Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2084 del 30/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2084 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 10145-2008 proposto da:
GRUNER UND JAHR MONDADORI SPA 09440000157 in persona
dell’amministratore delegato e legale rappresentante
pro tempore Sig. ROLF GUNTER HEINZ, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MONTE DELLE GIOIE 13, presso
lo studio dell’avvocato VALENSISE CAROLINA, che la
2013
2385

rappresenta e difende unitamente all’avvocato POZZI
MAURIZIO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

LORENZO MANCINI DI LORENZO PAVANELLO IN LIQ

Data pubblicazione: 30/01/2014

10255900150 in persona del titolare Sig. LORENZO
PAVANELLO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA V.
VENETO 84, presso lo studio dell’avvocato BELTRAMO
SUSANNA, che la rappresenta e difende giusta delega
in atti;

nonchè contro

FRECCE SRL 08716620151;
– intimata –

sul ricorso 13794-2008 proposto da:
FRECCE SRL 08716620151 in persona dell’A.U. ANNA
MARIA PETITO, domiciliata ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata
e difesa dall’avvocato MARIANO GIOVANNI giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

GRUNER UND JAHR MONDADORI SPA 09440000157 in persona
dell’amministratore delegato e legale rappresentante
pro tempore Sig. ROLF GUNTER HEINZ, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MONTE DELLE GIOIE 13, presso
lo studio dell’avvocato VALENSISE CAROLINA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato POZZI
MAURIZIO giusta delega in atti;
LORENZO MANCINI DI LORENZO PAVANELLO IN LIQ
10255900150 in persona del liquidatore Sig. LORENZO

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controricorrente –

PAVANELLO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA V.
VENETO 84, presso lo studio dell’avvocato BELTRAMO
SUSANNA, che la rappresenta e difende giusta delega
in atti;
– controricorrenti –

di MILANO, depositata il 21/02/2007, R.G.N.
1461/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;
udito l’Avvocato GIULIO IPPOLITO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi;

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avverso la sentenza n. 513/2007 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata in data 6 aprile 2000 il sig. Lorenzo
Pavanello, titolare dell’impresa individuale “Lorenzo Mancini
di Lorenzo Pavanello, conveniva in giudizio la Gruner und
Jahr/Mondadori Spa esponendo che, in data 10.6.1998, aveva

pubblicazione su una rivista, 57 diapositive originali ed un
duplicato di sua proprietà, senza ottenere poi la restituzione
delle diapositive. A riguardo, la Gruner gli aveva comunicato
di aver affidato all’agenzia Frecce Srl, società che gestisce
il servizio di consegne di plichi a domicilio, l’incarico di
restituire i fotogrammi ma il fattorino di questa aveva subito
il furto del borsone agganciato al ciclomotore, posteggiato
sulla pubblica via. Ciò premesso, chiedeva la condanna della
convenuta al risarcimento dei danni subiti. In esito al
giudizio in cui si costituivano la convenuta nonché la Frecce
Srl, chiamata in causa dalla prima, il Tribunale di Milano
condannava la convenuta al pagamento, in favore dell’attore,
della somma di C 25.472,46, già rivalutata, oltre interessi
legali, respingeva ogni altra domanda e provvedeva al governo
delle spese.
Avverso tale decisione la Gruner proponeva appello ed in esito
al giudizio, in cui si costituivano il Mancini e la Frecce Sri,
proponendo a loro volta appello incidentale, la Corte di
Appello di Milano con sentenza depositata in data 21 febbraio
2007, condannava la società Gruner a pagare la somma di C

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4!

consegnato a quest’ultima, ai fini di un’eventuale

44.157,00 in favore dell’impresa Lorenzo Mancini di Lorenzo
Pavanello in liquidazione da rivalutare secondo gli indici
Istat, oltre interessi al tasso medio annuo del 2,889% dal
17.7.98 al saldo; condannava Frecce Sri a pagare alla Gruner la
somma di e

