Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20841 del 11/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20841 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 22797-2007 proposto da:
FERRI SILVIO, CAVALIERI FRANCESCO DECEDUTO e per esso
erede DONATI CARLA in proprio, SETTI ALBERTO quale Wo
procuratore

••• • -• •

A

NAGRIPPI

LUIGI

FRANCESCO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
IPPOLITO NIEVO 61 SCALA D, presso lo studio
2013
1540

dell’avvocato MAZZOCCO ENNIO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FAILLACE STEFANO con
procura speciale rep.42589 del 17/11/2008;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 11/09/2013

TARTARINI GIAMPAOLA, NANETTI MARIA;
– intimati –

sul ricorso 26500-2007 proposto da:
TARTARINI GIAMPAOLA, NANETTI MARIA, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA CIRENAICA 15, presso lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FLORIO
VINCENZO;
– controri correnti ricorrenti incidentali contro

CAVALIERI FRANCESCO DECEDUTO e per esso erede DONATI
CARLA in proprio, SETTI ALBERTO quale procuratore di
DONATI CARLA, NAGRIPPI LUIGI FRANCESCO, FERRI SILVIO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO
61 SCALA D, presso lo studio dell’avvocato MAZZOCCO
ENNIO, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FAILLACE STEFANO con procura speciale
rep.42589 del 17/11/2008;
– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 950/2006 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 19/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/05/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato Stefano FAILLACE, difensore dei
.
‘e-n-t-a-li che si
— zic–i-d
ricorrenti e–de.d.—G-ear-1-cp_r_r_elit-1-2.

z

studio dell’avvocato PICARDI NICOLA, che li

riporta agli scritti depositati;
udito l’Avvocato Vincenzo FLORIO, difensore dei
controricorrenti e ricorrenti incidentali che si
riporta agli scritti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

per l’accoglimento del terzo motivo, per il rigetto
del secondo motivo e per l’assorbimento del quarto
motivo del ricorso principale e per il rigetto del
ricorso incidentale.

Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 18/12/1976 Aldo Cavicchioli e Alda
Ariatti convenivano in giudizio Tartarini Maria e
Nanetti Maria ed esponevano di avere acquistato dagli
stessi convenuti in data 9/7/1968 la metà indivisa di

costruito un edificio ad uso albergo, bar e ristorante
con locali adiacenti con prevalente apporto economico
di essi attori; l’albergo, dal 1971 era stato locato a
terzi con suddivisione del ricavato; sull’area
prospiciente avevano impiantato una stazione di
rifornimento di carburante gestita dagli stessi
convenuti e senza pagamento, da parte di questi, di
alcun corrispettivo.
Ciò premesso chiedevano procedersi alla divisione dei
beni e al rendiconto.
I convenuti contestavano le spese in quanto non
documentalmente provate, chiedevano, a loro volta un
rendiconto e chiedevano, in sede di precisazione delle
conclusioni, l’assegnazione dell’intero compendio con
il conguaglio di cui alle consulenze tecniche
espletate.
Con sentenza non definitiva del 21/9/1994 il Tribunale
di Bologna condannava i convenuti a pagare agli attori \

3

due lotti di terreno edificabile sul quale avevano

la somma di lire 34.379.200 oltre accessori; rigettava
l’eccezione di inammissibilità della domanda di
assegnazione e rimetteva la causa sul ruolo per
l’identificazione catastale degli immobili e per la
loro valutazione.

a titolo particolare degli originari attori

(per

acquisto del compendio immobiliare dai coniugi
Cavicchioli in data 26/11/1993) e dagli eredi di questi
ultimi in proprio i quali censuravano:
– l’omessa pronuncia sulle spese in quanto il primo
giudice

aveva

la

rimesso

loro

liquidazione

al

definitivo;
– la mancata considerazione di maggiori corrispettivi
dovuti per l’uso della stazione di servizio;

l’insufficiente quantificazione del maggior danno

sulla somma capitale, calcolato nella misura del
5%,ritenuta insufficiente rispetto alla svalutazione
nel frattempo intervenuta.
Proponevano appello incidentale gli originari convenuti
lamentando l’eccessiva valutazione del corrispettivo
dovuto per l’uso esclusivo della stazione di servizio.
La Corte di Appello di Bologna con sentenza in data
11/12/1997

