Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20856 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. II, 02/08/2019, (ud. 13/03/2019, dep. 02/08/2019), n.20856

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 985-2018 proposto da:

L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI, 1, presso lo studio dell’avvocato CARLO CIPRIANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MARIA ROMITO;

– ricorrente –

contro

LO.AN., C.B. elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA FABIO MASSIMO 107, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

LUCA LOBUONO TAJANI, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLA

VITTORIO RICCARDI;

– controricorrenti –

e contro

L.D., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 15258/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 20/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/03/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO, il quale ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso;

uditi gli Avvocati ROMITO e LOBUONO TAJANI, per delega dell’Avvocato

RICCARDI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L.S. ha proposto ricorso articolato in unico motivo per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione n. 15258/2017, depositata il 20 giugno 2017. LO.AN. E C.B. resistono con controricorso. Rimangono intimati senza svolgere difese L.D., + ALTRI OMESSI.

Su proposta del relatore, ai sensi degli artt. 391-bis c.p.c., comma 4 e art. 380-bis c.p.c., commi 1 e 2, che ravvisava l’ammissibilità del ricorso, il presidente fissava con decreto l’adunanza della Corte, perchè la controversia venisse trattata in camera di consiglio nell’osservanza delle citate disposizioni.

Con ordinanza interlocutoria del 18 dicembre 2018, il Collegio, non ritenendo l’inammissibilità del ricorso per revocazione, rinviava la causa alla pubblica udienza della sezione semplice ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., comma 4.

La sentenza della Corte di cassazione n. 15258/2017 ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto da L.S. avverso la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Bari in data 27 dicembre 2012, su gravame principale proposto da Lo.An. e C.B. e su appello incidentale avanzato da L.D.. La Corte d’Appello, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva dichiarato i signori Lo. e C. titolari del diritto di proprietà condominiale sul lastrico solare del fabbricato oggetto di causa e per l’effetto aveva condannato gli appellati a consegnare agli appellanti un duplicato della chiave del portone di ingresso posto al numero civico (OMISSIS). Per la cassazione della sentenza d’appello propose ricorso L.S., avente causa di L.D. giusta contratto di compravendita del 13 novembre 2007.

La sentenza della Corte di cassazione n. 15258/2017 dichiarò l’impugnazione improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, assumendo che il ricorrente, nella intestazione del proprio atto, avesse dichiarato di impugnare la sentenza della Corte di Appello di Bari n. 1445 del 27 dicembre 2012, notificata, per sua espressa ammissione, il 17 gennaio 2013, ed avesse però depositato esclusivamente una copia della sentenza priva della relata di notifica.

Ricorrente e controricorrenti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. Espone L.S., a sostegno del ricorso per revocazione, che egli aveva allegato che la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 1445 del 27 dicembre 2012, era stata notificata il 17 gennaio 2013 non a lui, ma a L.D., ovvero al proprio dante causa, il quale era stato parte dell’intero giudizio di appello, pur avendo ceduto l’immobile controverso a L.S. con contratto del 13 novembre 2007. Quest’ultimo aveva dunque proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 c.p.c., ma non era tenuto a depositare copia della sentenza notificata al proprio dante causa. La sentenza di cassazione sarebbe perciò effetto di un errore di fatto, giacchè erroneamente fondata sulla supposizione che L.S. avesse ammesso l’avvenuta notifica nei suoi confronti della sentenza della Corte di Appello di Bari n. 1445 del 27 dicembre 2012.

I controricorrenti LO.AN. E C.B. oppongono che, avendo L.S. notificato il ricorso avverso la sentenza della Corte di Bari in data il 18 marzo 2013, egli era tenuto ad esibire la relata di notificazione che aveva dichiarato essere avvenuta il 17 gennaio 2013, ai fini della prova della tempestività dell’impugnazione.

II.Pur essendo il motivo di revocazione, esposto da pagina 4 a pagina 16, non strutturato mediante predisposizione di una propria distinta rubrica, che ne indichi le ragioni di censura necessariamente sussunte nell’art. 395 c.p.c., n. 4, può dirsi che la domanda di revocazione della sentenza della Corte di Cassazione n. 15258/2017 contenga comunque, come prescritto a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni della revocazione e la esposizione dei fatti di causa rilevanti (cfr. Cass. Sez. U, 20/11/2003, n. 17631; Cass. Sez. U, 06/07/2015, n. 13863).

