Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20859 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 20859 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: BISOGNI GIACINTO

Ud. 23/04/13
Motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Francesco Di Remigio,

1.4» (k-A- P15-0 ldè

elettivamente domiciliato in

55

Roma, L.
via Cervete Éi 21+ presso lo studio dell’avv. Luca
Gargiani, rappresentato e difeso, per procura a margine
del ricorso, dall’avv. Paolo Di Egidio il quale
dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al
presente giudizio al fax 0861243494 ovvero agli
indirizzi e-mail p.diegidiodiegidio.it , p.e.c.
paolo.diegidio@pec.diegidio.it ;
– ricorrente contro

2013

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

1

Data pubblicazione: 11/09/2013

generale

dello

Stato

(fax

06.96514000,

p.e.c.

ags.rmmailcert.avvocaturastato.it ) e domiciliato presso
i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente avverso il decreto della Corte d’appello di Campobasso

2010, R.G. n. 215/2010;
sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Immacolata Zeno che ha concluso per
raccoglimento del ricorso;
rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la
motivazione semplificata della decisione;

Rilevato che:
1. Con ricorso del 7 luglio 2010, Francesco Di
Remigio ha chiesto alla Corte di appello di
Campobasso la condanna del Ministero della
Giustizia al risarcimento del danno ex legge
n.89/2001 subito per la durata eccessiva e non
ragionevole del giudizio civile svoltosi in primo
grado davanti al Tribunale di Teramo dal marzo
1983 al maggio 2004 e in appello davanti alla
Corte di appello de L’Aquila dal giugno 2005 al
dicembre 2008.
2. La Corte di appello di Campobasso ha dichiarato
inammissibile il ricorso

ritenendo fondata

l’eccezione sollevata dal Ministero della

2

emesso il 23 novembre 2010 e depositato il 31 dicembre

Giustizia per mancanza di prova circa la
condizione di proponibilità dell’azione di cui
all’art. 4 della legge n. 89/2001. Ha affermato
la Corte che la parte ricorrente ben avrebbe
potuto fornire la prova dell’applicabilità dal
termine ordinario di impugnazione di cui all’art.

grado di appello nel giudizio presupposto,
mediante certificazione della Cancelleria della
Corte di appello de L’Aquila attestante la
mancata comunicazione da parte dell’ufficiale
giudiziario di notifica della sentenza.
3. Ricorre per cassazione Francesco DI Remigio
affidandosi a tre motivi di ricorso con i quali
deduce: a) violazione e falsa applicazione
dell’art. 4 della legge n. 89/2001 in relazione
agli artt. 2697 e 115 c.p.c.; b) violazione e
falsa applicazione dell’art. 4 della legge n.
89/2001 in relazione agli artt. 3, comma 5, della
legge n. 89/2001, 112 del D.P.R. n. 1229/1959,
124 disp. att. c.p.c. e 24 Costituzione; c)
violazione e falsa applicazione dell’art. 3,
coma 5, omessa o insufficiente motivazione su un
punto decisivo della controversia.
4. Si difende con controricorso il Ministero della
Giustizia.
5. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente
contesta la decisione della Corte molisana
affermando

che

sarebbe

3

stato

onere

327 c.p.c., rispetto alla sentenza emessa in

dell’amministrazione resistente, la quale nulla
ha eccepito al riguardo, provare il passaggio in
giudicato per effetto della notifica della
sentenza conclusiva del giudizio presupposto e la
conseguente tardività del ricorso ex legge n.
89/2001 se proposto oltre sei mesi dal passaggio

2006).
6. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente
contesta che la certificazione indicata dalla
Corte di appello sia idonea a comprovare in tutti
i casi la data del passaggio in giudicato della
sentenza conclusiva del giudizio presupposto e
ritiene comunque che l’accollo sul ricorrente
dell’onere di provare tale data comporta un
conflitto con le norme costituzionali. In questa
prospettiva si riporta alla giurisprudenza della
Corte Costituzionale (sentenza n. 75 dell’il
febbraio 2005) per affermare che la parte onerata
della prova della tempestività del ricorso possa
chiedere l’acquisizione in tutto o in parte degli
atti e documenti del processo presupposto ovvero
che, ai fini della valutazione dell’assolvimento
dell’onere probatorio in questione, si tenga
conto del disposto dell’art. 124 disp. att.
c.p.c.
7. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente
lamenta che la Corte di appello non abbia
motivato il mancato accoglimento della richiesta

4

in giudicato (Case. civ. 3826 del 21 febbraio

di acquisizione degli atti del processo
presupposto né abbia esercitato il potere di
acquisire di ufficio gli atti.
Ritenuto che:
8. Secondo consolidato orientamento di questa Corte
(cfr. da ultima

Cass. civ. sezione VI-1 n. 841

per violazione del termine ragionevole di durata
del processo, per definitività della decisione
che conclude il procedimento nel cui ambito la
violazione si assume verificata, la quale segna

quo del termine di decadenza di sei

il dies a

mesi per la proponibilità della domanda,
s’intende,

in relazione al

giudizio

di

cognizione, il passaggio in giudicato della
sentenza che lo definisce, con la conseguenza che
spetta all’amministrazione convenuta comprovare
la tardività della domanda in relazione
all’acquisito carattere di definitività del
provvedimento conclusivo del giudizio nel quale
si è verificata la violazione del termine
ragionevole di durata, a seguito dello spirare,
in conseguenza della notificazione, del termine
di cui all’art. 325 cod. proc. civ. (cfr. le
sentenze di questa Corte nn. 3826 del 2006 e
15939 del 2009).
9. In particolare, con la sentenza n. 13014 del 2010
– pronunciata in fattispecie analoga alla
presente

I

questa Corte ha ribadito che, “ai

5

del 15 gennaio 2013), in tema di equa riparazione

fini della condizione di proponibilità della
domanda di equa riparazione, prevista dalla L. 24
marzo 2001, n. 89, art. 4, sussiste la pendenza
del procedimento, nel cui ambito la violazione
del termine di durata ragionevole sì assume
verificata, allorché sia stata emessa la relativa

il

termine lungo per la proposizione

dell’impugnazione (Caso. 2003/11231), spettando
comunque all’amministrazione convenuta comprovare
la tardività della domanda in relazione
all’acquisito carattere di definitività del
provvedimento conclusivo del giudizio nel quale
si è verificata la violazione del termine
ragionevole di durata, a seguito dello spirare,
in conseguenza della notificazione, del termine
di cui all’art. 325 c.p.c., (Cass. 2006/3826)”;
111 Nella specie, i Giudici a quibus hanno, in
palese violazione dei qui ribaditi

principi,

dichiarato inammissibile il ricorso, per
intempestività della sua proposizione, onerando
il ricorrente della prova della tempestività del
ricorso in riferimento al termine breve di
impugnazione;
11. Il decreto impugnato deve pertanto essere
cassato con conseguente rinvio della causa alla
stessa Corte d’Appello di Campobasso, in diversa
composizione, la quale si uniformerà a tali
principi, provvedendo a decidere la causa ed a

6

sentenza di primo grado e non sia ancora decorso

regolare le spese del presente grado del
giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto
impugnato e rinvia alla Corte di appello di Campobasso
che deciderà, in diversa composizione, anche sulle

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
23 aprile 2013.

spese del giudizio di cassazione.

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