Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20845 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 30/09/2020), n.20845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – M. –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15567-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.C.A.;

– intimato –

Avverso la sentenza n. 81/2011 della COMM. TRIB. REG. DELLA PUGLIA

SEZ. DIST. di FOGGIA, depositata il 02/05/2011.

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/11/2019 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. l’Agenzia delle entrate in data 4 giugno 2008 ha notificato al sig. D.C.A. due avvisi di accertamento, con cui è stato accertato nei suoi confronti un maggior reddito d’impresa per gli anni 2004 e 2005, in relazione all’attività di cessione di autoveicoli svolta in evasione totale, e sono state applicate maggiori imposte ai fini IVA e IRAP;

2. detti avvisi sono stati impugnati dal contribuente, nei cui confronti sono stati nel frattempo emessi e notificati tre ulteriori avvisi per gli anni 2004, 2005 e 2006, scaturenti da accertamenti bancari, due dei quali integrativi, con cui il reddito per gli anni 2004 e 2005 è stato rettificato;

3. anche gli ulteriori avvisi sono stati impugnati;

4. la Commissione tributaria provinciale ha annullato i tre avvisi scaturiti da accertamenti bancari, mentre ha confermato i due originari avvisi, riducendo tuttavia la percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio sulla cessione di autoveicoli, avendo riscontrato lo svolgimento di un’attività diversa da quella ipotizzata dall’Ufficio;

5. sia il contribuente che l’Amministrazione finanziaria hanno proposto appello contro la decisione di primo grado

6. la Commissione tributaria regionale della Puglia con sentenza n. 81/27/11, depositata il 2 maggio 2011, ha rigettato l’appello dell’Agenzia e ha parzialmente accolto l’appello del contribuente;

7. avverso la decisione di secondo grado l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

8. il contribuente, benchè regolarmente intimato, non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, in relazione agli avvisi di accertamento fondati sugli accertamenti bancari;

2. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’erronea valutazione dei fatti di causa, in relazione alle risultanze delle attività d’indagine;

3. con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’inidoneità della motivazione che ha portato la CTR a ridurre ulteriormente, rispetto alla già immotivata riduzione operata dalla CTP, la percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio;

4. i motivi, da trattare congiuntamente per la loro intima connessione, sono fondati;

5. è opportuno prendere le mosse dal secondo motivo di ricorso, con cui l’Agenzia, nel regime dell’art. 360 c.p.c., n. 5 previgente, applicabile “ratione temporis”, contesta alla sentenza impugnata di aver omesso di esaminare e motivare alcuni aspetti specifici già evidenziati dalla stessa Agenzia nelle fasi di merito, sostenendo che tali aspetti, se valorizzati, avrebbero condotto a riconoscere nell’attività commerciale svolta dal D.C. non già gli estremi di una semplice intermediazione, ma quelli di commercio di autoveicoli;

6. il rilievo è fondato;

7. secondo il consolidato orientamento della S.C., per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia nel regime precedente alla modifica introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, art. 54, ènecessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato a una diversa soluzione della vertenza; pertanto, il mancato esame di elementi probatori costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base (Cass. 27/08/2018, n. 21223, Cass. 24/10/2013, n. 24092);

8. nel formulare tale giudizio di idoneità occorre valutare comparativamente le risultanze processuali trascurate e quelle poste a sostegno della decisione;

9. nella specie, l’Agenzia ricorrente ha addotto (e puntualmente riportato, nel rispetto del principio di autosufficienza) elementi tratti dal p.v.c. che sarebbe stati certamente idonei, se esaminati, a invalidare l’efficacia probatoria di quelli presi in considerazione dalla sentenza impugnata;

10. l’indagine compiuta aveva infatti fatto emergere che: a) numerosi acquirenti di autovetture avevano dichiarato di essersi recati a visionare le autovetture, poi acquistate, presso ditte di proprietà di persone imparentate con il D.C. e di aver pagato direttamente a quest’ultimo il prezzo delle stesse; b) in Lucera vi era un autosalone denominato “Top Car di C.M.”, intestato a una cugina del D.C., che utilizzava una propria partita IVA da lei detenuta per un’attività di bar, mentre presso l’autosalone erano stati rinvenuti biglietti da visita con la dicitura “Top Car di D.C.A.”; c) risultavano operazioni bancarie del D.C. con una società esercente commercio di autovetture, operazioni che sia il titolare di tale società, sia lo stesso D.C. avevano ricollegato a tale commercio;

