Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20852 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 30/09/2020), n.20852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14507-2013 proposto da:

FIAT GROUP PURCHASING SRL A SOCIO UNICO, elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA GONDAR 22, presso lo studio dell’avvocato MARIA

ANTONELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CORRADO MAGNANI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 90/2012 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 11/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/12/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

A seguito di processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della società consolidata Fiat Group Purchasing srl a socio unico, e nei confronti della consolidante Fiat spa, un avviso di accertamento per l’anno di imposta 2006 con il quale contestava alla società consolidata Fiat Group Purchasing l’indeducibilità del costo di Euro 812.582 per compenso corrisposto all’amministratore in quanto non regolarmente documentato, e del costo di Euro 58.319 perchè ritenuto non di competenza.

La società consolidata Fiat Group Purchasing proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Torino che lo accoglieva parzialmente con sentenza n. 96 del 2011, annullando la ripresa di costi indeducibili per compenso agli amministratori.

L’Ufficio proponeva appello alla Commissione tributaria regionale del Piemonte che lo accoglieva con sentenza n. 90 del 11.12.2012.

Contro la sentenza di appello Fiat Group Purchasing srl a socio unico propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Deposita memoria.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Primo motivo:” Violazione e falsa applicazione dell’art. 83 e dell’art. 109 TUIR, comma 5 e falsa applicazione degli artt. 2364 e 2389 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″, nella parte in cui ha ritenuto l’indeducibilità del compenso all’amministratore perchè non deliberato dall’assemblea, anche in considerazione della riforma del diritto societario attuata nel 2003 secondo cui per le società a responsabilità limitata non vige l’obbligo di stabilire i compensi agli amministratori con delibera assembleare.

Il motivo è infondato. Con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell’art. 2389 c.c., comma 1, (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003), qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall’essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell’interesse pubblico al regolare svolgimento dell’attività economica; la distinta previsione delle delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364 c.c., nn. 1 e 3); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 c.c.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393 c.c., comma 2). Conseguentemente, l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall’art. 2389 cit., salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori. (Sez. U, Sentenza n. 21933 del 29/08/2008). Pertanto, in mancanza di una specifica disciplina in materia di compensi agli amministrati della società a responsabilità limitata, e considerata la non decisività sul punto delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 6 del 2003, deve ritenersi l’applicabilità in via estensiva della disciplina sui compensi agli amministratori stabilita per le società per azioni dall’art. 2364 c.c., n. 3 e dall’art. 2389 c.c., comma 1, secondo cui il compenso agli amministratori deve essere previamente deliberato dalla assemblea (qualora non sia stato prestabilito nell’atto costitutivo o nell’atto di nomina). In ogni caso, secondo la disciplina fiscale, tutti i compensi corrisposti agli amministratori delle società soggette ad Ires, tra cui le s.r.l., (art. 95 TUIR, comma 5, che richiama l’art. 73) sono deducibili, ma alla condizione che siano stati deliberati dalla assemblea, poichè solo la determinazione dell’entità del compenso stabilita dall’organo sociale compente assicura che il costo abbia i requisiti della certezza, determinazione ed inerenza richiesti dall’art. 109 TUIR per la deducibilità dei componenti negativi del reddito di impresa, non potendosi rimettere la quantificazione del costo alla determinazione unilaterale degli amministratori, soggetti creditori (in senso conforme Sez.5 n. 884 del 2019; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8210 del 30/03/2017; Sez. 5 n. 21953 del 2015).

2. Secondo motivo: “Omesso esame circa un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto il giudice di appello non ha considerato che la richiamata pronuncia delle SU esamina una problematica non attinente al caso in esame.

Il motivo è inammissibile nella parte in cui denuncia un omesso esame di un fatto storico-naturalistico (quale deve essere la censura proposta ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ma in realtà prospetta un vizio di erronea applicazione di una norma di diritto, censura comunque infondata per le ragioni già indicate nell’esame del primo motivo di ricorso.

Alla soccombenza segue la condanna alle spese liquidate come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 5.500 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1-quater e 1-bis, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del doppio contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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