III. Per consolidata interpretazione in materia di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4 deve consistere in una disamina superficiale di dati di fatto che abbia quale conseguenza l’affermazione o la negazione di elementi decisivi per risolvere la questione, ovvero in un errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale (Cass. 22/09/2014, n. 19926; Cass. 09/12/2013, n. 27451; Cass. Sez. Un. 28/05/2013, n. 13181; Cass. 12/12/2012, n. 22868; Cass. 18/01/2012, n. 714; Cass. Sez. Un. 30/10/2008, n. 26022).

IV. Come visto, la sentenza della Corte di cassazione n. 15258/2017 dichiarò il ricorso proposto da L.S. improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, assumendo che “il ricorrente nella intestazione del proprio ricorso (p. 1) ha dichiarato di proporre ricorso, per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bari n. 1445 del 27 dicembre 2012, notificata per espressa ammissione dell’odierno il 17 gennaio 2013, dall’altro, ha depositato esclusivamente una copia della sentenza di cui ha chiesto la cassazione, priva della relata di notifica (copia conforme all’originale) – così come risulta dalla certificazione di cancelleria”. La sentenza n. 15258/2017 richiamò, invero, il consolidato principio giurisprudenziale operante nella “ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata”, e si limiti, tuttavia, a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione.

IV.1. Va considerato come la valutazione di “non inammissibilità” del ricorso per revocazione, che la Corte compie ai fini del rinvio alla pubblica udienza della sezione semplice, in base all’art. 391 bis c.p.c., comma 4, come sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. l, n. 3, – dalla L. n. 197 del 2016, non preclude alla stessa Corte, all’esito dell’udienza pubblica, di dichiarare con sentenza l’inammissibilità del ricorso. In sostanza, seppur l’apposita sezione, di cui all’art. 376 c.p.c., abbia preventivamente ritenuto, come avvenuto nel caso in esame, di non pronunciare sul ricorso per revocazione nell’osservanza delle disposizioni di cui all’art. 380 bis c.p.c., commi 1 e 2, la delibazione della sezione semplice non rimane vincolata da quella precedente valutazione, ed anzi, in virtù della più ampia garanzia assicurata dal giudizio celebrato in pubblica udienza, essa si estende a tutte le questioni che pone lo stesso ricorso per revocazione (arg. da Cass. Sez. U, 07/03/2016, n. 4413).

IV.2. Ora, osserva il Collegio come l’affermazione contenuta nella sentenza n. 15258/2017, secondo cui vi era nel ricorso una “espressa ammissione” che la sentenza della Corte di Appello di Bari era stata notificata il 17 gennaio 2013, non suppone inequivocamente l’avvenuta notificazione della sentenza stessa a L.S., anzichè a L.D., e perciò non conclama l’errore di fatto che legittima la revocazione ex art. 391 bis c.p.c., ovvero una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di un elemento decisivo per risolvere la questione.

IV.3. Anche ad ipotizzare che la sentenza n. 15258/2017 fosse incorsa in errore, giacchè fondata sulla supposizione che la sentenza della Corte di Appello di Bari fosse stata notificata il 17 gennaio 2013 a L.S., tale errore non rivelerebbe l’essenziale carattere decisivo, in quanto non costituirebbe comunque una ragione determinante ed ineliminabile nell’economia della decisione che ha condotto alla improcedibilità del ricorso (cfr. Cass. Sez. 6, 17/05/2018, n. 12046; Cass. Sez. L, 04/11/2015, n. 22520; Cass. Sez. L, 14/11/2014, n. 24334).

In sostanza, l’ipotizzato errore in ordine all’effettivo destinatario della notificazione della sentenza impugnata – da intendersi eseguita nei confronti del dante causa del ricorrente e non di quest’ultimo, che ha proposto il ricorso per cassazione quale successore a titolo particolare nel diritto controverso neppure legittimerebbe la revocazione della sentenza di cassazione, in quanto comunque il mancato deposito della relata di notifica da parte dell’avente causa L.S. avrebbe condotto all’identico rilievo pregiudiziale di improcedibilità del ricorso, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.

