Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20834 del 10/10/2011

Cassazione civile sez. lav., 10/10/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 10/10/2011), n.20834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24100-2007 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato DE MARINIS NICOLA, che la rappresenta e

difende giusta in atti;

– ricorrente –

contro

C.E.;

– intimato –

e sul ricorso 28310-2007 proposto da:

C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BRUXELLES

59, presso lo studio dell’avvocato FERIOZZI ANTONIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato DE GIROLAMO ANTONIO, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato DE MARINIS NICOLA, che la rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 5580/2 006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/10/2006 R.G.N. 5457/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI CERBO;

udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega DE MARINIS NICOLA;

udito l’Avvocato DE GIROLAMO RAFFAELE per delega DE GIROLAMO ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

LA CORTE

Rilevato che:

1. La Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro con decorrenza 11 novembre 1998 (e della proroga dello stesso) stipulato da Poste Italiane s.p.a. con C. E.; con la stessa sentenza la Corte di merito ha dichiarato la legittimità di precedenti contratti a termine stipulati fra le stesse parti;

2. per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso illustrato da memoria ex art. 378 cod. proc. civ.;

il lavoratore ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato; Poste Italiane ha proposto controricorso avverso il ricorso incidentale condizionato;

3. il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata;

4. preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.);

5. osserva il Collegio che la Corte di merito ha attribuito rilievo decisivo ai fini della statuizione sull’illegittimità del termine, tra l’altro, alla considerazione che il contratto in esame è stato stipulato, per esigenze eccezionali … ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, come integrato dall’accordo aziendale 25 settembre 1997 – in data successiva al 30 aprile 1998;

tale considerazione – in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al c.c.n.l. del 2001 ed al D.Lgs. n. 368 del 2001) – è sufficiente a sostenere l’impugnata decisione in relazione alla statuizione concernente la nullità del termine apposto al contratto de quo, statuizione censurata con i primi due motivi di ricorso;

al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588, è stato precisato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, della L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (cfr. Cass. 4 agosto 2008 n. 21063;

cfr. altresì Cass. 20 aprile 2006 n. 9245, Cass. 7 marzo 2005 n, 4862, Cass. 26 luglio 2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati all’individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (cfr., fra le altre, Cass. 4 agosto 2008 n. 21062, Cass. 23 agosto 2006 n. 18378); in tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v.

fra le altre Cass. 23 agosto 2006 n. 18383, Cass. 14 aprile 2005 n. 7745, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866); in particolare, quindi, come questa Corte ha univocamente affermato e come va anche qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti in contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1” (v., fra le altre, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608; Cass. 28 novembre 2008 n. 28450; Cass. 4 agosto 2008 n. 21062; Cass. 27 marzo 2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.);

6. così respinti i primi due motivi di ricorso, osserva il Collegio che il terzo motivo di censura (nel quale si ipotizza la violazione e falsa applicazione degli artt. 421, 425 e 437 cod. proc. civ. in relazione all’avvenuta acquisizione di informazioni sindacali da parte della Corte territoriale) deve considerarsi inammissibile; come si evince chiaramente dalla motivazione della sentenza impugnata, infatti, l’argomentazione basata sulle informazioni sindacali ha una funzione meramente rafforzativa rispetto alle autonome e decisive considerazioni in precedenza svolte dalla Corte a fondamento della ritenuta illegittimità del termine; deve in proposito ribadirsi, conformemente al costante insegnamento di questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass. 9 luglio 2002 n. 9963), che le affermazioni ad abundantiam, contenute nella motivazione della sentenza, consistenti in argomentazioni rafforzative di quella costituente la premessa logica della statuizione contenuta nel dispositivo, vanno considerate di regola superflue e quindi giuridicamente irrilevanti ai fini della censurabilità qualora, come nel caso di specie, l’argomentazione rafforzata sia di per sè sufficiente a giustificare la pronuncia adottata; con la conseguenza che deve considerarsi inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam, e pertanto non costituente ratio decidendi della medesima (cfr., da ultimo, Cass. 22 novembre 2010 n. 23635);

7. le suddette conclusioni circa l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro de quo e la conseguente conversione del rapporto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato dalla data di decorrenza del suddetto contratto (11 novembre 1998), esplicitamente stabilita dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata determinano l’assorbimento del quarto motivo di ricorso che ha per oggetto la legittimità della proroga del contratto stesso;

8. quanto alle conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine, con la memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. la società ricorrente invoca, in via subordinata, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7 in vigore dal 24 novembre 2010;

con riguardo alla problematica relativa alla possibilità di ricomprendere tra i giudizi pendenti (ai quali fa riferimento l’art. 32, comma 7 sopra citato) anche il giudizio di cassazione, va premesso, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr.

Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070); in tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria; ne consegue che, con riferimento alla disciplina qui invocata, la necessaria sussistenza della questione ad essa pertinente nel giudizio di cassazione presuppone che i motivi di ricorso investano specificatamente e conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine e che essi siano ammissibili; in particolare, ove, come nel caso in esame, il ricorso sia stato proposto avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, tali motivi devono essere altresì corredati, a pena di inammissibilità degli stessi, dalla formulazione di un adeguato quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis ad essi applicabile; in caso di assenza o di inammissibilità di una censura in ordine alle conseguenze economiche dell’accertata nullità del termine, il rigetto dei motivi inerenti tale aspetto pregiudiziale produce infatti la stabilità delle statuizioni di merito relative a tali conseguenze;

9. nel caso in esame il motivo che investe il tema cui potrebbe essere riferibile, secondo la prospettazione della ricorrente, la disciplina di cui alla L. n. 183 del 1910, art. 32, commi 5, 6 e 7 è il quinto, indicato nella rubrica come violazione e falsa appiicazione degli artt. 1217 e 1233 cod. civ.; con tale motivo parte ricorrente lamenta, in sostanza, la violazione dei principi in tema di mora accipiendi e di corrispettività delle prestazioni e l’omessa valutazione dell’eventuale svolgimento di attività lavorativa, da parte della ricorrente in primo grado, in epoca successiva alla scadenza del termine; il motivo si conclude con il seguente principio di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ.: se per il principio della corrispettività della prestazione, il lavoratore – a seguito dell’accertamento giudiziale dell’illegittimità del contratto a termine stipulato – ha diritto al pagamento delle retribuzioni soltanto dalla data di riammissione in servizio, salvo che abbia costituito in mora il datore di lavoro, offrendo espressamente la prestazione lavorativa nel rispetto della disciplina di cui all’art. 1206 e segg. cod. civ.;

osserva il Collegio che il suddetto quesito risulta del tutto generico e non pertinente rispetto alla fattispecie, in quanto si risolve nella enunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia senza enucleare il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai giudici di merito (cfr. Cass. 4 gennaio 2011 n. 80; Cass. 29 aprile 2011 n. 9583); ciò in contrasto con i principi enunciati da questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass. S.U. 5 gennaio 2007 n. 36) secondo cui il principio di diritto, richiesto a pena di inammissibilità del relativo motivo, deve essere formulato in maniera specifica e deve essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in giudizio, dovendosi ritenere inesistente un quesito generico e non pertinente, con conseguente inammissibilità del relativo motivo, come nel caso di specie (per una analoga fattispecie cfr. Cass. 1 settembre 2011 n. 17674);

10. il ricorso principale va pertanto respinto;

11. quanto al ricorso incidentale, da considerare ammissibile anche se nella procura speciale a margine dello stesso si fa menzione esclusivamente del controricorso – ciò alla luce dell’insegnamento di questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass. 13 dicembre 2010 n. 25137) secondo cui la procura apposta nell’unico atto contenente il controricorso e il ricorso incidentale deve intendersi estesa anche a quest’ultimo, per il quale non è richiesta formalmente una procura autonoma e distinta, e rispetta il requisito della specialità del mandato, attesa l’inerenza materiale del mandato stesso all’atto nel quale è incorporato -, esso, tenuto conto dell’esito del ricorso principale, deve considerarsi assorbito in quanto esplicitamente proposto come ricorso incidentale condizionato (come si evince non solo dalla intestazione del ricorso stesso, ma anche dalle richieste ivi rassegnate);

12. in applicazione del criterio della soccombenza la società ricorrente principale deve essere condannata a pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo, con distrazione a favore del difensore del lavoratore, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale assorbito l’incidentale; condanna la società ricorrente principale al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2500 (duemilacinquecento) per onorari e oltre spese generali, IVA e CPA con distrazione a favore dell’avv. Antonio De Girolamo, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2011

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