Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20851 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20851 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 27452-2007 proposto da:
CASTAGNOLA GIOVANNI C.F.CSTGNN44B181693S, BERNARDINI
LORENZINA C.F.BRNLNZ49L54I693M, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4,
presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che
li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GRANARA DANIELE;
– ricorrenti contro

CEREDONI MARIA BRUNA C.F.CRDMRA23H53E070V, NASCIO
DOMENICO IN PRORPIO E QUALE EREDE DI NASCIO LELLA

A

Data pubblicazione: 11/09/2013

C.F. NSCDNC43S081693U, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DEGLI ORTI DELLA FARNESINA,116, presso lo
studio dell’avvocato COLICA ROBERTO, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DOVICO
CARLO;

nonchè contro

NASCIO LOREDANA, NASCIO ANNA THEA, BRAMBILLA VALERIO,
MARCHESELLI GUGLIELMO, GANDOLFO CATERINA, BAAMILLA
GABRIELE, NASCIO LORENZINA, NASCIO MARIA ADELE QUALI
EREDI DI NASCIO GIUSEPPE, NASCIO MARINA, NASCIO
DOMENICO MARIO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1195/2006 della CORTE
D’APPELLO di GENOVA, depositata il 01/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/06/2013 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito

l’Avvocato CIPROTTI

ALESSIA CON

DELEGA

DEPOSITATA IN UDIENZA DELL’AVV. PAFUNDI GABRIELE
DIFENSORE DEI RICORRENTI CHE HA CHIESTO
L’ACCOGLIMENTO E PRODUCE CARTOLINA DI NOTIFICA DEL
RICORSO;
udito

l’AVV.

COLICA

ROBERTO

DIFENSORE

DEI

CONTRORICORRENTI CHE HA CHIESTO IL RIGETTO DEL
RICORSO E CHIEDE L’INAMMISSIBILITA’ DEI DOC. 4 E 5;

– controri correnti –

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO CHE HA CONCLUSO

PER IL RIGETTO DEL RICORSO.

Svolgimento del processo

_
.,

Marcheselli Guglielmo, Nascio Mario, Giuseppe, Domenico, Lella, Ceredoni
Maria Bruna in Nascio, premesso di essere proprietari in Sesti Levanti di un

_

terreno con retrostante fabbricato confinante con un immobile appartenente a
Castagnola Giovanni e Bernardini Lorenzina, esponevano che i convenuti

ottenuta concessione edilizia eseguivano dei lavori di risanamento del loro
fabbricato. La concessione autorizzava in particolare: a) La modifica del tetto
a terrazzo del corpo sporgente con la realizzazione di un rialzo della quota di
gronda ed il conseguente aumento di altezza e volume, il che comportava la
violazione delle distanze tra costruzioni; b) I box autorizzati non era
completamente interrati, ma parzialmente rialzati rispetto all’originario piano
di campagna talché costituivano volume per tale parte e violavano la distanza
,
legali tra fabbricati; c) i box, inoltre, avrebbero pertinenza con la costruzione
fino a metri quadrati 80

e la superficie residua non avrebbe neppure

pertinenza con altre unità abitative. E di più, nel corso dei lavori erano stati
abusivamente realizzati: d) corpi sporgenti in cemento armato sia sul
prospetto sud che sul prospetto nord in violazione della distanza legale; e) era
stato rialzato abusivamente il piano di calpestio con soletta in cemento armato
anche al di fuori del perimetro del fabbricato; t) erano state modificate

_

aperture di finestre su tutti i prospetti.

.

