Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20858 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. II, 02/08/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 02/08/2019), n.20858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20689-2015 proposto da:

F.T.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ORTI DELLA FARNESINA 126, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO

STELLA RICHTER, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIUSEPPE PICCI;

– ricorrente –

contro

F.L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIACOMO DELLA PORTA, 18, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO

CAPORALI, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO CARBONE,

FILIPPO TUDISCO;

– controricorrente –

e contro

F.M.R., M.I.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 199/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 02/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/03/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza resa in data 15.11.2012, il Tribunale di Ragusa, rigettava la domanda proposta da F.T.A. nei confronti di F.L.M., F.M.R. e M.I.A. e la Duegi s.r.l., con la quale l’attrice pretendeva la ricostituzione dell’asse ereditario facente capo al padre F.A., in ragione delle disposizioni contenute in una dichiarazione privata (recante la data del 19.12.1979) sottoscritta dal fratello L.M., in cui questi affermava che i beni immobili ivi indicati, seppure formalmente a lui intestati (provenienti in parte da un atto d’acquisto di pari data dall’omonimo cugino Fr.Lu. e in parte dall’eredità dallo zio Fr.An.), in realtà erano di proprietà del de cuius essendo egli mero intestatario fiduciario; beni che erano stati alienati – vivente il padre – in parte a terzi e in parte alla moglie M.I.A..

Avverso tale sentenza ha proposto appello F.T.A. chiedendone l’integrale riforma.

Si è costituito in giudizio F.L.M. che ha insistito nel rigetto del gravame, contestualmente proponendo appello incidentale con cui, in riforma sul punto dell’impugnata sentenza, ha chiesto dichiararsi la non autenticità della scrittura del 19.12.1979.

Si sono, altresì, costituite F.M.R. e M.I.A. chiedendo il rigetto dell’appello.

La Corte di Appello di Catania, con sentenza n. 199 del 2015 rigettava l’appello e confermava la sentenza di primo grado, tuttavia, con motivazione diversa.

Secondo la Corte etnea, l’atto scritto del 19.12.1979 con il quale F.L.M. dichiarava che i beni pervenuti in successione a Fr.An. e il bene acquistato con atto notarile del 19 dicembre 1979 erano di proprietà di F.A. (del padre) dovendosi considerare semplice intestatario fiduciario e che si impegnava, all’apertura della successione del padre, a suddividerli, per l’usufrutto di un terzo, con la madre Fr.Ma. e per la proprietà di metà con la sorella Ma., era nullo perchè non si riveniva la ragione per la quale doveva essere ritenuta meritevole di tutela quella promessa di trasferire a terzi a titolo gratuito.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da F.T.A. con ricorso affidato ad un motivo, illustrato con memoria. F.L.M. ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= Con l’unico motivo di ricorso F.T.A. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1326,536,588,713,737,746,747,1417,1988,2697,1174 e 1705 c.c. nonchè delle disposizioni e dei principi generali in tema di negozio fiduciario, tutti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5; dell’art. 112 c.p.c. per omessa corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 e dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Secondo la ricorrente la Corte distrettuale avrebbe errato nell’identificare il petitum e avrebbe deciso la causa in modo del tutto avulso dall’effettivo oggetto della controversia.

In particolare, sempre secondo la ricorrente, F.T. avrebbe agito per la ricostituzione dell’asse ereditario relitto dal padre chiedendo che venisse accertata la simulazione degli atti di alienazione posti in essere il proprio fratello relativamente a beni immobili di proprietà effettiva del comune genitore A. e di cui il proprio fratello risultava mero intestatario fiduciario in base ad una sua esplicita dichiarazione del 19 dicembre 1979.

1.1. = Il motivo è infondato, non solo, perchè si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei dati processuali non proponibile nel giudizio di cassazione, deputato a vagliare la legittimità della decisione, in diritto, ma, soprattutto, perchè l’accertamento della simulazione cui fa riferimento la ricorrente, presupponeva, necessariamente, che fosse accertato, come correttamente ha opinato la Corte distrettuale, che i beni oggetto della controversia fossero di proprietà di F.A.. Epperò, come è agevole comprendere, la ricostruzione del patrimonio relitto da F.A., così come chiesta da F.T.A., nonchè (o ancor prima) lo stesso accertamento della simulazione degli atti di trasferimento posti in essere da F.L.M. non poteva prescindere dall’accertare se la dichiarazione del 19 dicembre 1979 con la quale F.L.M. aveva dichiarato che, nonostante risultasse proprietario dei beni pervenuti in successione a Fr.An. e per l’atto di acquisto ricevuto dal notaio L. del 19 dicembre 1979, l’effettivo proprietario dei beni fosse il padre F.A., dovendosi considerare, L.M., mero intestatario fiduciario, era idonea a costituire un rapporto fiduciario tra il padre ed il figlio.

1.2. Ovvero se quella scrittura fosse in grado di trasferire al padre i beni di che trattasi, e/o, comunque, se, quella dichiarazione, integrasse gli estremi di una donazione a vantaggio del padre, e/o, ancora, se l’impegno contenuto in quella dichiarazione laddove F.L.M. dichiarava “(…) mi impegno in qualsiasi momento a trasferire i beni di cui si dice alle persone indicate da mio padre in tutto o in parte. Il patrimonio residuo all’apertura della successione dovrò suddividerlo per l’usufrutto di un terzo con mia madre Fr.Ma. e per la proprietà di metà con mia sorella Ma. (…)”, integrasse gli estremi di un obbligo esecutivo a trasferire i beni di che trattasi a vantaggio della madre e della sorella.

