il ricorso può essere esaminato in camera di consiglio ed essere respinto per manifesta infondatezza,se sono condivise le considerazioni che seguono: non è anzitutto esatto che la sentenza di appello abbia operato la sostituzione della ragione giuridica del motivo di impugnazione denunciata dalla ricorrente, in quanto l’Assessorato,come risulta dal relativo atto di appello trascritto dalla stessa ricorrente, aveva censurato la sentenza del Tribunale per avere accolto un’azione avente titolo e fonti distinti dall’originaria azione contrattuale della Sicil Diagnostica; ed aveva dedotto la novità di quella accolta in esito al giudizio di opposizione sotto un duplice profilo; e cioè che l’azione di indebito arricchimento comporta sempre in sè e per sè una oggettiva mutatio libelli rispetto a quella fondata su un contratto intercorso con la controparte, e che non era a maggior ragione proponibile nella fase di opposizione a decreto ingiuntivo,in cui l’opposto, avendo la veste di attore non ha la facoltà di proporre domande riconvenzionali, ma soltanto quella di insistere nella richiesta contenuta nel ricorso accolto con il decreto ingiuntivo. E proprio i suddetti profili – e soltanto essi – sono stati accolti, entrambi, dalla Corte di appello, perciò a nulla rilevando che la formula utilizzata fosse di ammissibilità principalmente con riferimento al divieto contenuto nell’art. 184 cod. proc. civ. ovvero di “improponibilità” (Così testualmente sez. un. 26128/2010) avendo riguardo alla diversità dell’azione di cui all’art. 2041 cod. civ. rispetto a quella contrattuale: in quanto per un verso la parte non è tenuta a conoscere la formula più appropriata per individuare la preclusione,riservata dall’art. 113 cod. proc. civ. al giudice (Cass. 15383/2010; 21484/2007). E d’altra parte il vizio di extrapetizione ricorre solo quando il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti e pronunciando oltre i limiti del “petitum” e delle eccezioni “hinc ed inde” dedotte, ovvero su questioni che non siano state sollevate e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuisca alla parte un bene non richiesto, e cioè non compreso nemmeno implicitamente o virtualmente nella domanda proposta (Cass. 21745/2006; 7620/2006).

4. Quanto poi alla proponibilità dell’azione di indebito arricchimento da parte dell’opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo dallo stesso ottenuto a seguito di ricorso fondato su asserito titolo contrattuale, la decisione impugnata ha deciso la questione in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità secondo la quale “La domanda di ingiustificato arricchimento è domanda diversa rispetto a quella di adempimento contrattuale perchè diversi sono i fatti giuridicamente rilevanti posti a fondamento della domanda e diverso è il bene giuridico perseguito. Ne consegue che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, al creditore opposto è consentita la sua proposizione soltanto se tale esigenza nasce dalle difese dell’ingiunto-opponente contenute nell’atto di opposizione al decreto, e purchè la relativa domanda sia proposta – a pena di inammissibilità rilevabile d’ufficio – nella comparsa di costituzione e risposta della parte opposta (Cass. sez. un. 26128/2010, nonchè 17007/2007; 11854/2007; 22667/04). Ed è stato precisato che detta esigenza è ravvisabile soltanto se la parte opponente abbia prospettato nel primo atto introduttivo del relativo giudizio (citazione in opposizione) difese sia in fatto sia in diritto non solo finalizzate al rigetto della domanda, ma integranti un tema di indagine tale da giustificare da parte dell’opposto una domanda di indebito arricchimento (reconventio reconventionis). Non già nell’ipotesi ricorrente nella fattispecie “in cui l’opponente si sia limitato a negare l’esistenza o la validità del titolo specifico in base al quale è stata proposta la domanda principale di ingiunzione” (Cass. 26128/2010 cit.).