riformava

sentenza

la

4

non definitiva

Avverso la sentenza era proposto appello dai successori

limitatamente al maggior danno per la

mora debendi

riconoscendo dovuta la rivalutazione secondo gli indici
ISTAT dei prezzi al consumo sulla somma capitale a far
tempo dalle singole scadenze fino al saldo; rigettava
tutte le altre domande

definitiva a seguito del rigetto, con sentenza di
questa Corte in data 11/4/2001, del ricorso per
Cassazione, proposto dai soli aventi causa degli
originari attori, che sono pure gli odierni ricorrenti
principali.
Il giudizio proseguiva per lo scioglimento del
patrimonio comune e il Tribunale di Bologna, con
sentenza del 7/10/2003, affermava che i Tartarini e
Nanetti erano comproprietari al 50% del compendio
immobiliare e per il 50% gli odierni ricorrenti
principali e rigettava le altre domande compensando le
spese.
Nanetti Maria e Tartarini Giampaola in proprio e quali
eredi di Tartarini Mario proponevano appello lamentando
che il Tribunale non aveva pronunciato sulla domanda di
assegnazione da essi proposta e non aveva pronunciato
sulla richiesta di cancellazione dell’ipoteca iscritta

5

quantum debeatur diveniva

La sentenza di appello sul

a garanzia del credito derivante dalla sentenza non
definitiva, integralmente pagato.
Le controparti proponevano appello incidentale per
ottenere

dell’intero

l’assegnazione

compendio

immobiliare, per l’accertamento di una diversa e

della pronuncia sulle spese processuali del primo
grado, a loro dire ingiustamente compensate; instavano
per il rinnovo della CTU sulla stima del compendio.
La Corte di Appello di Bologna con sentenza del
19/9/2006

in

accoglimento

parziale

dell’appello

principale assegnava l’intero compendio immobiliare a
Nanetti Maria e Tartarini Giampaola, rigettava la
domanda di

dell’ipoteca

cancellazione

giudiziale,

rigettava l’appello incidentale e compensava le spese.
La Corte territoriale rilevava, per quanto ancora
interessa in relazione ai motivi delle impugnazioni:
– che ogni questione relativa alla ripartizione delle
quote di proprietà era coperta da giudicato dalla
che

sentenza non definitiva

aveva

stabilito

rispettivi crediti e debiti sulla base del 50% e che
una diversa valutazione delle quote, comporterebbe una
violazione del giudicato;

6

maggiore percentuale di proprietà e per la riforma

-

che

l’aumento

dell’indice

di

edificabilità,

consentita dalla variante al PRG, nella specie non
influiva sulla valutazione dell’immobile tenuto conto
degli accertamenti del CTU secondo i quali un
ampliamento della costruzione non era economicamente

alla luce della previsione di futuri e incerti lavori;
– che la circostanza che l’albergo non fosse più locato
a terzi non influiva sulla valutazione commerciale,
secondo quanto accertato dal CTU;

che, premesso che entrambi i condividenti avevano

diritto alla stessa quota, sussistevano plurime ragioni
per le quali assegnare il bene ai Nanetti e Tartarini
piuttosto

che

alle

controparti,

ravvisate

nella

circostanza che essi per primi avevano chiesto
l’assegnazione e nel fatto che essi avevano acquistato
per primi, nel 1968 l’intero complesso immobiliare
anche risedendovi, mentre le controparti lo avevano
acquistato dai precedenti proprietari solo in corso di
causa (il 26/11/1993);
– che non v’era motivo di riformare la decisione del
primo grado quanto alla compensazione delle spese
processuali in quanto parte attrice in primo grado non
aveva chiesto l’assegnazione dell’intero, ma procedersi

