Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20860 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 30/09/2020), n.20860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3990/2014 R.G. proposto da:

I.L., rappresentato e difeso dall’avv. Alfonso Mandara, con

domicilio eletto in Roma, Piazzale Clodio n. 61 presso lo studio

dell’avv. Floriangela Marano;

– ricorrente principale –

Contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione staccata di Salerno, n. 362/12/2013, depositata il

3 luglio 2013;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2020 dal Consigliere Novik Adet Toni.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– I.L. (di seguito, il contribuente o il ricorrente) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno (CTR), depositata il 3 luglio 2011, di reiezione dell’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto i ricorsi, riuniti, (R.G. 4829/05 – 4830/05 – 5346/05), intesi ad ottenere l’annullamento degli avvisi di accertamento, relativi agli anni di imposta 1997-1998, emessi per Irpef e contributi per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN);

– dall’esame della sentenza di appello, si evince che l’Ufficio aveva rettificato il reddito di impresa dichiarato dal contribuente, esercente attività di autolavaggio, in relazione a versamenti in nero di parte della retribuzione corrisposta a due lavoratori, recuperati a tassazione quali ricavi omessi;

– nelle more del giudizio di appello, in esito alla presentazione da parte del contribuente di istanze di condono, ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, l’agenzia delle entrate aveva depositato comunicazione di cessata materia del contendere in relazione ai ricorsi n. 4829/05 e n. 4830/05, mentre aveva comunicato il proprio diniego alla definizione di quello avente n. 5346/05 perchè concernente lite superiore ad Euro 20.000;

– osservava la CTR che, nonostante l’avviso di accertamento fosse superiore ad Euro 20.000, la lite aveva un importo inferiore al limite imposto dal D.L. n. 98 del 2011, in quanto il ricorso era stato proposto per il minor importo di Euro 8994,10;

– concludeva, quindi, per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere in relazione ai ricorsi n. 4829/05 e n. 4830/05 e il rigetto dell’appello per il ricorso n. 5346/05;

– il ricorso è affidato a un solo motivo;

– l’agenzia si è costituita con controricorso e ricorso incidentale condizionato affidato a un motivo;

– il contribuente ha depositato memoria illustrativa, eccependo l’inammissibilità del controricorso e ricorso incidentale per tardività della notifica.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– preliminarmente si osserva che l’eccezione di tardività del controricorso è fondata. Il ricorso del contribuente è stato notificato all’agenzia delle entrate il 10/2/2014 e all’Avvocatura dello Stato il 7/2/2014. Il controricorso con ricorso incidentale condizionato è stato consegnato per la notifica dalla difesa erariale all’ufficio Unep della Corte di appello di Roma il 26/3/2014, oltre quindi il termine di 40 giorni (20+20) dall’ultima notifica.

– Con l’unico motivo di ricorso il contribuente denuncia “deduzione contraddittoria del giudicato priva di ogni logica deduttiva”;

– evidenzia che il giudice di appello, da un lato aveva accertato e condiviso che il ricorso aveva per oggetto solo la contestazione parziale dell’importo di Euro 8994,10, facendo così intendere che l’istanza di condono doveva essere accolta perchè inferiore ad Euro 20.000, dall’altro in maniera contraddittoria aveva rigettato l’appello;

– ritiene, quindi, che la CTR avrebbe dovuto: a) dichiarare la cessazione della materia del contendere per tutti i ricorsi, oppure, b) rigettare il ricorso presentato per il diniego di condono e per l’effetto rigettare anche l’appello;

– il motivo è inammissibile;

– è noto che, in virtù del principio jura novit curia, nonchè di quello sovranazionale del giusto processo, il ricorso per cassazione col quale si prospetti una vizio di legittimità va interpretato e qualificato in base al suo effettivo contenuto, quando questo sia limpido ed inequivoco, e non in base alla sua intitolazione, e tanto meno in base ad eventuali errori, in cui il ricorrente possa essere incorso, nella corretta individuazione delle norme che si assumono violate (così Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013, Rv. 627268 – 01, con riferimento all’erronea indicazione del tipo di vizio censurato in sede di legittimità; così pure Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21184 del 13/09/2017, Rv. 645485 01, con riferimento all’erronea indicazione della norma sulla competenza che si assume violata; ed infine Sez. 3, Sentenza n. 19132 del 29/09/2005, Rv. 586707 – 01, con riferimento all’ipotesi di erronea indicazione delle norme sostanziali da parte del ricorrente);

– pertanto, per la ammissibilità del ricorso è necessario e sufficiente che l’atto permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne l’esame;

– nel caso in esame, il ricorrente non solo omette di indicare il presupposto normativo di riferimento, ma non specifica nemmeno quale è la censura rivolta alla decisione spiegando per quale ragione la contraddizione logica della motivazione rende inapplicabile il dispositivo che, inequivocamente, conclude per il rigetto dell’appello;

– le questioni prospettate in modo ancipite, rendono perplesso il motivo e non consentono alla Corte di comprendere la ragione specifica della doglianza, risolvendosi nella inammissibilità della censura.

– Il ricorso incidentale condizionato, con cui l’agenzia denuncia “l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, sul rilievo che contrariamente a quanto affermato dal ricorrente la controversia era superiore a Euro 20.000, sicchè la CTR, pur respingendo l’appello del ricorrente, aveva errato nell’affermare che la contestazione era stata limitata al solo importo di Euro 8994,10, “risultando dagli atti che il ricorso era stato proposto per l’annullamento dell’intero avviso di accertamento, il quale, senza considerare le sanzioni, superava il valore di Euro ventimila, quale tetto massimo di valore della lite per la sua condonabilità D.L. n. 98 del 2011 ex art. 39, comma 12” (riporta ai fini dell’autosufficienza il contenuto del ricorso di primo grado), è comunque assorbito;

– nulla per le spese, stante l’inammissibilità del controricorso, a causa della sua rilevata tardività.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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