5. Nè ha maggior pregio la prospettazione di implicita accettazione del contraddittorio sulla domanda nuova in questione per mancanza di eccezioni al riguardo, dell’Assessorato le cui difese nei verbali di udienza indicati dalla Sicil Diagnostica, si erano limitate a mantenere il “silenzio” e/o totale “disinteresse” sulla i questione, poichè detta costruzione collide con quella opposta enunciata dalla Corte di Cassazione anche a sezioni unite, per la quale: 1) Con riguardo a procedimento pendente alla data del 30 aprile 1995 – per il quale trovano applicazione le disposizioni degli artt. 183, 184 e 345 cod. proc. civ. nel testo vigente anteriormente alla “novella” di cui alla L. n. 353 del 1990 (D.L. n. 432 del 1995, art. 9 conv. nella L. n. 534 del 1995), il divieto di introdurre una domanda nuova nel corso del giudizio di primo grado risulta posto a tutela della parte destinataria della domanda; pertanto la violazione di tale divieto – che è rilevabile dal giudice anche d’ufficio, non essendo riservata alle parti l’eccezione di novità della domanda – non. è sanzionatale in presenza di un atteggiamento non oppositorio della parte medesima, consistente nell’accettazione esplicita del contraddittorio o in un comportamento concludente che ne implichi l’accettazione; 2) Tale comportamento non può essere ravvisato nel mero silenzio o nel difetto di reazione, anche prolungato nel tempo, alla domanda nuova, dovendo estrinsecarsi in un atteggiamento difensivo in equivoco, la cui concludenza va apprezzata dal giudice di merito attraverso una seria indagine della significatività dello stesso (Cass. 18513/2007; 8212/2007; 14601/2005; 19605/2004;

11623/2003, nonchè sez. un. 4712/1996).

6. Nel caso la stessa ricorrente ha trascritto parte dei verbali di causa proprio al fine di prospettare ed evidenziare l’assoluto “disinteresse” manifestato per la proposta azione di arricchimento da tutte le amministrazioni opponenti, interessate, invece a contestare esclusivamente il fondamento dell’azione contrattuale accolta dal dall’ingiunzione; per cui in aderenza ai menzionati principi è corretta la decisione impugnata che dopo averli ricordati, ha preso atto della mancanza di qualsiasi comportamento processuale dell’Assessorato rivolto ad accettare anche implicitamente il contraddittorio sulla domanda di indebito arricchimento: tanto più se si considera che la costituzione di detta amministrazione è avvenuta soltanto con comparsa del 18 febbraio 2000 (cfr. pag. 11 ric.), con la quale la stessa si è limitata a far proprie le difese spiegate dalla USL (OMISSIS) nell’atto di opposizione,allora necessariamente incentrate soltanto sull’asserito contratto di fornitura per corrispondenza prospettato dalla ricorrente.

2^. Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3^. – Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione, il controricorso e la memoria, ha condiviso gli argomenti svolti nella relazione e la soluzione che vi è stata proposta; la quale si è uniformata alla giurisprudenza delle Sezioni Unite (da ultimo Cass. 28610/2010) sull’inammissibilità dell’azione di indebito arricchimento avanzata dall’opposto nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo secondo la quale “Non sarà, viceversa, consentito alla parte opposta di proporre, nei suo primo atto difensivo (cioè la comparsa di risposta) – e ancor di più, evidentemente, nel corso del giudizio un’autonoma domanda di arricchimento senza causa, neppure dato il carattere sussidiario dell’azione – cautelativamente, in via subordinata, per l’ipotesi che sia negata l’esistenza o la validità del titolo specifico, in base al quale è stata proposta la domanda principale d’ingiunzione. E ciò, per la sua veste di attore sostanziale nel giudizio fondato sull’ingiunzione proposta a tutela di una situazione soggettiva nascente da titolo contrattuale”.

4. – Il ricorso va pertanto respinto e la sentenza impugnata confermata.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte,respinge il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore dell’Assessorato della sanità della Regione siciliana in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 4.000,00 per onorario di difesa.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2011

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