516, oltre rivalutazione ed interessi come sopra;

condannava Frecce Sri a rifondere alla Gruner la quota di
trequarti delle spese da quest’ultima sostenute nel giudizio di
primo grado, liquidate come in motivazione, compensato l’altro
quarto; confermava nel resto la sentenza; provvedeva al governo
delle spese di secondo grado.
Avverso la detta sentenza la Gruner ha quindi proposto ricorso
per cassazione articolato in cinque
memoria. Resistono

motivi, illustrato da

con controricorso la Frecce Sri, che ha

proposto a sua volta ricorso in via incidentale, affidandolo a
tre motivi; il Pavanello e la stessa Gruner.
MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, deve rilevarsi che il ricorso principale e
quello incidentale sono stati riuniti, in quanto proposti
avverso la stessa sentenza.
Procedendo all’esame del ricorso in via principale, va rilevato
che, con la prima doglianza, deducendo la violazione e la
falsa applicazione degli artt.1766, 1768, 1780, 2697, 1176 e
1177 cc, la Gruner ud Jahr/Mondadori Spa ha censurato la
sentenza impugnata per aver la Corte di Appello trascurato che
l’obbligo di custodia e di restituzione dei beni ricevuti in
visione era puramente accessorio ed incidentale rispetto alla

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causa principale del contratto e per aver quindi erroneamente
valutato la responsabilità della Gruner, secondo i criteri
della responsabilità ex

recepto,

trascurando che, qualora

l’obbligo di custodire abbia natura accessoria rispetto a
quella dedotta in obbligazione, per il suo adempimento trovano

adempimento dell’obbligazione.
Ha quindi concluso il motivo di impugnazione con il seguente
quesito di diritto:

“Vero che le norme che

disciplinano

responsabilità del destinatario (artt.1766. 1768, 1780)

applicabili solo

nel

caso in cui

l’obbligazione di

la

sono

custodire

rappresenti l’unica prestazione qualificatrice del contratto; e
che qualora invece

l’obbligo

di custodire abbia natura

meramente accessoria rispetto a quella dedotta in obbligazione,
per il suo adempimento trovano applicazione, ai termini
dell’art.1177 cc, le regole stabilite per l’adempimento delle
obbligazioni in generale?’

Le ragioni di doglianza, svolte dalla ricorrente pur essendo
assolutamente condividibili in linea di principio, devono
essere però dichiarate inammissibili per difetto di
correlazione con le ragioni della decisione. Ed invero,
costituisce ormai ius receptum quello secondo cui le norme, che
disciplinano nel contratto di deposito la responsabilità del
depositario, sono applicabili solo nel caso in cui
l’obbligazione di custodia sia assunta come principale e
assorbente rappresentando l’unica prestazione qualificatrice

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applicazione le regole e i principi generali in tema di

del contratto; qualora, invece, l’obbligo di custodire abbia
una funzione strumentale rispetto ad un’altra obbligazione, di
carattere principale e si atteggi come meramente accessoria
rispetto a quella dedotta in obbligazione, per il suo
adempimento trovano applicazione, a termini dell’art. 1177 cod.

in generale.
Ne consegue che nei contratti c.d. misti, come quello per è
causa, in cui l’obbligo di custodire costituisce una
prestazione accessoria rispetto all’obbligazione in cui si
sostanzia il contratto, non si applicano le regole sulla
responsabilità

ex recepto,

aventi natura eccezionale, bensì

quelle ordinarie sulla responsabilità per colpa, le quali
prevedono invece come parametro di valutazione la diligenza del
buon padre di famiglia.
Ciò premesso, deve precisarsi quanto segue: se quanto sopra
riportato

costituisce

principio

giurisprudenziale

ormai

consolidato, deve sottolinearsi altresì che le ragioni
dell’impugnata decisione sono assolutamente in linea con il
suddetto principio, essendo essenzialmente fondate sulla
considerazione derivante dalla ritenuta “correttezza del
collegamento, effettuato dal Tribunale, fra l’avvenuta consegna
ed i correlati obblighi di custodia e restituzione come
evidenziati – alla luce del disposto dell’art.1177 cc – dal
Tribunale”.

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civ. le regole stabilite per l’adempimento delle obbligazioni

Fatto è – così continua la Corte di merito – che la Gruner non
ha adempiuto l’obbligo di custodia con la diligenza del buon
padre di famiglia avendo utilizzato il servizio di restituzione
più economico, a scheda multipla, non coperto da alcuna
assicurazione, benché fosse consapevole di avere a che fare con

della sentenza).
Ciò posto, considerato che le ragioni della pronuncia sono in
linea con lo stesso orientamento giurisprudenziale invocato
dalla ricorrente e le ragioni di gravame non si contrappongono
in maniera specifica alle considerazioni svolte nella sentenza
impugnata, ne discende la loro inammissibilità.
E’ ugualmente inammissibile, sia pure per altri motivi la
seconda doglianza, con cui la ricorrente, deducendo
l’insufficiente e contraddittoria motivazione, ha censurato la
decisione impugnata per aver la Corte fondato il proprio
convincimento in merito alla conoscenza, da parte di Gruner, di
avere presso di sé gli originali dei fotocolor su valutazioni
di carattere presuntivo trascurando il fatto decisivo che
Mancini non si era premurato di comunicare che i fotocolor
fossero originali e che la teste Fiore aveva dichiarato che non
sempre venivano consegnati gli originali.
Il motivo di impugnazione è stato accompagnato dal seguente
momento di sintesi: ”

si indica che il fatto controverso in

relazione al quale la motivazione della sentenza impugnata
risulta insufficiente e contraddittoria è il seguente; la

