Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20841 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/08/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 02/08/2019), n.20841

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26962-2016 proposto da:

D.B., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA BARBERINI 47, presso lo studio dell’avvocato ANGELO

PANDOLFO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati

SILVIA LUCANTONI, MARIALUCREZIA TURCO, ARMANDO TURSI;

B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 112

presso lo studio dell’Avvocato CHIARA MAGRINI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, in

proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. 05870001004

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ESTER ADA

SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 154/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 24/05/2016 R.G.N. 471/2015.

Fatto

RILEVATO

1. che la Corte d’appello di Brescia, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha rigettato la domanda proposta dagli odierni ricorrenti al fine di far accertare l’illegittimità della pretesa contributiva oggetto di verbale di accertamento ispettivo dell’Inps, con il quale era stato ritenuto il loro obbligo d’iscrizione alla gestione commercianti quali produttori liberi di impresa di assicurazioni, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con modif. in L. n. 326 del 2003;

2. che la Corte territoriale, in particolare, ha ritenuto che il rinvio alla contrattazione collettiva corporativa sarebbe da intendersi limitato alla mera definizione normativa della categoria dei “produttori liberi” e che, considerata la palese volontà del legislatore di estendere la protezione previdenziale a detta figura, non assumerebbe rilievo la circostanza che il produttore sia legato ad un’ agenzia o alla stessa compagnia assicuratrice;

3. che avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i produttori assicurativi destinatari della sentenza della Corte d’appello, affidato a quattro motivi;

4. che l’INPS ha resistito con controricorso e che entrambe le parti hanno presentato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2;

5. che la Sesta sezione della Corte ha richiesto la trattazione in pubblica udienza;

6. che i produttori hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

7. che l’adesione di Be. e C. alla procedura di definizione agevolata D.L. n. 193 del 2016, ex art. 6 non determina la dichiarazione di cessazione della materia del contendere che è stata richiesta dai difensori nella memoria, in quanto nella relativa domanda non è stato assunto l’impegno a rinunciare ai giudizi pendenti aventi ad oggetto i carichi ai quali si riferisce la dichiarazione, ed inoltre la causa, di accertamento negativo dell’obbligo d’iscrizione alla gestione commercianti D.L. n. 269 del 2003, ex art. 44, comma 2, conv. con modif. in L. n. 326 del 2003, ha un oggetto più ampio rispetto alle specifiche pendenze contributive oggetto della procedura di definizione agevolata;

8. che con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., come riformato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. c bis), convertito con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, non avendo la Corte d’appello accolto la sollevata eccezione d’inammissibilità dell’atto di appello dell’INPS proposta dagli odierni ricorrenti, pur rilevando che gli atti di gravame non rispondessero ai requisiti stabiliti dall’art. 434 c.p.c.;

9. che con il secondo motivo lamentano la violazione e falsa applicazione del contratto collettivo corporativo per la disciplina dei rapporti tra agenzie, subagenzie e produttori di assicurazione del 25 maggio 1939, della L. n. 326 del 2003, art. 44, comma 2, e dell’art. 12 preleggi Sostengono che l’interpretazione accolta dalla Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che il contratto corporativo è volto a regolare i rapporti intercorrenti direttamente tra le agenzie assicurative e i loro produttori e non anche i rapporti tra i produttori assicurativi e la compagnia;

10. che con il terzo motivo deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 preleggi e sostengono che l’interpretazione estesa anche ai produttori liberi di compagnia assicurativa, avallata dalla sentenza impugnata, imporrebbe l’applicazione analogica, vietata, della disciplina del contratto collettivo corporativo;

11. che con il quarto motivo, infine, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del contratto collettivo corporativo per la disciplina dei rapporti tra agenzie, subagenzie e produttori di assicurazione del 25 maggio 1939 e del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2 nonchè dell’art. 2697 c.c. e sostengono che l’INPS non avrebbe provato l’esistenza degli elementi caratterizzanti la figura del produttore di IV gruppo;

12. che il primo motivo non è fondato. La Corte ha rigettato l’eccezione d’inammissibilità del gravame argomentando che:”per quanto sia vero che l’atto non esponga nel dettaglio, e in particolare, la proposta modificativa e ricostruttiva delle parti di pronuncia criticate, lo stesso indica comunque i temi di censura e di asserita erroneità della decisione impugnata, nonchè, seppure implicitamente, la decisione che il giudice avrebbe dovuto adottare”. Nel fare ciò, si è attenuta ai principi affermati da questa Corte (v. in particolare Cass. S.U. n. 27199 del 16/11/2017, e successive conformi) che hanno chiarito che gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata;

13. che gli ulteriori motivi, tra loro connessi, sono invece fondati.

