Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20837 del 30/09/2020
Cassazione civile sez. trib., 30/09/2020, (ud. 18/09/2020, dep. 30/09/2020), n.20837
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 553/2013 R.G. proposto da:
Bonfanti s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via Crescenzio n. 19, presso lo
studio dell’avv. Lucilla Lenti, rappresentata e difesa dall’avv.
Giuseppe Fattori giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
e contro
Equitalia Sud s.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Giovanni Pier Luigi
da Palestrina n. 19, presso lo studio dell’avv. Fabio Francesco
Franco, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in
calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 124/35/11, depositata il 4 novembre 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 settembre
2019 dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. con la sentenza n. 124/35/11 del 4/11/11 la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da Bonfanti s.r.l. avverso la sentenza n. 296/05/09 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di una cartella di pagamento concernente IVA relativa all’anno 2002;
1.1. come si evince anche dalla sentenza impugnata: a) la cartella di pagamento veniva iscritta a titolo provvisorio a seguito dell’impugnazione proposta avverso l’avviso di accertamento; b) la CTP aveva accolto parzialmente il ricorso, annullando la cartella di pagamento impugnata e demandando all’Amministrazione finanziaria la determinazione dell’importo da iscrivere a ruolo; c) Bonfanti s.r.l. proponeva appello avverso la sentenza di primo grado;
1.2. la CTR rigettava l’appello affermando, con riferimento alla validità della notifica, di condividere “tutte le argomentazioni espresse da Equitalia Gerit S.P.A. in merito ai presunti vizi di notifica della cartella esattoriale sollevati dall’appellante” e, in ogni caso, evidenziando la sanatoria degli eventuali vizi di nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo, con conseguente conferma della legittimità della cartella di pagamento limitatamente alle somme risultanti dalla sentenza della CTP n. 44/29/09;
2. Bonfanti s.r.l. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
3. l’Agenzia delle entrate ed Equitalia Sud s.p.a., quale successore di Equitalia Gerit s.p.a., resistevano con separati controricorsi.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. va pregiudizialmente evidenziato che il ricorso è ammissibile in quanto contiene tutti i requisiti di forma previsti dalla legge e non implica l’esame di questioni sulle quali sussiste un consolidato orientamento della S.C., come invece ritenuto dalla difesa di Equitalia Sud s.p.a.;
2. sempre in via pregiudiziale, va evidenziato che l’Agenzia delle entrate deve ritenersi legittimata a contraddire nel presente giudizio, diversamente da quanto dalla stessa eccepito;
2.1. invero la sentenza della CTR dà atto della proposizione della eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata dall’Agenzia, implicitamente rigettandola, e l’ente impositore non ha proposto impugnazione sul punto;
3. con il primo motivo di ricorso Bonfanti s.r.l. contesta la violazione e la falsa applicazione, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando, in buona sostanza, la nullità della notificazione della cartella di pagamento, effettuata con raccomandata a.r. inviata direttamente dall’Agente della riscossione;
4. con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, motivazione omessa in relazione all’esatta interpretazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26;
5. con il terzo motivo di ricorso si contesta il vizio di omessa pronuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non essendosi la CTR pronunciata in ordine ai numerosi vizi di nullità della cartella di pagamento;
6. i tre motivi possono essere congiuntamente esaminati e vanno disattesi;
6.1. la sentenza impugnata contiene due statuizioni in diritto: a) afferma di aderire alle considerazioni dell’Agente della riscossione in ordine ai vizi di notifica; b) deduce che ogni eventuale vizio di nullità della cartella di pagamento risulta comunque essere stato sanato, in ragione del raggiungimento dello scopo della notifica, dalla tempestiva proposizione del ricorso;
6.2. l’omnicomprensività della seconda statuizione induce a ritenere che, secondo la CTR, la proposizione del ricorso avverso la cartella di pagamento è idonea a sanare non solo i vizi della notifica, ma anche i residui vizi di nullità della cartella;
6.3. orbene, con riferimento ai denunciati vizi di notifica, va rilevato che la ricorrente avrebbe dovuto impugnare anche l’autonoma ratio decidendi implicante la sanatoria per raggiungimento dello scopo, con conseguente inammissibilità dei motivi primo e secondo, che coinvolgono unicamente la statuizione sub a) (ex multis, Cass. n. 18641 del 27/07/2017; Cass. n. 22753 del 03/11/2011);
6.4. con riferimento, invece, all’omessa pronuncia, la stessa è da escludersi, atteso che la sentenza afferma espressamente che anche i vizi di nullità della cartella di pagamento (e, dunque, anche quelli sollevati con riferimento alla L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 6 e 7 e alla mancata indicazione della CTP competente) restano sanati dalla tempestiva proposizione del ricorso;
7. in conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo con riferimento ad un valore di lite dichiarato di Euro 1.588.826,00.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 12.000,00, in favore dell’Agenzia delle entrate, oltre alle spese prenotate a debito, e di Euro 12.000,00 in favore di Equitalia Sud s.p.a., oltre alle spese forfetarie nella misura del quindici per cento e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020