7

conveniente, non potendosi, inoltre valutare un bene

alla divisione secondo quote maggiori del 50%, domanda
che non aveva trovato accoglimento;
che la domanda di

cancellazione dell’ipoteca

giudiziale di Nanetti Maria e Tartarini Giampaola non
poteva essere accolta perché l’ordine di cancellazione

dell’art. 2668 c.c. solo quando la domanda sia stata
rigettata o quando la causa sia estinta, mentre gli
appellanti avevano chiesto la cancellazione solo sul
presupposto che il credito, per la cui tutela era stata
effettuata

la trascrizione,

fosse

stato estinto,

estinzione peraltro contestata dagli appellanti.
Nagrippi Luigi Francesco,

Ferri Silvio, Cavalieri

Francesco e Donati Carla propongono ricorso affidato a
4 motivi e depositano memoria con la quale, tra
l’altro, rinunciano al primo motivo di ricorso; con la
memoria si costituisce Donati Carla, rappresentata da
Alberto Setti quale procuratore generale, quale erede
di Cavalieri Francesco nel frattempo deceduto
Resistono con controricorso Nanetti Maria e Tartarini
Gianpaola che propongono ricorso incidentale affidato
ad un unico motivo; la Tartarini in proprio e quale
erede della madre Nanetti Teresa deposita memoria.
Motivi della decisione

8

dell’ipoteca giudiziale può essere emesso ai sensi

Preliminarmente, deve disporsi la riunione, ex art. 335
c.p.c., del ricorso incidentale e di quello
incidentale.
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono il vizio
di

motivazione

in

relazione

all’attribuzione

I ricorrenti sostengono che la motivazione per la quale
la Corte di Appello avrebbe ritenuto di assegnare, in
sede di divisione l’intero compendio immobiliare ai
comproprietari Tartarini e Nanetti sarebbe
insufficientemente motivata in quanto non rispondente
all’interesse dei condividenti e fondato su elementi
che non troverebbero riscontro negli atti processuali.
Con la memoria ex art. 378 c.p.c., i difensori, dei
ricorrenti, a ciò autorizzati con la procura speciale
allegata alla memoria, hanno rinunciato al primo motivo
di ricorso e la rinuncia è stata accettata dalla
Tartarini con la memoria a sua volta depositata e anche
dalla stessa sottoscritta.
Il primo motivo deve,

quindi,

essere dichiarato

inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono il vizio
di

motivazione

in

relazione

9

alla

valutazione

dell’immobile non comodamente divisibile.

dell’immobile e alla richiesta di rinnovazione della
CTU e sostengono:
– che la stima del compendio era stata calcolata sulla
base di una CTU di 8 anni prima e aggiornata solo con
la rivalutazione monetaria, inidonea a rendere attuale

immobili si sarebbe rivalutato, nel periodo di
riferimento, secondo i ricorrenti, del 30%;
che sarebbe stata omessa la motivazione sulla
richiesta di rinnovazione della CTU a seguito
dell’approvazione della variante al PRG del 2000,
intervenuta dopo la CTU, che avrebbe ampliato le
possibilità edificatorie e dato la possibilità di
ampliare la ricettività della struttura e anche di
modificare la destinazione trasformandola in
residenziale.
2.1.1 Nella prima parte del motivo i ricorrenti
censurano per vizio di motivazione la sentenza
impugnata per non avere adeguatamente aggiornato la
stima del compendio immobiliare effettuata alcuni anni
prima e sostengono che la rivalutazione, effettuata
secondo l’indice di rivalutazione monetaria sarebbe
insufficiente allo scopo.
La censura è infondata.

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il valore del bene tenuto conto che il valore degli

La Corte di Appello, nel motivare, ha preso in
considerazione il criterio tendenziale per la stima dei
beni da dividere secondo il quale gli immobili
normalmente si rivalutano con un ritmo più elevato
rispetto alla svalutazione monetaria, ma, sulla base

criterio non fosse applicabile nel caso specifico e con
riferimento al periodo temporale in considerazione per
la “situazione di stallo del mercato immobiliare”

(pag.