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,,//?

originali (tranne uno) e non con meri duplicati. (v. pag. 5

conoscenza da parte di Gruner che le fotografie consegnate in
visione da Mancini fossero originali e non semplici copie”
L’inammissibilità discende dal rilievo che la ricorrente ha
esaurito il necessario momento di sintesi nella mera
indicazione del fatto controverso senza indicare

le ragioni

decisione e soprattutto senza specificare, sia pure in sintesi,
le ragioni per le quali sussisterebbe un contrasto insanabile,
tra le argomentazioni adottate della Corte di merito, tale da
non consentire l’identificazione del procedimento logicogiuridico posto a base della decisione.
Ora, posto che la norma di cui all’art. 366 bis citato non può
essere interpretata nel senso che il momento di sintesi possa
desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di
ricorso, poiché una siffatta interpretazione si risolverebbe
nell’abrogazione tacita della norma in questione, il motivo in
esame, privo dei requisiti richiesti, deve essere dichiarato
inammissibile, ai sensi dell’art.366 bis c.p.c.
Passando alla terza doglianza, va rilevato che la ricorrente,
deducendo la violazione degli artt.1510, 1766 e 1228 cc,
lamenta che la Corte d’appello avrebbe sbagliato nel ritenere
che il depositario non si libera dell’obbligazione di
restituzione con la consegna della merce al vettore, se non
nell’ipotesi della vendita di cose mobili. Al contrario,
l’art.1510 cc troverebbe applicazione generalizzata con

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per cui la motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la

riferimento a tutti i rapporti contrattuali da cui derivi un
obbligo di restituzione.
La tesi prospettata dal ricorrente nel ricorso riprende
sostanzialmente la motivazione di una sentenza, ormai
risalente, di questa Corte (Cass. n.3064/84), condivisa in

“l’obbligazione, che, qualunque ne sia la genesi negoziale,
abbia ad oggetto la consegna o restituzione di cose mobili, da
trasportare da un luogo ad un altro, è adempiuta dal debitore,
in mancanza di patto od uso contrario, con la consegna delle
cose ad un vettore (o ad un spedizioniere), designando come
destinatario il creditore. Ciò comporta che, non potendo il
vettore essere qualificato terzo ausiliario nell’adempimento
dell’obbligazione, non è applicabile l’art. 1228 c.c. e,
quindi, in caso di perdita o avaria delle cose, il debitore non
è responsabile, verso il creditore, per il fatto colposo del
vettore”.
La tesi, pur pregevole, merita però di essere rivisitata alla
luce delle seguenti considerazioni. L’art.1510 cc costituisce
la prima disposizione della sezione II, espressamente intestata
alla vendita di cose mobili, del titolo III – capo I (della
vendita) del codice civile vigente. Non si tratta quindi di una
norma inserita nella materia delle obbligazioni e dei contratti
in generale bensì di una norma riguardante la materia della
vendita in particolare.

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linea di principio da Cass. n.4331/93, secondo cui

Il capoverso dell’art.1510 citato dispone testualmente: “salvo
patto o uso contrario, se la cosa venduta deve essere
trasportata da un luogo all’altro, il venditore si libera
dell’obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore o
allo spedizioniere; le spese del trasporto sono a carico del
compratore.
La previsione, che è coerente con il criterio legale, valevole
in mancanza di patto o di uso contrario, secondo cui la cosa
deve essere consegnata nel luogo dove questa si trovava al
tempo della vendita, se le parti ne erano a conoscenza, ovvero
nel luogo dove aveva il suo domicilio o la sede l’impresa,
risponde con tutta evidenza ad una precisa

ratio, che è quella

di favorire i rapporti commerciali e la vendita a distanza
consentendo al venditore di liberarsi dall’obbligo della
consegna, rimettendo la cosa, che avrebbe dovuto essere
consegnata nel luogo della vendita o presso il suo domicilio o
la sede dell’impresa, a due figure professionali, da lui
distinte, quali il vettore o lo spedizioniere; e ciò, a spese
del compratore.
In tale ipotesi, per effetto della

specifica previsione di

legge, il contratto di trasporto si inserisce autonomamente
nella vicenda contrattuale ormai conclusa, come modalità
meramente esecutiva di essa. Con la conseguenza che il
venditore non risponde dell’inadempimento del vettore o dello
spedizioniere, come sarebbe accaduto in base ai principi
generali dell’art.1228 cc.