Questa Corte ha ormai più volte affermato che la notificazione della sentenza effettuata nei confronti del dante causa, dopo che sia intervenuta la successione a titolo particolare nel diritto controverso, è idonea a far decorrere i termini brevi di impugnazione di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c., poichè, a norma dell’art. 111 c.p.c., commi 1 e 3, permane la legittimazione del dante causa medesimo quale sostituto processuale del successore fin quando egli, intervenuto in causa quest’ultimo, non ne sia estromesso con il consenso delle altre parti. I limiti temporali dipendenti da tale notificazione spiegano effetto anche nei confronti del successore, che non è terzo in senso sostanziale ed assume, perciò, la stessa posizione del dante causa in relazione alle impugnazioni che è legittimato a proporre autonomamente, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., comma 4, (Cass. Sez. 3, 07/02/2011, n. 2947; Cass. Sez. 2, 13/01/1997, n. 245; Cass. Sez. 1, 11/02/1995, n. 1558; Cass. Sez. L, 11/01/1990, n. 42).

L.S., come visto, ha dedotto di aver proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 1445 del 27 dicembre 2012, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., quale successore a titolo particolare nel diritto controverso di L.D., espressamente allegando che tale sentenza era stata notificata al proprio dante causa il 17 gennaio 2013, nei cui confronti era stata pronunciata, e tuttavia limitandosi a produrre una copia autentica del provvedimento impugnato, privo, quindi, della relata di notificazione (cfr. art. 369 c.p.c., comma 1 e comma 2, n. 2).

Poichè l’eseguita notificazione della sentenza effettuata nei confronti del dante causa, pur dopo che era intervenuta la successione a titolo particolare nel diritto controverso, è idonea a far decorrere i termini brevi di impugnazione di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. altresì nei confronti del successore, andava comunque applicata la sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, essendo la previsione del relativo onere di deposito funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, di regola, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve (cfr. anche Cass. Sez. U, 02/05/2017, n. 10648).

Neppure, del resto, avevano provveduto al deposito di copia della sentenza corredata della relata di notifica i controricorrenti.

La sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, applicabile allorchè non sia stata depositata, unitamente al ricorso, la relata di notifica della sentenza impugnata, per come ridefinita da ultimo in Cass. Sez. U, 02/05/2017, n. 10648, costituisce formalità compatibile con il diritto di accesso al giudice, sancito dall’art. 6, par. 1, della CEDU, e più in generale con la normativa sovranazionale in materia. Come osservava Cass. Sez. U, 02/05/2017, n. 10648, “la mancata produzione, nei termini, della sentenza impugnata o la mancata prova (mediante la relata di notifica) della tempestività del ricorso per cassazione costituiscono negligenze difensive che, per quanto frequenti, in linea di principio non sono giustificabili. Si tratta di adempimenti agevoli, normativamente prescritti da sempre, di intuitiva utilità per attivare il compito del giudice in modo non trasandato e conseguente con il fine di pervenire sollecitamente alla formazione del giudicato”.

Poichè, come detto, il successore nel diritto controverso, il quale voglia proporre impugnazione, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., comma 4, avverso la sentenza che abbia visto soccombente il proprio dante causa, ad evitare facili elusioni del vincolo della cosa giudicata formale e della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, non può non trovarsi nella stessa posizione di colui cui succede, tale vicenda successoria non può nemmeno far venir meno a carico dell’avente causa gli obblighi connessi all’avvenuta precedente notificazione della sentenza, dovendo perciò gravare sul successore, che sia stato informato di tale notificazione e voglia autonomamente proporre ricorso, l’onere di estrarre copia della relazione di notifica e di depositarla ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, salvo che l’omesso deposito non dipenda, agli effetti dell’art. 153 c.p.c., comma 2, da una causa non imputabile al ricorrente.

In definitiva, va dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto da L.S. avverso la sentenza della Corte di cassazione n. 15258/2017, depositata il 20 giugno 2017, regolando secondo soccombenza le spese processuali del giudizio di revocazione, liquidate in dispositivo, in favore dei controricorrenti Lo.An. e C.B.. Non occorre provvedere al riguardo per gli altri intimati, giacchè non hanno svolto difese.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi del citato D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per revocazione dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per revocazione e condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione e nel giudizio di revocazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per revocazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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