11. per contro, la CTR ha tratto la conclusione che l’attività del D.C. consistesse in semplice intermediazione e non in commercio di autoveicoli dai seguenti elementi: a) la mancanza di prova dell’acquisto delle autovetture e del relativo passaggio di proprietà dal rivenditore al D.C. e da questi all’acquirente finale; b) il fatto che i saldi bancari fossero costantemente negativi, a riprova del fatto che il c/c veniva utilizzato dal contribuente solo per cambiare gli assegni a lui intestati; c) le cessioni erano formalizzate con passaggio di proprietà dai rivenditori all’acquirente; d) il fatto che, essendo gli acquisti contabilizzati in capo ai rivenditori, che hanno emesso le fatture di vendita con assolvimento delle relative imposte, ipotizzando un ulteriore passaggio dal contribuente all’acquirente “si concretizzerebbe una duplicazione d’imposta”;

12. nessuno di tali elementi costituisce di per sè prova dello svolgimento di una semplice attività d’intermediazione;

13. quanto all’assenza dei passaggi di proprietà e delle prove d’acquisto dei veicoli, si tratta di circostanza in sè neutra, ben compatibile, oltre che con lo svolgimento di un’attività d’intermediazione, anche con lo svolgimento di un’attività sommersa di commercio dei beni, cioè con la realizzazione proprio di quell’operazione volta a evadere le imposte che è stata ipotizzata nell’avviso di accertamento;

14. la circostanza che i saldi bancari fossero negativi non è decisiva se accompagnata dall’affermazione, contenuta nello stesso passaggio della motivazione, secondo cui vi è prova che il contribuente utilizzasse il conto corrente per cambiare gli assegni a lui intestati, essendo ciò dimostrativo del fatto che comunque il contribuente disponeva di somme di denaro, in teoria ricollegabili anche una vera e propria attività commerciale, e si avvaleva dell’intermediario bancario per gestirle;

15. con riferimento infine al rischio di quella che la CTR definisce una duplicazione d’imposta, si tratta di un argomento poco comprensibile, dal momento che, ove fosse dimostrato il passaggio intermedio della proprietà degli autoveicoli, non si avrebbe una (indebita) duplicazione dell’imposta, ma il (giusto) assoggettamento a tassazione di un’ulteriore segmento del ciclo produttivo-distributivo dei beni in questione, segmento che l’operazione fraudolenta ipotizzata dall’Agenzia mirava a non far emergere;

16. se ne deve concludere che, ove la sentenza impugnata avesse preso in considerazione gli elementi probatori addotti dall’Agenzia, sarebbe giunta a una diversa decisione in ordine alla reale consistenza dell’attività svolta dal D.C. e agli adempimenti fiscali connessi ad essa;

17. ciò si ripercuote anche sul primo motivo di ricorso, concernente gli avvisi di accertamento emessi sulla base degli accertamenti bancari conseguenti al primo accertamento;

18. la CTR ha infatti fondato l’annullamento anche di tali avvisi sulle stesse ragioni appena sconfessate, giungendo alla conclusione che tali operazioni bancarie rafforzerebbero nella convinzione che il D.C. svolgesse un’attività diversa da quella enunciata nell’avviso stesso (di intermediazione e non di commercio di autoveicoli);

19. tale conclusione è tuttavia errata, sia perchè fondata sulle stesse ragioni sopra esaminate e, come visto, prive di pregnanza logica, sia soprattutto perchè si pone in violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2;

20. tale disposizione prevede infatti una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi (Cass. 05/05/2017, n. 11102);

21. detta presunzione non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti attività d’impresa o di lavoro autonomo, atteso che, ove non sia contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito da essa ricavato, incombendo al contribuente l’onere di provare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti (Cass. 11/11/2019, n. 29036, Cass. 24/10/2019, n. 27375, Cass. 28/02/2017, n. 5135, Cass. 13/10/2011 n. 21132);

22. ne consegue che la CTR ha falsamente applicato l’art. 32, comma 1, n. 2, avendo confermato la decisione di primo grado, che aveva annullato gli avvisi notificati all’esito delle indagini bancarie, benchè dai movimenti bancari si ricavasse che essi afferivano a un’attività di tipo imprenditoriale e che dunque essi ben potevano essere utilizzati per la quantificazione del reddito non dichiarato secondo la norma citata;

23. è dunque del tutto irrilevante, ai fini della validità degli avvisi successivi, che, rispetto all’avviso originario, la CTR avesse accertato in maniera peraltro inadeguata – lo svolgimento, da parte del D.C., di un’attività diversa da quella enunciata nell’avviso stesso, sia perchè l’accertamento sui ricavi non contabilizzati, scaturito dall’indagine sui movimenti bancari, ha carattere autonomo rispetto al primo accertamento ed è interamente fondato sulle somme risultanti dai suddetti movimenti, sia perchè è stata la stessa CTR a riscontrare l’esistenza di un’attività imprenditoriale, sia pure diversa da quella ipotizzata dall’Ufficio;

24. il terzo motivo non deve essere esaminato, in quanto concerne le modalità di calcolo della percentuale di ricavo sull’accertamento, i cui contorni non sono tuttavia ancora definiti, formando oggetto del giudizio di rinvio;

25. la sentenza impugnata va pertanto cassata e la causa rinviata, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

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