Ciò premesso, dichiaravano di denunziare la nuova opera ai sensi degli art.
1171 e 1170 cc. e chiedevano che il Pretore di Sestri Levanti ne ordinasse la
..

continuazione.
I Castagnola Bernardini opponevano che l’azione appariva inammissibile
posto che le strutture portanti e i box era stati ultimati già prima del deposito

_
1

1191

_

del ricorso. Deducevano, inoltre, che avevano ottenuto autorizzazione in
sanatoria per le opere de quibus, che, tuttavia, le costruzioni realizzate
rispettavano le prescrizioni urbanistiche, considerato che nel caso in esame

_

doveva applicarsi la normativa di cui all’art. 873 cc. e, comunque, anche la

Il Pretore di Sestri Levanti dava ingresso alla CTU e rimetteva le parti davanti
al Tribunale di Chiavari. Gli attori, dopo aver riassunto il giudizio, chiedevano
al Tribunale di Chiavari che accertasse che le costruzioni realizzate dai
Castagnola e Bernardini così come specificate nel ricorso al Pretore , fossero
state realizzate in violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni e delle
vedute rispetto all’immobile di loro proprietà e ne ordinasse la demolizione si
da riportarle nei limiti della legalità.
Si costituivano i convenuti i quali ribadivano la difesa precedente e in più
osservavano che nel caso in esame non si poteva porre alcun problema di
distanza trattandosi di fabbricati non fronteggianti neppure in minima parte.
Il Tribunale di Chiavari con sentenza n. 809 del 2002 respingeva tutte le
domande degli attori e poneva a carico degli stessi le spese processuali
Avverso questa sentenza proponevano appello Marcheselli Guglielmo,
Ceredoni Maria Bruna in Nascio, Nascio Domenico in proprio e quale erede
di Nascio Leila, gli eredi di Nascio Giuseppe (Gandolfo Caterina, Nascio

Maria Adele, Nascio Loredana, Nascio Anna Thea, Nascio Lorenzina,
Brambilla Valerio e Brambilla Gabriele) gli eredi di Nascio Mario (Nascio
_
,
_

marina, Nascio Domenico Mario) per diversi motivi.
Si costituivano i Castagnola Bemardini resistendo al gravame e deducendo tra
l’altro che l’attuale normativa urbanistica precisava le distanze minime di m.
2

normativa di cui al Regolamento edilizio del 11 febbraio 1956.

ii
i

.

1,5 dai confini i e metri tre dalle costruzioni.
La Corte di Appello di Genova con sentenza n. 1195 del 2006 in riforma della
sentenza del Tribunale di Chiavari condannava Castagnola e Bernardini in
soldo alla demolizione o arretramento fino al rispetto della distanza di metri

_

appellanti Nascio

Domenico

e litisconsorti

delle

seguenti porzioni

dell’immobile: sopralzo della copertura del corpo di fabbrica minore lato sud,
corpi box, scala esterna a ovest del corpo di fabbrica minore , copri a
porticato, sistemazione in sopraelevazione dei marciapiedi e dei terreno
adiacente al fabbricato,m condannava ancora gli appellati al pagamento in
favore degli appellanti a titolo di risarcimento del danno temporaneo
dell’importo di euro 1.000,00 oltre interessi legali dalla data di decisione in
_
Camera di Consiglio, nonché al pagamento delle spese processuali di entrambi
i gradi del giudizio. Secondo la Corte genovese nel caso di specie andava
applicato l’art. 4 del Piano per l’edilizia economica e popolare (ccdd. PEEP)
che nella sua nuova formulazione stabiliva le distanze di metri 6 dal confine e
metri 12 tra fabbricati che non erano state rispettate dai manufatti realizzati
dai Castagnola e Bernardini.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Castagnola Giovanni e
Bernardini Lorenzina per tre motivi, illustrati con memoria. Nascio Domenico

_

in proprio e quale erede di Nascio Lella e Ceredoni Maria Bruna hanno
resistito con controricorso, illustrato con memoria. Marcheselli Guglielmo, gli
eredi di Nascio Giuseppe (Gandolfo Caterina, Nascio Maria Adele, Nascio
Loredana, Nascio Anna Thea, Nascio Lorenzina, Brambilla Valerio e
Brambilla Gabriele), gli eredi di Nascio Mario (Nascio Marina, Nascio
_

3

12 dal caseggiato del quale fa parte l’appartamento di prorpeità degli

.

