Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20852 del 02/10/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20852 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 1528-2009 proposto da:
il” 30E 0 r DG-42. g

TANI MARIO tnamra30e05d612x,
CIPRIANI GIAMPIERO,
V. L.b carszBoti ci qtPX
VALDAMBRINI GIUSEPPE, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA ERITREA 9, presso lo studio dell’avvocato
GERARDO PICCICHE’, rappresentati e difesi dagli
km(do ~L’al I—
cc-t
A roft,- 4.- ik.A1-0
avvocati TOTARO GIUSEPPE,`(ALOISIO ROBERTO GIOVANNI con
LZ -g*hrb›L dAbl-c.., c: C, 21~ A v. Lt L
procura speciale, T9TARG 4W,LI E,I,D21.01

ricorrenti

contro

LANIFICIO RUGGERO ACCIAIOLI DI ANDREA MUGNAIONI & C
– SAS

IN

LIQUIDAZIONE

00656280484,

elettivamente

Data pubblicazione: 02/10/2014

domiciliato in ROMA, V.VALLA LORENZO 2, presso lo
studio dell’avvocato PIERFRANCESCO DELLA PORTA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LEONARDO
LIMBERTI;
– controricorrente

di FIRENZE, depositata il 22/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/06/2014 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato ALOISIO Roberto Giovanni, difensore
dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito l’Avvocato ALBERICI Fabio, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato DELLA PORTA Pierfrancesco,
difensore del resistente che ha chiesto il rigetto o
l’inammissibilità del ricorso;

udito

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo di ricorso e per il
rigetto dei restanti motivi.

1

avverso la sentenza n. 1115/2008 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 8-6-2004 il Tribunale di Prato, in
accoglimento della domanda proposta da Tani Mario, Cipriani
Giampiero e Valdambrini Giuseppe nei confronti della Lanificio

citazione del 16-4-1992, dichiarava la risoluzione, per
inadempimento della convenuta, del contratto preliminare stipulato
in data 21-12-1977, con il quale la predetta società aveva promesso
in vendita agli attori un opificio industriale in Prato per il prezzo di
lire 210.000.000; condannava la prominente venditrice alla
restituzione in favore degli attori della somma di curo 51.645,69,
oltre interessi legali; in accoglimento della domanda riconvenzionale
e della richiesta di compensazione dei crediti vantati reciprocamente
dalle parti, condannava la convenuta al pagamento in favore degli
attori della somma di curo 68.544,05, oltre rivalutazione monetaria
ed interessi legali.
La Lanificio Ruggero Acciaioli di Andrea Mugnaioni e C.
s.a.s. proponeva appello avverso la predetta decisione, eccependo, in
particolare, l’intervenuta prescrizione dei diritti vantati dagli attori,
e sostenendo l’erroneità della valutazione del danno e dell’indennità
di occupazione.
Nel costituirsi, gli appellati deducevano l’infondatezza
dell’eccezione di prescrizione, derivante, tra l’altro, dal reiterato

Ruggero Acciaioli di Andrea Mugnaioni e C. s.a.s. con atto di

riconoscimento dei diritti dell’appellata da parte degli appellanti, ex
art. 2937 n. 3 c.c. e 1242 c.c.
Con sentenza in data 22-7-2008 la Corte di Appello di Firenze,
in parziale accoglimento del gravame, dichiarava prescritti i diritti

favore dell’appellante della somma di euro 108.770,06 a titolo di
indennità di occupazione, con gli interessi legali sulla somma
rivalutata di anno in anno dalla domanda. La Corte territoriale, in
particolare, rilevava che Tani Mario, Cipriani Giampiero e
Valdambrini Giuseppe, con un precedente atto di citazione notificato
il 26-3-1980, avevano convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di
Prato la Lanificio Ruggero Acciaioli di Andrea Mugnaioni e C.
s.a.s., chiedendo l’adempimento ex art. 2932 c.c. del medesimo
contratto preliminare del 21-12-1977, e mutando nel corso del
giudizio tale domanda in quella di risoluzione per colpa della
convenuta, a causa della pendenza di una procedura esecutiva
immobiliare sul bene in questione proposta da un creditore
ipotecario; che in data 18-3-1983 il giudizio promosso dagli attori
i era stato sospeso in attesa della definizione della causa di
opposizione alla procedura esecutiva immobiliare, che, cancellata dal
ruolo in data 30-11-1984, non era stata più riassunta, così come non
era stato più riassunto il giudizio promosso con atto di citazione del
26-3-1980. Ciò posto, il giudice del gravame, nel dare atto della

azionati dagli attori, e condannava questi ultimi al pagamento in

intervenuta estinzione di entrambi i menzionati giudizi, eccepita in
via incidentale dalla società Lanificio Ruggero Acciaioli, rilevava
che, potendosi attribuire alla notificazione dell’atto di citazione del
26-3-1980 un effetto interruttivo solo istantaneo della prescrizione,

