Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20834 del 02/08/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/08/2019, (ud. 17/01/2019, dep. 02/08/2019), n.20834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27107-2017 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II 4,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTA NICCOLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato UMBERTO TRUGLIO;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 12,

presso lo studio dell’avvocato FABIO FAVA, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIORGIO VAIANA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1871/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 2/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 2027/10, pubblicata il 30 novembre 2010, il Tribunale di Napoli dichiarò inammissibile la domanda di pagamento di indennizzo per il furto della propria auto proposta da P.G. nei confronti della MILANO Assicurazioni S.p.a., nonchè dell’Agenzia della predetta compagnia assicurativa di Maddaloni (CE), con cui era stata stipulata la polizza assicurativa, in base alla quale il P. aveva avanzato la sua pretesa, e dichiarò altresì integralmente compensate tra le parti le spese di lite.

Avverso tale sentenza il P. propose gravame, sostenendo che la sentenza del Tribunale era stata emessa con “erronea ed omessa motivazione e falsa applicazione della legge”; in sostanza, l’appellante dedusse che la polizza assicurativa in parola, pur stipulata con tale G.R., riguardando il motoveicolo (numeri di targa e telaio corrispondenti) di sua proprietà, avrebbe consentito il pagamento, in suo favore, dell’indennizzo ivi previsto in caso di furto (peraltro documentato e comunque non contestato), integrando un contratto di assicurazione in nome altrui (art. 1890 c.c.), ovvero per conto altrui o per conto di chi spetta (art. 1891 c.c.).

Ad avviso del P., la sentenza impugnata aveva, invece, valutato erroneamente la sua carenza di legittimazione attiva, non essendo egli, ma un’altra persona, il contraente della polizza assicurativa.

L’appellante chiese, pertanto, la riforma della sentenza impugnata e la liquidazione del danno subito nell’importo convenzionalmente previsto o in quello diverso ritenuto dalla Corte territoriale, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese processuali.

Si costituì la MILANO Assicurazioni S.p.a., resistendo all’impugnazione.

La Corte di appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 2 maggio 2017, rigettò l’appello principale e condannò il P. al pagamento, in favore dell’appellata, delle spese processuali di quel grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito P.G. ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi, cui ha resistito con controricorso Unipolsai S.p.a. (per atto di fusione per incorporazione di Unipol Assicurazioni S.p.a., Milano Assicurazioni S.p.a. e Premafin HP S.p.a. in Fondiaria Sai S.p.a.).

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.

2. Il primo motivo è così rubricato: “Violazione o falsa applicazione delle norme di cui artt. 81 e 100 c.p.c. e degli artt. 1882, 1904 e 1905 c.c., in tema di principio indennitario, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Ad avviso del ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe affetta da contrasto irriducibile, rinvenibile nella motivazione, tra affermazioni inconciliabili ovvero riconoscimento della titolarità del veicolo in capo al ricorrente e diniego del diritto all’indennizzo nonostante l’accertata qualità/legittimazione (v. sentenza impugnata p. 4: “Invero non appare discutibile e comunque risulta pacifico fra le parti che la polizza n. 3612201176271 si riferisca al motoveicolo di proprietà dell’appellante Finto, corrispondendo peraltro numero d telaio e targa e che dunque il contraente di essa sia diversa dal proprietario P.G.”) che renderebbe del tutto incomprensibile il percorso logico seguito.

Secondo il P., così statuendo, i Giudici di primo e secondo grado avrebbero compiuto una lesione del principio indennitario, cardine dell’intera disciplina dell’assicurazione contro i danni, di cui agli artt. 1882,1904 e 1905 c.c., in rapporto alle disposizioni in tema di legittimazione e titolarità del diritto di cui agli artt. 81 e 100 c.p.c..

Ad avviso del ricorrente, infatti, correttamente applicando il principio indennitario espresso dai richiamati articoli del codice civile e del codice di procedura civile, unico legittimato attivo a richiedere ed ottenere il pagamento dell’indennizzo previsto dalla polizza in parola non potrebbe che essere il proprietario del quadriciclo, e cioè il medesimo P.G., avendo quest’ultimo subito nella sua sfera patrimoniale il pieno pregiudizio economico in conseguenza del furto in questione.

3. Il secondo motivo è così rubricato: “Violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1362 -1371 c.c., (in materia di interpretazione del contratto) in rapporto agli artt. 1411,1890 e 1891 c.c., in rapporto altresì all’art. 100 c.p.c., in tema di interesse ad agire e dell’art. 81 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., Comma 1, n. 3”.