16 della sentenza) pur dando atto (nella sua sentenza
decisa il 14/10/2005) che la valutazione del CTU
risaliva al 15 Settembre del 1998 (sempre a pagina 16
della sentenza), ossia a sette anni prima.
Da

questa

motivazione

si

possono

trarre

due

conclusioni:
che,

differentemente da quanto sostenuto dai

ricorrenti nel loro ricorso principale, la Corte di
Appello non ha deciso equivocando sulla data della
stima;
– che la Corte di Appello ha ritenuto che non vi
fossero elementi per ritenere che la situazione di
difficoltà del mercato immobiliare avesse subito
mutamenti nel tempo successivo.

11

della consulenza di ufficio ha ritenuto che questo

Orbene non si può negare che questa sia una motivazione
di merito del giudice territoriale al quale non
risultano sottoposti contrastanti elementi istruttori
da valutare nella appropriata sede di merito; neppure
in questa sede di legittimità.,

ps-7

sono opposte

ad un fatto notorio che dovrebbe risultare da astratte
statistiche nazionali (comunque non riferite all’ambito
territoriale di ubicazione dell’immobile) e agli
effetti del passaggio dalla lira all’euro.
In altri termini la sentenza impugnata, sotto questo
profilo, non contrasta con principi già affermati da
questa Corte secondo i quali per la possibile stasi del
mercato e del conseguente deprezzamento del bene, la
parte che solleciti una rivalutazione degli immobili
per effetto del tempo trascorso dall’epoca della stima
deve allegare ragioni di significativo mutamento del
valore degli stessi intervenute medio tempore, non
essendo sufficiente il mero riferimento al lasso
temporale intercorso (Cass. 6/2/2009 n. 3029; Cass.
21/10/2010 n. 21632); d’altra parte la stima di cui
alla CTU depositata il 2/3/2011 in altro procedimento,
alla quale fanno cenno gli stessi ricorrenti nella loro
memoria, evidenzia un valore (euro 1.217.925,00) non

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specifiche contestazioni se non un generico riferimento

così dissonante rispetto alla valutazione della Corte
di appello con la sentenza del 2005 (valore rivalutato
a tale data) risalente al 2005, di euro 961.616.000.
2.1.2 Nella seconda parte del motivo si censura, sempre
per vizio di motivazione, la sentenza impugnata per non

formulata per aggiornare il valore dell’immobile in
considerazione della documentata approvazione, in epoca
successiva alla stima (nel 2000) della variante al PRG
che consentiva di aumentare l’indice di edificabilità
consentendo di intervenire sull’immobile in modo tale
da poterlo trasformare e ampliare.
Anche questa censura è infondata.
La Corte ha considerato anche la variante al P.R.G
approvato nel 2002 e quindi successivamente alla
consulenza (v. il riferimento a pagina 14 della
sentenza); prendendo in specifica considerazione la
variante, ha motivato il rigetto della richiesta di
rinnovazione della CTU osservando che l’aumento
dell’indice di edificabilità non incide sulla
costruzione in quanto, secondo quanto accertato dal
CTU, non appare economicamente conveniente un suo
ampliamento.

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avere accolto la richiesta di rinnovazione della CTU,

In altri termini, ha adeguatamente motivato sul diniego
di rinnovo della CTU valutando antieconomico un suo
ampliamento, anche considerando il nuovo PRG e non
risulta che al giudice del merito siano state formulate
specifiche censure sul giudizio di antieconomicità.

considerazione, ai fini della stima, della possibilità
del mutamento di destinazione, da alberghiera a
residenziale, non risultano trattati davanti al giudice
di appello in funzione della richiesta di aggiornamento
e comunque, attesa la loro assoluta genericità, non
sono neppure rilevanti.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono violazione
e falsa applicazione degli artt. 2909 e 1115 c.c. in
relazione alla ripartizione di quote di comproprietà e
sostengono:
– che sulla domanda di diversa ripartizione ex art.
1115 c.c. delle quote di rispettiva proprietà non si
era pronunciato il Tribunale con sentenza non
definitiva, ma aveva semplicemente accolto la richiesta
di rendiconto e aveva condannato i convenuti al
pagamento delle somme a debito per proseguire la
procedura di divisione;

