Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20860 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. II, 02/08/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 02/08/2019), n.20860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6592-2015 proposto da:

MACE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 11 PAL H3, presso

lo studio dell’avvocato LUISA FONTI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IPS INTERNATIONAL POWER SUPPLIER SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

APRICALE 31, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO VITOLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO CASARINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4428/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/03/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società I.P.S srl di (OMISSIS) il 2 luglio 2007 commissionava alla società MACE srl di (OMISSIS) -; la fornitura di un trasformatore in olio minerale destinato ad una cliente spagnola (la Ute Solar s.I.). Il contratto di cui si dice si concludeva con la conferma d’ordine della MACE srl in data 26 settembre 2007. La I.P.S. srl versava la prima rata del prezzo pari ad Euro 13.320,00. Insorta controversia tra le parti, con atto di citazione, notificato in data 10 novembre 2008, la stessa conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano la controparte, chiedendo che fosse dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento della convenuta, che la stessa fosse condannata alla restituzione della somma di Euro 13.320,00, a suo tempo, versata in acconto, e che a carico della stessa fosse posto anche il risarcimento del danno e l’onere delle spese processuali.

Si costituiva ritualmente la MACE srl ed eccepiva, preliminarmente, l’incompetenza per territorio del Tribunale di Milano per essere, invece, competente il Tribunale di Napoli sezione distaccata di Frattamaggiore. Nel merito, chiedeva respingersi ogni domanda della società I.P.S srl e, in via riconvenzionale, chiedeva che il contratto intercorso tra le parti fosse dichiarato risolto per inadempimento dell’attrice e che la stessa fosse condannata al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 16 maggio-8 giugno 2011, rigettava l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla convenuta, dichiarava risolto il contratto per cui è causa per inadempimento della società MACE srl e condannava la convenuta a pagare all’attrice l’importo di Euro 14.198,65, oltre accessori, nonchè a rifondere alla stessa le spese di lite. Il giudice osservava che la fattispecie era caratterizzata da reciproci inadempimenti, ma che doveva considerarsi più grave l’inadempimento della convenuta la quale, a fronte di una esplicita manifestazione di volontà dell’attrice volta all’acquisto del trasformatore, aveva ceduto a terzi il macchinario senza previa comunicazione, rendendosi, cosi, gravemente inadempiente all’obbligo di consegna del bene oggetto del contratto. Quanto ai danni lamentati da parte attrice, accoglieva la domanda di restituzione dell’acconto di Euro 13.320,00 e quella relativa alla rifusione delle spese per trasferimenti, pernottamento e noleggio auto pari a Euro 878,75, mentre riteneva non dovute le altre voci di danno.

Avverso tale decisione proponeva appello la società I.P.S srl con atto di citazione affidato al servizio postale in data 10 novembre 2011.

Si costituiva ritualmente la società MACE srl e riproponeva l’eccezione di incompetenza territoriale, mentre, nel merito, chiedeva accertarsi che il suo inadempimento non era più grave di quello di controparte, anzi era giustificato ex art. 1460 c.c. e, pertanto, chiedeva non solo respingersi ogni pretesa risarcitoria della I.P.S srl, ma anzi dichiarare risolto il contratto per inadempimento della stessa società appellante e condannarla al risarcimento del danno.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 4428 del 2014, in parziale riforma della sentenza impugnata condannava la società MACE srl a pagare alla società I.P.S l’ulteriore somma di Euro. 59.700,00 oltre interessi legale dalla domanda al soddisfo e conferma nel resto la sentenza di primo grado. Condannava l’appellante al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio.

Secondo la Corte di Milano, la sentenza del Tribunale di Milano non poteva essere confermata perchè, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, non era ravvisabile alcun inadempimento nella condotta della società I.P.S srl e fu sola la condotta della società MACE srl a causare in via esclusiva la risoluzione del contratto. Per questa evenienza la società MACE andava condannata a pagare l’ulteriore somma di Euro 59.700,00 a titolo di risarcimento danni (lucro cessante).

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla società MACE con ricorso affidato ad un motivo. La società IPS International Power Supplier srl ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= Con l’unico motivo di ricorso la società MACE lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 con riferimento all’art. 1127 c.c. nonchè agli artt. 1175 e 1223 c.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Secondo la ricorrente la Corte distrettuale nel considerare prevalente e decisivo per la risoluzione del contratto l’inadempimento della Mace non avrebbe tenuto conto che l’inadempimento della Mace era stato determinato dalla società I.P.S. la quale avrebbe preteso prove di funzionamento del trasformatore acquistato ulteriori a quelle eseguite dalla società MACE, non convenute, contrattualmente, e, comunque, non avrebbe considerato che la società I.P.S. non si sarebbe comportata secondo i generali principi di buona fede e correttezza e non avrebbe rispettato l’obbligo di cui all’art. 1227 c.c., comma 2 che obbliga il danneggiato, di non aggravare il danno. E di più, la condanna al pagamento della somma di Euro 59.700,00 sarebbe in contrasto con i principi di cui all’art. 1223 c.c. che esige un rapporto casuale e immediato fra inadempimento e danno. Un evento dannoso è da considerarsi causato da altro se, fermo restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo. E, nel caso di specie, l’inadempimento addebitato a società MACE, alienazione a terzi del trasformatore, non si pone affatto in un rapporto causale ed immediato con il danno riconosciuto alla società I.P.S. dato che la società MACE avrebbe alienato il trasformatore a terzi solo diversi mesi dopo da quanto la società I.P.S comunicava che la società UTE Solar srl aveva provveduto ad acquistare altrove il trasformatore.

