Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20840 del 14/10/2016
Cassazione civile sez. VI, 14/10/2016, (ud. 24/06/2016, dep. 14/10/2016), n.20840
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8101-2015 proposto da:
Z.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA 125,
presso lo studio dell’avvocato M. Z., che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MARCO DI LOTTI, giusta procura
speciale in calce;
– ricorrente –
contro
COMUNE ROMA, ROMA CAPITALE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 21598/2014 del TRIBUNALE di ROMA, depositata
il 30/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI;
udito l’Avvocato Z. M. difensore del ricorrente che si
riporta agli atti e deposita nota giurisprudenziale.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che l’avv. Z.M. ricorre per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma, depositata il 30 ottobre 2014/3 novembre 2014, di riforma della sentenza del Giudice di pace di Roma n. 29939-10 del 2012, nella parte in cui ha liquidato le spese in Euro 290,00 per il primo grado e in Euro 350,00 per l’appello, oltre accessori, in ragione della “tenuità dell’oggetto e degli interessi coinvolti”;
che la parte intimata Roma Capitale non ha svolto difese.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;
che con l’unico motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., della Tariffa forense e dell’art. 36 Cost.;
che risulta inammissibile la denuncia di violazione diretta del parametro costituzionale ad opera della decisione del Tribunale – di cui il ricorrente assume in premessa l’illegittimità, per contrarietà alle norme che disciplinano i compensi degli avvocati;
che, in realtà, la denuncia concerne l’applicazione del D.M. n. 127 del 2004, sulla cui base erano state redatte le note spese, che il Tribunale avrebbe ignorato;
che la doglianza risulta infondata;
che, ai sensi del D.M. n. 127 del 2004, per le cause dinanzi ai giudici di pace di valore fino a 600,00 Euro, il compenso per onorario è stabilito in misura fissa non superiore ad Euro 190,00 per l’intero giudizio;
che, inoltre, ai sensi della norma di carattere generale contenuta nel R.D. n. 1578 del 1933, art. 60, comma 5, è consentito al giudice di scendere sotto i limiti minimi fissati dalle tariffe professionali quando la causa risulti di facile trattazione, purchè sia adottata espressa ed adeguata motivazione, e limitatamente alla voce dell’onorario (ex plurimis, Cass., sez. L, sentenza n. 949 del 2010);
che, nella specie, il richiamo alla tenuità dell’oggetto della controversia è sufficiente a giustificare la riduzione dell’onorario per il giudizio dinanzi al Tribunale;
che il ricorso è rigettato senza pronuncia sulle spese, poichè la parte intimata non ha svolto difese;
che sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo dl contributo unificato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore Importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 24 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2016