Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20846 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20846 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 25042/07 proposto da:

Tonino POLTRONIERI( c.f. PLT TNN 37D14 F240W)
rappresentato e difeso dall’avv. Efrem Ventura e dall’avv. Alessandro Battezzati ;
elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, via San Tommaso
D’Aquino n.90, giusta procura in calce al ricorso
– Ricorrente-

contro
– S.r.l. “ANGIOLINI CLEOFE VED. BINI” ( c.f.: 00 16-n80361A
in persona del legale rappresentante pro tempore sig.ra Gertrude Drahorad ; rappresentata
e difesa dagli avv.ti Pier Luigi Grana e Bruno E. Guardascione; elettivamente
domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, piazza Dei Caprettari n. 70, come da
procura estesa a margine del controricorso.
-Controricorrente-

Nonché nei confronti di
– Dante CUSIN

6670

– Intimato-

Data pubblicazione: 11/09/2013

contro la sentenza n. 374/2007 della Corte di Appello di Bologna, pubblicata il 12
marzo 2007 e notificata il 18 giugno 2007.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 19/06/2013 dal

Udito l’avv. Bruno Guardascione , per la parte controricorrente, che ha concluso
per il rigetto del ricorso

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Maurizio Velardi, che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo , assorbiti i
restanti mezzi di ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 — Con atto di citazione notificato il 13 aprile 1991 la srl Angiolini Cleofe ved. Bini
convenne innanzi al Tribunale di Modena Dante Cusin e Tonino Poltronieri, assumendo
che gli stessi avevano occupato senza titolo un terreno, con sovrastanti capannoni, sito in
comune di San Cesario sul Panaro, di proprietà di essa attrice a seguito di acquisto dalla spa
S.A.I.C.E. — in seguito denominata s.r.l. Giannino Bini — in forza di una scrittura privata
registrata il 27 dicembre 1990: Concluse perché i predetti fossero condannati al rilascio dei
beni nonché al risarcimento dei danni.

2

I convenuti si costituirono con separate comparse : il Cusin opponendo di aver

stipulato nel 1976 un compromesso di vendita con la spa S.A.I.C.E. per i medesimi
immobili; il Poltronieri sostenendo di aver ricevuto in locazione i suddetti immobili dal
Cusin con due contratti registrati nel 1982 e nel 1987.

3

L’adito Tribunale, con sentenza del novembre 2001, accolse la domanda della società,

condannando entrambi i convenuti al rilascio dei capannoni e dell’area circostante , nonché
a risarcimento dei danni, liquidati in lire 92 milioni oltre rivalutazione ed interessi; accolse
altresì la domanda del Poltronieri di esser tenuto indenne dal Cusin delle somme che, in
forza della sentenza, fosse stato costretto a pagare alla società.

Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

4 — Entrambe le parti soccombenti proposero appello: il Poltronieri ribadendo la propria
buona fede nell’aver stipulato un contratto di locazione con chi appariva essere
proprietario dei beni; il Cusin lamentando l’erronea quantificazione del risarcimento, in
quanto maggiorato degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, non richiesti in sede

5 — La Corte del merito, pronunziando sentenza n. 374/2007, respinse entrambi gli appelli,
ritenendo che la successione dei contratti di locazione e la non giustificata loro proroga a
ridosso della scadenza, per un periodo ritenuto eccessivamente lungo, stessero a significare
l’assenza di buona fede nel Cusin, atteso che nel 1988 era stata accertata, in diverso
giudizio, proprio nei confronti del Poltronieri, l’illegittima occupazione da parte dello
stesso Cusin; quanto alla quantificazione del danno, la Corte del merito lo ritenne
contenuto nell’ambito della maggior somma specificata in sede di precisazione delle
conclusioni.

6 — Per la cassazione di tale sentenza il Poltronieri ha proposto ricorso, affidandolo a due
mezzi di annullamento; la società ha risposto con controricorso; il Cusin non ha svolto
difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Con il primo motivo viene denunziata la violazione o la falsa applicazione del
principio della corrispondenza tra chiesto e pronunziato, sostenendosi che la Corte di
Appello, confermando la sentenza del Tribunale, avrebbe accolto la domanda
avversaria, fondata su un petitum ed una causa petendi diverse: a fondamento di ciò parte
ricorrente evidenzia che la società “Angiolini Cleofe ved Bini” in prime cure avrebbe
chiesto di essere ristorata dei danni che i convenuti le avrebbero causato per
l’occupazione illegittima dell’immobile, e per l’impossibilità di provvedere alle opere di
ristrutturazione, solo per il periodo anteriore alla data di notifica della citazione ( vale a
dire quello compreso tra il 27 dicembre 1990, data di acquisto da parte di essa

3

di precisazione delle conclusioni; la società si oppose ad entrambi i gravami.

f

dell’immobile, al 12 aprile 1991) e non già anche i danni futuri, che invece furono
liquidati sino alla data della sentenza di primo grado —22 novembre 2001.