14

Gli ulteriori argomenti che attengono alla mancata

-

che solo al momento della divisione occorre

verificare,

dopo

il

ricalcolo

delle

quote

dei

comproprietari, se debba o meno operare il meccanismo
del ricalcolo di cui all’art 1115 c.c.;
– che la valutazione delle quote al 50% non era parte

della sentenza non definitiva;
– che il giudice ha suddiviso al 50% crediti e debiti
nella presunzione che al momento della divisione
sarebbero stati regolati i conti e stabilire i
rispettivi crediti e debiti non significa decidere
sulle quote di comproprietà;

che la stessa sentenza di appello dà atto

dell’esistenza di un debito residuo;
– che il pagamento della somma di lire 307.178.698,
avvenuto il 7/4/1999 non era integralmente satisfattivo
residuando un credito di lire 20.178.520 che scaturiva
dalla sentenza non definitiva del 1994 come modificata
dalla Corte di Appello con la sentenza del 1997, oltre
spese di cancellazione e di registrazione, oltre
interessi.
Formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.
i ricorrenti chiedono se il passaggio in giudicato di
una sentenza riguardante il rendiconto delle spese

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delle premesse logiche delle quote di comproprietà

contratte per la cosa comune implichi o meno
l’impossibilità di vagliare una domanda ex art. 1115
c.c. per il fatto che il suo eventuale accoglimento
comporterebbe una diversa ripartizione delle quote di
comproprietà rispetto a quella posta a base della

3.1 La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza
oggi impugnata, ha ritenuto che il giudice di primo
grado aveva l’obbligo, non adempiuto, di pronunciarsi
sulla domanda di Nanetti e Tartarini di assegnazione
dell’intero compendio immobiliare e, pertanto, non
costituendo l’omessa pronuncia motivo di regressione al
primo grado, ha emesso la pronuncia di assegnazione che
già doveva essere emessa nel primo grado.
Nessun altro adempimento era necessario.
Gli appellati avevano chiesto il concorso nella
divisione, per maggior quota, se di ragione e di legge
in corrispondenza dell’entità dei loro diritti e dei
loro crediti verso gli altri condividenti con la
conseguente espansione della loro quota, con riserva di
migliore precisazione in prosieguo.
Non risulta che siano mai stati precisati, ma neppure
semplicemente

indicati

i

crediti

derivanti

dall’estinzione di obbligazioni solidali contratte per

16

rendicontazione per calcolare debiti e crediti.

la cosa comune e scadute o scadenti entro l’anno dalla
domanda di divisione.
In quella sede il giudice, dichiarando di pronunciare
una sentenza definitiva, aveva stabilito che le quote
di comproprietà erano del 50% e che i debiti e i

che Cavicchioli e Ariatti potessero vantare una
maggiore quota di proprietà.
Il giudice di appello ha ritenuto:
– che fosse passata in giudicato la statuizione con la
quale le quote di proprietà si dovevano ripartire al
50% e, decidendo sull’assegnazione dell’intero agli
appellanti, odierni controricorrenti (con decisione ora
passata in giudicato in conseguenza della rinuncia al
relativo motivo) ha condannato gli assegnatari a pagare
il 50% del valore di stima.
La decisione non merita censura.
E’ indubitabile (e neppure contestato) che la quota di
comproprietà, fino al momento della divisione fosse del
50% per ciascuna delle parti comproprietarie e, in tal
senso la sentenza della Corte di Appello che prende
atto della comproprietà nella misura del 50% per
ciascuna parte è corretta.

17

crediti si dividevano al 50% e, quindi, aveva escluso

Solo al momento della divisione opera il meccanismo di
ricalcolo delle quote ai sensi
dell’art.