,

Domenico Mario), in questa fase non hanno svolto alcuna attività giudiziale.
Motivi della decisione

_
1.= Castagnola Giovanni e Bemardini Lorenzina lamentano:
a) con il primo motivo di ricorso la violazione dell’art. 873 cc. e dell’art. 4
variante PRG. del Comune di Sestri Levanti del 26 novembre 1976 in

relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cpc. Violazione falsa applicazione di norme di
diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
decisivo della controversia. Secondo i ricorrenti la sentenza impugnata
avrebbe erroneamente ritenuto applicabile al caso in esame l’art. 4 della
variante del PGR del Comune di Sestri Levante del 26 novembre 1976 che
prevede la distanza di metri 6 dal confine e di metri 12 tra fabbricati perché
non avrebbe tenuto conto: a) che le opere di cui si dice erano opere di
restauro e risanamento conservativo del fabbricato e di realizzazione di box

completamente interrati ai sensi dell’art. 9 della legge 24 aprile 1989 senza
alcun ampliamento in violazione delle norme sulle distanze legali; b) che al
momento dell’intervento edilizio posto in essere dagli attuali ricorrenti
(Castagnola e Bernardini) il piano regolatore allora vigente nel comune di
Sestri levante prevedeva tale zona come zona residenziale P. E. n. 4 e in tale
zona, non essendovi piano esecutivo, non vi era alcuna prescrizione in materia
di distanze legali e, quindi, dovevano essere osservate quelle previste dal

_

codice civile, ossia la distanza di metri 3 tra le costruzioni prescritta dall’art.
873 cc.; c) che il PEEP per la zona in oggetto era ormai scaduto di validità e
non esisteva una norma nel PRG applicabile anche in salvaguardia in materia
di distanze da confini e fabbricati e, pertanto, valeva in salvaguardia la
precedente normativa vigente desumibile dal Regolamento Edilizio Comunale
_

4

lit

dell’ l l febbraio 1950

che all’art. 23 stabiliva: ” per il centro aggregati

esistenti la distanza minima di metri 4 dai confini e di metri 8 dai fabbricati,
_
ampiamente rispettati dai ricorrenti. d) che le norme sulle distanze nelle

_

costruzioni fissate dal codice civile, e dal Regolamento edilizio, in quanto
rivolti ad impedire intercapedini non trovano applicazione con riguardo alle

costruzioni interrate, come nel caso in esame in ordine ai box.
Ciò posto, i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto: dica l’Ecc. ma
Corte adita se nel caso in questione vi sia stata violazione e falsa applicazione
dell’art. 873 cc. e dell’art., 4 del PGR del Comune di Sestri Levante del 1976
per essere stato considerato applicabile quel’ultimo alle opere ed ai box
realizzati dai sigg. Castagnola e Bernardini .
b).= con il secondo motivo, la violazione dell’art. 873 cc. e dell’art. 4 variante
PRG. del Comune di Sestri Levanti del 26 novembre 1976 in relazione all’art.
_

360 n. 5 cpc. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
fatto

decisivo

della controversia.

Secondo

i ricorrenti

viziata

da

contraddittorietà sarebbe la motivazione della sentenza impugnata laddove
prima riconosce che è incontestato che per la zona de qua il PEEP non ebbe
tempestiva attuazione talché perse efficacia espropriativa il 15 maggio 1985 e,
_

successivamente, giunge a ritenere applicabile agli intereventi in questione
l’art. 4 della variante approvata alla PEEP del Comune di Setri Levante nel
1976. Pertanto, concludono i ricorrenti, formulano il seguente quesito di
diritto: Dica l’Ecc. ma Corte

adita se nel caso in questione vi sia stata

violazione o falsa applicazione dell’art. 873 cc. e dell’art. 4 della variante al
PRG. del Comune di Sestri Levante del 1976 per essere stato considerato
applicabile quest’ultimo alle opere ed ai box realizzati dai sigg. Castagnola
5

k

.

