Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2086 del 28/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 28/01/2011), n.2086

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12.

– ricorrente –

contro

Meriflora Stabia s. coop. r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 158/34/2006 della Commissione tributaria

regionale della Campania, depositata il 17 luglio 2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

dicembre 2010 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. Marcello

Matera.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio, letto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 158/34/2006 del 17.7.2006 della Commissione tributaria regionale della Campania, che aveva respinto il suo appello per la riforma della pronuncia di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla s.coop. r.l. Meriflora Stabia per l’annullamento dell’avviso di rettifica che, sulla base di movimentazioni bancarie, le contestava l’omessa contabilizzazione di operazioni imponibili a fini iva per l’anno 1996;

vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., dal consigliere delegato Dott. Mario Bertuzzi, che ha concluso per l’infondatezza del ricorso, osservando che:

– “con il primo l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denunzia” Nullità della sentenza per motivazione apparente.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4″, assumendo che la motivazione della sentenza impugnata è solo apparente e non consente di cogliere la ratio decidendi in forza della quale è stato respinto il gravame avanzato dall’Ufficio;

– “che il mezzo è infondato atteso che la decisione impugnata motiva la conclusione raggiunta sulla base dell’affermazione, che segue alla illustrazione delle contrapposte posizioni delle parti, che “dalla lettura e dall’esame del verbale, effettivamente, si evince che alcune movimentazioni risultano giustificate, altre riferite a discordanze contabili sono ritenute verosimili in quanto giustificate dalla differenza dei cambi, altre ancorarono segnalate ..”, e che tale motivazione esprime una ragione del decidere sufficientemente chiara, ravvisabile nella considerazione che le movimentazioni bancarie contestate risultano registrate in contabilità o comunque sono apparse giustificate”;

– “il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, e dell’art. 2697 cod. civ. e vizio di motivazione, lamentando che il giudice di appello abbia deciso la controversa sulla base dell’erroneo presupposto di addossare, nel caso di specie, l’onere della prova all’Amministrazione piuttosto che al contribuente”;

– “il mezzo è infondato in relazione al denunziato errore di diritto, avendo il giudice di merito deciso la lite sulla base di un accertamento di fatto l’iscrizione degli importi riportati nelle movimentazioni bancarie in contabilità e la loro giustificazione – e non in applicazione della regola dell’onere della prova ed inammissibile con riguardo al vizio di motivazione, in quanto formulato in modo non conforme alla prescrizione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., comma 2, – applicabile nella fattispecie essendo stata la sentenza impugnata depositata dopo il 2 marzo 2006 (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) – la quale, secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 20603 dell’1.10.2007 (poi ulteriormente confermato da numerose pronunce delle Sezioni semplici, tra le quali si segnalano le ordinanze n. 8897 del 2008 e n. 4309 del 2008), impone al ricorrente che denunzi il difetto di motivazione della decisione impugnata l’onere non solo di dedurre in modo specifico la relativa censura, ma anche di formulare, al termine di essa, un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, costituente un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in modo da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua inammissibilità”; rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alla parte ricorrente;

ritenuto che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall’esame degli atti di causa, che all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte sopra menzionato, del tutto univoco e consolidato;

che, pertanto, il ricorso va respinto, nulla disponendosi sulle spese di giudizio, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2011

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