Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20847 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 30/09/2020), n.20847

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet T – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8457/2012 R.G. proposto da:

MPS MEDIA PROMOTION SERVICE SRL, elett. dom. in Roma, Via Gregorio

VII n. 186, presso lo studio dell’avv. Sabrina Mariani, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 52/35/11, del 17 gennaio 2011, depositata l’8 febbraio 2011, non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre

2019 – 24 giugno 2020 dal Consigliere Adet Toni Novik.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– MPS Media Promotion Service (di seguito, la contribuente o la ricorrente) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio (CTR), n. 52/35/2011, depositata l’8/2/2011, di rigetto dell’appello da essa proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla medesima S.r.l. per l’annullamento dell’avviso di accertamento di maggiori ricavi Iva, Irpeg e Irap, relativo all’anno di imposta 2001, in relazione al mancato riconoscimento di costi per fatture inesistenti;

– il giudice di appello riteneva che: – correttamente i giudici di primo grado avevano dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo per la mancanza della procura alle liti e della sottoscrizione dell’atto, “non risultando la procura depositata neanche in commissione, circostanza che può essere rilevata d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del procedimento”; – nel merito, osservava che le censure esposte nel gravame erano ripetitive di quelle del primo grado, sicchè “risultano dunque prive di pregio e devono essere respinte sia in diritto e in fatto” (….) “non consentendo l’individuazione dei punti della decisione che si intendono, e motivatamente, sottoporre a verifica”; – era corretta la motivazione dell’accertamento per relazione al PVC, nè si era verificata decadenza dall’accertamento; – era onere della contribuente dimostrare la effettività delle operazioni contestate;

– il ricorso è affidato a otto motivi;

– l’agenzia delle entrate ha resistito con “atto di costituzione”, chiedendo di essere ammessa a partecipare alla discussione orale ex art. 370 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso, la contribuente denuncia “difetto di motivazione della sentenza – motivazione apparente in relazione all’art. 360 c.p.c.”;

– rileva che il giudice non si era pronunciato sui motivi di ricorso nè aveva esaminato i documenti prodotti dalla società; l’erroneità della sentenza si evidenziava dalla circostanza che dopo aver statuito circa l’inammissibilità dell’appello per mancanza di procura alle liti al difensore la CTR aveva poi pronunciato nel merito; allo stesso modo, dopo aver ritenuto generici i motivi di appello, aveva esaminato l’eccezione del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento; inoltre, la sentenza aveva riportato stralci di motivi di appello sui quali non aveva preso alcuna decisione, richiamandosi alle deduzioni dell’ufficio;

– la censura è infondata;

– va ribadito che: – “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01), -“la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830);

– la sentenza impugnata non merita affatto cassazione per il dedotto vizio motivazionale, posto che, comunque, espone la ragione essenziale per la quale ha respinto il gravame della contribuente, individuandola nell’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per la mancanza della procura alle liti e della sottoscrizione dell’atto. Si può dunque affermare che la motivazione della sentenza medesima superi la soglia del c.d. “minimo costituzionale”.

– nè, nessun vizio della sentenza è ravvisabile nella circostanza che la CTR, dopo aver rilevato l’inammissibilità del mezzo di gravame per la ragione sopra indicata, è ugualmente poi scesa ad esaminarlo nel merito. Infatti la costante giurisprudenza di legittimità afferma che se il giudice d’appello, che ritenga inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo, o lo stesso gravame, così spogliandosi della potestas iudicandi sul relativo merito, proceda poi all’esame di quest’ultimo, è inammissibile, per difetto d’interesse, il motivo d’impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta ad abundantiam, su tale ultimo aspetto (Cass., s.u., 30.10.2013, n. 24469;

Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 30393 del 19/12/2017 – Rv. 646988 – 01).

– Con il secondo motivo la contribuente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c.”;

– osserva che il giudice di appello era incorso nel vizio di ultrapetizione avendo dichiarato l’inammissibilità dell’appello nonostante che quello di primo grado avesse respinto l’eccezione sollevata sul punto dalla agenzia e quest’ultima non avesse proposto impugnazione su tale punto, nè avesse riproposto l’eccezione “di difetto di procura (o meglio di sottoscrizione della procura)”;

– questa censura è fondata;

– il giudice di appello ha affermato in maniera incontrovertibile che il ricorso di primo grado era inammissibile, “non risultando la procura depositata neanche in Commissione”, e che il relativo vizio, attenendo alla corretta instaurazione del contraddittorio, fosse rilevabile d’ufficio. Questa statuizione, come sopra riportato, è stata censurata dalla contribuente per violazione dell’art. 112 c.p.c.;

– la ricorrente riporta che il giudice di primo grado, investito dell’eccezione, aveva espressamente riconosciuto l’ammissibilità del ricorso, così esprimendosi “Il collegio, esaminati gli atti, pur ritenendo il ricorso ammissibile poichè per la più recente giurisprudenza, è sufficiente che la procura e la sottoscrizione del ricorso erano presenti nell’atto depositato presso la Commissione”;

– la natura processuale della questione, che è anche rilevabile d’ufficio, ha consentito alla Corte le verifiche di fatto indispensabili allo scopo, ed effettivamente quanto riportato dalla parte ha trovato riscontro nella sentenza di primo grado, presente nel fascicolo di ufficio;