prescrizione, che era maturata il 26-3-1990; con la conseguenza che
alla data di notificazione della citazione introduttiva del presente
giudizio (16-4-1992) la prescrizione era già maturata.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso Tani
Mario, Cipriani Giampiero e Valdambrini Giuseppe, sulla base di
quattro motivi, tutti corredati dalla formulazione di quesiti di diritto,
ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.
La Lanificio Ruggero Acciaioli di Andrea Mugnaioni e C.
s.a.s. in Liquidazione ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e
falsa applicazione degli artt. 2937 e 2944 c.c., nonché l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo
della controversia. Sostengono che la Corte di Appello,
nell’accogliere l’eccezione di prescrizione sollevata dall’appellante,
non ha tenuto conto del fatto che la convenuta, nel giudizio di primo
grado, quando già era maturata la prescrizione dei diritti vantati dai
promittenti acquirenti, aveva tenuto una condotta incompatibile con

3

da tale data era cominciato a decorrere un nuovo periodo di

la volontà di avvalersi in futuro della prescrizione, riconoscendo i
diritti fatti valere dalle controparti e chiedendo espressamente la
propria condanna al pagamento di quanto ex adverso richiesto, con
compensazione del rispettivo dare ed avere.

Questa Corte ha più volte avuto modo di precisare che la
rinuncia tacita a far valere la prescrizione presuppone un
comportamento processuale in cui sia necessariamente insita la
univoca volontà di non sollevare la relativa eccezione. Pertanto, se la
parte si difende nel giudizio di primo grado sul merito della causa
senza eccepire preliminarmente la prescrizione, non per questo tale
condotta assume la valenza di un comportamento univoco,
incompatibile con la volontà di sollevare tale eccezione, la quale,
oltretutto, nella vigenza del testo originario dell’art. 345 c.p.c.
-applicabile alla fattispecie in esame

ratione temporis , come

correttamente rilevato nella sentenza impugnata, poteva essere
dedotta per la prima volta anche in appello (Cass.. 4-1-2011 n. 99;
Cass. 28-7-2000 n. 9927).
In applicazione di tali principi, in particolare, si è escluso che
possa ravvisarsi una rinuncia tacita alla prescrizione nel
comportamento del debitore che promuove giudizio per la risoluzione
del contratto dal quale il diritto trae origine (Cass. 22-10-2010 n.
21798; Cass. 24-5-1996 n. 4760). Si è osservato, infatti, che l’aver

Il motivo è infondato.

proposto domanda di risoluzione del contratto non costituisce fatto
univoco, incompatibile in maniera assoluta -senza cioè alcuna
possibilità di diversa interpretazione- con la volontà di avvalersi
della prescrizione, atteso che tale iniziativa giudiziale (domanda di

dell’efficacia e la estinzione del rapporto giuridico, non contraddice
in maniera insanabile, come richiesto dalla norma, con la
proposizione dell’eccezione di prescrizione, anch’essa intesa a far
accertare l’estinzione dei diritti derivanti dal rapporto; anche perché
il debitore può avere interesse, in un primo momento, specie ai fini
restitutori e risarcitori, a chiedere la risoluzione, riservandosi di
eccepire successivamente, se necessario, l’intervenuta prescrizione
(Cass. 24-5-1996 n. 4760).
Nella specie, pertanto, la sentenza impugnata non è incorsa
nelle denunciate violazioni di legge nell’escludere che le diverse
difese di merito svolte in primo grado dalla società Lanificio
potessero essere equiparate a una rinuncia implicita a far valere la
prescrizione nel grado successivo e nel ritenere, conseguentemente,
irrilevante l’asserito riconoscimento dei diritti degli attori da parte
della convenuta, invocato dagli appellati.
Né ricorrono i dedotti vizi di motivazione, in quanto il giudice
del gravame, nell’escludere che le difese di merito svolte in primo
grado dalla convenuta potessero ritenersi incompatibili con la

5

risoluzione), essendo diretta a determinare la cessazione

volontà di sollevare in seguito l’eccezione di prescrizione, ha
mostrato di aver tenuto conto di tutte le istanze, eccezioni e
argomentazioni difensive proposte dinanzi al Tribunale dalla odierna
resistente, comprese, quindi, la domanda di risoluzione del contratto

preliminare e le connesse pretese restitutorie, risarcitorie e di
compensazione dei contrapposti crediti.
L’apprezzamento espresso dal giudice di appello riguardo alla
insussistenza di una rinuncia implicita, da parte della società
convenuta, a far valere in appello la prescrizione già maturata, si
sottrae al sindacato di questa Corte, costituendo espressione di un
accertamento in fatto riservato al giudice del merito, non censurabile
in sede di legittimità se immune, come nel caso in esame, da vizi
motivazionali (Cass. 29-11-2012 n. 21248; Cass. 20-12-2005 n.
28254; Cass. 22-10-2002 n. 14909).
2) Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, i
ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt.
1453, 1458 e 2033 c.c., per avere la Corte di Appello, pure in
mancanza della declaratoria di risoluzione del contratto preliminare,
condannato i prominenti compratori a corrispondere al promittente
venditore un’indennità per l’occupazione dell’immobile oggetto del
contratto preliminare.
Il motivo è inammissibile, in virtù della preclusione derivante
dal giudicato interno, eccepito dalla controricorrente.

