Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20841 del 06/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 06/09/2017, (ud. 30/05/2017, dep.06/09/2017),  n. 20841

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22002-2013 proposto da:

M.R. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA,

CORSO VITTORIO EMANUELE II n. 18, presso lo studio dell’avvocato

SIMONE NOCENTINI (Studio Legale Lessona), che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO S.p.A. (p.iva. (OMISSIS)), in persona dell’Avv.

Gianfranco Ferrara, Amministratore Delegato e legale rappresentante,

quale procuratrice di SESTINO SECURITISATION S.r.l. (p.iva.

(OMISSIS)), in persona dell’Amministratore Unico Dott. Ci.Gu.,

per il recupero del credito di cui attualmente è titolare in

sostituzione della BANCA MPS S.p.A., domiciliata ex lege in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPINA PANTALISSI giusta

procura speciale Rep. n. 12837 del 12.3.2015 in Roma per Notaio

Dott.ssa C.E.;

ITALFONDIARIO S.p.A. (p.iva (OMISSIS)) n.q. di mandataria della

CASTELLO FINANCE S.r.l. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, nominata dalla Mandante con procura

autenticata da A.L., Notaio in Londra il 23.10.2006,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY 28, presso lo

studio dell’avvocato DOMENICO PAVONI, che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

nonchè contro

CA.FR.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 408/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 14/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/05/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Firenze con sentenza 14.3.2013 ha rigettato il gravame proposto da M.R. contro la pronuncia (n. 1262/2010) del Tribunale di Pisa che aveva accolto la domanda principale di simulazione di un contratto di vendita immobiliare del 13.12.1993 avanzata dalla Banca Toscana spa (terzo creditore del venditore) contro M.R. e Ca.Fr., rispettivamente acquirente ed alienante, in contraddittorio col Banco Ambrosiano Veneto spa (altro creditore del venditore e interventore volontario adesivo).

Per giungere a tale soluzione nel giudizio di appello – in cui si erano costituiti la Banca Monte dei Paschi di Siena spa (già Banca Toscana spa) e per essa la MPS Gestione Crediti Banca spa, nonchè Italfondiario spa quale procuratore di Castello Finance srl acquirente, pro soluto dei crediti di Banco Ambrosiano Veneto spa – la Corte territoriale ha rilevato, per quanto ancora interessa in questa sede:

– che correttamente la prova della simulazione era stata tratta da elementi presuntivi, tra cui la mancata dimostrazione dell’avvenuto pagamento del prezzo da parte dell’acquirente, non essendo sufficienti gli elementi prova contraria prodotti dall’appellante perchè nè dagli assegni circolari prodotti in copia nè dalle prove testimoniali proposte erano emersi elementi atti a dimostrare che i suddetti assegni fossero stati poi effettivamente consegnati al venditore Ca. in pagamento del prezzo dell’immobile;

– che l’istanza di emanazione dell’ordine di esibizione di copia integrale degli assegni circolari da parte delle banche emittenti e, in caso negativo, la richiesta di prova per testi sull’avvenuta consegna dei titoli al Ca. (richieste avanzate dall’appellante per integrare la prova del pagamento del prezzo) non potevano ritenersi ammissibili perchè la prima, già formulata in primo grado e non coltivata in sede di conclusioni, doveva ritenersi abbandonata e, come tale, inammissibile in appello anche in causa di vecchio rito), mentre la seconda eccedeva i limiti di cui agli artt. 2726 e 2721 c.c.;

– che, posta la mancata prova positiva dell’avvenuto pagamento del prezzo, l’insussistenza del fatto risultava da altri elementi indiziari (quali il mancato ricorso al sistema bancario per procurare il danaro necessario, reperito, invece, secondo la tesi dell’appellante, mediante l’aiuto di parenti e amici, senza prevedere neppure garanzie o interessi e senza tracce documentali di tali prestiti asseritamente ricevuti e ancora la mancata spiegazione delle modalità di restituzione delle somme ricevute in prestito;

– che ulteriore elemento indiziario era da rinvenirsi nella contiguità temporale tra la stipula dell’atto (13.12.1993) e quella di formazione dei crediti vantati,

Contro tale decisione ricorre per cassazione il M. con tre motivi. Resistono con separati controricorsi la Banca Monte dei Paschi di Siena spa e l’Italfondiario spa.

Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso con assorbimento degli altri.

Italfondiario ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Col primo motivo il ricorrente denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 189 e 345 dolendosi della mancata ammissione delle prove dedotte in primo grado (ordine di esibizione alle banche emittenti di copia integrale degli assegni prodotti sub doc. 2 con la comparsa di costituzione in primo grado), richiesta sulla quale il Tribunale di Pisa non si è mai pronunciato: sostiene che nessuna rinunzia vi era stata all’ordine di esibizione di tali documenti, decisivi per dimostrare, attraverso la firma per l’incasso, il regolare versamento del prezzo al venditore. Fa presente di avere reiterato in primo grado la richiesta di ordine di esibizione pressochè in tutte le udienze con apposita istanza a verbale e che le richieste formulate in sede di conclusioni all’udienza del 3.6.2010 erano fatte per relationem a tutte le istanze istruttorie e non contenevano nessuna rinunzia nè espressa, nè per facta concludentia, alle stesse.