Giovanni

e Bernardini Lorenzina, con evidente contraddittorietà della

motivazione.
c).= con il terzo motivo, la violazione dell’art. 873 cc. e dell’art. 4 variante
PRG. del Comune di Sestri Levanti del 26 novembre 1976 in relazione all’art.
360 n. 3 e 5 cpc. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e omessa,

insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della
controversia. Secondo i ricorrenti la sentenza impugnata sarebbe viziata anche
per non aver considerato che l’intervento edilizio operato dai Castagnola e
Bernardini non aveva realizzato una nuova costruzione o un ampliamento
della costruzione esistente dato che come aveva ritenuto il primi giudice i
Castagnola e Bernardini avevano operato interventi di infima consistenza e
realizzato dei box interrati. Pertanto concludono i ricorrenti, dica l’Ecc. ma
,
Corte adita se nel caso in questione vi sia stata violazione e falsa applicazione

dell’art. 873 cc. e dell’art. 4 della variante al PGR del Comune di Sestri
Levante del 1976 per essere stato considerato applicabile quest’ultimo natura
delle opere e d ai box realizzati dai sig. Castagnola Bernardini nonché se vi sia
stata omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione sulla considerazione
di tali opere come rilevanti ai fini dell’applicazione della normativa sule
distanze dalle costruzioni.
1.1.= Questi tre motivi vanno esaminati congiuntamente considerata

.

l’innegabile connessione che esiste tra gli stessi e tutti e tre sono infondati,
essenzialmente perché si risolvono nella richiesta di una nuova e diversa

A

(

valutazione dei dati, di fatto e normativi, esaminati dalla Corte genovese con
adeguata attenzione e con corretta interpretazione degli stessi.
_
La sentenza impugnata, contrariamente a quanto sostengono gli attuali

6

ricorrenti, chiarisce con

motivazione articolata e logica,: a) che le opere

realizzate dai Castagnola e Bernardini non erano opere di restauro e
risanamento conservativo del fabbricato né integravano gli estremi di
interventi di infima consistenza; b) che i box realizzati non erano

normativa di cui all’art. 4 della variante del PEEP del Comune di Sestri
Levante approvato il 26 novembre 1976, che prevedeva la distanza di metri 6
dal confine e di metri 12 tra fabbricati;
1.1.a ).= Intanto, la Corte genovese ha avuto modo di chiarire che contrariamente a quanto risultava (come sostengono gli attuali ricorrenti) dalle
concessioni edilizie (dalla concessione edilizia n. 9 del 28 gennaio 1992 d
quella del 18 settembre 1992) le quali autorizzavano lavori di risanamento
,
conservativo del fabbricato di cui si dice e la realizzazione di box interrati, le
_

opere accertate dal CTU modificavano il fabbricato esistente, comunque, non
integravano gli estremi di un intervento conservativo o di risanamento del
fabbricato oggetto di controversia, dato che —come aveva accertato il CTU a)
era stata trasformata, nel corpo di fabbrica minore lato sud, la copertura del
tetto a falda in terrazza praticabile e che, a tal fine, la quota di gronda era stata
elevata di mt. 0,60 (non di 0,30) con abbassamento del colmo in pari misura;

.

b) che i due corpi di box emergevano, quello a sud del fabbricato dei
convenuti di mt. 0,66 e quello posto ad est dello stesso fabbricato di mt., 0,80
rispetto all’originario piano di campagna. Tale fuoriuscita, specifica la Corte
,

genovese (a pagg. 15 e 16 della sentenza) , non poteva ritenersi lecita perché
costituiva violazione delle distanze legali dell’immobile degli appellati, dato

_
che i corpi di box costituivano costruzioni di altezza più che apprezzabile
7

completamente interrati); c) che al caso in esame andava riferita la vigente

rispetto all’originario piano di campagna. Né, ha specificato la stessa Corte
genovese, rilevava, in contrario, che il colmo di tale costruzione si trovava più
o meno a livello dei marciapiedi delle attigue vie pubbliche, laddove, avuto
.