Sostiene il ricorrente che l’impugnata sentenza sarebbe “del tutto carente sotto l’aspetto motivazionale logico giuridico sia in relazione all’assunta necessità che per la configurabilità delle fattispecie contrattuali di assicurazione in nome altrui (1892 c.c.) ovvero per conto di chi spetta (1891 c.c.), tale previsione dovrebbe emergere formalmente dal contratto…, che in merito alla legittimazione attiva in termini di titolarità del diritto”.

Evidenzia il P. che nè nell’art. 1890 c.c., nè nell’art. 1891 c.c., il legislatore ha previsto l’obbligo di indicare, nel relativo contratto, formalmente ed espressamente la fattispecie e tanto rimarcherebbe la falsa ed erronea applicazione della norma fatta dalla Corte di merito; inoltre, sempre secondo il P., la natura stessa dell’istituto dimostrerebbe l’illegittima ed errata interpretazione operata dalla medesima Corte, atteso che, nell’ambito del contratto per nome altrui ovvero per conto altrui o per conto di chi spetta, il negozio giuridico sarebbe stipulato in vantaggio di un terzo non ancora determinato, e con lo stesso si tenderebbe a cautelare l’interesse di costui, in attesa della sua individuazione, che non avrebbe luogo per opera di uno dei contraenti ma per effetto di eventi oggettivi.

Ad avviso del P. la proprietà/titolarità del veicolo minicar di cui si discute in capo a sè e la validità del contratto, in ossequio al principio indennitario, sarebbero validi elementi di fatto e di diritto che consentirebbero di “sussumere la polizza assicurativa per furto stipulata sul veicolo del ricorrente, nella fattispecie di cui agli artt. 1890 e 1891 c.c.”.

4. Il terzo motivo è così rubricato: “Omessa considerazione del fatto decisivo controverso, in termini d’interpretazione e d’indagine sulla reale e comune intenzione delle parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Conseguente violazione o falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1362 – 1371 c.c., in materia di interpretazione del contratto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Sostiene il ricorrente che la motivazione della impugnata sentenza sarebbe altresì errata ed insufficiente “in punto di descrizione della valutazione operata in ordine alla idoneità (ovvero inidoneità) dei fatti addotti come prova sulla reale e comune intenzione delle parti, in ragione anche dell’art. 1341 c.c., comma 1, ovvero errata ed insufficiente motivazione del fatto controverso e decisivo per il giudizio quale la polizza…, gli allegati al contratto (… carta di circolazione), la nota inviata dalla Milano Assicurazioni S.p.a…., la raccomandata di riscontro alla stessa… ed i verbali di causa del giudizio di primo grado… in termini di interpretazione e d’indagine sulla reale e comune intenzione delle parti”.

Assume il P. che, in sostanza, la sentenza impugnata avrebbe violato i principi espressi nelle norme relative alla interpretazione del contratto, con un’omessa, errata ed insufficiente motivazione circa il succitato fatto controverso e decisivo per il giudizio, trascurando di valorizzare l’intenzione dei contraenti (in termini di interpretazione e d’indagine), anche alla luce del loro comportamento anche successivo alla conclusione del contratto, e limitandosi alla mera lettura delle parole usate nel testo dell’atto negoziale.

4. I tre motivi proposti, che ben possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati, non ravvisandosi, nella sentenza impugnata, alcun contrasto tra affermazioni inconciliabili nè le lamentate violazioni di legge ed evidenziandosi, peraltro, che l’accertamento della comune volontà contrattuale delle parti al fine di stabilire se esse abbiano inteso stipulare un contratto di assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta è riservato all’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione (Cass. 10/02/2003, n. 1942; Cass. 5/06/2007, n. 13058), come nel caso all’esame.

Va pure sottolineato che la Corte di merito ha esaminato espressamente gli elementi posti dal P. a sostegno della sua tesi ma ne ha ritenuto l’irrilevanza (sentenza impugnata p. 4).

E’ pur vero che questa Corte ha affermato che “il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa” (Cass., ord., 26/06/2018, n. 16812). Deve però evidenziarsi che, nel caso all’esame, i singoli documenti non sono decisivi di per sè ma il ricorrente invoca l’emersione dell’effettiva volontà delle pari dal contesto istruttorio, in tal modo contestando, in sostanza, la valutazione delle prove operata dal giudice del merito, il che è inammissibile in questa sede.

Va inoltre rimarcato che il terzo motivo difetta pure di specificità, non essendo stato riportato il tenore letterale degli atti cui in esso si fa riferimento.

A quanto precede va aggiunto che, dall’esame della polizza, allegata al ricorso (ma il cui tenore testuale neppure è stato riportato nel predetto atto, come già evidenziato), si evince che nella stessa G.R. è stato indicato come contraente e proprietario del veicolo di cui si discute.

5. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13del comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, i 17 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2019

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