Le questioni che essi pongono sono state esaminate da questa Corte nei recenti arresti n. 1768 del 24.01.2018 e n. 2279 del 30.01.2018, nei quali è stato affermato il principio di diritto così enucleato dall’Ufficio del Massimario: “in tema di gestione previdenziale per i commercianti, l’obbligo di iscrizione di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con modif. dalla L. n. 326 del 2003, non include la posizione dei produttori di assicurazione, i quali svolgono la loro attività direttamente per conto delle imprese assicurative, ma solo quella dei produttori collegati ad agenti o subagenti, in quanto il richiamo della norma al contratto collettivo corporativo intercorrente tra i produttori ed agenzie e subagenzie e la qualità dei soggetti collettivi contraenti è, per la precisione del rinvio, un elemento significativo utilizzato dal legislatore per strutturare la disposizione che porta ad escludere la correttezza di interpretazioni analogiche”.

14. La soluzione adottata poggia sulle considerazioni secondo le quali dall’esame dell’Accordo Corporativo tra Agenti e Produttori di Assicurazioni del 25.5.1939, si trae il convincimento che il produttore è normalmente considerato una specie del procacciatore d’affari che ha con l’impresa o l’intermediario preponente un rapporto meno vincolato sul piano operativo e giuridico rispetto a quello di chi è più intensamente integrato nella struttura organizzativa imprenditoriale dell’agente” e che “ricostruiti i diversi contenuti economici delle attività proprie dei produttori diretti e di quelli correlati ad agenti o subagenti, risulta comprensibile e razionale la scelta del legislatore previdenziale del 2003 di istituire l’obbligo d’iscrizione nella gestione commercianti di questi ultimi, lasciando che i primi ricadano senz’altro nella regola comune ai lavoratori autonomi non rientranti nelle gestioni esistenti di cui alla cd. quarta gestione speciale dell’Inps (L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26)”;

15. che il superiore principio è stato ribadito, anche a fronte delle perplessità sollevate dalla Sesta sezione, con la sentenza n. 30554 del 26/11/2018, cui hanno fatto seguito altre conformi (v. da ultimo ord. n. 11193 del 2019), in cui si è precisato che, ai fini dell’inquadramento previdenziale dei produttori assicurativi diretti, rilevano le concrete modalità di esercizio dell’attività di ricerca del cliente assicurativo, con la conseguenza che l’iscrizione va effettuata presso la Gestione commercianti ordinaria ove tale attività sia svolta dal produttore in forma di impresa e presso la Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, ove l’attività in questione sia esercitata mediante apporto personale, coordinato e continuativo, privo di carattere imprenditoriale, o in forma autonoma occasionale da cui derivi un reddito annuo superiore ad Euro 5.000,00 (Cass. n. 30554 del 2018);

16. che il ricorso deve dunque essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, risultando acclarata la qualità dei ricorrenti di produttori diretti di compagnia di assicurazione, deve dichiararsi insussistente il loro obbligo di iscrizione alla gestione degli esercenti attività commerciale ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. in L. n. 326 del 2003;

17. che le spese dell’intero processo devono essere compensate tra le parti, in considerazione del contrasto nella giurisprudenza di merito ancora esistente sulla questione al tempo della proposizione del ricorso per cassazione (cfr. Cass. n. 30554 del 2018, cit.);

18. che, in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

la Corte accoglie il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso; rigetta il primo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, dichiara insussistente l’obbligo dei ricorrenti d’iscrizione alla gestione degli esercenti attività commerciale ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. in L. n. 326 del 2003. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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