Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20863 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 30/09/2020), n.20863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10522/2015 R.G. proposto da:

Gruppo La Nitida s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Tortona n. 4, presso

lo studio dell’avv. Stefano Latella, rappresentata e difesa

dall’avv. Andrea Amatucci, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 9084/32/14, depositata il 17 ottobre 2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 febbraio

2020 dal Consigliere Nonno Giacomo Maria.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con la sentenza n. 9084/32/14 del 17/10/2014, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da Gruppo La Nitida s.r.l. (di seguito La Nitida) avverso la sentenza n. 131/21/13 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP), che aveva a sua volta respinto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso un avviso di accertamento per imposte dirette ed IVA relativo all’anno d’imposta 2008;

1.1. come emerge anche dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso per indebita deduzione di costi e detrazione di IVA in relazione ad una complessiva operazione posta in essere da La Nitida e comportante: a) l’acquisto di merce dalla società spagnola Life Collection s.r.l.; b) la rivendita della stessa merce alla società bulgara Butis Eood in esenzione di IVA D.L. 30 agosto 1993, n. 331 ex art. 41, conv. con modif. nella L. 29 ottobre 1993, n. 427; c) la cessione a Life Collection s.r.l. del credito vantato da La Nitida nei confronti di Butis Eood a titolo di pagamento della merce originariamente acquistata; d) la detrazione dell’IVA versata per l’acquisto effettuato da Life Collection s.r.l.;

1.2. la CTR motivava il rigetto dell’appello della società contribuente osservando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) la questione controversa riguardava unicamente la indetraibilità dell’IVA; b) il disconoscimento della detraibilità dell’IVA derivava dalla fittizietà dell’operazione posta in essere tra le tre società; c) l’accertamento si fondava su di un processo verbale di constatazione dal quale emergevano molteplici elementi indiziari oggettiva incertezza del luogo di stoccaggio delle merci; mancanza di comunicazioni INTRASAT; mancanza di mezzi in capo alla società che aveva curato il trasporto delle merci; fittizietà della sede di Life Collection s.r.l. e irreperibilità del legale rappresentante; inerzia nel sollecitare il pagamento di Butis Eood; mancata sottoscrizione di alcuni documenti di trasporto), idonei a legittimare l’emissione dell’avviso di accertamento; d) i superiori elementi indiziari, volti ad accreditare l’inesistenza oggettiva delle operazioni, escludevano la sussistenza della buona fede;

2. La Nitida impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. va pregiudizialmente dichiarata la carenza di legittimazione passiva a resistere nel presente giudizio del Ministero della economia e delle finanze, cui erroneamente è stato notificato il ricorso, essendo legittimata passivamente unicamente l’Agenzia delle entrate;

2. con il primo motivo di ricorso La Nitida contesta la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21 e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando la carenza della motivazione della sentenza impugnata, che non richiamerebbe le norme sulle quali si fonda l’indetraibilità dell’IVA ovvero l’indeducibilità dei costi e sarebbe fondata su elementi che non sono in grado di dimostrare l’oggettiva inesistenza delle operazioni;

3. il motivo è infondato nella parte in cui si contesta, essenzialmente, la assenza di motivazione della sentenza impugnata e inammissibile nella parte in cui si mette in discussione la valutazione di merito compiuta dalla CTR;

3.1. sotto il primo profilo, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (così Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019);

3.2. ciò premesso, la motivazione della CTR non può in alcun modo dirsi apparente: la sentenza impugnata indica chiaramente le ragioni per le quali le operazioni cui ha partecipato La Nitida devono ritenersi oggettivamente inesistenti, inesistenza che costituisce, nella ricostruzione del giudice di appello, il presupposto della indetraibilità dell’IVA e della indeducibilità dei costi;

3.3. sotto il secondo profilo, la ricorrente, a dispetto del richiamo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censura essenzialmente un vizio di motivazione della sentenza impugnata;

3.4. la censura si rivela inammissibile sotto più profili: a) perchè La Nitida ha articolato un vizio di violazione di legge e non un vizio di motivazione; b) perchè, anche volendo riqualificare il motivo proposto, lo stesso mira alla rivalutazione degli stessi fatti già esaminati dalla CTR e, dunque, al compimento di un nuovo giudizio di merito, precluso in sede di legittimità; c) perchè osta all’esame del vizio di motivazione denunciato la sussistenza di una doppia conforme di merito ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014), applicabile ratione temporis trattandosi di appello successivo all’11 settembre 2012 (Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 24909 del 09/12/2015; Cass. n. 11439 del 11/05/2018);

4. con il secondo motivo di ricorso si deducono plurimi vizi di violazione di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

4.1. in buona sostanza, la ricorrente: a) contesta, anche alla luce della giurisprudenza comunitaria, le conclusioni cui è giunta la CTR in ordine alla inesistenza delle operazioni e alla consapevolezza della frode in capo alla società contribuente (vizio di motivazione); b) ritiene che l’onere della prova in ordine alla inesistenza delle fatture e alla consapevolezza della frode gravi sull’Amministrazione finanziaria (vizio di violazione di legge);

5. la complessa censura è inammissibile con riferimento al vizio di motivazione e infondata con riferimento alla asserita violazione delle regole inerenti al riparto dell’onus probandi;

5.1. come già evidenziato con riferimento al primo motivo di ricorso, in presenza di una cd. doppia conforme non può dedursi un vizio di motivazione, sicchè sotto questo profilo il motivo è senz’altro inammissibile;

5.2. per quanto riguarda l’onere della prova, la CTR ha chiarito quali siano gli elementi indiziari dedotti dall’Ufficio dai quali inferire l’inesistenza delle operazioni e la consapevolezza della frode in capo a La Nitida, così ritenendo assolto l’onere probatorio in capo all’Amministrazione finanziaria;

5.3. in proposito, vale la pena di segnalare che una volta fornita la prova della oggettiva inesistenza delle fatture, non occorre fornire anche quella inerente la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo (Cass. n. 18118 del 14/09/2016);

5.4. a fronte di tale emergenza indiziaria, la sentenza impugnata ha legittimamente concluso che grava sulla società contribuente l’onere di fornire la prova contraria, onere che non è stato assolto;

6. in conclusione, il ricorso va rigettato; la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di Euro 1.502.534,00.

6.1. poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 12.000,00, oltre alle spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma degli stessi artt. 1-bis e 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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