1.2 Col secondo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 2721 e 2726 c.c. nonchè art. 345 c.p.c.: erronea e contraddittoria decisione circa la mancata ammissione delle prove testimoniali richieste nel giudizio di secondo grado. Richiama la disciplina previgente alla riforma di cui alla L. n. 353 del 1990, e sottolinea comunque l’indispensabilità dei mezzi di prova tendenti a dimostrare il pagamento del prezzo.

1.3 Con un terzo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 2721 e 2729 c.c.: violazione dei principi in materia di prova. La Corte d’Appello, secondo il ricorrente, avrebbe altresì errato nel trarre ulteriori elementi presuntivi del mancato pagamento del prezzo dal fatto che il M. non abbia fatto ricorso al normale sistema creditizio, preferendo rivolgersi invece ad amici e parenti: mancherebbe, secondo il ricorrente la gravità, precisione e concordanza degli indizi.

2 Il secondo motivo, da esaminare con precedenza per ragioni di priorità logica, è privo di fondamento perchè si scontra col principio generale, costantemente ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il principio di infrazionabilità delle prove, comporta la inammissibilità, in appello, di una prova testimoniale che, anche in modo indiretto, si appalesi preordinata a contrastare, completare o confortare le risultanze di quella già dedotta e assunta in primo grado, e cioè a determinare, attraverso nuove modalità e circostanze, ovvero per la connessione delle circostanze già provate con quelle da provare, una diversa valutazione dei fatti che sono stati oggetto dello stesso mezzo istruttorio nelle precedenti fasi del processo (tra le varie, Sez. 3, Sentenza n. 20327 del 20/09/2006 Rv. 593315; Sez. 3, Sentenza n. 4652 del 03/03/2005 Rv. 581683; Sez. 2, Sentenza n. 17322 del 31/08/2015 Rv. 636224).

Nel caso in esame, il M. aveva articolato già una prova per testi nel giudizio di primo grado e quindi in quella sede avrebbe dovuto esaurire la richiesta istruttoria.

3 Il primo motivo è invece fondato.

Come costantemente affermato da questa Corte in procedimenti regolati dal cd. vecchio rito, la mancata riproposizione, nelle conclusioni definitive, di domande, eccezioni o istanze in precedenza formulate non può essere ritenuta, di per sè sola, sufficiente a farne presumere la rinuncia o l’abbandono, specie quando esse siano strettamente connesse a quelle oggetto delle richieste specificamente formulate all’udienza prevista dall’art. 189 c.p.c..

Pertanto, il giudice di merito, al quale soltanto spetta il compito di interpretare la volontà delle parti, è tenuto ad accertare se, in concreto, vi siano elementi per ritenere che, malgrado la materiale omissione, la parte abbia inteso insistere nella richiesta o deduzione pretermessa (tra le varie, v. Sez. 1, Sentenza n. 10569 del 03/06/2004 Rv. 573361; Sez. 1, Sentenza n. 2142 del 25/02/2000 Rv. 534409; Sez. 3, Sentenza n. 1281 del 29/01/2003 Rv. 560075; v. altresì Sez. 2, Sentenza n. 12482 del 26/08/2002 Rv. 557072).

Nel caso di specie, riguardante appunto una causa di vecchio rito (la citazione infatti è del luglio 1994), la Corte d’Appello si è limitata ad esaminare il solo verbale di conclusioni davanti al giudice istruttore, mentre avrebbe dovuto verificare, ad esempio, anche attraverso l’esame delle successive difese conclusionali, se nel giudizio di primo grado, malgrado la materiale omissione della riproposizione delle istanze istruttorie in sede di precisazione delle conclusioni, il M. avesse invece inteso insistere nella richiesta o deduzione pretermessa e solo successivamente a tale indagine, trarne le debite conseguenze in ordine alla ammissibilità o inammissibilità della riproposizione dell’istanza in appello perchè solo in caso di accertata rinunzia opera il principio, pure richiamato dalla Corte d’Appello, secondo cui non è consentito in appello l’ingresso della prova già articolata e rinunciata in primo grado, non vertendosi in un’ipotesi di prova nuova ex art. 345 c.p.c. (v. Sez. 1, Sentenza n. 17341 del 25/06/2008 Rv. 604059 in motivazione, nonchè Cass., Sez. 1^, 6 settembre 1996, n. 8127; Cass., Sez. 2^, 19 agosto 2002, n. 12241; Cass., Sez. 3^, 18 settembre 2003, n. 13785)

In mancanza di una tale indispensabile verifica, la sentenza deve essere cassata con rinvio per un nuovo esame del motivo sulla scorta del citato principio di diritto, restando logicamente assorbito l’esame della restante censura.

Il giudice di rinvio, che si individua in altra sezione della Corte d’Appello di Firenze, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2017

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