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L’art.1510 cpv cc, in considerazione della

ratio legis

sopra

indicata nonché del dato letterale e della sua disposizione
sistematica, costituisce però, con tutta evidenza, una norma
speciale, applicabile solo in tema di vendite a distanza di
cose mobili, la quale, in quanto tale, non è suscettibile di

tale figura contrattuale e non può quindi, in difetto di
previsione di legge, operare deroga alcuna ai principi generali
valevoli per le obbligazioni in generale ed in particolare al
disposto di cui all’art.1228 cc.
Con la conseguenza che il vettore

deve essere

considerato

terzo ausiliario del debitore-mittente, il quale, in caso di
perdita o avaria (totale o parziale), risponde verso il
creditore-destinatario del fatto doloso o colposo del vettore.
Passando alle ultime due censure, va rilevato che con il quarto
motivo, deducendo la violazione degli artt.1223, 1225, 1678,
1693, 1694, 1696, 2697 cc, la ricorrente ha censurato la
sentenza impugnata nella parte in cui fa applicazione del
principio sancito dall’art.1225 cc, secondo cui, qualora
l’inadempimento non derivi da dolo, il risarcimento è limitato
al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta
l’obbligazione.
Con l’ultimo motivo, deducendo la violazione degli artt.1223,
1225, 1227,e 2697 cc, la ricorrente ha infine censurato la
sentenza impugnata nella parte in cui ha fatto ricorso alla
liquidazione equitativa malgrado non ricorressero i presupposti

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applicazione estensiva né tanto meno analogica al di fuori di

dell’impossibilità o estrema difficoltà di procedere alla
quantificazione del danno
Entrambe le censure sono inammissibili. A riguardo deve
premettersi che il quarto motivo è accompagnato dal seguente
quesito di diritto:

“Vero che, ai fini dell’applicazione

contratto di trasporto, le conseguenze giuridiche della colpa
grave sono trattate allo stesso modo di quelle ~rie della
condotta dolosa? ” mentre l’ultimo motivo è concluso con il
seguente quesito: ” Vero che il potere del giudice di procedere
alla valutazione equitativa del danno ex art.1226 cc presuppone
l’impossibilità o quanto meno la particolare difficoltà della
precisa determinazione del danno ?”
Né l’uno né l’altro quesito soddisfa le prescrizioni di legge.
Ed invero, nel vigore dell’art.366 bis cpc, il quesito di
diritto deve essere formulato in modo tale dà esplicitare una
sintesi logico gìuridica della questione, così da consentire
al giudice di legittimità di enunciare una

regula iuris

suscettibile di applicazione anche in casi ulteriori, rispetto
a quello deciso dalla sentenza impugnata. In altri termini esso
deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli
elementi di fatto sottoposti al giudice di merito(siccome da
questi ritenuti per veri, mancando altrimenti la critica di
pertinenza alla ratio decidendi della sentenza impugnata) b)
la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da
quel giudice; c) la diversa regola di diritto applicabile che,

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dell’art.1225 cc, con particolare riferimento ad un’ipotesi di

ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso
di specie. Il quesito, quindi, non deve risolversi in una
enunciazione di carattere generico e astratto, priva di
qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua
riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non

voluto dal ricorrente, non potendosi, altresì, desumere il
quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il primo
con il secondo, pena la sostanziale abrogazione della norma
(Cass.n.6549/2013). Ne deriva l’inammissibilità delle
doglianze. Il ricorso principale deve essere pertanto
rigettato.
Passando al ricorso incidentale proposto da Frecce Sri, va
rilevato che la prima doglianza, articolata sotto il profilo
della motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, si
fonda sulla considerazione che la Corte di Appello sarebbe
incorso nel vizio denunciato sui seguenti profili della
controversia: a) per non essersi pronunciata e aver argomentato
sulla qualificazione atipica del contratto c.d. di
express;

pony

b) circa la colpa attribuita a Frecce Sri; c)

relativamente alla valutazione del regolamento di servizio; d)
circa la determinazione della responsabilità di Frecce e la
liquidazione del danno.
Ha quindi concluso i quattro submotivi con i seguenti quesiti:
a)