1115 c.c.

dell’ultimo comma

per il quale la quota del

partecipante, si incrementa in misura corrispondente
al rimborso dovutogli, ove abbia adempiuto obbligazioni

questo meccanismo possa operare è necessario che non
siano ancora estinte le obbligazioni in solido dei
comproprietari nei confronti di terzi, contratte per la
cosa comune, scadute o scadenti entro l’anno dalla
domanda di divisione; la norma che prevede l’incremento
di valore si correla, infatti, al secondo comma dello
stesso art. 1115 c.c. per il quale il prezzo di vendita
e comunque il valore della cosa da assegnare viene
diminuito dell’importo necessario all’estinzione delle
obbligazioni; il valore così recuperato per effetto
dell’estinzione dell’obbligazione viene riaccreditato,
al condividente che ha pagato sotto forma di incremento
del valore della quota.
Risulta infine, dalla sentenza oggi impugnata, che gli
odierni ricorrenti avevano sostenuto di avere già
pagato la somma di lire 307.178.698 (v. le conclusioni
degli appellanti a pagina 5 della sentenza) che
asserivano essere integralmente satisfattiva, gli

18

contratte in solido per la cosa comune; ma perché

appellanti

incidentali

non

contestavano

gli

intervenuti pagamenti (e anzi espressamente li
ammettono nel ricorso: v. pag 30 del ricorso e pag. 4 e
s. della loro memoria), ma contestavano e contestano
che il pagamento sia stato integralmente satisfattivo e

negato che il pagamento sia stato integralmente
satisfattivo, ma ha negato la cancellazione
dell’ipoteca iscritta a garanzia del debito sul rilievo
che era contestata l’integrale estinzione del debito.
L’affermazione del giudice di Appello in punto
giudicato sulle quote di spettanza doveva intendersi
riferita alle quote di spettanza al momento di
introduzione del giudizio di divisione, in quanto non
modificate successivamente per obbligazioni solidali
verso terzi ex art. 1115 c.c., tenuto conto/(né dalla
sentenza non definitiva, né dalla sentenza di appello,
né dal motivo di ricorso risulta prova o almeno
specifica indicazione di obbligazioni solidali
riconducibili a quelle considerate dall’art. 1115 c.c.
Tanto premesso e considerato deve concludersi per la
conferma della sentenza impugnata e per il rigetto del
motivo di ricorso e pertanto nessuna pronuncia
sull’incremento di valore poteva essere emessa.

19

la Corte di appello sul punto non ha né affermato né

I crediti considerati dalla Corte di Appello erano
quelli relativi ai crediti maturati dagli attori nei
confronti dei convenuti a titolo di gestione della cosa
comune e per utili di attività da loro svolta (v. pag.
9 della sentenza di appello), sicuramente non

Gli odierni ricorrenti

non specificano neppure in

ricorso quali fossero, al momento della divisione, le
obbligazioni in solido dei comproprietari nei confronti
di terzi, contratte per la cosa comune, scadute o
scadenti entro l’anno dalla domanda di divisione pagate
dal partecipante e per le quali lo stesso non aveva
ancora ottenuto il rimborso.
Il motivo è invece proposto sul presupposto del tutto
infondato che i debiti per i quali è dovuto
l’incremento della quota siano tutti i debiti del
comproprietario nei confronti dell’altro
comproprietario e non solo quelli di cui al comma primo
dell’art. 1115 c.c.; sotto questo profilo il motivo è
inammissibile perché introduce una questione estranea
all’ambito di applicazione della norma che si assume
violata.
4. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono il vizio
di motivazione quanto alla mancata riforma della

20

qualificabili come crediti per la cosa comune.

sentenza definitiva del primo grado che aveva disposto
la compensazione delle spese, riforma che era stata
richiesta con motivo di appello incidentale.
I ricorrenti sostengono:

primo grado, con una formula molto ampia e diretta,
soprattutto ad una corretta valutazione della quota,
senza escludere una divisione paritaria e quindi non si
potrebbe sostenere che non era stata accolta la loro
domanda;
– che il processo aveva avuto una lunghissima durata
perché i convenuti si erano opposti all’accertamento
del credito degli attori con argomenti, a loro dire,
pretestuosi.
4.1 Il motivo è infondato.
La Corte di Appello ha ravvisato la soccombenza degli
attori in primo grado in relazione al mancato
accoglimento della domanda di assegnazione di una quota
maggiore di comproprietà maggiore del 50%.
La domanda di attribuzione di una maggiore quota di
comproprietà era stata proposta nel primo grado e la
domanda non ha trovato accoglimento, con ciò
giustificandosi la compensazione per la soccombenza

