Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20853 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 20853 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: BISOGNI GIACINTO

Ud. 23/04/13
Motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Gerardo Califano,

domiciliato in Roma, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e
difeso, per procura speciale in calce al ricorso
dall’avv. Salvatore Nocera il quale dichiara di voler
ricevere le comunicazioni al telefax 081/916932 o
all’indirizzo e-mail salnocera@libero.it ;

– ricorrente contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

2013

generale dello Stato e domiciliato presso i suoi
uffici in Roma, via dei Portoghesi 12 (fax 06/96514000

ay.,

J

1

Data pubblicazione: 11/09/2013

pec: ads.rm@mailcert.avvocaturastato.it);
– controrícorrente avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli
emesso il 4 giugno 2010 e depositato il 12 luglio
2010, R.G. n. 6298/2009;

Generale Dott. Immacolata Zeno che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;
rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la
motivazione semplificata della decisione;

Rilevato che:
1. Con ricorso del 29 novembre 2009 Gerardo
Califano, in proprio e quale erede della madre
Lidia Califano, deceduta il 27 maggio 2000, ha
chiesto alla Corte di appello di Napoli la
condanna del Ministero della Giustizia al
risarcimento del danno ex legge n.89/2001 subito
per la durata eccessiva e non ragionevole del
giudizio civile, instaurato dal Comune di Pagani
nei confronti della madre e svoltosi in primo
grado davanti al Tribunale di Salerno dal 25
luglio 1986 all’Il marzo 2002 e in appello dal 24
giugno 2003 al 27 luglio 2009.
2. La Corte di appello di Napoli ha respinto il
ricorso rilevando che il Califano aveva
rinunciato all’eredità materna e non si era
comunque costituito nel giudizio di appello.

sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

3.

Ricorre per

cassazione Gerardo Calif ano

affidandosi a motivi di ricorso con i quali
deduce: a) la violazione dell’art. 470 c.c.; b)
la violazione degli artt. 115 e 291 c.p.c.; c) la
violazione della tariffa professionale forense ex
D.M. 8 aprile 2004 n. 127.

Giustizia.
Ritenuto che
5. Con il primo motivo di ricorso Gerardo Califano
contesta sostanzialmente la circostanza della sua
rinuncia all’eredità materna.

motivo è

inammissibile. Il ricorrente lamenta una violazione
di legge palesemente inesistente e senza alcun nesso
con la sintetica parte espositiva del motivo in cui
deduce sostanzialmente un travisamento da parte della
Corte di appello della documentazione agli atti che
avrebbe eventualmente dovuto far valere con ricorso
per revocazione.
6. Con il secondo motivo di ricorso si afferma, anche
qui senza alcun nesso con la parte illustrativa del
motivo, la violazione degli artt. 115 e 291 c.p.c. In
realtà l’impugnazione riguarda la sua posizione di
avente diritto all’equa riparazione nonostante la
mancata costituzione nel processo svoltosi sino al 27
maggio 2000 nei confronti della madre. Diritto che è
pacificamente escluso dalla giurisprudenza di
legittimità secondo cui, in tema di equa riparazione
ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, qualora la

3

4. Si difende con controricorso il Ministero della

parte costituita in giudizio sia deceduta nel corso
di un processo avente una durata irragionevole,
l’erede ha diritto al riconoscimento dell’indennizzo
iure proprio soltanto per il superamento della
predetta durata verificatosi con decorrenza dal
momento in cui, con la costituzione in giudizio, ha
Cass.

cív. sezione I n. 13803 del 23 giugno 2011).
7. Infine con il terzo motivo di ricorso il ricorrente
contesta l’ammontare della liquidazione delle spese
ritenendo erroneamente che la Corte territoriale
avrebbe superato il massimo tariffario (cfr.

Cass.

cív. I sezione n. 21371 del 7 ottobre 2009 secondo
cui, ai fini della liquidazione delle spese
processuali, il procedimento camerale

per

l’equa

riparazione del pregiudizio derivante dalla riduzione
del termine di ragionevole durata del processo – di
cui alla legge n. 89 del 2001 – va considerato quale
procedimento

avente

natura contenziosa, con le

conseguenze che, ai fini della liquidazione degli
onorari e dei diritti spettanti all’avvocato per
l’attività in esso prestata, trovano applicazione le
tabelle A, paragrafo IV, e H, paragrafo I, allegate
al d.m. 8 aprile 2004, n.127, nonché il principio, di
cui all’art.24 della legge n. 794 del 1942, della
inderogabilità degli onorari minimi e dei diritti
stabiliti in detta tariffa).
8. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e il
ricorrente condannato al pagamento delle spese del

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assunto a sua volta la qualità di parte (cfr.

giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione liquidate in 550 euro oltispese
prenotate a debito.

23 aprile 2013.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del

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