“si denuncia l’omissione di ogni e qualsivoglia motivazione

perché non vi è stata alcuna pronuncia circa l’atipicità del

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consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso

contratto e l’applicabilità o meno al caso di specie della
disciplina del contratto di trasporto”

b)

“si denuncia

l’insufficiente motivazione della sentenza di appello perché
non ha assolutamente chiarito se nel caso concreto l’operatore
del servizio c.d. di “pony express” versa in colpa grave

istanti necessari per la presa o la consegna di un plico”;

c)

“si denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione in
merito alla valutazione effettuata dal regolamento di servizio
predisposta da Fredde Srl ed inviato a tutti i suoi clienti,
compresa la G.und J, perché la Corte d’appello si è limitata a
dichiarare l’inapplicabilità delle presunte clausole limitative
della responsabilità di Frecce Srl, mai invocata dalla presente
esponente, e perché non si è mal pronunciata sulla questione
relativa alla conoscenza da parte di G.und J delle condizioni
di servizio, che avrebbero imposto alla controparte il ricorso
ad un diverso tipo di servizio rispetto a quello richiesto e
soprattutto le avrebbero imposto di comunicare a Frecce Srl il
contenuto dei plichi;
contraddittoria

d)

motivazione

“si denuncia l’insufficiente e
in merito alla

valutazione

effettuata dalla Corte di appello sia ciò che riguarda la
responsabilità posta a carico di Frecce Srl sia che per la
pronuncia relativa alla quantificazione dei danni che è stata
effettuata in assenza di ogni e qualsivoglia logica giuridica”
La doglianza, in tutte le sue articolazioni, è inammissibile
per un duplice ordine di considerazioni. Ed invero, in primo

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lasciando il borsone legato al proprio motociclo per i pochi

luogo, deve tenersi presente che, ai sensi dell’art. 366 bis
cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6,
applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, ove sia
denunciato un vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c.
n. 5, così come è avvenuto nel caso di specie, la censura deve

diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, oltre a
richiedere sia l’indicazione del fatto controverso, riguardo al
quale si assuma l’omissione, la contraddittorietà o
l’insufficienza della motivazione sia l’indicazione delle
ragioni per cui la motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la
decisione (Cass. ord. n. 16002/2007, n. 4309/2008 e
n.4311/2008). Ciò considerato, deve evidenziarsi che, nel
ricorso in esame, la ricorrente ha esaurito il necessario
momento di sintesi nella sola indicazione del fatto controverso
senza indicare altresì le ragioni di sussistenza del vizio
motivazionale. Ora, posto che la norma di cui all’art. 366 bis
citato non può essere interpretata nel senso che le ragioni del
vizio motivazionale lamentato possano desumersi dalla
formulazione del motivo di ricorso, poiché una siffatta
interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della
norma in questione, già questa prima considerazione giustifica
l’inammissibilità delle censure.
Ma vi è di più. Il primo sub motivo è inammissibile altresì per
l’irrituale

commistione

tra

due

vizi

della

sentenza

giuridicamente diversi e logicamente incompatibili quali il

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contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di

vizio di “omessa pronuncia” integrante un error in procedendo,
produttivo della nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n.
4 (norma neppure richiamata) e l’altro, costituente un vizio
della decisione adottata ex art.360 n.5 cpc, il quale, al
contrario del primo, presuppone che il giudice abbia preso in

pronunciato su di essa, anche se senza giustificare (o non
giustificando adeguatamente) la sua decisione.
Il secondo, il terzo ed il quarto submotivo sono altresì
inammissibili perché contengono censure di merito e tendono ad
una ulteriore rivalutazione delle risultanze di merito, che non
è consentita in sede di legittimità.
Parimenti è inammissibile la seconda doglianza, articolata
sotto il profilo della violazione degli artt.91 e 92 cpc e
dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, con
cui la ricorrente lamenta che la Corte sarebbe incorsa nel
vizio indicato in merito alla valutazione effettuata dalla
Corte di appello nel ritenere Frecce Srl prevalentemente
soccombente rispetto alla Gruber. Il motivo è stato concluso
con il seguente quesito:
contraddittoria