/

Dall’esame degli atti si evince che con la sentenza di primo
grado il Tribunale, in accoglimento della domanda riconvenzionale,
aveva liquidato in via equitativa in favore della prominente
venditrice la somma di euro 110.000,00, già rivalutata, a titolo di

importo con quello maggiore (euro 178.544,05) dovuto agli attori a
titolo risarcitorio, e condannando, conseguentemente, la convenuta al
pagamento della differenza di euro 68_544,05.
Nel costituirsi in appello a seguito del gravame proposto dalla
società Lanificio, i promissari acquirenti si sono limitati a chiedere
il rigetto dell’impugnazione ex adverso proposta, senza impugnare a
loro volta con appello incidentale (quanto meno condizionato) il
capo della sentenza di primo grado —che li aveva visti soccombenticon cui era stato riconosciuto il diritto della promittente venditrice a
conseguire il pagamento di somme a titolo di indennità di
occupazione.
In mancanza di impugnazione sul punto da parte degli attori,
sulla sussistenza di tale diritto si è formato il giudicato interno; con
la conseguenza che la relativa questione non poteva essere
riesaminata dal giudice di appello, nè può essere riposta in
discussione in questa sede.
3) Con il terzo motivo, subordinato al rigetto del secondo, i o
ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt.

indennità di occupazione, procedendo poi alla compensazione di tale

1458 e 2037 segg. c.c. Sostengono che la Corte di Appello ha errato
nel riconoscere all’appellante il diritto alla rivalutazione della
somma liquidata a titolo di indennità di occupazione, costituendo
tale importo debito di valuta e non di valore.

Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni esposte nel
trattare il secondo motivo, apparendo anche in tal caso fondata
l’eccezione di giudicato interno sollevata dalla controricorrente.
Poiché, infatti, la sentenza di primo grado: aveva liquidato, a
titolo di canoni di locazione “indebitamente percepiti”, la somma di
euro 100.000,00 “già rivalutata”, gli appellati avrebbero dovuto far
valere l’illegittimità del riconoscimento della rivalutazione
monetaria sul credito vantato dalla controparte per la causale

in

esame mediante appello incidentale, quanto meno condizionato.
In difetto di impugnazione, sul punto si è formato il giudicato
interno, con conseguente preclusione dell’esame della relativa
questione nelle successive fasi processuali.
4) Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione
dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di Appello omesso di
pronunciare sull’eccezione di parziale prescrizione del diritto della
prominente venditrice all’indennità di occupazione dell’immobile
oggetto del preliminare intercorso tra le parti, proposta dagli
appellati nelle conclusioni di secondo grado.
11 motivo è privo di fondamento.

o

Si osserva, al riguardo, che la possibilità, prevista dall’art. 345
c.p.c., nel testo —applicabile ratione temporis alla fattispecie in
esame- vigente anteriormente alla “novella” di cui alla legge n.353

precisazione delle conclusioni, è data solo in favore della parte
vittoriosa (cfr. Cass. 4-9-2004 n. 17906; Cass. 15-5-2003 n. 7527), e
non anche della parte che risulti soccombente su specifici capi della
sentenza di primo grado, i quali possono essere rimossi soltanto
mediante la proposizione di specifici motivi di appello.
Ne discende che, mentre l’eccezione che miri semplicemente a
paralizzare la domanda di controparte, non accolta dal giudice di
primo grado, può essere proposta nel giudizio di secondo grado fino
all’udienza di precisazione delle conclusioni, l’eccezione diretta alla
riforma della sentenza impugnata, risolvendosi nella esplicazione del
diritto di impugnazione, può essere proposta soltanto nell’atto di
appello -principale o incidentale-, che delimita l’oggetto del relativo
giudizio.
Nella specie, pertanto, l’eccezione di prescrizione parziale del
diritto della convenuta alla percezione dell’indennità di occupazione,
tendendo alla modifica del capo della sentenza di primo grado con
cui era stata pronunciata la condanna degli appellati al pagamento di
una somma per tale causale, avrebbe dovuto essere fatta valere dagli

9

del 1990, di proporre nuove eccezioni in appello fino all’udienza di

odierni ricorrenti mediante appello incidentale, restando preclusa la
sua proposizione nell’ulteriore corso del giudizio di secondo grado.
Correttamente, di conseguenza, la Corte territoriale ha omesso
di esaminare l’eccezione formulata dagli appellati all’udienza di

una domanda o di una eccezione inammissibile non determina
l’insorgere di alcun potere-dovere del giudice adito di pronunciarsi
su di essa.
5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
sostenute dalla controricorrente nel presente grado di giudizio,
liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese, che liquida in curo 3.200,00, di cui curo 200,00 per
esborsi, oltre accessori di legge.
Cosi deciso in Roma nella camera di con
Il Consigliere estensore

Il

io del 18•14

precisazione delle conclusioni di appello, giacché la proposizione di

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