Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20863 del 11/09/2013
Civile Sent. Sez. 6 Num. 20863 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: BISOGNI GIACINTO
Ud. 23/04/13
Motivazione
semplificata
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Vito Giambattista Tangreda, elettivamente domiciliato
in Roma, via Cipro 63, presso Ferri-Paciotti,
rappresentato e difeso dall’avv. Mariano Ferri, per
procura speciale in calce al ricorso, il quale dichiara
di voler ricevere le comunicazioni e le notifiche a
mezzo fax n. 0971/52830, mail marianoferri@libero.it o
pec ferri.mariano@cert.ordineavvocatipotenza.it ;
– ricorrente contro
ea”
2013
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del
rappresentato e difeso
Ministro pro tempore,
dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato
1
Data pubblicazione: 11/09/2013
presso i suoi uffici in Roma, v. dei Portoghesi 12 (fax
06/96514000 pec: ads.rm@mailcert.avvocaturastato.it );
– controri corrente avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro
emesso il 9 marzo 2011 e depositato il 31 marzo 2011,
sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Immacolata Zeno che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la
motivazione semplificata della decisione;
Rilevato che:
1. Con ricorso in riassunzione del 20 settembre
2010, Vito Giambattista Tangreda ha chiesto alla
Corte di appello di Catanzaro la condanna del
Ministero dell’Economia e delle Finanze al
risarcimento del danno ex legge n.89/2001 subito
per la durata eccessiva e non ragionevole del
giudizio amministrativo iniziato davanti al
T.A.R. Basilicata il 13 settembre 2000 e non
ancora deciso al momento della proposizione del
ricorso per equa riparazione.
2. La Corte di appello di Catanzaro ha accolto
parzialmente la domanda liquidando in 1.100 euro
l’indennità
in considerazione del valore
estremamente modesto dell’oggetto del contendere
nel giudizio presupposto (credito di 302.175 lire
2
R.G. n. 1151/2010;
euro per indennità di lavoro festivo).
3. Ricorre per cassazione Vito Tangreda affidandosi
a due motivi di ricorso con i quali deduce: a) la
violazione degli artt. 2 della legge n. 89/2001 e
6 §.§. 1 e 13 della Convenzione per la salvaguardia
diritti
dell’uomo
fondamentali
lamentando
irragionevole
dai
e
delle
libertà
lo
scostamento
parametri
normalmente
utilizzati per la liquidazione dell’equa
riparazione; b) la violazione degli artt. 91 e 92
c.p.c. e 1-4-5-6 del D.M. 127/2004 censurando la
la liquidazione solo parziale dei diritti e
quella inferiore ai minimi degli onorari nonché
la mancanza di motivazione quanto alla
compensazione per metà delle spese del giudizio
di merito.
4. Si difende con controricorso il Ministero della
Giustizia.
Ritenuto che
5. Il primo motivo è fondato. Se è vero che, in tema
di equa riparazione, ai sensi della legge 24
marzo 2001, n.89, per violazione del diritto alla
ragionevole durata del processo, il giudice, nel
determinare la quantificazione del danno non
patrimoniale subito per ogni anno di ritardo, può
scendere al di sotto del livello di “soglia
minima” là dove, in considerazione del carattere
bagatellare
o
irrisorio
della
pretesa
patrimoniale azionata nel processo presupposto,
3
dei
parametrata anche sulla condizione sociale e
personale del richiedente, laddove l’accoglimento
della pretesa azionata renderebbe il risarcimento
del danno non patrimoniale del tutto
sproporzionato rispetto alla reale entità del
pregiudizio sofferto (cfr. Case. civ. n. 12937
valutazione della natura della controversia e
della condizione socio-economica del ricorrente
non consentiva di ritenere bagatellare o
irrisorio il valore del giudizio presupposto.
6. Va pertanto cessato il decreto impugnato e decisa
la causa nel merito attesa la inesistenza di
ragioni
istruttorie che giustifichino
la
rimessione al giudice del merito e potendosi
applicare i normali parametri di liquidazione del
danno non patrimoniale derivante da durata non
ragionevole del processo.
7. A una durata eccessiva e non giustificata del
giudizio presupposto di sei anni e sei mesi
corrisponde, con l’applicazione dei parametri
standard derivati dalla giurisprudenza europea e
applicati dalla giurisprudenza di legittimità
(750 euro per i primi tre anni di durata
eccessiva e 1.000 euro per gli anni successivi)
una liquidazione del danno pari a 5.750 euro. Al
pagamento di tale somma va condannato il
Ministero con interessi dalla domanda al saldo.
8. Il secondo motivo di ricorso resta assorbito
4
del 24 luglio 2012) è anche vero che la
dall’accoglimento del primo.
9. Vanno inoltre poste a carico del Min#Wtero ,,le
spese processuali del giudizio di merito e di
cassazione. Si ritiene peraltro corrispondente a
giustizia una compensazione per metà delle spese
del giudizio di merito in ragione
dell’atteggiamento processuale del Ministero a
fronte di una materia in cui la giurisprudenza di
legittimità subisce continue evoluzioni e
condizionamenti dalle interpretazioni della Corte
europea dei diritti dell’uomo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso,
assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero, a titolo
di risarcimento del danno non patrimoniale ex legge n.
89/2001, al pagamento, in favore del ricorrente, di
5.750 euro, con interessi dalla domanda al saldo.
Compensa per metà le spese del giudizio di merito e
condanna il Ministero al pagamento della quota residua,
liquidando l’intero in euro 875, di cui 50 per spese,
475 per diritti e 350 per onorari, e al pagamento delle
spese del giudizio di cassazione liquidate in 550 euro
oltre 200 euro per esborsi e accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
23 aprile 2013.
dell’accoglimento parziale della domanda e