“si denuncia l’insufficiente e
in merito alla valutazione

motivazione

effettuata dalla Corte di appello nel ritenere Frecce Srl
prevalentemente soccombente rispetto a G.und J”
Anche in tal caso il quesito di fatto è inadeguato, non avendo
la

ricorrente

spiegato

le

ragioni

della

dedotta

contraddittorietà della motivazione né chiarito come e perché

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considerazione la questione dedotta e si sia comunque

la motivazione sarebbe insufficiente. Ed è appena il caso di
aggiungere che la materia del governo delle spese processuali
rientra peraltro nei poteri discrezionali del giudice di merito
e, pertanto, esula dal sindacato di legittimità.
Resta da esaminare l’ultima doglianza per violazione e falsa

incidentale, premesso che la Gruber non aveva mai manifestato
l’intenzione di graduare la propria domanda di garanzia, ha
censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di appello
travalicato i propri poteri sia nel pronunciarsi su una
questione non sottoposta al suo esame sia nell’effettuare la
liquidazione del danno in via equitativa in assenza di ogni
presupposto.
Ha quindi concluso il motivo con due distinti quesiti: a)

“vero

che il giudice in applicazione dell’art.112 cod. proc. civ. non
può pronunciarsi su domande non proposte dalle parti ed
estranee alla causa petendi ?” b)

“vero che il giudice deve

liquidare il danno in base agli elementi acquisiti al processo
oppure rigettare la domanda per difetto di prova, dovendosi
inoltre escludere la possibilità di procedere a liquidazione
equitativa, che è consentita solo ove si tratti di danno che
non può essere provato nel suo esatto ammontare e non anche
allorchè manchi la prova della sua entità.”
Anche quest’ultima censura è inammissibile, relativamente al
primo profilo, perché il sub motivo si risolve in una generica
nella forma dell’interpello

istanza di decisione posta

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applicazione dell’art.112 cpc, 1226 cc, con cui la ricorrente

sostanzialmente ripetitivo del contenuto della norma. E’ invece
infondato il secondo profilo di doglianza, in quanto, secondo
l’orientamento di questa Corte, il potere di liquidare il
danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226
e 2056 cod. civ., costituisce espressione del più generale

rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito senza
necessità della richiesta di parte (ex multis Cass. 315/02,
2706/04), dando luogo ad un giudizio di diritto caratterizzato
dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa,
con l’unico limite di non potere surrogare il mancato
accertamento della prova della responsabilità del debitore o la
mancata individuazione della prova del danno nella sua
esistenza. Del resto, l’impossibilità di provare l’ammontare
preciso del danno deve essere intesa in senso relativo ed è
stata ritenuta sufficiente anche una difficoltà solo di un
certo rilievo, ritenuta tale dal giudice del merito
nell’esercizio delle sue facoltà discrezionali, così come è
avvenuto nel caso di specie.
Al contrario, in tali casi, non è più consentita al giudice del
merito è una decisione di

non liquet

e quindi la negazione

dell’obbligazione risarcitoria dovendosi, per converso,
ritenere contraria a diritto un’eventuale decisione di siffatto
contenuto, risolvendosi tale pronuncia nella negazione di
quanto, invece, già definitivamente accertato in termini di
esistenza di una condotta generatrice di danno ingiusto e di

19

potere di cui all’art. 115 cod. proc. civ. ed il suo esercizio

conseguente legittimità della relativa richiesta risarcitoria
riguardante un danno subito, accertato sotto il profilo
dell'”an debeatur”. (così, anche Cass.n.13469/2002). Ne deriva
il rigetto della sub-doglianza esaminata.
Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle

quello incidentale vanno rigettati. Sussistono giusti motivi
per compensare

fra le parti ricorrenti le spese di questo

giudizio, in considerazione della reciproca soccombenza.

Al

rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti in solido
alla rifusione, in favore del contro ricorrente Pavanello,
delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come
in dispositivo, alla stregua dei soli parametri di cui al D.M.
n.140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi
professionali.
P.Q.M.

La Corte decidendo sui ricorsi riuniti li rigetta. Compensa le
spese tra le parti ricorrenti. Condanna i ricorrenti, in
solido, al pagamento, in favore del contro ricorrente
Pavanello, delle spese del giudizio di legittimità che liquida
in complessivi

e

4.200,00 di cui E 4.000,00 per compensi,

oltre accessori di legge, ed C 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma “n camera di Consiglio in data 11. 2.2013

censure dedotte, ne consegue che sia il ricorso principale sia

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