21

– che la domanda ex art. 1115 c.c. fu proposta, nel

degli attori su tale domanda all’esito finale del
giudizio.
Per completezza di motivazione e con riferimento alla
asserita pretestuosità della difesa delle controparti
in merito ai crediti reclamati dagli attori, si osserva

proposto la domanda di determinazione dei conguagli a
credito avanzando pretese per importi superiori a
quelli che sono stati accertati in giudizio; le
consulenze erano state espletate nel comune interesse
per stabilire i rispettivi debiti e crediti e per la
stima del compendio per il giudizio di divisione.
5. Con il primo motivo del ricorso incidentale i
ricorrenti incidentali deducono la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2688 c.c. in relazione alla
cancellazione dell’ipoteca giudiziale, regolata, invece
dagli artt. 2878 n. 3 e 2884 c.c.
I ricorrenti incidentali sostengono che la Corte di
Appello, nel rigettare la domanda di cancellazione
dell’ipoteca, ha applicato alla fattispecie l’art. 2688
c.c. che disciplina invece la cancellazione della
trascrizione delle domande giudiziali sul presupposto
che la domanda sia stata respinta o che il giudizio si
sia estinto, mentre dovevano essere applicati gli artt.

che la censura è infondata in quanto gli attori avevano

2884 e 2878 n. 3 c.c. perchè non era stata chiesta la
cancellazione della trascrizione di una domanda
giudiziale, ma la cancellazione, ai sensi dell’art.
2884 c.c. e per l’estinzione del debito garantito
dall’ipoteca iscritta dalle controparti a garanzia dei

1451/1994 del Tribunale di Bologna e n. 1280/97 della
Corte di Appello di Bologna, passata in giudicato.
5.1 Il motivo, fondato con riferimento all’applicazione
dell’art. 2688 c.c., è tuttavia inammissibile per
difetto di interesse in quanto la Corte di Appello ha
motivato il rigetto della domanda di cancellazione
dell’iscrizione ipotecaria con due autonome

rationes

decidendi:
– la prima fondata sul rilievo che non si sarebbero
verificati i presupposti (il rigetto della domanda o
l’estinzione del giudizio) ai quali l’art. 2668 c.c.
(erroneamente applicato) subordina la cancellazione
della trascrizione delle domande giudiziali;
– la seconda fondata sul rilievo che l’estinzione del
credito per il quale era stata iscritta ipoteca
giudiziale era contestata e, quindi, in mancanza di
assenso del creditore, non poteva essere disposta la
cancellazione dell’iscrizione.

23

crediti riconosciuti con le sentenze non definitive n.

Questa autonoma e decisiva

ratio decidendi

non ha

formato oggetto di specifica impugnazione con adeguato
motivo di ricorso e relativo momento di sintesi ex art.
366 bis c.p.c.; neppure potrebbero essere valorizzati i
rilievi secondo i quali l’ulteriore credito ipotecario

sentenza definitiva di primo grado perché è assorbente
il rilievo della Corte di Appello sull’eccezione di
inadempimento; tale eccezione, infatti, ribalta sul
debitore l’onere della prova dell’estinzione e, quindi,
in caso di contestazione deve procedersi ad
accertamento giudiziale nella specie mancante.
Nella fattispecie resta quindi applicabile il principio
costantemente affermato da questa Corte, secondo il
quale se la sentenza sia sorretta da una pluralità di
ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali
giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare
la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di
esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la
censura relativa alle altre, perché l’impugnazione,
essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non
impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso
l’annullamento della sentenza (cfr. Cass. n. 22753/2011

24

di lire 20.718.520 non sarebbe stato riconosciuto nella

Ord.; Cass. n. 3386/2011, Cass. n. 24540/2009, Cass. n.
9247/2006, Cass. n. 13956/2005).
7. In conclusione deve essere rigettato sia il ricorso
principale che quello incidentale.
Le spese di questo giudizio di cassazione devono essere

della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il
primo motivo

ricorso

etta gli altri’ rigetta il

ricorso incidentale e compensa le spese di questo
giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 29/5/2013.

integralmente compensate tra le parti in considerazione

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