Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20851 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/08/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 02/08/2019), n.20851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22823-2015 proposto da:

L.O., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

VINCENZO STUMPO, VINCENZO TRIOLO, ANTONIETTA CORETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1792/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 17/09/2014 R.G.N. 1743/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza depositata il 17.9.2014, la Corte d’appello di Bari rigettava l’appello avverso la decisione di prime cure che, compensando per metà le spese del giudizio in ragione della parziale soccombenza virtuale e condannando per la restante parte l’opposto, aveva dichiarato tra le parti cessata la materia del contendere in relazione all’opposizione proposta dall’INPS avverso il precetto con cui l’avv. L.O., aveva intimato all’Istituto il pagamento dei diritti di procuratore maturati successivamente all’emissione del titolo esecutivo costituito da altra sentenza resa tra la parte difesa dal medesimo avvocato e I’INPS, nonchè al pagamento delle spese di precetto;

la Corte, in particolare, premessa l’ammissibilità delle sole ragioni d’appello che miravano ad inficiare la valutazione di soccombenza virtuale al fine della regolazione delle spese del giudizio (esclusa l’ammissibilità del motivo che reiterava l’eccezione di incompetenza per materia e valore del giudice del lavoro, posto che l’appellante non aveva censurato la declaratoria di cessazione della materia del contendere), ribadiva che, avendo l’INPS provveduto al pagamento di quanto liquidato in sentenza, nessun titolo esecutivo poteva essere fatto valere nei suoi confronti e comunque l’appellante non aveva provato che gli importi eccedenti le somme liquidate in sentenza, che l’Inps aveva spontaneamente corrisposto, non fossero satisfattivi delle attività verosimilmente poste in essere successivamente alla sentenza;

contro questa pronuncia ricorre l’avv. L.O., con unico motivo;

l’INPS ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., per tardività, in ragione del fatto che seppure la sentenza impugnata rechi l’indicazione della data del 24 luglio 2014 quale data di consegna in cancelleria per la pubblicazione e quella del 17 settembre per la pubblicazione, è a quest’ultima data che occorre fare riferimento per calcolare il termine annuale per la proposizione dell’impugnazione, risalendo il processo di primo grado all’anno 2006 (L. n. 69 del 2009, ex art. 58), e ciò in quanto si tratta di unica attestazione del cancelliere che dimostra come l’effettiva attività di pubblicazione, con l’attribuzione del numero di cronologico, idonea a realizzare la conoscibilità da parte dei terzi del contenuto della sentenza, sia unicamente quella del 17 settembre 2014, mentre la data del 24 luglio 2014 indica solo il momento in cui la sentenza fu materialmente consegnata dal giudice alla cancelleria al fine di curarne la pubblicazione (vd. Cass. SS.UU. n. 641 del 2016);

con il motivo di censura, il ricorrente lamenta erronea motivazione in merito alla ammissibilità delle eccezioni di inammissibilità dell’opposizione a precetto, di incompetenza per materia e valore, nullità del ricorso ed inammissibilità del ricorso stesso per inosservanza delle modalità previste in ragione della materia e del rito ex art. 616 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 616 e 618-bis c.p.c.;

in sostanza si rimprovera alla sentenza impugnata di aver ritenuto inammissibile l’eccezione di incompetenza per materia e valore sul rilievo che l’appello non avesse toccato la pronuncia di cessazione della materia del contendere, nonostante che la richiesta, pur provenendo dallo stesso avvocato L., era stata accompagnata dalla reiterazione delle dette eccezioni trattandosi di credito del difensore distrattario;

il motivo è infondato;

in primo luogo, la sentenza impugnata ha correttamente rilevato il difetto di interesse, e quindi, l’inammissibilità delle ragioni d’appello che, in mancanza d’impugnazione della pronuncia di cessazione della materia del contendere, tendevano a ribadire l’incompetenza del giudice di primo grado;

secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, l’interesse ad impugnare va apprezzato in relazione all’utilità concreta che deriva alla parte dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione stessa, non potendo esaurirsi in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, priva di riflessi pratici sulla decisione adottata (tra le tante, Sez. 2, Sentenza n. 15353 del 25/06/2010; Sez. L, Sentenza n. 13373 del 23/05/2008; Sez. 1, Sentenza n. 11844 del 19/05/2006);

nel caso di specie, la sentenza impugnata, dopo aver correttamente precisato che le uniche censure ammissibili erano quelle funzionali alla impugnazione della regolazione delle spese effettuata secondo il principio della soccombenza virtuale, ha svolto plurime considerazioni dalle quali ha dedotto l’infondatezza dell’appello ed in particolare, ha evidenziato l’assenza di spiegazione, nel precetto, in ordine alla insufficienza della somma di Euro 125,00 oltre accessori, versata dall’Inps in più rispetto alle somme liquidate ed alla fondatezza della pretesa di voci non ritenute verosimilmente dovute, attesa la coincidenza tra la parte procedente ed il procuratore distrattario;

a fronte di tali articolate ragioni, il ricorrente, dopo aver riportato stralci dei verbali d’udienza di primo grado e dei motivi d’appello dai quali si evince anche che il venir meno della materia del contendere fu segnalato in via principale dallo stesso avvocato L., che chiese compensarsi le spese, si limita a ribadire l’incompetenza del giudice di primo grado e che tale incompetenza avrebbe dovuto condurre il Tribunale e poi la Corte d’appello a dichiarare inammissibile l’opposizione a precetto, al fine di evitare la condanna per metà alle spese del giudizio, ma ciò senza considerare che la parte non ha mai impugnato la sentenza di primo grado in punto di declaratoria di cessazione della materia del contendere, nè che l’appello è stato ritenuto infondato anche perchè il procuratore distrattario non aveva dimostrato di aver diritto ad importi maggiori rispetto a quelli pagati spontaneamente dall’Inps sulle voci ulteriori, rispetto a quelle liquidate in sentenza;

in altri termini, il ricorrente non si confronta con la sentenza impugnata, nè mostra di considerare gli effetti del giudicato interno formatosi in ordine alla pronuncia di cessazione della materia del contendere tra il primo ed il secondo grado, dimenticando, inoltre, la necessità che l’impugnazione copra tutte le plurime e concorrenti ragioni di decisioni adottate e, quindi, che a prescindere dalla mancata impugnazione della declaratoria di cessazione della materia del contendere, la parziale condanna alle spese disposta dal primo giudice ha tratto ragion d’essere dalla soccombenza virtuale derivante dalla accertata infondatezza del diritto oggetto di precetto, differenti dalle questioni relative alla affermata incompetenza del giudice dell’opposizione a precetto;

il ricorso, pertanto, va rigettato;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

sussistono inoltre i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200,00, per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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