riguardo all’interesse dei confinanti, rilevava sotto ogni altro profilo la

quota

nettamente più alta rispetto a quella del terreno circostante

all’immobile dei confinanti medesimi. D’altra parte, come ha avuto modo di
specificare questa Corte in altra occasione (sent. 6058 del 17/03/2006),
quando, al fine di stabilire le distanze legali tra costruzioni sporgenti dal
suolo, i regolamenti edilizi dettano i criteri per la misurazione delle altezze dei
fabbricati frontistanti, queste devono essere determinate con riferimento al
piano di posa, che è quello dell’originario piano di campagna e non la quota di
._
terreno sistemato.
.

c) veniva realizzata una scala in muratura costruita ad ovest del corpo di
fabbrica minore, effettuati interventi su corpi di porticato e soprastanti balconi
sui fronti ovest e nord, nonché opere di sistemazione del marciapiede e terreno
adiacente al fabbricato che hanno comportato una sopraelevazione di 60 cm.,
rispetto alla quota originaria.
1.1.b.).= Ad un tempo, la Corte genovese ha correttamente identificato la

normativa applicabile nel caso in esame, nell’art. 4 delle Norme Tecniche di
Attuazione del PEEP approvato con DM. Dei Lavori Pubblici n. 452 del 15
maggio 1967.
a) Intanto, la Corte genovese ha avuto modo di chiarire che era certo che
l’immobile appartenente ai Castagnola Bernardini fosse ricompreso .all’epoca
del contestato intervento edilizio, in zona PEEP (piano per l’edilizia
8

presenza di costruzioni prima inesistenti che raggiungevano per di più una

-

economica popolare) comparto di zona PE4.
..

b) alla zona cui apparteneva il fabbricato oggetto di controversia andava
riferita la normativa di cui all’art. 4 delle Norme Tecniche di Attuazione del
PEEP secondo la formulazione adottata con la deliberazione comunale n. 559

modifica apportata all’art. 4 con la delibera comunale di cui si dice non avesse
portata generale anche se adottata con la stessa delibera comunale con quale
veniva approvata una variante delle zone Pontino e Lavagnina considerato,
anche, che a quell’epoca il vincolo PEEP sulla PE4 non era ancora scaduto
2) sia perché non vi era ragione per escludere che l’art. 4 secondo la
formulazione del 1976 non fosse rimasto in vigore anche dopo l’approvazione
della variante generale al PRG-PEEP del 1980, dato che in questa variante la
,
scheda relativa alla zona PE4 rinviava in ordine alle distanze dal confine e dai
fabbricati, a quanto previsto per la zona Riva Ponente per la quale (anche se
mancava la relativa scheda, non poteva non essere previsto come
evidenziavano tutte le altre schede prodotte) era prevista al pari delle altre
zone, le distanze di mt. 6 e mt. 12 rispettivamente dal confine e da altro
fabbricato. 3) sia perché l’omessa, tempestiva approvazione dei piani esecutivi
del PEEP entro cinque anni dall’approvazione del PRG comporta il venir
meno dei soli vincoli di inedificabilità del suolo (oltre che di quelli preordinati

.

all’esproprio), ma non anche la perdita di efficacia dell’originaria
identificazione del suolo stesso in termini di edificabilità con i parametri di
_

edificabilità alla stessa connessi..
c) Quanto ai nuovi strumenti urbanistici non è stata formulata alcuna censura
in ordine all’affermazione della mancanza di prova di una nuova normativa in
9

del 26 novembre 1976, 1) sia perché non vi erano ragioni per ritenere che la

tema di distanze.
In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio della
soccombenza ex art. 91 cpc., condannati al pagamento delle spese processuali
del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle
spese del presente giudizio di cassazione che liquida in £. 3.700,00 di cui E.
200,00 per esborsi.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte Suprema di Cassazione il 26 giugno 2013.

P.Q.M.

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