– il radicato indirizzo della Corte di legittimità, cui reputa il Collegio di doversi conformare, in assenza di elementi o ragioni che non abbiano trovato confutazione nell’indicata sede istituzionale, insegna che l’invalidità della procura costituisce vizio rilevabile di ufficio e, implicando l’inammissibilità dell’impugnazione, non è sanabile per effetto della costituzione della controparte: trattasi, invero, di carenza di un requisito che condiziona la possibilità stessa di azione in giudizio della parte, scilicet dell’instaurazione del rapporto processuale e del successivo suo svolgimento, sì da non risultare fungibile con la pur rituale presenza in causa della controparte (così, espressamente, Sez. L, n. 7382 del 9/08/1996 (Rv. 499122 – 01); Cass. 16 marzo 1981 n. 1472; ma v. anche Cass. 22 giugno 1995, n. 7066);

– questo principio deve però essere coordinato con quello secondo cui la carenza del potere rappresentativo che osta alla valida instaurazione del contraddittorio determina la nullità del giudizio ed è rilevabile d’ufficio sempre sulla specifica questione, non si sia formato il giudicato interno, che si determina allorchè la detta carenza sia stata appositamente denunciata e, quindi, sia stata espressamente negata o affermata dal giudice di merito ovvero sia rimasta senza esplicita risposta e tale omessa pronuncia non sia stata poi oggetto di appello (v. sulla questione S.U. n. 4248/2016, con richiami);

– l’accertamento della sussistenza della legittimazione processuale, benchè possa essere compiuto in ogni stato o grado del processo è, quindi, precluso dalla formazione del giudicato sul punto;

– nel caso in esame, la CTR non ha fatto corretta applicazione di questo principio giacchè, in mancanza della riproposizione dell’eccezione con il proprio atto di costituzione da parte dell’Agenzia, come risulta dall’elencazione dei motivi riportati nella sentenza impugnata, essa ha preso in esame un punto su cui si era formato il giudicato, oltretutto stravolgendo il dictum dei giudici di primo grado, avendo affermato, contrariamente a quanto risultante dal testo della sentenza, che costoro “avevano dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo per la mancanza della procura alle liti, ai sensi del D.L. n. 546 del 1992, art. 18 e per mancanza della sottoscrizione dell’atto, ai sensi del D.L. n. 546 del 1992, art. 18, requisiti di cui il ricorso stesso era risultato mancante”.

– Con il terzo motivo la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione del D.Lgs., art. 56 e dell’art. art. 346 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c.”;

– lamenta che il giudice di appello abbia omesso di pronunciare sulle censure proposte avverso la sentenza di primo grado, non considerando che la ricorrente, correttamente, aveva riproposto i motivi di censura svolti in primo grado che non erano stati oggetto di pronuncia da parte di quel giudice;

– con il quarto motivo la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c.” per aver la CTR dichiarato inammissibile per genericità il motivo di gravame proposto avverso la sentenza di primo grado senza specificare a quale motivo si riferisse, atteso che la società aveva formulato nove motivi di censura;

– con il quinto motivo la ricorrente deduce “violazione di legge – violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c.” per aver la CTR ritenuto motivato l’avviso di accertamento senza valutare le contestazioni e le eccezioni svolte dalla ricorrente circa l’assenza dei presupposti giuridici e di fatto dello stesso;

– con il sesto motivo la ricorrente deduce “violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6, 19 e 21, in relazione all’art. 360 c.p.c.” per aver la CTR onerato la contribuente di dimostrare l’effettività delle operazioni contestate e la non detraibilità dell’Iva, senza motivare detta asserzione, in contrasto con il principio della neutralità dell’imposta;

– con il settimo motivo la ricorrente deduce “omessa pronuncia circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c. – carenza di prova dell’accertamento”;

– evidenzia di aver eccepito che l’accertamento era carente di prova e che le contestazioni avrebbero dovuto essere elevate verso ORP s.r.l.; richiama altra sentenza emessa dalla CTR di Roma nei confronti della società MG Advertising che in un caso similare che aveva coinvolto la ORP s.r.l. aveva riconosciuto che “un comportamento fiscalmente scorretto di un soggetto non può riflettersi su colui che, quale acquirente finale, inconsapevolmente, ha avuto contatti commerciali con l’autore dell’illecito”;

– con l’ottavo motivo la ricorrente deduce “omessa pronuncia circa un fatto controverso e decisivo ai fini del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c.” ribadendo le eccezioni svolte nei precedenti gradi di giudizio circa: – la non utilizzabilità dei dati raccolti dalla Guardia di Finanza per violazione dell’art. 12 dello statuto dei diritti dei contribuenti; – l’erroneità della sentenza per non essersi pronunciata sull’eccezione della ricorrente circa l’obbligo dell’amministrazione di dimostrare la falsità delle fatture emesse; – la mancanza di prova della presunta inesistenza delle operazioni di cui alle fatture contestate; – la mancata partecipazione della società al procedimento di verifica; – l’omessa valutazione delle dichiarazioni che erano state rese da soggetti in conflitto di interessi con la ricorrente; – l’omesso esame della documentazione prodotta; – l’omessa pronuncia circa la mancanza di prova sulla presunta inesistenza di attrezzature idonee ad eseguire i lavori; – la mancata verifica circa l’esistenza di lavoratori in nero; l’omessa valutazione dei dati di fatto che indicavano l’estraneità della società alle presunte violazioni dei fornitori; – l’esistenza di giustificazioni per il ricorso al lavoro esterno; – la mancata verifica dell’esistenza di una organizzazione in capo alla ORP s.r.l..

– l’accoglimento del secondo motivo di ricorso rende inammissibili queste censure per la carenza di interesse;

– il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio che provvederà a nuovo esame, liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo; dichiara inammissibili i restanti motivi; cassa la sentenza e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla CTR del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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