1.2. = Ciò detto, come, correttamente, ha chiarito la Corte distrettuale, nel caso in esame, la dichiarazione di F.L. del 19 dicembre 1979, non integra gli estremi di un contratto fiduciario non tanto perchè quella scrittura non risulta firmata da F.A. (dal padre) ma soprattutto perchè non integra gli estremi di un accordo fiduciario. Infatti, come è affermazione pacifica in dottrina ma anche nella giurisprudenza di questa stessa Corte: l’intestazione fiduciaria della proprietà sorge con un contratto (sicuramente atipico, ma talune volte riconducibile ad un mandato) in base al quale un soggetto (il fiduciante) trasferisce la proprietà di uno o più beni, ad un altro soggetto (il fiduciario), con l’obbligo di quest’ultimo di esercitare i relativi diritti per il soddisfacimento di determinati interessi del trasferente o di un terzo o comuni a lui ed al trasferente od al terzo. Epperò, nel caso in esame il padre non ha trasferito al figlio alcun bene perchè i beni di cui si dice erano stati acquistati dal figlio autonomamente e per comportamento proprio: F.L.M., aveva acquistato i beni provenienti dalla successione dello zio, per rappresentazione, perchè il padre aveva rinunziato all’eredità del proprio fratello e, a sua volta, aveva acquistato il bene di cui all’atto per notaio L., per contratto a sua firma, non risultando per altro che il corrispettivo di quella vendita fosse stato versato dal padre o con denaro del padre. Senza dire che, come ritiene, correttamente, la dottrina più attenta, il pactum fiduciae necessita della forma scritta, che nel caso di specie manca. Pertanto, F.L.M. non ha acquistato alcuna proprietà fiduciaria, comunque, perchè i beni di cui si dice erano, già, nel suo patrimonio formalmente e sostanzialmente.

1.3.= Quella dichiarazione non è neppure idonea a costituire una proprietà fiduciaria perchè l’identificazione di una proprietà fiduciaria in ordine ai beni di cui si dice, presupporrebbe, comunque, il riconoscimento o l’attribuzione, della proprietà al padre, epperò, l’atto ricognitivo e/o, come meglio specifica una parte della dottrina, il negozio di accertamento non ha effetti traslativi avendo la funzione di eliminare l’incertezza relativa ad una data situazione di fatto o relativa ad un rapporto giuridico preesistente. E, comunque, ove, quel negozio, avesse effetti traslativi della proprietà dei beni, sarebbe nullo per mancanza di causa giustificativa dell’attribuzione patrimoniale, e ove si volesse intendere quale donazione, anche per mancanza di forma.

1.4.= A sua volta escluso che nel caso in esame ricorra un’ipotesi di proprietà fiduciaria, nullo è l’impegno a costituire sui beni di cui si dice l’usufrutto a vantaggio della madre e a trasferire metà degli stessi beni alla sorella, alla morte del padre, perchè sarebbe privo di causa, posto che l’obbligo a trasferire a terzi gli immobili trovava giustificazione in una causa fiducia cioè, in un preesistente contratto fiduciario di cui costituiva il negozio attuativo, non identificabile.

In verità, il nostro sistema normativo fondato, come riconosce la dottrina e la stessa giurisprudenza di questa Corte, sul principio dell’essenzialità della causa non consente di ritenere vincolante una “nuda promessa” cioè un impegno giuridico fondato sulla parola data.

Infatti, nel caso in esame, l’assunzione da parte di F.L.M., di impegno non rifiutato da controparte, sarebbe nullo perchè quella dichiarazione, se sotto un profilo formale integra gli estremi di un “contratto unilaterale”, ovvero di un contratto ex art. 1333 c.c. (contratto con prestazione a carico del solo proponente), per sua natura astratto, tuttavia, sotto il profilo contenutistico, sarebbe privo di interesse di fondo concretamente perseguito con l’assunzione di quell’obbligo a trasferire gli immobili oggetto del giudizio.

1.5.= Inconferente è altresì il richiamo, effettuato dalla ricorrente, della sentenza di questa Corte n. 10633 del 2014, che a suo dire, avrebbe esaminato una questione del tutto identica (se non sovrapponibile) a questa, oggetto, del presente giudizio, perchè come appare evidente dalla lettura della sentenza richiamata le questioni in raffronto sono diverse quanto ai presupposti. E’ sufficiente a tal fine evidenziare che la dichiarazione esaminata dalla sentenza n. 10633 del 2014 integrava gli estremi di un accordo fiduciario se non altro perchè veniva dichiarato che gli immobili oggetto di controversia erano stati acquistati, dal fiduciario (dalla moglie), con denaro del fiduciante (cioè del marito).

In definitiva il ricorso va rigettato e la ricorrente in ragione del principio di soccombenza condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente, le spese del presente giudizio di cassazione che liquida, in Euro 6.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori come per legge; dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 14 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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