1.1. = Il motivo è infondato ed essenzialmente perchè l’assunta violazione di legge si basa e presuppone una diversa valutazione e ricostruzione delle risultanze di causa, censurabile – e solo entro certi limiti – sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detto motivo. Va qui ribadito che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi

violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (in tal senso essenzialmente cfr. Cass. n. 16698 e 7394 del 2010).

1.2.= Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale come esplicitamente afferma la sentenza impugnata “(….) come risulta dall’esame della corrispondenza intercorsa tra le parti, la inopinata vendita a terzi del trasformatore malgrado l’espressa volontà reiteratamente manifestata dalla società I.P.S. srl ed in modo del tutto chiaro (doc. 25-30 attrice) di pretendere l’evasione della commessa e quindi di volere, comunque, ritirare il trasformatore a suo tempo ordinato è stata soltanto l’epilogo grave di una vicenda in cui la Mace si era già resa inadempiente approntando il macchinario invece che per il 30 gennaio 2008 come da contratto soltanto il 1 aprile 2008 e ciò senza alcuna giustificazione (di cui non vi è traccia in atti) e dopo aver promesso con la conferma d’ordine (da presumersi inviata a ragion veduta e sulla base di una valutazione in buona fede delle proprie capacità tecniche produttive) di consegnare il trasformatore nel predetto termine (….)”. E di più “(….) Così, se la committente fece slittare la ri-pattuita consegna del trasformatore alla data del 28 marzo 2008 (ancora una volta per altro non rispettata e differita, senza giustificazioni al 1 aprile 2008) richiedendo i test per una data di poco successiva a quella in cui potesse intervenire un emissario Ute Solar srl (doc. 10-11 Mace srl 20 I.P.S. srl) non si trattò come opinato dal primo giudice di pretese extra contratto ma della legittima cautela della committente che a fronte di un inesatto adempimento ormai consumato da parte della Mace intendeva assicurarsi che il bene promesso, consegnato con ritardo non tollerato e sempre stigmatizzato, fosse almeno pienamente funzionante e in grado di soddisfare le esigenze della società Ute Solar (…)”. Sicchè “(….) diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice non trova applicazione nella fattispecie l’art. 1227 c.c. non potendo parlarsi di comportamento non diligente della danneggiata nè di comportamelo che abbia dato causa anche solo in minima parte al danno conseguente all’indebita ed illegittima iniziativa di cui sopra (….)”.

Appare dunque del tutto evidente che la valutazione effettuata dalla Corte distrettuale non lascia spazio per ritenere che l’inadempimento della Mace fosse dovuto alla committente e che, comunque, la committente non abbia mantenuto quel comportamento necessario per evitare il danno patito, posto che la stessa si è dichiarata egualmente disposta alla consegna del macchinario anche oltre il termine pattuito con l’unica legittima condizione che fosse almeno funzionante. In verità a fronte di queste puntuali osservazioni, la società MACE contrappone le proprie ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, nè può la ricorrente pretendere il riesame del merito sol perchè la valutazione delle accertate circostanze di fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le proprie aspettative.

1.3.= Contrariamente poi, a quanto sostenuto dalla ricorrente il danno riconosciuto dalla Corte distrettuale alla società I.P.S. è in rapporto eziologico diretto con l’inadempimento della società MACE perchè non vi è dubbio che la società I.P.S. non ha potuto ottenere il corrispettivo pattuito con la società Ute Solar alla quale non ha potuto consegnare proprio quel trasformatore che aveva acquistato dalla MACE, dovendo considerare che è lucro cessante il mancato guadagno che si sarebbe prodotto se l’inadempimento non fosse stato posto in essere. Nel caso specifico il mancato guadagno come correttamente ha specificato la Corte distrettuale sarebbe rappresentato dalla differenza tra il corrispettivo che la società IPS avrebbe ottenuto dalla società Ute Solar e il prezzo pattuito con la società MACE.

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. condannata al pagamento delle spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente, le spese del presente giudizio di cassazione che liquida, in Euro 6.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori come per legge; dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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