I.a — Il motivo è inammissibile perché porta all’attenzione della Corte una critica alla
soluzione data dal giudice dell’appello ad un motivo di gravame non proposto dal

la relativa questione formò motivo di gravame del solo Cusin ; in particolare non è
applicabile alla fattispecie — come invece suggerito dalla parte ricorrente- un arresto di
questa Corte (Cass. 9210/2001) per affermare la inscindibilità delle posizioni tra esso
ricorrente ed il Cusin medesimo e, su tale presupposto, per consentire un sindacato in
sede di legittimità sulla decisione di un motivo di appello proposto solo dall’altra parte.

I.a.1 — Va infatti messo in evidenza che la richiamata pronunzia partiva dalla
constatazione della inscindibilità delle cause proposte nei confronti di più condebitori in
solido solo se le stesse fossero state in rapporto di dipendenza ovvero qualora le distinte
posizioni dei coobbligati avessero obiettiva interrelazione, alla stregua della loro strutturale
subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale -sicché la responsabilità dell’uno
presupponesse la responsabilità dell’altro- mentre, nella fattispecie, i titoli fatti valere dal

Cusin e dal Poltronieril per giustificare la loro posizione nei confronti dell’immobile /
erano del tutto autonomi.

1.a.2 Il motivo è inammissibile anche per la violazione del principio di specificità — sub
specie dell’autosufficienza — dovuta all’omessa allegazione prima ed esposizione poi di
quelle che furono le conclusioni -e le eventuali contestazioni ad esse rivolte- rassegnate
all’udienza a ciò deputata innanzi al Tribunale — trattandosi di causa instaurata prima
della novella di cui alla legge 353/1990 e successive modificazioni- e del contenuto del
motivo di appello che interessava tale preteso error in procedendo , così che, mancando
l’esposizione dei due termini di raffronto del denunziato vizio, è impedito alla Corte
finanche di scendere alla delibazione ex actis e di valutare il presupposto sul quale si
fonda l’assunto della parte ricorrente.

A/A-c-A‹

Poltronieri innanzi a quel giudice in quanto, come riconosciuto dallo stesso ricorrente,

II . Con il secondo motivo parte ricorrente denunzia un vizio nel ragionamento logico
seguito dal giudice dell’appello — riconducendolo genericamente a tutte e tre le ipotesi
contemplate nell’art. 360, I comma n. 5 cpc- laddove escluse la propria buona fede,
basandosi solo su un provvedimento interinale del Pretore di Modena dell’aprile del

efficacia, non avrebbe contenuto — né era deputato a contenere — alcun accertamento
della proprietà dell’immobile in capo alla società, originaria attrice

II.a

Il motivo difetta di specificità in quanto non riporta, sia pure per capita , il

contenuto del ricorso e del provvedimento, privando quindi la Corte della possibilità di
compiere una valutazione sull’idoneità di quel procedimento e del conseguente
provvedimento ad incidere sulla formazione di un’apparenza incolpevole di titolarità in
capo al Poltronieri e sul lamentato difettoso scrutinio di tali atti da parte della Corte di
Appello.

Ulteriore causa di inammissibilità del mezzo in esame si rinviene nel fatto che

esso è diretto a sindacare solo una delle due rationes decidendi poste a base della decisione,
atteso che non è stata sottoposta a censura quella con la quale si traeva il convincimento
della presenza della malafede in capo (anche ) al Poltronieri dalla proroga, per un
periodo ritenuto a ragione eccessivamente lungo, del contratto di locazione.
III. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della
parte contri ricorrente, liquidandole in curo 3.700,00 di cui curo 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma il 19 giugno 2013, nella camera di consiglio della 2^ Sezione
Civile della Corte di Cassazione.

1988 in sede possessoria, su ricorso della srl Giannino Bini , che, stante la sua limitata

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